N. 1 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 gennaio 2001
Ordinanze da 1 a 9 - di contenuto sostanzialmente identico - emesse il 31 gennaio 2001 (pervenute alla Corte costituzionale il 3 gennaio 2002) dal Tribunale amministrativo regionale, per la Sicilia - sezione staccata di Catania - sui ricorsi proposti rispettivamente da: Busacca Maria ed altri contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 1/2002); Coscarelli Giuliana ed altri contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 2/2002); Saraceno Loredana ed altri contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 3/2002); Nicolosi Pamela Emanuela ed altri contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 4/2002); Maugeri Stefania ed altri contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 5/2002); Nicolosi Pamela Emanuela ed altri contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 6/2002); Busacca Maria ed altro contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 7/2002); Carbone Concetta contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 8/2002); Sindona Dora contro Assessorato Regionale ai Beni Culturali ed Ambientali (Reg. ord. 9/2002). Impiego pubblico - Regione Siciliana - Concorso per la copertura dei posti vacanti nel ruolo tecnico dell'Assessorato per i beni culturali ed ambientali - Riserva del 50 per cento dei posti esclusivamente al personale che ha prestato servizio per la realizzazione degli interventi per la catalogazione dei beni culturali siciliani ai sensi della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25 - Estensione della riserva altresi' ai catalogatori del patrimonio storico ed artistico negli edifici ecclesiastici siciliani ex art. 6 legge statale n. 160/1988 - Mancata previsione - Ingiustificato diverso trattamento di categorie di soggetti svolgenti attivita' identiche - Incidenza sul diritto al lavoro e sui principi di imparzialita' e buon andamento della Pubblica Amministrazione. - Legge Reg. Siciliana 27 aprile 1999, n. 4, artt. 6. - Costituzione, artt. 3, 4 e 97.(GU n.4 del 23-1-2002 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Con il ricorso in epigrafe si espone quanto segue. I ricorrenti, essendo in possesso dei necessari titoli culturali e professionali, hanno prestato la loro attivita' nell'ambito del progetto di catolazione intitolato "Il Patrimonio storico artistico negli edifici ecclesiastici siciliani", attivato dal Ministero dei beni culturali ed ambientali e dalla Presidenza della regione siciliana mediante il Consorzio Skeda. Il progetto, basato sulle disposizioni della legge nazionale numero 160 del 1988 (art. 6) ed approvato con delibera CIPE del 20 dicembre 1990, ha subito, per ragioni burocratiche, cospicui ritardi nella fase di attuazione, riuscendo ad avere il suo effettivo inizio soltanto nell'ottobre del 1993. Essi pertanto, per tale esclusiva ragione di carattere temporale e relativa ai ritardi dell'amministrazione pubblica, al momento dell'entrata in vigore della legge regionale 1 settembre 1993 n. 25, non sono stati in grado di fare istanza per la stipula di un contratto di catalogazione triennale riservato a tutti coloro i quali fossero in quel momento impegnati in attivita' di catalogazione dei beni culturali. Tale possibilita' invece, e' stata invece concessa a tutti quei loro colleghi, che stavano gia' svolgendo la loro identica attivita' sulla base di normative anche successive alla legge nazionale, ma attuate dall'amministrazione senza ritardi. I ricorrenti tuttavia, svolgendo le identiche attivita' tecnico-professionali che venivano svolte dai loro colleghi, i quali avevano potuto usufruire per una mera casualita' temporale delle disposizioni della legge regionale n. 25 del 1993, hanno regolarmente completate la catalogazione del patrimonio storico-artistico degli edifici ecclesiastici siciliani con la regolare acquisizione entro il 31 marzo 1991, da parte del Ministero e dell'Assessorato regionale ai beni culturali ed ambientali del c.d. "bene rinveniente" (schede, allegati fotografici, attrezzature fotografiche, hard-ware, ecc..). Essi, in piu', hanno proseguito per un anno ancora la loro attivita' di catalogazione mediante un progetto di lavori socialmente utili attivato dall'assessorato medesimo. A questo punto il legislatore regionale, con l'art. 6 comma 1 della legge n. 8 del 1999, dopo avere