N. 46 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 ottobre 2001

Ordinanza  emessa il 30 ottobre 2001 dalla Corte di appello di Genova
nel  procedimento  civile vertente tra Ministero delle finanze e ILVA
S.p.a.

Imposte  e  tasse  -  Tributi  indebitamente  versati  (nella specie:
  addizionale   al   consumo   di  energia  elettrica)  -  Azione  di
  ripetizione  -  Onere  probatorio  della  mancata  traslazione  del
  tributo  su  altri soggetti - Sussistenza per i tributi riscossi in
  violazione  dell'ordinamento  italiano  ed  esclusione  per  quelli
  riscossi    in    violazione    dell'ordinamento    comunitario   -
  Ingiustificata  diversita' di trattamento fra situazioni omogenee -
  Riferimenti alla sent. n. 114/2000, nonche' a precedenti ordinanze,
  della Corte costituzionale.
- D.L.  30 settembre 1982, n. 688, convertito nella legge 30 novembre
  1982, n. 873, art. 19, primo comma.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.6 del 6-2-2002 )
                         LA CORTE DI APPELLO

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento di appello
civile n. 464/00 promosso dal Ministero delle finanze, in persona del
Ministro  in  carica, domiciliato in Genova, viale Brigate Partigiane
n. 2,   presso   gli   uffici  dell'Avvocatura  dello  Stato  che  lo
rappresenta e difende ex lege, appellante;
    Contro  ILVA  S.p.a.,  gia' ILVA Laminati Piani S.p.a. in persona
del  suo  presidente  rag.  Emilio Riva, elettivamente domiciliata in
Genova,  via  Cesarea  515, presso e nello studio degli avv. Fulvio e
Andrea  Marelli  che la rappresentano e difendono unitamente all'avv.
Angelo  Colombo del foro di Milano per mandato in calce alla comparsa
di costituzione e risposta, appellata; avverso la sentenza resa inter
partes dal Tribunale di Genova in data 29 marzo 2000, n. 1284;

                             Conclusioni

    Per  l'appellante: voglia l'ecc.ma Corte, respinta ogni contraria
difesa   e  deduzione,  riformare  la  decisione  di  primo  grado  e
dichiarare  legittima  la  pretesa  tributaria e infondata, anche per
difetto   dei   requisiti   costitutivi   del   diritto,  la  domanda
restitutoria avversaria. Vinte le spese dei due gradi di giudizio.
    Per  l'appellata: voglia la Corte ecc.ma respingere l'appello del
Ministero delle finanze avverso la sentenza 28 marzo 2000 n. 1284 del
Tribunale  di  Genova e confermare la stessa sentenza con la condanna
dell'appellante alle spese e competenze di questo giudizio.

