N. 44 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2001

Ordinanza  emessa  il  18  giugno  2001  dal Tribunale Amministrativo
regionale  del  Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Del Mese Franco
ed altri contro Ministero della difesa ed altro

Impiego pubblico - Accordi di comparto di cui alla legge n. 93/1983 e
  successive  modificazioni  -  Proroga  fino  al  31 dicembre 1993 -
  Blocco  per  l'anno  1993 degli incrementi retributivi derivanti da
  automatismi  stipendiali - Previsione, con norma autoqualificata di
  interpretazione autentica, della non incidenza della proroga stessa
  sulla  data del 31 dicembre 1990, gia' stabilita per la maturazione
  delle anzianita' di servizio prescritte ai fini delle maggiorazioni
  delle   retribuzioni  individuali  di  anzianita'  (R.I.A.),  salva
  l'esecuzione  dei  giudicati  alla  data di entrata in vigore della
  legge  interpretativa  -  Incidenza  sui  principi  di certezza del
  diritto  e  di  affidamento  dei cittadini - Lesione del diritto di
  azione  e  del principio di tutela giurisdizionale - Violazione del
  principio  di  proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione -
  Richiamo   alle  sent.  della  Corte  costituzionale  nn.  15/1995,
  386/1996, 432/1997 e 136/2001.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 51, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 24, 36 e 113.
(GU n.6 del 6-2-2002 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza sui ricorsi n. 14130/1993,
138/1994  e 5138/1994, proposti, rispettivamente, da Del Mese Franco,
Cascioli  Mario,  Bandiera  Paolo,  Scipioni  Aldo,  Ciapponi  Carlo,
Cialdea   Cesare,   Gabrielli  Angelo,  Lustrissimi  Giancarlo,  Zola
Domenico e Maroni Marco (il primo); Alegiani Sagnotti Eliana, D'Amico
Florinda,   Iacono  Giovanna,  De  Martino  Giovanni,  Borgia  Santo,
Esposito  Roberto,  Tiriro'  Giuseppe  e  Massi  Valter (il secondo);
Picarella  Massimo, Natoli Maria Concetta, Salatini Domenica, Mobilia
Giuseppe,  Masala  Maurizio, Stefanucci Luciana, Di Cuonzo Raffaello,
Cavicchi   Miranda,   Baldassari  Marina,  Servillo  Giuseppe,  Lepri
Angelini  Gianni,  Letizia  Ugo,  Graziani Paola e Cimmino Marzio (il
terzo);  tutti  rappresentati  e  difesi  dall'avv.  Luciano Gucci, e
presso  il  medesimo  elettivamente  domiciliati,  in  Roma,  via  G.
Debenedetti n. 45;
    Contro  il  Ministero  della  difesa  e  il Ministero del tesoro,
costituitisi  in  giudizio,  rappresentati  e  difesi dall'Avvocatura
generale dello Stato e presso la stessa domiciliati ex lege, in Roma,
via   dei  Portoghesi  n. 12;  per  l'accertamento  del  diritto  dei
ricorrenti  alla  corresponsione  della  retribuzione  individuale di
anzianita'  (r.i.a.),  in  applicazione del combinato disposto di cui
agli  artt. 9, comma 4 e 5, del d.P.R. n. 44/1990 e all'art. 7, comma
1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384.
    Visto i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti  gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni
intimate;
    Viste  le  memorie  prodotte dalle parti a sostegno delle proprie
difese;
    Visti gli atti tutti delle cause;
    Udito, alla pubblica udienza del 18 giugno 2001, il cons. Eugenio
Mele;
    Udito, altresi', l'avv. Gucci per la parte ricorrente;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:

