N. 974 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 2001

Ordinanza  emessa  il  7 novembre  2001  dal  tribunale  di  Roma nel
procedimento penale a carico di Tollmann Johannes

Processo  penale - Rogatorie all'estero - Acquisizione e trasmissione
  di  documenti  a  seguito di rogatoria - Necessita' della specifica
  attestazione  di  conformita'  apposta  su ciascuno dei documenti -
  Necessita',  altresi',  che  la  domanda  di assistenza giudiziaria
  contenga  gli  elementi  necessari per la utilizzazione processuale
  degli  atti  richiesti.  Inutilizzabilita'  degli  atti assunti con
  modalita'  diverse - Estensione di tale sanzione ai procedimenti in
  corso  in  ogni stato e grado del giudizio - Contrasto con la norma
  consuetudinaria  internazionale invalsa nell'applicazione dell'art.
  3,  comma  3,  della Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959 e
  con  le  convenzioni  internazionali  successive  -  Violazione del
  principio  del  contraddittorio  per  la  disparita'  tra  i poteri
  riconosciuti  alla  difesa  dell'imputato  ed i poteri del pubblico
  ministero  -  Lesione  del  principio  della ragionevole durata del
  processo.
- Cod.  proc.  pen.,  artt.  727,  comma 5-bis e 729, come modificati
  dagli  artt.  12  e  13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367; legge 5
  ottobre 2001, n. 367, art. 18.
- Costituzione, artt. 10 e 111.
(GU n.3 del 16-1-2002 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  del procedimento penale n. 11450/00 R.G. Dib. e
n. 54583/98  R.G.  p.m.  carico  di  Tollmann  Johannes, imputato dei
seguenti reati:
        a) artt. 110, 81, 648, 61 n. 7 c.p.;
        b) artt. 110, 81 c.p. 48, 68 e 59 1egge n. 1089/39;
        c) artt. 81, 110, 483 c.p. 35, 36 e 66 legge n. 1089/39;
    Ritenuto che all'udienza del 15 ottobre 2001 il p.m. ha sollevato
questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 12 e 13 legge 5
ottobre 2001, n. 367,per contrasto con gli artt. 3, 10, 24, 111 e 112
Cost.,   in  quanto  vietano  l'acquisizione  mediante  rogatoria  di
documenti  in copia con nota ufficiale di trasmissione da parte dello
Stato  richiesto,  ma  senza  specifica  attestazione  di conformita'
apposta su ciascuno dei documenti trasmessi;
    Sentito  il  difensore dell'imputato, che, pur non contestando la
non   manifesta   infondatezza   della  questione,  ne  ha  sostenuto
l'irrilevanza nell'ambito del presente procedimento;
    Ritenuto,  quanto  alla  rilevanza,  che l'ipotesi accusatoria si
fonda, tra l'altro, su atti di perquisizione compiuti all'estero, con
conseguente sequestro di reperti archeologici che si assumono oggetto
di  scavi  clandestini  eseguiti  in  Italia,  nonche'  su  documenti
pervenuti   in  copia  dalla  Germania  in  esecuzione  di  rogatorie
internazionali  (vedi  richiesta  del  p.m.,  p.  214  fasc.  dib., e
risposta  del  procuratore  capo di Colonia, p. 91), e che tali atti,
non  certificati  autentici,  sono stati gia' dichiarati utilizzabili
all'udienza  del  9 maggio  2000  ed  inseriti  nel  fascicolo per il
dibattimento;
    Ritenuto  che  la  questione  non e' manifestamente infondata con
riferimento  alla  violazione dell'art. 10, primo comma, e 111, primo
comma, Cost., per le considerazioni che seguono;

                            O s s e r v a


    1.  -  Quanto  al  primo  profilo,  che  l'art. 3, comma 3, della
Convenzione  europea  di  assistenza  giudiziaria  in  materia penale
(Convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959) - secondo cui lo Stato
destinatario  della rogatoria e' tenuto a trasmettere "semplici copie
o   fotocopie   dei   fascicoli   o  documenti  richiesti  munite  di
certificazioni  di  conformita'" (e gli originali, se richiesto, solo
se  cio'  sia possibile) - nel corso degli anni e' stato interpretato
in   modo   difforme   dall'enunciato  testuale,  giacche',  sia  per
l'affermarsi  di nuovi mezzi di trasmissione sempre piu' affidabili e
veloci  e  sia  per  la  trasformazione della criminalita', che si e'
evoluta  tecnologicamente  e  ramificata  a livello internazionale, i
Paesi aderenti alla Convenzione hanno dovuto aggiornare gli strumenti
di  cui  disponevano  all'epoca  della  stessa, adottandone altri che
assicurano  veloci  e riservati scambi di informazioni (si pensi alle
e-mail e ai fax); e sono stati indotti, quindi, a disattendere talune
formalita'   previste  dall'art. 3  cit.,  che  ha  pertanto  subito,
attraverso   il   costante  comportamento  consapevolmente  osservato
nell'esecuzione delle rogatorie, un'evoluzione interpretativa in tali
sensi.  In  particolare, con specifico riferimento all'acquisizione e
alla  trasmissione  di  documenti,  si  e'  instaurata  fra gli Stati
firmatari  una  prassi  in  base alla quale l'obbligo di cooperazione
sancito  dalla  disposizione, secondo un principio cosi' generalmente
ricevuto  viene  ormai ritenuto adempiuto mediante l'invio degli atti
con   una  formale  nota  di  trasmissione  da  parte  dell'autorita'
giudiziaria  remittente,  la  quale  ha  per  consuetudine sostituito
l'attestato di conformita' dei singoli atti.