                      Svolgimento del processo

    Nel  novembre  del 1996 la Ilva Laminati Piani S.p.a. convenne in
giudizio  dinanzi  al  Tribunale di Genova il Ministero delle finanze
chiedendone  la  condanna  alla  restituzione in proprio favore della
somma  di L. 138.368.350 oltre accessori da essa corrisposta a titolo
di  addizionale  erariale  sul  consumo dell'energia elettrica di cui
all'art. 4  del  d.l. 30 settembre 1989, n. 332 pel periodo dal primo
bimestre  1993 al secondo bimestre 1995, poiche' ai sensi dell'art. 4
della legge 8 agosto 1995, n. 349 (norma di interpretazione autentica
e  con  efficacia  retroattiva)  nulla  avrebbe dovuto pagare a detto
titolo.
    Il   Ministero   convenuto,   costituitosi,   chiese  il  rigetto
dell'avversa pretesa denunciandone l'infondatezza.
    In  esito  ad  istruzione  documentale il giudice unico presso il
Tribunale  adito,  definitivamente pronunciando, accolse la domanda e
condanno'  l'Amministrazione  convenuta alla restituzione della somma
richiesta oltre alle spese.
    Osservo'  il  primo  giudice - in sintesi, e per la parte che qui
interessa  -  che  nelle  more del giudizio era stato emanato il d.l.
n. 250/1995  il  quale,  interpretando  autenticamente  le precedenti
disposizioni  in  materia (d.l. n. 511/1988 e d.l. n. 332/1989) aveva
stabilito  che  l'addizionale  di  che trattasi dovesse applicarsi ai
consumi di energia elettrica impiegata negli opifici industriali come
riscaldamento  negli  usi  indispensabili  al  compimento di processi
industriali  veri  e  propri  (primo periodo della disposizione); non
invece  ai consumi di energia elettrica utilizzata come materia prima
nei   processi   industriali  elettrochimici  ed  elettrometallurgici
(secondo periodo della disposizione).
    Rilevo' che entrambi i periodi della stessa disposizione dovevano
essere unitariamente considerati; e che la norma, per il carattere di
interpretazione   autentica,   doveva  avere  efficacia  retroattiva,
applicabile quindi alla fattispecie. E concluse per il riconoscimento
del diritto della societa' attrice ad ottenere in restituzione quanto
indebitamente pagato avendo costei assolto all'onere di dimostrazione
del  relativo  pagamento.  Avverso  le  predette  statuizioni  ha qui
proposto   appello   il   Ministero   delle   finanze   denunciandone
l'erroneita'  ed  instando,  in  riforma  della gravata sentenza, per
l'accoglimento delle conclusioni in epigrafe trascritte.
    L'appellata,  nel costituirsi, ha chiesto il rigetto dell'avverso
appello e la conferma delle decisioni di prime cure.
    Quindi   la   causa,  sulle  conclusioni  come  sopra  trascritte
precisate   all'udienza  collegiale  del  14 giugno  2001,  e'  stata
trattenuta  in  decisione  scaduti i termini di legge per il deposito
delle comparse conclusionali e delle note di replica.

