N. 43 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 28 dicembre 2001

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 28 dicembre 2001 (della regione siciliana)

Imposte  e  tasse  - Primi interventi per il rilancio dell'economia -
  Dichiarazione  di  emersione per gli imprenditori inadempienti alle
  norme   in   materia   fiscale   e   previdenziale  in  conseguenza
  dell'utilizzazione  di  lavoratori  non regolarizzati - Previsione,
  per  gli  imprenditori  stessi  e  per  i  lavoratori  "emersi", di
  agevolazioni  e  di  incentivi fiscali e previdenziali - Previsione
  per  le  maggiori entrate derivanti dal recupero di base imponibile
  connesse  ai  programmi  di  emersione,  con  esclusione  di quella
  contributiva,  di  afflusso nel fondo di cui all'art. 5 della legge
  23 dicembre 2000, n. 388 - Previsione, altresi', dell'utilizzazione
  delle  maggior  entrate per sopperire alle minori entrate derivanti
  dalla  soppressione  dell'imposta  sulle  successioni  e donazioni,
  disposta  dal  capo V, nonche' agli oneri, recati dal Capo II della
  stessa  legge  -  Destinazione  delle  restanti maggiori entrate al
  miglioramento  dei saldi dei rispettivi esercizi del bilancio dello
  Stato  -  Ricorso  della  Regione  siciliana  -  Dedotta violazione
  dell'autonomia finanziaria della Regione - Violazione del principio
  di  possibilita'  di  riserva all'Erario dello Stato esclusivamente
  delle  nuove  entrate  tributarie  -  Sottrazione  per  le  entrate
  riscosse  nel  territorio  delle  Regioni,  di  quote  del  gettito
  tributario spettanti alla Regione stessa - Violazione del principio
  di leale collaborazione per la mancata previa intesa con la Regione
  - Violazione del principio di copertura finanziaria.
- Legge 18 ottobre 2002, n. 383, artt. 1 e 18.
- Costituzione,   artt.   3  e  81,  quarto  comma;  Statuto  Regione
  Siciliana,  art.  36 e art. 2 delle relative norme di attuazione in
  materia finanziaria approvate con d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074.
(GU n.3 del 16-1-2002 )
    Ricorso  della  Regione  siciliana,  in  persona  del  Presidente
pro-tempore  on. dott. Salvatore Cuffaro, rappresentato e difeso, sia
congiuntamente  che  disgiuntamente,  giusta  procura  a  margine del
presente  atto,  dall'  avv. Michele  Arcadipane e dall'avv. Giovanni
Carapezza   Figlia,  ed  elettivamente  domiciliato  presso  la  sede
dell'Ufficio  della  Regione  siciliana  in Roma, via Marghera n. 36,
autorizzato   a  proporre  ricorso  con  deliberazione  della  Giunta
regionale n. 486 del 4 dicembre 2001;
    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei ministri pro-tempore,
domiciliato  per  la carica in Roma, Palazzo Chigi, presso gli Uffici
della  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  e difeso per legge
dall'Avvocatura  dello  Stato, per la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale  degli  articoli  1  e 18 della legge 18 ottobre 2001,
n. 383,  recante  "Primi  interventi  per  il rilancio dell'economia"
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 248
- serie generale - del 24 ottobre 2001.

F a t t o

    La  legge  18 ottobre 2001, n. 383, recante "Primi interventi per
il  rilancio  dell'economia",  contiene - tra le altre - una serie di
disposizioni  che,  al  fine di incentivare l'emersione dell'economia
sommersa,   prevedono   un   regime   fiscale  agevolato  per  alcune
fattispecie,    e   detta   articolate   previsioni   per   garantire
l'indispensabile  copertura  finanziaria.  Tra  di  esse  rilevano in
particolare,   ai   fini   del  presente  ricorso,  quelle  contenute
nell'articolo  1  e le disposizioni di copertura finanziaria previste
dall'art. 18.