                                Fatto

    I tre ricorsi indicati in epigrafe sono del tutto simili, salvo i
nominativi dei ricorrenti, per cui la narrativa dei fatti per tutti e
tre i ricorsi medesimi puo' essere svolta unitariamente.
    I  ricorrenti, tutti appartenenti a diverse qualifiche funzionali
ed  in  servizio  presso  strutture  del  Ministero della difesa, con
anzianita'  di  10  o  20  anni, assumono di essere destinatari delle
disposizioni  di  cui  all'art. 9,  commi 4 e 5, del d.P.R. n. 44 del
1990   in  ordine  alla  corresponsione  della  r.i.a.  (retribuzione
individuale  di anzianita) maggiorata a seconda dell'anzianita' di 10
o 20 anni.
    Chiedono,   pertanto,   l'accertamento   del   relativo  diritto,
formulando, per tutti i ricorsi, un identico motivo di diritto:
        violazione e falsa applicazione dell'art. 9, commi 4 e 5, del
d.P.R.  n. 44  del  1990  e  dell'art. 7,  comma 1, del decreto-legge
19 settembre  1992, n. 384, convertito nella legge n. 438 del 1992; e
cio'  in  quanto  la  vigenza  del  contratto collettivo nazionale di
lavoro di cui al d.P.R. n. 44 del 1990, che sarebbe dovuto scadere il
31 dicembre  1992,  e'  stata prorogata di un anno (31 dicembre 1993)
dalla  legge n. 438/1992 (art. 7, comma 1), per cui i ricorrenti, che
durante  il  1992  hanno maturato i 10 o i 20 anni di servizio, hanno
titolo alla maggiorazione della r.i.a.
    L'amministrazione  intimata  si costituisce in giudizio e resiste
al ricorso, chiedendone la reiezione.
    I ricorrenti presentano in tutti i ricorsi due successive memorie
illustrative, nelle quali, citando giurisprudenza adesiva anche della
Corte  costituzionale, rilevano la mera sospensione per il 1993 degli
aumenti  stipendiali  disposta dal decreto-legge n. 384/1992, nonche'
l'intervento  dell'art. 51,  comma 3,  della  legge 23 dicembre 2000,
n. 388,  che,  in  sede di interpretazione autentica, ha stabilito la
non  ultrattivita' della scadenza del 31 dicembre 1990, ai fini della
maturazione  della r.i.a., che ritengono incostituzionale e sollevano
la  relativa eccezione per violazione degli artt. 3, 24, 36, 102, 103
e 113 della Costituzione.
    Le cause passano in decisione alla pubblica udienza del 18 giugno
2001.

