N. 435 SENTENZA 19 - 28 dicembre 2001

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Oggetto  e  rilevanza  della  questione - Limitazione dello scrutinio
  alla   parte   di   disposizione   censurata,   secondo  i  termini
  dell'ordinanza di rinvio.
Regione   Puglia   -   Prestazioni   imposte  -  Tariffe  per  pareri
  igienico-sanitari  resi,  in  favore  di  terzi  richiedenti, dalle
  unita'  sanitarie locali (oggi, aziende sanitarie) - Determinazione
  rimessa  interamente alla discrezionalita' della Giunta regionale -
  Mancanza  di una indicazione di criteri e limiti idonei a vincolare
  il  potere  impositivo  Violazione  del  principio della riserva di
  legge - Illegittimita' costituzionale in parte qua.
- Legge Regione Puglia 20 luglio 1984, n. 36, art. 7, secondo comma.
- Costituzione, art. 23.
(GU n.1 del 2-1-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 7, secondo
comma,  della legge della Regione Puglia 20 luglio 1984, n. 36 (Norme
concernenti l'igiene e sanita' pubblica ed il servizio farmaceutico),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  26 ottobre  2000  dal Tribunale
amministrativo  regionale  della  Puglia,  sezione staccata di Lecce,
iscritta  al  n. 175  del  registro ordinanze 2001 e pubblicata nella
Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 11,  1a  serie  speciale,
dell'anno 2001.
    Udito  nella  camera  di consiglio del 24 ottobre 2001 il giudice
relatore Valerio Onida.

                          Ritenuto in fatto

    1. -   Nel  corso  di  un  giudizio  amministrativo  promosso per
l'annullamento  dell'atto,  adottato  da una azienda unita' sanitaria
locale della Regione Puglia, di diniego del parere igienico-sanitario
su  progetti  di  opere edilizie, motivato dal mancato versamento dei
c.d.  diritti sanitari, nonche' della delibera della Giunta regionale
che  approva  il  tariffario  per  gli  accertamenti e le indagini in
materia  di  igiene  e  sanita' pubblica, il Tribunale amministrativo
regionale  della  Puglia,  con  ordinanza  emessa il 26 ottobre 2000,
pervenuta  a questa Corte il 23 febbraio 2001, ha sollevato questione
di  legittimita'  costituzionale,  in  riferimento  all'art. 23 della
Costituzione,  dell'art. 7,  secondo comma, della legge della Regione
Puglia  20 luglio  1984,  n. 36 (Norme concernenti l'igiene e sanita'
pubblica  ed  il  servizio  farmaceutico),  "per  la parte in cui non
prevede  criteri  per la determinazione delle tariffe per il rilascio
di  parere  igienico-sanitario da parte delle unita' sanitarie locali
(ora aziende) in materia edilizia".
    Detto  art. 7,  al  primo comma, prevede che "compatibilmente con
l'esigenza  di assicurare l'assolvimento dei compiti istituzionali, i
presidi  e  servizi  delle Unita' sanitarie locali possono effettuare
prestazioni   ed   eseguire  accertamenti  e  indagini  per  conto  e
nell'interesse  di terzi richiedenti, inerenti l'igiene pubblica e la
medicina  legale".  Il  secondo  comma,  a sua volta, dispone che "la
Giunta  regionale  stabilisce  le  prestazioni, gli accertamenti e le
indagini  che,  oltre  i  casi  previsti  dalla legge, possano essere
effettuati in favore di terzi richiedenti e fissa le tariffe a carico
degli  stessi,  nonche'  le  modalita'  di riscossione e destinazione
delle somme".
    Sulla  base,  tra  l'altro,  di  tale  ultima  norma,  la  Giunta
regionale  pugliese,  con  la  deliberazione  31 marzo 1994, n. 1415,
impugnata davanti al giudice a quo ha approvato il tariffario per gli
accertamenti  e  le indagini in materia di igiene e sanita' pubblica,
nel  cui  ambito  si  prevedono  pure  i  pareri igienico-sanitari su
progetti  di  costruzione,  ampliamento e ristrutturazione di edifici
(allegato  F  dello  "schema operativo per le attivita' rese a favore
dei privati", approvato con la citata deliberazione n. 1415, capitolo
2, tariffa V, n. 5).