    L'articolo 1, rubricato "Dichiarazione di emersione", dispone che
gli  imprenditori  che  hanno fatto ricorso a lavoro irregolare - non
adempiendo  agli  obblighi  discendenti  dalla  normativa  fiscale  e
previdenziale   -   possono   presentare  apposita  dichiarazione  di
emersione.  Tale  dichiarazione  costituisce  titolo per l'accesso ad
incentivi   fiscali   e   previdenziali  consistenti,  precipuamente,
nell'applicazione,    sull'incremento   dell'imponibile   conseguente
all'emersione  dei  rapporti  di  lavoro,  di  un'imposta sostitutiva
dell'IRPEF,  dell'IRPEG e dell'IRAP, con tassazione separata rispetto
al  rimanente imponibile, dovuta in ragione di un'aliquota del 10 per
cento  per  il  primo  periodo  d'imposta  e  del  15  e 20 per cento
rispettivamente per il secondo ed il terzo periodo d'imposta.
    Un  regime fiscale agevolato e' previsto dal secondo comma, lett.
b),  dell'art. 1,  anche  per  i lavoratori i cui rapporti vengono ad
emergere, sui cui redditi di lavoro si applica un'imposta sostitutiva
dell'IRPEF, con tassazione separata rispetto al rimanente imponibile,
dovuta  in  ragione  del  6  per cento, dell'8 per cento e del 10 per
cento, rispettivamente, per il primo, secondo e terzo anno.
    La  dichiarazione  di  emersione  puo' anche valere, su richiesta
degli   imprenditori,   come  proposta  di  concordato  tributario  e
previdenziale  - alle condizioni previste - ai fini dell'applicazione
di   un'ulteriore   imposta   sostitutiva   dell'IRPEF,   dell'IRPEG,
dell'IRAP,  dell'IVA  e  dei contributi previdenziali, con tassazione
separata   rispetto   al  rimanente  imponibile,  dovuta  in  ragione
dell'aliquota  dell'8  per  cento  del  costo  del  lavoro irregolare
utilizzato  e dichiarato, senza applicazione di sanzioni ed interessi
(art. 1, terzo comma).
    Analogo  beneficio e' previsto dal quarto comma dell'art. 1 per i
lavoratori  "emersi",  che possono estinguere i loro debiti fiscali e
previdenziali connessi alle prestazioni di lavoro irregolare mediante
il  pagamento della somma di lire 200.000 per ciascun anno pregresso,
senza applicazione di sanzioni ed interessi.
    L'ottavo  comma  dell'art. 1  prevede  che  le "maggiori entrate"
derivanti  dal  recupero di base imponibile connessa ai progranimi di
emersione  -  con  esclusione di quelle contributive - affluiscono al
fondo di cui all'art. 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388.
    L'art. 18    della    legge    383/2001,   rubricato   "Copertura
finanziaria", inoltre, dispone che, per sopperire alle minori entrate
derivanti   dalla   soppressione  dell'imposta  sulle  successioni  e
donazioni disposta dal capo VI, nonche' agli oneri recati dal capo II
della  stessa  legge,  si  provvede  mediante utilizzo di quote delle
maggiori  entrate  recate  dal  medesimo  capo II, e statuisce che le
restanti  maggiori entrate recate dallo stesso capo sono destinate al
miglioramento  dei  saldi  dei rispettivi esercizi del bilancio dello
Stato.  Le  richiamate  disposizioni si appalesano costituzionalmente
illegittime  e vengono censurate, in quanto lesive delle attribuzioni
dell'autonomia  finanziaria  della  regione  siciliana,  nonche'  del
principio   costituzionale   di   uguaglianza  e  dell'obbligo  della
copertura finanziaria, per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    Violazione dell'articolo 36 dello Statuto della Regione siciliana
e  del  correlato  articolo  2  delle  norme di attuazione in materia
finanziaria  approvate  con  d.P.R.  26 luglio 1965, n. 1074, nonche'
degli articoli 3 e 81, quarto comma, della Costituzione.