    2.   -   Passando  a  considerare  le  disposizioni  della  legge
n. 367/01,  osserva  che  l'art. 9,  modificando solo su questo punto
l'originaria  formulazione  dell'art. 696,  comma  1, c.p.p., enuncia
esplicitamente  la  convenzione di Strasburgo tra le fonti di diritto
internazionale    che   disciplinano   gli   atti   di   cooperazione
internazionale,  tra  i  quali  rientrano  le  rogatorie,  ed impone,
quindi,  l'osservanza  anche  dell'art. 3, comma 3, in conformita' al
suo  enunciato  testuale; questo precetto e' specificamente reiterato
nel   successivo   art. 13  legge  n. 367/2001,  che  introduce,  per
qualsiasi  "violazione  delle  norme  di  cui  all'art. 696, comma 1,
riguardanti  l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri
mezzi  di prova a seguito di rogatoria all'estero", la grave sanzione
dell'inutilizzabilita',  la  quale  e' assoluta, in quanto rilevabile
anche  di  ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e sanabile
solo mediante rinnovazione dell'atto, (laddove possibile), stabilendo
la norma che non si puo' tener conto delle dichiarazioni, da chiunque
rese,   che   riguardino   il   contenuto   degli   atti  considerati
inutilizzabili   (vedi  art. 729,  comma  1-ter  c.p.p.,  cosi'  come
modificato dall'art. 13 legge n. 367/2001); infine, l'art. 18 estende
la  sanzione dell'inutilizzabilita' anche ai procedimenti in corso, e
non   solo  a  quelli  che  si  trovano  nella  fase  delle  indagini
preliminari,  bensi'  -  se  eccepita  da  una delle parti alla prima
udienza  successiva  all'entrata  in  vigore della legge - anche alle
ipotesi   in   cui   gli   atti   inutilizzabili   siano  gia'  stati
legittimamente  acquisiti al fascicolo per il dibattimento, e in ogni
stato e grado del giudizio, compreso quello di Cassazione.
    3.  -  Sembra  evidente  che  questo  sistema, ripristinando, per
giunta  retroattivamente,  un'interpretazione restrittiva dell'art. 3
cit.  superata  da  quella consuetudinaria, si ponga in contrasto con
l'art. 10, primo comma, Cost., che sancisce il fondamentale principio
secondo  cui  l'ordinamento  giuridico italiano deve conformarsi alle
norme del diritto internazionale generalmente riconosciute.
    Non  e'  dubbio  che  tra  queste  ultime debbano comprendersi le
consuetudini  internazionali,  che  si  formano  in  presenza  di  un
comportamento  costante  ed uniforme tenuto dagli Stati, accompagnato
dalla   convinzione  dell'obbligatorieta'  del  comportamento  stesso
(diuturnitas  e opinio iuris sive necessitatis) ed assurgono al rango
di  norme giuridiche sovraordinate, nella gerarchia delle fonti, alle
disposizioni   contenute   in  leggi  ordinarie  dei  singoli  Stati.
Allorche'  il  diritto  non  scritto - che puo' formarsi a modifica o
abrogazione  delle  regole  poste  da  un  determinato  trattato - si
trasforma in consuetudine internazionale, perche' quel comportamento,
con  le  caratteristiche  ora  dette, si e' diffuso tra gli Stati che
aderiscono al trattato, si da' vita ad una prassi modificatrice delle
norme  a  suo  tempo  pattuite  che si sostituisce ad esse, ancorche'
queste restino formalmente vigenti.