    Il  remittente premette di non condividere la tesi interpretativa
avanzata   dalla  parte  ricorrente,  secondo  cui  l'amministrazione
regionale  sarebbe  abilitata  a  stabilire  le  tariffe  solo per le
prestazioni   di   carattere   "extra-istituzionale"   delle  aziende
sanitarie,  non previste dalla legge a carico delle aziende medesime,
affermando  invece che il secondo comma del citato art. 7 della legge
regionale  n. 36  del  1984 andrebbe letto nel senso che e' conferita
alla  Giunta  regionale  potesta'  di imporre le tariffe per tutte le
prestazioni  effettuate  dalle aziende, comprese quelle istituzionali
previste   dalla   legge,   tra   le   quali   rientrano   i   pareri
igienico-sanitari in materia edilizia.
    Cio'   premesso,   il   remittente   osserva   che  tali  tariffe
costituiscono prestazioni patrimoniali imposte, ai sensi dell'art. 23
della   Costituzione,   in   quanto   sussiste  la  predeterminazione
autoritativa  della  disciplina  delle contrapposte prestazioni e, in
particolare,  dell'entita'  dei  corrispettivi  dovuti  dal  privato.
Pertanto  la  legge,  per  rispettare  la riserva di legge "relativa"
stabilita  dalla  Costituzione,  dovrebbe  individuare il presupposto
dell'imposizione,  i  soggetti  passivi,  la misura della prestazione
nonche'   le   eventuali   sanzioni.   In   relazione   alla   misura
dell'imposizione,  il  giudice a quo afferma che la giurisprudenza di
questa  Corte  ritiene  rispettato  il  precetto costituzionale se la
legge  indica  la  misura  massima  dell'aliquota,  o  comunque fissa
criteri idonei a delimitare la discrezionalita' dell'ente impositore;
e  che  anche  in assenza di una espressa indicazione legislativa dei
criteri,   limiti   e   controlli   atti  a  delimitare  l'ambito  di
discrezionalita'    dell'amministrazione,    il   principio   sarebbe
rispettato  purche'  gli  stessi  siano desumibili dalla destinazione
della  prestazione,  ovvero  dalla  composizione  e dal funzionamento
degli organi competenti a determinarne la misura.
    La  norma  impugnata attribuirebbe invece sic et simpliciter alla
Giunta   regionale   il   potere   di   fissare   le   tariffe,   con
discrezionalita'  piena, non stabilendo alcun limite o controllo, ne'
direttamente  ne'  indirettamente, senza dunque fornire alcun tipo di
parametro o di criterio minimo per il rispetto della riserva di legge
e    per    tutelare    gli    onerati    da    possibili    arbitrii
dell'amministrazione:    onde    la    questione    di   legittimita'
costituzionale sarebbe non manifestamente infondata.
    2. - Non  si  sono  costituite le parti del giudizio a quo ne' e'
intervenuto il Presidente della Giunta regionale.

                       Considerato in diritto

    1. -   La  questione di legittimita' costituzionale sollevata dal
Tribunale   amministrativo   regionale   della  Puglia  riguarda  una
disposizione  di  legge regionale (art. 7, secondo comma, della legge
della   Regione   Puglia   20 luglio   1984,  n. 36,  recante  "Norme
concernenti l'igiene e sanita' pubblica ed il servizio farmaceutico")
che attribuisce alla Giunta regionale il potere di fissare le tariffe
dei  c.d.  diritti  sanitari,  dovuti  alle  aziende sanitarie per le
prestazioni,  gli  accertamenti  e le indagini effettuate per conto e
nell'interesse  di  terzi  richiedenti.  La  disposizione  impugnata,
secondo  il  remittente,  violerebbe  l'art. 23 della Costituzione in
quanto   non   fisserebbe   criteri,   limiti   e  controlli  atti  a
circoscrivere l'ambito di discrezionalita' dell'amministrazione nella
determinazione  della  misura  dei diritti per il rilascio dei pareri
igienico-sanitari  in  materia  edilizia,  diritti  aventi  natura di
prestazioni patrimoniali imposte.
    2. - Questa  Corte  non  ha  motivo  di  discostarsi,  in sede di
controllo  sulla  rilevanza  della  questione, dalla interpretazione,
motivatamente accolta dal Tribunale remittente, secondo cui il potere
tariffario   in  questione  non  riguarderebbe  solo  le  prestazioni
"extra-istituzionali"  a  favore  di  terzi  effettuate dalle aziende
sanitarie,  ma  anche  le  prestazioni, sempre rese a favore di terzi
richiedenti,  previste  dalla  legge come compiti istituzionali delle
aziende  medesime,  quali sono i pareri igienico-sanitari su progetti
edilizi,   di  cui  e'  causa,  e  che  sono  tuttora  previsti  come
obbligatori  dall'art. 220  del  testo  unico  delle  leggi sanitarie
approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.