    Ed  invero  -  considerato  preliminarmente  che dalle previsioni
recate dall'articolo 36 dello Statuto e dall'articolo 2 del d.P.R. 26
luglio  1965,  n. 1074  emerge la regola generale secondo la quale, a
parte   talune   individuate   eccezioni,   tra   le  quali  sono  da
ricomprendere   le  nuove  entrate  tributarie  il  cui  gettito  sia
destinato  con  apposite  leggi  alla  copertura  di  oneri diretti a
soddisfare  particolari  finalita'  contingenti  o continuative dello
Stato   specificate  nelle  leggi  medesime,  spettano  alla  Regione
siciliana   oltre   alle  entrate  tributarie  da  essa  direttamente
deliberate, tutte le entrate tributarie erariali riscosse nell'ambito
del  suo  territorio,  dirette  o indirette, comunque denominate - si
osserva  che  il  richiamato  articolo 1 della legge 18 ottobre 2001,
n. 383,  non  configura  ne' una imposta di nuova istituzione ne' una
entrata   derivante   da   un  aumento  di  aliquota  di  un  imposta
preesistente,  ma  detta  una specifica disciplina nel presupposto di
una   emersione  di  basi  imponibili,  le  quali,  qualora  tutti  i
contribuenti   avessero   correttamente   adempiuto   gli   obblighi,
precipuamente  tributari,  sugli  stessi  gravanti, avrebbero gia' da
tempo  costituito  presupposto  di imposte di spettanza regionale, ed
istituisce,  allo scopo, apposite imposte sostitutive; il considerare
riservato  allo  Stato  il  conseguente gettito, confluente nel fondo
istituito  ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 2000, n. 388,
comporta  un  pregiudizio  economico  per  la  regione, violandone le
attribuzioni  in  materia  finanziaria,  in  quanto  in  tal  modo si
determina,  in  buona  sostanza,  una  sostituzione  di  una  imposta
spettante  alla regione con una nuova fattispecie assegnata viceversa
allo  Stato  per  generiche  finalita'  di  riduzione della pressione
contributiva.
    Ancor   piu',   tenuto  conto  che  della  preventivata,  futura,
riduzione   dell'imposta  sul  reddito  delle  persone  giuridiche  e
dell'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche,  ne subirebbe le
conseguenze,  in termini di minor gettito percepito, anche la Regione
siciliana,  ulteriormente illegittimo appare il destinare ad un fondo
istituito  presso  il  Ministero  del tesoro l'intero maggior gettito
tributario  derivante  dall'emersione  di  tutte  le basi imponibili,
senza  dunque  considerare  le  riconosciute  spettanze della Regione
siciliana  sul  gettito  relativo  per  quanto  riscosso  nel proprio
territorio.
    Va  rilevato,  in  proposito,  che  l'art. 2 del d.P.R. 26 luglio
1965,  n. 1074,  recante  "Norme  di  attuazione  dello Statuto della
Regione  siciliana  in  materia  finanziaria",  consente di riservare
all'erario statale esclusivamente le "nuove entrate tributarie il cui
gettito  sia  destinato  con  apposite  leggi alla copertura di oneri
diretti a soddisfare particolari finalita' contingenti o continuative
dello  Stato specificate nelle leggi medesime". Codesta ecc.ma Corte,
nel  precisare  l'ambito  di  applicazione  di  tale disposizione, ha
autorevolmente chiarito (cfr. sentenze nn. 47/1968 e 49/1972) che per
nuova  entrata  tributaria  deve  intendersi  soltanto  quell'entrata
"derivante  da  un  atto  impositivo  nuovo,  in  mancanza  del quale
l'entrata non si sarebbe verificata", e, di conseguenza, ha affermato
(cfr.  sentenza  n. 430/1996)  che  "rimane  cosi'  preclusa,  in via
generale,  la  devoluzione allo Stato di entrate tributarie erariali,
riscosse  nel  territorio  della  Regione  siciliana,  ma  prive  del
carattere di novita'".
    Nella fattispecie di che trattasi manca l'indefettibile requisito
della  novita'  dell'entrata  poiche' le imposte sostitutive previste
dalla  legge in esame non hanno carattere additivo rispetto al regime
fiscale preesistente, incidendo le stesse su fattispecie gia' oggetto
di tassazione.
    Le  entrate  tributarie  in  questione, di contro, si sostanziano
nella  fattispecie  delle  imposte sostitutive di tributi di sicura e
pacifica spettanza della regione.