                               Diritto

    I  tre  ricorsi  indicati  in epigrafe sono fra loro strettamente
connessi sia da un punto di vista soggettivo che da un punto di vista
oggettivo, per cui il collegio ne dispone preliminarmente la riunione
al  fine  della  loro decisione nell'ambito di un unico provvedimento
giurisdizionale.
    Il  collegio,  aderendo alla richiesta dei ricorrenti, ritiene di
dover    sollevare    questione    di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 51,  comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, dove e'
stabilito:  "L'articolo 7,  comma 1,  del  decreto-legge 19 settembre
1992,  n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre
1992,  n. 438,  si interpreta nel senso che la proroga al 31 dicembre
1993 della disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di
cui  alla  legge 29 marzo 1983, n. 93, relativi al triennio 1 gennaio
1988  -  31 dicembre 1990, non modifica la data del 31 dicembre 1990,
gia'  stabilita  per  la  data  della maturazione delle anzianita' di
servizio  prescritte  ai  fini delle maggiorazioni della retribuzione
individuale  di anzianita'. E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati
alla  data  di  entrata  in  vigore della presente legge"; e cio' per
violazione degli artt. 3, 24, 36 e 113 della Costituzione.
    La rilevanza della questione e' evidente.
    Per  giurisprudenza pacifica del giudice amministrativo, infatti,
e'  stato  sempre  ritenuto  che  la proroga del contratto collettivo
nazionale   di  lavoro  al  31 dicembre  1993  disposta  dall'art. 7,
comma 1,  della  legge n. 438 del 1992 (che ha convertito in legge il
decreto-legge  n. 384  del 1992) ha determinato per lo stesso periodo
la ultrattivita' di tutti gli istituti del d.P.R. n. 44 del 1990, per
cui i ricorrenti, che hanno maturato in tale periodo di ultrattivita'
l'anzianita'  richiesta,  si  vedrebbero accolti i ricorsi presentati
per la rideterminazione della retribuzione individuale di anzianita',
se    non    fosse    intervenuta   la   norma   qui   censurata   di
incostituzionalita'.
    In  ordine  alla  non  manifesta  infondatezza, si osserva quanto
segue.
    Relativamente  agli  artt. 24  e  113  Cost., viene in rilievo il
fatto   che  la  norma  di  cui  all'art. 51,  comma 3,  della  legge
23 dicembre  2000,  n. 388,  che  innova  nell'ordinamento  giuridico
determinando  la  non ultrattivita' del termine del 31 dicembre 1990,
originariamente   stabilito   dal   d.P.R.  n. 44  del  1990  per  la
maturazione    delle   maggiorazioni   della   r.i.a.   (retribuzione
individuale  di  anzianita),  e'  stata definita dal legislatore come
norma  di  interpretazione  autentica,  determinando cosi' un effetto
retroattivo.
    Senonche',  appare evidente che la norma in parola ha, invece, un
vero  e  proprio  carattere  innovativo,  in  quanto si pone come una
novita'  assoluta  rispetto  all'art. 7,  comma 1,  del decreto-legge
n. 384  del  1992, che si limitava sic et simpliciter a prorogare gli
effetti  del  contratto  collettivo  di cui al d.P.R. n. 44 del 1990,
senza alcun limite e senza alcuna riserva.
    L'aver  quindi introdotto la novita' suddetta, se e' comunque nei
poteri del legislatore (il quale forse avrebbe potuto anche stabilire
la  decorrenza  retroattiva  della norma in parola), non puo' in ogni
caso  essere  considerata come un'interpretazione autentica, la quale
in  tanto  e'  ammessa,  in  quanto  vi sia qualcosa di non chiaro da
interpretare,  cosa  che non e' nella specie, dove invece, come si e'
visto, la norma che viene (sostanzialmente) modificata e' chiaramente
ed inequivocabilmente espressa ("Resta ferma sino al 31 dicembre 1993
la vigente disciplina emanata sulla base degli accordi di compatto di
cui  alla  legge  29 marzo 1983, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni ...").
    Risulta percio' evidente la violazione delle norme costituzionali
rubricate rispetto all'azione giudiziaria dei ricorrenti, intervenuta
prima dell'innovazione legislativa.
    Per  quanto  concerne  gli  artt.  3  e  36  Cost.,  non puo' non
rilevarsi sia la disparita' di trattamento dei ricorrenti, rispetto a
quegli  altri soggetti che sono riusciti ad ottenere un provvedimento
giurisdizionale  inoppugnabile pur avendo presentato il ricorso negli
stessi  termini temporali dei ricorrenti, e sia, come conseguenza, la
violazione  del  principio  della  giusta retribuzione in presenza di
tutti i requisiti per ottenere la maggiorazione della r.i.a.
    Il  collegio,  pertanto, sospesa ogni altra decisione sui ricorsi
indicati  in  epigrafe, ordina la trasmissione degli atti processuali
alla   Corte   costituzionale   per   la  soluzione  della  questione
prospettata.
                              P. Q. M.
    Riunisce i ricorsi indicati in epigrafe;
    Visto l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e
l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Sospende il giudizio in corso e solleva questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 51,  comma 3, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388, per violazione degli artt. 3, 24, 36 e 113 Cost.;
    Dispone  che,  a cura della segreteria della sezione, la presente
ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in causa e al Presidente del
Consiglio  dei  ministri  e comunicata ai presidenti della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica;
    Dispone, inoltre, la immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale.
    Cosi' deciso in Roma il 18 giugno 2001.
                        Il Presidente: Tosti
                   Il consigliere estensore: Mele
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