N. 428 ORDINANZA 6 - 21 dicembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Acquisizione  delle prove - Incompatibilita' con
  l'ufficio  di  testimone  - Inutilizzabilita' di dichiarazioni erga
  alios   rese  in  precedenza  da  persone  coimputate,  imputate  o
  giudicate in procedimenti connessi, che si avvalgano della facolta'
  di  non  rispondere  - Prospettata disparita' di trattamento tra le
  parti,  con violazione del principio di obbligatorieta' dell'azione
  penale,  del diritto di difesa e del contraddittorio - Sopravvenuta
  modifica  normativa in materia - Restituzione degli atti ai giudici
  rimettenti.
- Cod.  proc. pen., artt. 197, comma 1, lettere a) e b), e 210, comma
  4.
- Costituzione, artt. 3, 24, 101, 111 e 112.
(GU n.1 del 2-1-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 197, comma 1,
lettere a)  e  b),  e  210,  comma 4, del codice di procedura penale,
promossi,  nell'ambito  di diversi procedimenti penali, con ordinanze
emesse  il  6 luglio  2000  dalla  Corte  di  appello  di  Torino, il
25 gennaio  2001  dal  Tribunale  di  Milano e il 31 ottobre 2000 dal
Tribunale  di  Imperia, iscritte rispettivamente ai numeri 144, 271 e
294 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della  Repubblica  numeri 10,  16  e 17, 1a serie speciale, dell'anno
2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 5 dicembre 2001 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del 6 luglio 2000 (r.o. n. 144 del
2001) la Corte di appello di Torino ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  24, 111 e 112 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  degli  artt. 197,  comma 1,  lettere a)  e b), e 210,
comma 4,  del  codice  di  procedura  penale,  "nella  parte  in  cui
escludono  la  possibilita'  di assumere come testimoni, riconoscendo
agli  stessi  la facolta' di astenersi dal rispondere, i coimputati e
gli  imputati  di  reati connessi o collegati su fatti concernenti la
responsabilita'  di  altri  sui  quali  essi  abbiano  in  precedenza
liberamente risposto";
        che la Corte di appello - che procede quale giudice di rinvio
ex  art. 627  cod.  proc. pen., a seguito di annullamento parziale da
parte  della  Corte  di  cassazione  della  sentenza  emessa da altra
sezione  in  data  20 febbraio 1997 - premette che, dopo la decisione
della   Cassazione,  "l'introduzione  nella  Costituzione,  ad  opera
dellalegge    modificatrice    dell'art. 111,   del   principio   del
contraddittorio  nella  formazione  della prova, ha reso impossibile,
nel  giudizio  di rinvio in corso di svolgimento, l'acquisizione o il
"recupero , quali prove suscettibili di essere valutate ai fini della
decisione",  delle dichiarazioni rese al pubblico ministero nel corso
delle  indagini  preliminari  dalle persone, imputate in procedimenti
connessi  o  collegati,  che  hanno confermato la propria volonta' di
avvalersi della facolta' di non rispondere;
        che  la  Corte rimettente ritiene che la disciplina censurata
violi:
          l'art. 3  Cost., in quanto e' intrinsecamente irragionevole
e  comporta una ingiustificata disparita' di trattamento fra le parti
impedire    all'accusa    l'utilizzazione    di    indagini    svolte
legittimamente,   tali   da   rendere   possibile  l'applicazione  di
provvedimenti   cautelari   e   l'esercizio   dell'azione  penale,  e
consentirne invece l'uso quando le dichiarazioni precedentemente rese
al di fuori del contraddittorio siano favorevoli all'imputato;
          l'art. 112   Cost.,   in  quanto  vengono  cosi'  elusi  il
principio  di  obbligatorieta'  dell'azione  penale e il "conseguente
principio    di    conservazione   della   prova,   elaborato   dalla
giurisprudenza costituzionale";
          gli  artt. 3,  24 e 111 Cost., in quanto e' irragionevole e
viola  il  diritto di difesa e il principio del contraddittorio nella
formazione   della   prova  la  scelta  di  sottrarre  totalmente  al
contraddittorio le dichiarazioni precedentemente rese da soggetti poi
sottoposti  ad  esame ai sensi dell'art. 210 cod. proc. pen. e che si
avvalgano della facolta' di non rispondere, senza che tale scelta sia
imposta dal rispetto di valide ragioni giustificatrici;
        che  con ordinanza del 25 gennaio 2001 (r.o. n. 271 del 2001)
il Tribunale di Milano ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,
101,  secondo  comma,  111  e  112  della  Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 197, comma 1, lettera a), cod.