    E, come ha avuto modo di osservare codesta ecc.ma Corte (sentenza
n. 49/1972),  "se  lo  Stato, come ente sovraordinato e sovrano, puo'
disporre in merito alla imposizione o abrogazione di tributi in piena
liberta',  anche  se si tratti di tributi spettanti alle regioni, non
per  questo  esso puo' attribuire a se stesso l'intero gettito di una
entrata  chiaramente sostitutiva, quando il tributo sostituito non e'
di sua esclusiva spettanza".
    Pertanto,  nessun dubbio essendo ammissibile nella fattispecie in
esame  circa  la  spettanza - per quanto da riscuotere nel territorio
regionale - dei tributi sostituiti, ne' circa la qualificazione della
nuova  imposta  quale "sostitutiva", consegue con certezza il diritto
della  Regione  siciliana,  per quanto di competenza, alla percezione
delle relative entrate.
    Ed  anche  le  previsioni dell'art. 18, primo comma, della stessa
legge  n. 383  del  2001 non appaiono tenere conto delle attribuzioni
della   regione   in   materia   finanziaria,   e,  indebitamente  ed
illegittimamente,  attraverso  la  destinazione  di quote di maggiori
entrate  all'erario  statale,  variamente  disposta in relazione alle
diverse  finalita' riguardate sottraggono quote di gettito tributario
alla stessa spettanti violando le sovraordinate norme statutarie e di
attuazione.
    Ne'  appare  rilevare  ai  fini  della  fondatezza delle proposte
censure  la circostanza che la "riserva" a favore dell'erario statale
non e' dichiarata esplicitamente.
    Non  e'  dubbia, infatti, la affluenza delle entrate in questione
al bilancio dello Stato.
    Ne',  al  fine di evitare la lesione delle riconosciute spettanze
regionali,   appare  soccorrere  la  disposizione  del  quarto  comma
dell'art. 3   della   medesima   legge   n. 383/2001,   che   prevede
l'emanazione  di  un  decreto  ministeriale,  sentita  la  conferenza
unificata  di  cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997,
n. 281,  per  la  determinazione  delle  regolazioni  contabili degli
effetti  finanziari  per  lo  Stato, le regioni e gli enti locali; ed
invero,  la  particolare  autonomia  e  l'impianto  finanziario della
Regione  siciliana  determinano  l'autonoma riscossione delle proprie
entrate,  non  gia' un regime di regolazioni contabili per le entrate
tributarie di propria spettanza.
    Peraltro,  qualora,  per pura ipotesi, volesse ritenersi che tale
decreto  ministeriale  costituisca  il  momento  procedurale  atto  a
garantire  le  prerogative  e  le  spettanze  regionali,  verrebbe  a
configurarsi   una  ulteriore  lesione  costituzionale,  poiche'  non
verrebbe  in  tale  sede garantita, in ossequio al principio di leale
cooperazione,  quella  partecipazione  regionale  alle determinazioni
attuative  del  meccanismo  derogatorio  al  principio generale della
attribuzione  alla  Regione siciliana dell'intero gettito dei tributi
riscossi  nell'ambito  del  suo territorio, cui codesta Corte, con la
sua piu' recente giurisprudenza (sentenze nn. 98, 347 e 348 del 2000,
e 288 del 2001) ha avuto modo di riferirsi.
    E,  considerato  che l'intesa alla quale dovrebbe a tal proposito
pervenirsi  si  sostanzia  (Corte Cost. sentenza n. 351/1991) "in una
paritaria  codeterminazione  del contenuto dell'atto, da realizzare e
ricercare,  laddove  occorra, attraverso reiterate trattative volte a
superare  le  divergenze  che  ostacolino  il  raggiungimento  di  un
accordo",  assolutamente  inidoneo  appare,  allo  scopo, il previsto
passaggio in conferenza unificata.
    Ed  ancora,  in  ogni  caso,  nulla  e'  previsto per le maggiori
entrate  derivanti  dal  capo  II,  di  cui l'art. 18 della legge qui
impugnata  prevede  una ripartizione in quote, tutte pero' ugualmente
destinate, pur con diverse finalita', all'erario statale.
    Le  impugnate  disposizioni  determinano  dunque una decurtazione
delle entrate tributarie regionali e configurano quindi una immediata
lesione  delle attribuzioni della Regione siciliana e della autonomia
finanziaria  della  stessa,  risolvendosi  in  una  ingiustificata ed
illegittima   riduzione   delle   risorse  disponibili  da  destinare
all'assolvimento delle funzioni di competenza.