rideterminato le dotazioni organiche del ruolo tecnico dei beni culturali ed ambientali ed avere delegato l'assessore-competente ad avviare e concludere celermente le procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti in organico, al primo comma dell'art. 6 ha previsto: "Al fine di non disperdere il patrimonio di professionalita' formato prima con fondi statali e poi con fondi regionali, nella prima applicazione della presente legge la riserva del cinquanta per cento; di cui all'art. 7 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e successive modifiche e' applicata - per la copertura di posti delle qualifiche proprie del ruolo tecnico dei beni culturali ed ambientali di cui alla presente legge - esclusivamente al personale che ha prestato effettivo servizio per la realizzazione degli interventi di cui all'art. 111 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, cosi' come modificato dall'art. 13 della legge regionale 29 settembre 1994, n. 34". I ricorrenti pertanto, nel bando col presente atto impugnato, si trovano esclusi dalla possibilita' di usufruire della riserva sui posti messi a concorso, pur essendo titolari d'una attivita' che ai fini della valutazione dei titoli e' equiparata a quella dei concorrenti che di tale riserva possono disporre. Col ricorso in epigrafe, con motivo unico, si deducono le seguenti censure: Violazione dei principi dettati dagli articoli 3, 4 e 97 della costituzione. Violazione del principio di eguaglianza. Violazione dei principi di ragionevolezza. Manifesta irrazionalita' legislativa. Disparita' di trattamento ed ingiustizia manifesta. Illegittimita' derivata. L'art. 1 del bando, richiamando l'art. 6 della legge regionale n. 8 del 1999, prevede testualmente che "... una quota del 50% dei posti messi a concorso e' riservata ai soggetti indicati dall'art. 6, comma 1, della legge regionale numero 8/99 ...". Secondo la parte ricorrente, l'art. 6 della legge regionale 8/1999 introdurrebbe una immotivata ed irrazionale discriminazione tra soggetti egualmente impegnati nella medesima attivita' di catalogazione del patrimonio culturale regionale, violando in conseguenza il principio costituzionale di eguaglianza. Dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge regionale n. 8/1999 nella parte in cui non estende la riserva ai ricorrenti, impegnati nelle campagne di catalogazione del patrimonio culturale siciliano ex art. 16 della legge n. 160/1988, conseguirebbe l'illegittimita' in via derivata dei provvedimenti impugnati. Si e' costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato, per conto delle amministrazioni intimate, chiedendo il rigetto del ricorso assumendone l'infondatezza. All'udienza del 31 gennaio 2001 la controversia e' stata tratta in decisione. D i r i t t o Il collegio ritiene di sottoporre al giudizio di costituzionalita' per contrasto con gli articoli 3, 4 e 97 della Costituzione, il primo comma dell'art. 6 della legge regionale della Sicilia n. 8 del 27 aprile 1999. Circa la rilevanza il collegio mette in luce che, allo stato attuale della normativa e in particolare per il disposto di cui all'art. 6, comma 1, della legge regionale 8/1999, i ricorrenti, catalogatori del patrimonio storico artistico negli edifici ecclesiastici siciliani ex art. 6 della legge n. 160/1988, nonpossono usufruire della riserva del 50% dei posti accordata ai beneficiari dell'art. 111 legge regionale n. 25 del 1 settembre 1993, con conseguente "vulnus" della loro aspirazione a conseguire un'occupazione stabile, e che il chiesto annullamento del bando di concorso, nella parte concernente il diritto a riserva, puo' essere disposto solo se viene accolta la prospettata questione di costituzionalita'. Circa la fondatezza della questione di costituzionalita' il collegio mette in luce quanto segue. La questione e' sicuramente rilevante e non manifestamente infondata. La manutenzione, valorizzazione e catalogazione del patrimonio culturale e' stata, anche nell'ambito delle misure relative alle politiche attive del lavoro, oggetto di numerosi interventi legislativi nazionali e regionali. L'art. 6 della legge nazionale n. 160 del 20 maggio 1988 invero, ha per primo previsto che: "... 1. E' istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale il Fondo per il rientro dalla disoccupazione. 