    In  relazione  all'attuazione  della norma contenuta nell'art. 3,
comma  3,  della  convenzione  di  Strasburgo si deve prendere atto -
giova ribadirlo - che nella prassi consolidata di tutti gli Stati che
aderiscono  alla convenzione, sovente le domande di rogatoria vengono
inviate via fax, gli atti conseguenti all'esecuzione, quando non sono
formati  dall'autorita'  che ha eseguito la rogatoria, vengono sempre
restituiti   in  fotocopia  senza  autentificazione  e  con  la  sola
attestazione  da parte dell'autorita' richiesta, contenuta nella nota
di  accompagnamento, che la rogatoria viene restituita "evasa" (cosi'
garantendosi  la  corrispondenza del materiale trasmesso alla domanda
rogatoriale);  e che frequentemente copia degli atti viene consegnata
alle  persone  autorizzate  ad assistere o partecipare alla rogatoria
all'estero.
    In   definitiva,   ormai   gli   Stati  firmatari  uniformante  e
costantemente  ritengono  sufficiente  l'atto formale di trasmissione
per   conferire   agli   atti   e   documenti   inviati   il   crisma
dell'autenticita',  e  di  conseguenza  li  hanno ritenuti pienamente
utilizzabili   anche   se   non   muniti  dei  singoli  attestati  di
conformita'.
    Questi  principi  consolidati  sono stati altresi' implicitamente
recepiti da tutti i piu' recenti trattati internazionali, tra i quali
la  convenzione  sul riciclaggio del 1990 e la cosidetta Joint Action
del  29  giugno  1998,  che  non  a caso, sotto il profilo che qui si
considera,  omettono  qualsiasi  indicazione  in  ordine a specifiche
modalita' certificative, non precisando neppure se gli atti richiesti
debbano  essere  restituiti  in  originale  o  in  copia.  E  non  va
dimenticato  che  una  delle funzioni che si riconoscono agli accordi
internazionali  e' costituita dall'eliminazione della "legalizzazione
di  atti e documenti", nel senso che gli Stati contraenti riconoscono
reciprocamente   la  regolarita'  della  provenienza  di  un  atto  o
documento, senza pretendere "formalita' di legalizzazione".
    In  definitiva,  quindi, l'art. 13 della legge in esame, sancendo
l'inutilizzabilita'  assoluta  degli  atti  acquisiti  o trasmessi in
violazione dell'art. 696, comma 1, c.p.p., si pone in netto contrasto
con     la     anzidetta    consuetudine    internazionale    invalsa
nell'applicazione  del  citato  art. 3 ed altresi' con le convenzioni
internazionali   successive   alla   convenzione  del  1959,  sicche'
indirettamente viola l'art. 10 Cost.
    4.  -  Quanto  al secondo profilo di illegittimita', il contrasto
con   l'art. 111,  primo  comma,  della  Costituzione  coinvolge  gli
artt. 12  e 13 della legge n. 367/2001 e si configura con riferimento
sia  al principio del contraddittorio in condizioni di parita' tra le
parti e sia a quello della ragionevole durata del processo.
    Sotto  il  primo  aspetto,  appare  evidente la disparita' che si
determina  tra  i  poteri  riconosciuti  alla  difesa, che puo' senza
formalita'  introdurre  in giudizio atti e documenti, ed i poteri del
p.m.,  che  per  acquisire  prove e documenti formati all'estero deve
necessariamente avvalersi degli strumenti previsti dalla legge per la
collaborazione giudiziaria tra Stati.
    L'art. 237  c.p.p.  dispone  che  "e'  consentita l'acquisizione,
anche  di  ufficio  di qualsiasi documento proveniente dall'imputato,
anche  se  sequestrato  presso  altri o da altri prodotto", ancorche'
privi  di  autentica  o non certificati conformi; e cio' comporta che
gli  atti  per  i  quali opera l'art. 13 cit., mentre sono pienamente
utilizzabili  se  prodotti direttamente dall'imputato, non lo sono se
acquisiti   per   rogatoria  dal  p.m.  senza  le  certificazioni  in
questione.  Il  regime delle inutilizzabilita' introdotto dalla nuova
normativa  rende, cioe', notevolmente piu' gravosa, rispetto a quella
dell'imputato,  la  posizione del p.m. e finisce cosi' per ostacolare
l'esercizio  della  giurisdizione,  fino  a  compromettere, in alcuni
casi, la possibilita' stessa dell'accertamento giudiziale.