    E  sotto  tale  profilo  si  lamenta  altresi'  una  lesione  del
principio   costituzionale  di  uguaglianza  -  destinato  a  trovare
applicazione  non  soltanto  nei confronti delle persone fisiche, ma,
secondo  un  processo  di astrazione, anche degli oggetti, dei fatti,
delle  situazioni  e  degli  istituti  giuridici  - quale puo' essere
individuato  nel  divieto  discriminazioni  arbitrarie  ed  ingiuste,
postulando  di  contro la ragionevolezza di qualsiasi parificazione o
distinzione  di situazioni (Corte costituzionale, sentenza n. 250 del
1993).
    Considerato appunto che in altre occasioni e' stata rispettata la
"garanzia   di   ordine   quantitativo"   dell'autonomia  finanziaria
regionale  (cui  codesta  Corte  ha  avuto  modo  di  riferirsi nella
sentenza   n. 405  del  2000),  la  mancanza  di  una  previsione  di
destinazione alla regione nelle disposizioni censurate configura tale
ulteriore  illegittimita'  costituzionale,  determinando altresi' uno
squilibrio  dei  conti  pubblici regionali in dispregio dell'articolo
81, quarto comma, della Costituzione che impone il principio generale
dell'obbligo  di  copertura  delle  spese; obbligo che codesta ecc.ma
Corte  ha  sempre  ritenuto  estendersi oltre il bilancio dello Stato
persona  in  senso  stretto,  obbligando  viceversa  tutti  gli  enti
rientranti   nel   complesso  della  finanza  pubblica  allargata,  e
destinato   altresi'  ad  operare  non  soltanto  con  una  efficacia
circoscritta   all'interno   del   singolo   ente,   bensi'  tale  da
condizionare  anche  i  rapporti  che  intercorrono tra enti diversi,
reciprocamente ordinati.
    Il  principio  costituzionale sancito dall'art. 81, quarto comma,
non  consente  dunque  al  legislatore  nazionale  -  a  pena  di una
illegittima  elusione  del  principio medesimo - di sottrarre risorse
agli  enti  rientranti  nella  cosi' detta finanza pubblica allargata
senza contestualmente indicare i mezzi con cui fare fronte agli oneri
assunti  o  alle  minori entrate derivanti dalle recate disposizioni;
cio'  anche  nel  presupposto dell'esistente collegamento finanziario
tra  simili  enti e lo Stato, che appare in realta' "dare luogo ad un
unico complesso".
    Gli  articoli  impugnati  incidono,  invero,  direttamente  sulle
attribuzioni  regionali  prefigurando una illegittima riduzione delle
risorse di competenza senza determinare - in contrasto con l'art. 81,
comma  4,  della  Costituzione  -  la destinazione alle entrate della
regione di una apposita copertura finanziaria, ed obbligandola quindi
ad   imputare   al   proprio  bilancio  di  previsione,  mediante  un
corrispondente  utilizzo  di risorse proprie, le entrate venute meno,
con  la conseguente limitazione, in realta', oltre che dell'autonomia
finanziaria  sotto  il  versante  delle  uscite, anche dell'autonomia
legislativa, che, come effetto indiretto, ne risulterebbe compressa.
                              P. Q. M.

    Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale accogliere il presente
ricorso,  dichiarando  l'illegittimita'  costituzionale  delle  norme
impugnate,   in   quanto  lesive  delle  attribuzioni  della  Regione
siciliana  e  dell'autonomia finanziaria della stessa quali risultano
dall'art. 36  dello  Statuto e dalle correlate norme di attuazione in
materia,  finanziaria, e poste in essere in violazione degli articoli
3 e 81, quarto comma, della Costituzione.
    Con riserva di ulteriori deduzioni.
    Si depositano con il presente atto:
      1)  Autorizzazione  a  ricorrere  (deliberazione  della  Giunta
regionale n.  486 del 4 dicembre 2001).
        Palermo, addi' 12 dicembre 2001
Avv. Arcadipane - Avv. Carapezza Figlia
02C0008