2. - Il Fondo per il rientro dalla disoccupazione, amministrato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale, ha la finalita' di promuovere la creazione di occupazione, in particolare nei territori del Mezzogiorno di cui al testo unico delle leggi sugli interventi nel mezzogiorno, approvato con d.P.R. 6 marzo 1978 n. 218 (29), e a beneficio delle categorie per le quali il fenomeno della disoccupazione, mediante il finanziamento o la partecipazione al finanziamento dei piani o progetti di investimenti, di cui al comma 3, che presentano elevata intensita' di nuova occupazione e con priorita' per quelli attinenti alla tutela dell'ambiente, alla manutenzione e valorizzazione dei beni culturali alle attivita' di consulenza e assistenza per il risparmio energetico e per i progetti finalizzati delle amministrazioni pubbliche...". Il legislatore regionale della Sicilia, a sua volta, dapprima con la legge n. 26 del 1988 e quindi con la legge n. 25 del 1993, ha scelto tra gli ambiti elettivi del proprio intervento in materia di politica attiva del lavoro, proprio le campagna di catalogazione del patrimonio culturale regionale. In particolare, l'articolo 111 della legge regionale n. 25 del 1 settembre 1993 successivamente modificato dall'art. 13 della legge n. 34 del 1994, allo scopo di pervenire alla costituzione e gestione del catalogo regionale dei beni culturali ed ambientali, ha previsto, al primo comma lettera b), la stipula per mezzo di tutti gli uffici periferici dell'assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione di contratti di lavoro subordinato di diritto privato di durata triennale "... con il personale gia' utilizzato nelle campagne di catalogazione del patrimonio culturale siciliano effettuate in Sicilia ...". L'attuazione di tali disposizioni ha consentito il concreto esercizio delle attivita' di catalogazione dei beni culturali nel territorio regionale siciliano, con l'ampliamento del compendio di conoscenze, il primo impianto delle strutture di archivio, la formazione e la crescita di professionalita' specifiche. A questo punto il legislatore regionale, con l'art. 6 comma 1 della legge n. 8 del 1999, dopo avere rideterminato le dotazioni organiche del ruolo tecnico dei beni culturali ed ambientali ed avere delegato l'assessore competente ad avviare e concludere celermente le procedure concorsuali per la copertura dei posti vacanti in organico, al comma 1 dell'art. 6 ha previsto quanto segue: "Al fine di non disperdere il patrimonio di professionalita' formato prima con fondi statali e poi con fondi regionali, nella prima applicazione della presente legge la riserva del cinquanta per cento, di cui all'art. 7 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 27 e successive modifiche e' applicata - per la copertura di posti delle qualifiche proprie del ruolo tecnico dei beni culturali ed ambientali di cui alla presente legge - esclusivamente al personale che ha prestato effettivo servizio per la realizzazione degli interventi di cui all'art. 111 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, cosi' come modificato dall'art. 13 della legge regionale 29 settembre 1994, n. 34.". La stessa norma, al secondo comma, prevede che "... il personale risultato vincitore dei concorsi in forza delle disposizioni di cui al comma 1, svolgera', nelle rispettive qualifiche, attivita' prevalente di catalogazione, in relazione alle esigenze di cui all'art. 2...". Al terzo comma infine, si prevede che "... il servizio prestato per la realizzazione degli interventi di catalogazione del patrimonio culturale della regione siciliana in forza delle leggi 20 maggio 1988 n. 160, 19 aprile 1990 n. 84, 10 febbraio 1992, n. 145 ... e dell'art. 111 della legge regionale 1 settembre 1993 n. 25 e successive modifiche e' considerato, per la valutazione dei titoli dei concorsi pubblici di cui alla presente legge, alla stregua di servizi prestati presso pubbliche amministrazioni...". L'art. 6, comma 1, della legge regionale n. 8/1999, pertanto, introduce una immotivata ed irrazionale discriminazione tra soggetti egualmente impegnati nella medesima attivita' di catalogazione del patrimonio culturale regionale, escludendo dalla riserva del 50% dei posti i soggetti impegnati nell'attivita' di catalogazione ex art. 6 della legge 20 maggio 1988, n. 160, e violando in conseguenza il principio costituzionale di eguaglianza. La scelta di un regime che differenzia