    Lo  scrutinio  della  Corte e' limitato in questa sede, secondo i
termini  dell'ordinanza  di rimessione, alla parte della disposizione
impugnata  che  si  riferisce  al  potere di fissare le tariffe per i
pareri  igienico-sanitari  resi  dalle  aziende  sanitarie in materia
edilizia,   a   norma  dell'art. 220  del  testo  unico  delle  leggi
sanitarie,  ancorche' la disposizione medesima conferisca alla Giunta
regionale  il potere di fissare le tariffe per tutte "le prestazioni,
gli  accertamenti  e  le  indagini"  effettuate  a  favore  di  terzi
richiedenti.
    3. - La questione e' fondata.
    Esattamente  il remittente afferma che i versamenti relativi alle
tariffe in esame costituiscono prestazioni patrimoniali imposte, come
tali  soggette  alla  disciplina dell'art. 23 della Costituzione, che
pone,  in  materia,  una  riserva  di  legge,  sia pure limitata alla
statuizione  degli  elementi fondamentali della prestazione, la quale
puo' essere imposta, appunto, solo "in base alla legge".
    La  giurisprudenza  di  questa  Corte  ha allargato la nozione di
"prestazione  patrimoniale  imposta",  ai  sensi  dell'art. 23  della
Costituzione,   riconducendovi   anche   prestazioni  di  natura  non
tributaria,  e  aventi  funzione  di  corrispettivo,  quando,  per  i
caratteri  e  il  regime  giuridico  dell'attivita' resa, sia pure su
richiesta  del  privato,  a fronte della prestazione patrimoniale, e'
apparso  prevalente  l'elemento della imposizione legale (cfr. ad es.
sentenze  n. 55 del 1963, n. 72 del 1969, n. 127 del 1988, n. 236 del
1994, n. 215 del 1998).
    Nella  specie,  tuttavia,  non  e'  necessario,  per  ritenere la
prestazione in esame "imposta", far ricorso ad elementi di non facile
definizione,  come  il  carattere di "servizio essenziale" ai bisogni
della  vita, rivestito dall'attivita' del soggetto cui la prestazione
patrimoniale  e'  dovuta  (cfr.  sentenze  n. 72 del 1969, n. 127 del
1988,  n. 215 del 1998). Infatti, ancorche' sia dovuta a fronte dello
svolgimento  di  un'attivita'  da  parte  dell'azienda  sanitaria, la
prestazione  in  esame non si configura quale corrispettivo stabilito
(e  sia  pure  prestabilito)  sulla  base  di  una contrattazione tra
l'azienda e il terzo richiedente, il quale liberamente si avvalga, in
regime  di  mercato,  di  un servizio da quella reso; ma trova il suo
fondamento in una imposizione legale, che grava sui terzi interessati
all'attivita'  dell'amministrazione  prevista  per  legge ai fini del
compimento  di procedimenti che li riguardano, e che percio' viene da
essi richiesta (cfr. le ipotesi di cui alle sentenze n. 507 del 1988,
n. 90 del 1994, n. 180 del 1996).
    4. - Questa Corte ha avuto modo di precisare ripetutamente che la
riserva di legge di cui all'art. 23 della Costituzione e' soddisfatta
purche'  la  legge  (anche regionale: sentenze n. 64 del 1965, n. 148
del  1979,  n. 180 del 1996, n. 269 del 1997) stabilisca gli elementi
fondamentali  dell'imposizione, anche se demanda a fonti secondarie o
al  potere dell'amministrazione la specificazione e l'integrazione di
tale disciplina.
    Nella  specie,  non  sorge  questione circa la determinazione dei
presupposti   dell'imposizione   (costituiti  dalla  richiesta  della
prestazione   dell'amministrazione)   e   dei   soggetti  passivi  (i
richiedenti),   ma   solo   circa   la   determinazione  del  quantum
dell'imposizione,  che  la  norma  impugnata rimette interamente alla
Giunta regionale, senza indicare alcun criterio ne' alcun limite.