proc.  pen.,  "nella  parte in cui stabilisce la incompatibilita' con
l'ufficio  di testimone delle persone coimputate del medesimo reato o
imputate  in  un  procedimento  connesso  nei cui confronti sia stata
pronunziata sentenza di condanna irrevocabile";
        che  il  tribunale  premette  che  in  dibattimento  numerosi
imputati  in  procedimento  connesso,  la  cui  posizione  era  stata
stralciata  e  definita  con  sentenza  di applicazione della pena su
richiesta   oramai  divenuta  irrevocabile,  si  sono  avvalsi  della
facolta'   di   non   rispondere,   rendendo   cosi'  impossibile  la
utilizzazione delle precedenti dichiarazioni rese sui fatti di causa;
        che,  venendo  in  gioco  sul  piano costituzionale (sentenza
n. 361  del 1998) "la funzione del processo penale, che e' strumento,
non  disponibile  dalle  parti, destinato all'accertamento giudiziale
dei   fatti   di   reato  e  delle  relative  responsabilita'",  sono
"censurabili,   sotto  il  profilo  della  ragionevolezza,  soluzioni
normative  che,  non  necessarie  per  realizzare  le  garanzie della
difesa, pregiudichino la funzione del processo";
        che, di conseguenza l'art. 197 cod. proc. pen. violerebbe:
          gli  artt. 3,  24,  101, secondo comma, 111 e 112 Cost., in
quanto   contempla  categorie  di  soggetti  (quali  quelli  nei  cui
confronti sia stata definitivamente pronunziata sentenza di condanna)
la  cui  posizione  e'  insuscettibile di essere aggravata o comunque
mutata,  perche' coperta dal giudicato, e nei confronti dei quali non
puo'  dunque riconoscersi il diritto al silenzio - quale tutela dalla
autoincriminazione  -  se  non  con  grave  pregiudizio  dei principi
costituzionali della conservazione della prova e del contradditorio;
          l'art. 3   Cost.,  in  quanto  irragionevolmente  parifica,
quanto  alla  garanzia  del  diritto  al  silenzio,  soggetti tuttora
imputati  e condannati con sentenza irrevocabile, mentre la posizione
di  questi  ultimi  e'  giuridicamente insuscettibile di qualsivoglia
modificazione in loro danno;
        che  con ordinanza del 31 ottobre 2000 (r.o. n. 294 del 2001)
il  Tribunale  di  Imperia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,
111   e   112   della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
costituzionale    dell'art. 210,    comma 4,    cod.    proc.   pen.,
"limitatamente alla previsione circa la facolta' di non rispondere su
fatti concernenti la responsabilita' di altri";
        che il tribunale premette che in dibattimento gli imputati si
sono avvalsi della facolta' di non rispondere, cosi' impedendo "l'uso
incrociato"   delle   dichiarazioni  precedentemente  rese  su  punti
salienti delle responsabilita' di ciascuno;
        che ad avviso del tribunale la norma censurata violerebbe:
          l'art. 111,  secondo  e quarto comma, Cost., che impone una
revisione  dei confini tra il diritto di una parte alla formazione in
contraddittorio  della  prova  e  il diritto al silenzio di colui che
nella  fase  delle indagini preliminari abbia reso dichiarazioni erga
alios,  in quanto alla maggiore espansione e alla piu' intensa tutela
del  contraddittorio  deve inevitabilmente corrispondere la riduzione
dell'area della facolta' di non rispondere;
          gli  artt. 3  e  112  Cost.,  in  quanto  e'  irragionevole
consentire  a  un imputato che ha gia' reso dichiarazioni erga alios,
sulla cui base e' stato disposto il rinvio a giudizio degli accusati,
di  avvalersi  a  dibattimento  della  facolta'  di  non  rispondere,
impedendo  ai  coimputati  di  difendersi  e  ponendo  nel  nulla  la
pregressa attivita' processuale;
        che  e'  intervenuto  nei giudizi il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo,  con  riferimento  alla  questione  sollevata  con
ordinanza  n. 271  del  2001,  la  restituzione degli atti ai giudici
rimettenti  alla  luce  delle  modifiche  recate alle norme censurate
dalla  legge n. 63 del 2001, e una declaratoria di inammissibilita' o
di infondatezza per le altre questioni.
    Considerato  che  identica  e'  la  sostanza delle questioni, che
concernono  tutte  il  diritto  al silenzio riconosciuto alle persone
imputate  o  giudicate  in  un  procedimento  connesso che abbiano in
precedenza  reso  dichiarazioni eteroaccusatorie, per cui deve essere
disposta la riunione dei relativi giudizi;
        che   successivamente   alle   ordinanze   di  rimessione  e'
intervenuta  la legge 1 marzo 2001, n. 63 (Modifiche al codice penale
e  al  codice  di  procedura  penale  in  materia  di formazione e di
valutazione  della  prova in attuazione della legge costituzionale di
riforma  dell'art. 111  della  Costituzione),  che  ha  profondamente
inciso  sulla  disciplina  del diritto al silenzio e della formazione
della prova in dibattimento, in particolare modificando gli artt. 64,
197 e 210 cod. proc. pen. e inserendo l'art. 197-bis cod. proc. pen.,
che individua le ipotesi in cui le persone imputate o giudicate in un
procedimento  connesso  o  per  reato collegato assumono l'ufficio di
testimone;
        che  di  conseguenza,  essendo mutati le norme censurate e il
contesto complessivo della disciplina di riferimento, gli atti devono
essere  restituiti  ai  giudici rimettenti, perche' verifichino se le
questioni siano tuttora rilevanti.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Ordina  la  restituzione  degli  atti  alla  Corte  di appello di
Torino, al Tribunale di Milano e al Tribunale di Imperia.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 dicembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C1248