due situazioni identiche, infatti, puo' essere considerata ragionevole e quindi conforme al precetto costituzionale di eguaglianza, se trova una congrua ed adeguata giustificazione, alla luce dei fini specifici perseguiti dal legislatore. Il legislatore al contrario, nel caso concreto, ha inserito la riserva sui posti messi a concorso, "...al fine di non disperdere il patrimonio di professionalita' formato prima con fondi statali e poi con fondi regionali ...". Sul punto la Corte costituzionale ha piu' volte affermato che ".. il giudizio di, eguaglianza, in quanto giudizio di relazione, comporta che la disamina della conformita' di una norma a quel principio si sviluppi secondo un modello dinamico, incentrandosi sul perche' una determinata disciplina operi una specifica distinzione, con la conseguenza che il vizio potra' essere identificato solo a seguito della verifica della carenza di una causa della disciplina introdotta, siccome fondata sulla irragionevole scelta di un regime che omologa tra loro situazioni diverse, o, al contrario, differenzia il trattamento di situazioni analoghe ..." (Corte costituzionale, 5 novembre 1996, n. 386; nonche' 28 marzo 1996, n. 89 e 21 gennaio 1999, n. 2). Orbene nel nostro caso, proprio alla luce di tali principi, appare evidente che le situazioni giuridiche dei ricorrenti (catalogatori del patrimonio storico ed artistico negli edifici ecclesiastici siciliani ex art. 6 della legge n. 160/1988) e dei riservatari ex art. 111 della legge regionale n. 25 del 1993 sono del tutto identiche, essendo del tutto identico l'unico presupposto legittimante della riserva, costituito dall'attivita' lavorativa prestata per la catalogazione dei beni culturali siciliani. Ma vi e' di piu': Tale identita' di situazioni e' riconosciuta dallo stesso legislatore regionale, allorche', al comma 3 dell'art. 6 equipara, ai fini della valutazione dei titoli, il servizio prestato per la catalogazione dei beni culturali sulla base della legge nazionale 20 maggio 1988 n. 160 con quello derivante dall'art. 111 della legge regionale 1 settembre 1993 n. 25. Il legislatore regionale, in buona sostanza; in modo del tutto incomprensibile rispetto alla normativa ed a elementari principi di equita', riconosce l'equivalenza tra l'attivita' svolta dai ricorrenti e quella svolta dai soggetti di cui all'art. 1 ai soli fini dell'attribuzione del punteggio per il servizio prestato, e non ai fini dell'accesso alla riserva. La mancata estensione della riserva ai ricorrenti si risolve, altresi', in un'evidente lesione del principio di buon andamento dell'attivita' amministrativa previsto dall'art. 97 della Costituzione. Con la norma in questione, infatti, l'amministrazione regionale ha inteso accordare una preferenza, nell'accesso all'impiego regionale, alla pregressa attivita' svolta nella catalogazione dei beni culturali regionali, e cio' a prescindere dalla natura del rapporto instauratosi. In conclusione, va riconosciuta la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, comma 1, della legge regionale numero 8 del 1999, per contrasto con gli art. 3, 4 e 97 della Costituzione nella parte in cui la riserva del 50% dei posti non e' stata estesa anche ai soggetti impegnati negli interventi di catalogazione del patrimonio culturale della regione siciliana in forza della legge 20 maggio 1988 n. 160. Conseguentemente deve disporsi la sospensione del presente giudizio e la remissione dell questione all'esame della Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 23, legge 11 marzo 1953 n. 87.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara la rilevanza ai fini del decidere e la non manifesta infondatezza in relazione agli articoli 3, 4 e 97 della Costituzione, della questione di legittimita' costituzionale del primo comma dell'art. 6 della legge regionale della Sicilia n. 8 del 27 aprile 1999, nella parte in cui la riserva del 50% dei posti non e' sta estesa anche ai soggetti impegnati negli interventi di catalazione del patrimonio culturale della regione siciliana in forza della legge 20 maggio 1988 n. 160. Sospende il giudizio promosso con il ricorso di cui in epigrafe. Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente dei due rami del Parlamento. Cosi' deciso in Catania nella camera di consiglio del 31 gennaio 2001. Il Presidente: Leotta Il consigliere relatore: Brugaletta 02C0010