    E'  bensi'  sufficiente,  per rispettare la riserva di legge, che
idonei  criteri  e  limiti,  di  natura  oggettiva  o tecnica, atti a
vincolare   la   determinazione   quantitativa  dell'imposizione,  si
desumano  dall'insieme  della  disciplina  considerata (cfr. sentenze
n. 72   del  1969,  n. 507  del  1988).  Cio'  puo'  verificarsi,  in
particolare,   quando   la   prestazione   imposta   costituisca   il
corrispettivo   di   un'attivita'   il   cui   valore  economico  sia
determinabile sulla base di criteri tecnici, e il corrispettivo debba
per  legge  essere  determinato  in riferimento a tale valore. Ma nei
casi,  come quello di specie, in cui l'attivita' consiste in pareri o
in accertamenti, resi o effettuati da una struttura pubblica stabile,
investita  di una molteplicita' di funzioni, anche se fosse possibile
determinare,  a  posteriori  il costo delle singole prestazioni rese,
sta di fatto che dalla disciplina legislativa, che affida alla Giunta
regionale  la  determinazione  delle tariffe, non e' desumibile alcun
vincolo  a  commisurare  le  voci delle tariffe stesse al costo delle
singole diverse prestazioni rese.
    Non  si  ricava  dunque,  dal  sistema  normativo in esame, alcun
criterio  oggettivo  atto  a  delimitare  la  discrezionalita'  della
Giunta:   cosi'  che,  ad  esempio,  risulta  frutto  di  una  scelta
interamente   libera   l'adozione  di  una  formula  di  compensi  "a
percentuale",   commisurati   all'importo   dell'opera   cui   l'atto
dell'amministrazione  si  riferisce,  come  prevede,  in concreto, la
delibera  della  Giunta regionale pugliese n. 1415 del 31 marzo 1994,
adottata  in  attuazione  della  norma  denunciata,  per  i pareri su
progetti  edilizi  (cfr.  Note  generali  per la lettura dello schema
operativo,  n. 3,  e allegato F, capitolo 2, tariffa V, n. 5); ovvero
di   compensi  "a  tabella",  stabiliti  in  una  cifra  direttamente
determinata, come quelli previsti dalla stessa delibera, tra l'altro,
nel    caso    dell'attivita'    istruttoria    per    il    rilascio
dell'autorizzazione  all'apertura  di  talune  attivita'  (cfr.  Note
generali, cit., n. 5, e allegato F, capitolo 1, tariffa I).
    Anche  qualora si volesse avere riguardo alle caratteristiche del
procedimento  previsto per la fissazione delle tariffe, tenendo conto
-  come  talvolta  la  Corte  ha fatto nella propria giurisprudenza -
dell'esistenza di elementi o moduli procedimentali considerati idonei
a   restringere  l'ambito  di  discrezionalita'  dell'amministrazione
escludendone  l'arbitrio  (cfr., da ultimo, sentenza n. 215 del 1998,
nonche',  con  riguardo  alla  materia  dei  c.d.  diritti  sanitari,
sentenza  n. 180  del  1996),  si  dovrebbe  concludere  comunque per
l'illegittimita'  costituzionale  della norma denunciata, la quale si
limita  a  prevedere  una  deliberazione  della Giunta regionale, non
preceduta  dal  parere  o  dall'intervento di alcun organo tecnico, e
configura    quindi    una    piena    discrezionalita'   dell'organo
politico-amministrativo.  In  ogni caso, va ribadito che, ai fini del
rispetto  della riserva di legge, dalla disciplina legislativa devono
anzitutto  potersi  desumere  criteri  oggettivi  atti  a  guidare  e
circoscrivere  adeguatamente  le  scelte  relative  all'entita' della
prestazione  imposta:  il  che,  nella  specie, come si e' detto, non
accade.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'articolo 7, secondo
comma,  della legge della Regione Puglia 20 luglio 1984, n. 36 (Norme
concernenti l'igiene e sanita' pubblica ed il servizio farmaceutico),
nella  parte  in cui prevede che la Giunta regionale, con riferimento
ai  pareri  igienico-sanitari resi dai servizi delle unita' sanitarie
locali  (oggi  aziende  sanitarie) in favore di terzi richiedenti nei
casi  previsti  dalla  legge,  fissa  le  tariffe  a carico dei terzi
medesimi.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 2001.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Onida
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 2001.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
01C1255