    Le  medesime  ragioni  concernenti  la  violazione  del principio
paritario   alimentano   il   dubbio   di  incostituzionalita'  anche
dell'art. 12   legge  n. 367/2001,  laddove  stabilisce,  modificando
l'art. 727 c.p.p., che "quando, a norma di accordi internazionali, la
domanda  di  assistenza  giudiziaria  puo'  essere  eseguita  secondo
modalita'   previste   dall'ordinamento   dello   Stato,  l'autorita'
giudiziaria,  nel formulare la domanda di assistenza, ne specifica le
modalita'   indicando  gli  elementi  necessari  per  l'utilizzazione
processuale degli atti richiesti". Poiche' anche per la violazione di
questa  norma  l'art. 13  prevede  la sanzione dell'inutilizzabilita'
(art. 729,  comma  1-bis  c.p.p.) si ricava la regola per cui le piu'
onerose  modalita'  di acquisizione vanno osservate dal p.m. tutte le
volte  che  esista un trattato che lo consenta, dovendosi in tal caso
procedere  secondo  le  norme  del  diritto italiano, in deroga dalla
stessa  convenzione  di Strasburgo (art. 3, comma 1); e cio' accresce
il  vulnus  che  si  denuncia, posto che qualsiasi violazione formale
puo' cagionare l'inutilizzabilita' dell'atto assunto in rogatoria.
    Anche  questo aspetto assume puntuale rilievo nel processo contro
il Tollmann, giacche' la Germania, in data 1 gennaio 1999, ha aderito
alla gia' citata convenzione sul riciclaggio (che non si applica alle
sole  fattispecie  di riciclaggio, ma in generale a tutti i delitti),
il  cui  art. 9  stabilisce  che l'assistenza viene prestata nei modi
consentiti dalla legge interna della parte richiesta e, "nella misura
non  con  essa  incompatibile, secondo le procedure specificate nella
richiesta".
    5.  -  I  rilievi  svolti in ordine all'esasperato rigore formale
della  nuova  disciplina,  che  non  appare  sorretto da apprezzabili
esigenze    sostanziali   della   tutela   giurisdizionale,   rendono
attendibile  anche  il  dubbio  di incostituzionalita' concernente la
violazione  del principio di ragionevole durata del processo, sancito
dallo   stesso  art. 111  Cost.,  enunciato,  fra  l'altro,  da  vari
organismi   internazionali   (si   pensi   alla   carta  dei  diritti
fondamentali  dell'Unione europea, approvata il 14 novembre 2000, che
all'art. 47   espressamente   pone,   tra   i   fondamentali  diritti
dell'individuo,  il diritto ad essere giudicato in tempi ragionevoli)
e  da  ultimo  posto  a  fondamento della legge 24 marzo 2001, n. 89.
Infatti,  il  sistema  introdotto  con  la  disciplina  in  esame, in
considerazione  delle  molteplici formalita' richieste e delle severe
conseguenze    connesse    alla    loro    inosservanza,    determina
inevitabilmente  un  ulteriore  allungamento dei tempi occorrenti per
l'esecuzione  delle  rogatorie,  non  giustificato da alcuna esigenza
connessa alla tutela di diritti costituzionalmente garantiti.
    Il  contrasto con il principio di ragionevole durata del processo
maggiormente si apprezza con riferimento all'art. 18, che, come si e'
premesso,  in  deroga  al  principio  tempus  regit  actum, ha esteso
l'applicabilita'  delle  nuove  norme  ai processi in corso, cio' che
comportera'   la  regressione  di  molti  processi  per  ogni  minima
irregolarita'    formale,    dilatando    a    dismisura    i   tempi
dell'accertamento  giudiziale, ed impedendo di fatto di affrontare la
questione fondamentale sulla colpevolezza, o meno, dell'imputato.
    Al  riguardo,  e' ben vero che il principio di non retroattivita'
e' costituzionalmente garantito solo per le leggi penali, ex art. 25,
secondo  comma,  Cost., ma, secondo il consolidato insegnamento della
Corte   costituzionale,   la   retroattivita'   di   una   norma   e'
legittimamente   sancita   in   quanto  sia  conforme  a  criteri  di
ragionevolezza  e nella misura in cui non collida con altro principio
costituzionale, qual'e', appunto, quello che ora si considera.
    In conclusione, il sistema delineato dal combinato disposto degli
artt. 12, 13 e 18 n. 367/2001 viola i principi costituzionali innanzi
richiamati   e   non  sembra  superare,  comunque,  il  controllo  di
conformita'  al  canone  generale  di  ragionevolezza,  nella  specie
particolarmente  stringente  anche perche' la nuova disciplina incide
direttamente sulla certezza dei rapporti pregressi.
                              P. Q. M.

    Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 legge n. 7/1953;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 727,  comma  5-bis  e  729
c.p.p.,  cosi'  come  modificati  dagli artt. 12 e 13 legge 5 ottobre
2001,  n. 367,  e  dell'art. 18  della medesima legge, per violazione
degli  artt. 10  e  111  della  Costituzione  nei  termini esposti in
motivazione.
    Sospende   il   presente   procedimento   ed  ordina  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza  alle  parti  ed al Presidente del Consiglio dei ministri e
per  la  comunicazione  della  stessa  ai Presidenti della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica.
        Roma, addi' 7 novembre 2001
                        Il giudice: Cantillo
02C0006