                       Motivi della decisione

    1.  -  L'amministrazione finanziaria censura, in via principale e
come  primo  motivo di gravame, l'interpretazione accordata dal primo
giudice  all'art. 4  della legge 8 agosto 1995, n. 349 di conversione
con  modifiche  del  d.l.  28  giugno  1995,  n. 250.  La  definitiva
formulazione   dell'   art. 4   anzidetto,  di  dichiarato  carattere
interpretativo  ("...  e'  assoggettata alle addizionali ivi previste
anche  l'energia  elettrica  impiegata negli opifici industriali come
riscaldamento  negli  usi  indispensabili  al  compimento di processi
industriali  veri  e  propri.  Non  e'  assoggettata alle addizionali
l'energia  elettrica  utilizzata  come  materia  prima  nei  processi
industriali  elettrochimici  ed  elettrometallurgici  ivi compresi le
lavorazioni siderurgiche e delle fonderie") consta - osserva - di due
periodi   dei  quali  solo  il  primo  conterrebbe  una  disposizione
realmente  interpretativa e quindi retroattiva; il secondo invece una
norma di agevolazione innovativa, valida per il futuro.
    Erroneamente   il   tribunale   aveva   invece  colto  un  valore
interpretativo   della   norma  nella  sua  globalita'  senza  invece
effettuare  piu'  correttamente la distinzione anzidetta; distinzione
dalla  quale  poteva  cogliersi  (esaminando il secondo periodo della
disposizione)   l'introduzione   di  una  esenzione  di  imposta  per
l'energia,  ove  costituente  materia  prima nei processi industriali
elettrochimici  ed  elettrometallurgici,  valida solo per l'avvenire,
non gia' per il passato.
    In   via   subordinata,   e  come  secondo  motivo,  ha  invocato
l'applicazione  dell'art. 19 del d.l. 29 dicembre 1990, n. 428 per il
quale  il  rimborso  di  tributi indebitamente pagati e' consentito a
meno  che  il  relativo  onere  non  sia  stato  trasferito  su altri
soggetti. La mancata traslazione dell'onere tributario - osserva - e'
elemento  costitutivo del diritto al rimborso, cosicche' fa carico al
solvens   l'onere   di  fornire  la  prova  documentale  del  mancato
trasferimento  su  terzi  dell'onere  discendente  dal  pagamento non
dovuto.
    La  societa', proponendo la domanda di restituzione delle imposte
non  dovute,  non  aveva mai dedotto in primo grado la sussistenza di
tale  elemento  negativo ne' tanto meno aveva fornito la prova di non
aver  trasferito  l'onere  su  terzi  (e  cioe'  sugli acquirenti dei
prodotti  risultanti  dal  processo  industriale  nel quale l'energia
elettrica  era  stata  impiegata);  e del resto appariva fondatamente
presumibile  che la traslazione fosse in effetti avvenuta dal momento
che  il  costo  dell'energia  necessaria  per  il processo produttivo
raggiunge una quota preminente del costo totale di produzione talche'
sarebbe   economicamente   irragionevole  che  l'impresa  non  avesse
riversato  tale  ingente costo, comprensivo dell'imposizione fiscale,
sul prezzo dei prodotti finali.
    2. - Il primo profilo dell' appello e' infondato e va disatteso.
    La  tesi  dell'amministrazione  ricorrente,  secondo  cui solo il
primo  dei riportati periodi della norma surrichiamata configurerebbe
atto  d'interpretazione autentica, dotato di naturale retroattivita',
mentre  il  secondo  avrebbe la diversa consistenza di un'innovazione
rivolta  a  sottrarre  esclusivamente  per  il  futuro dall'ambito di
applicazione  delle  addizionali  alcuni degli impieghi che sarebbero
altrimenti   ad   esse   soggetti   proprio   in   base   alla  norma
interpretativa,  non puo' essere condivisa, in adesione a quanto gia'
ritenuto  dalla S.C. con la decisione fatta propria dal primo giudice
(cfr.  Cass.  96/6776), confermata dalla giurisprudenza successiva in
materia (cfr. Cass. 98/4084; Cass. 98/6303).
    La  funzione  interpretativa  della norma, nella globalita' delle
sue due previsioni, e' stata infatti affermata sul rilievo:
        a)  che  i due periodi in cui essa si articola si riferiscono
agli  usi  indispensabili  nei  procedimenti  produttivi industriali,
perche'     gli    usi    nei    procedimenti    elettrochimici    ed
elettrometallurgici  fanno  parte  di detti "usi indispensabili" e ne
costituiscono un settore;
        b) sono entrambi retti dallo stesso verbo "assoggettare";
        c)  lo  adottano, in positivo ed in negativo, per distinguere
l'impiego   come   riscaldamento  nell'intera  indicata  categoria  e
l'impiego come materia prima in quel segmento della categoria stessa;
        d)    si    integrano   cosi'   reciprocamente,   rispondendo
all'unitario   scopo   di   definire  l'area  dei  consumi  elettrici
industriali per i quali debbano essere corrisposte le addizionali.
    Il  dato  letterale  -  si  e'  aggiunto  -  e'  in  linea con il
collegamento  logico  delle  due proposizioni fra loro e con le norme
che  le  hanno  precedute;  nel  momento in cui e' stata superata, in
senso   favorevole   all'amministrazione,   la  problematica  insorta
sull'estensibilita' delle addizionali agli usi come riscaldamento nei
processi  industriali  (non  assoggettati  all'imposta di consumo) e'
coerente  la  contestuale  puntualizzazione  della  diversita'  e non
tassabilita'  degli  usi  come  materia  prima (non contemplati dalle
disposizioni pregresse), trattandosi del resto dell'esplicitazione di
un  concetto  gia' insito nella delimitazione del prelievo aggiuntivo
soltanto agli usi come riscaldamento.
    A  conforto  dell'indicata esegesi ed a confutazione dell'assunto
dell'amministrazione   e'   stato   inoltre  osservato  nelle  ultime
decisioni della S.C.:
        che   nella   disciplina  dell'imposta  di  consumo  inerente
all'energia  elettrica  di  cui  agli  artt. 52  e  segg. del d.l. 26
ottobre  1995,  n. 504, si ripropone (secondo comma, lett. n di detto
art. 52)  il  principio  dell'art. 2  della legge del 1966, sulla non
debenza dell'imposta stessa rispetto agli impieghi come riscaldamento
nei  processi  industriali (questa volta definendola quale esenzione,
in armonia con la norma di pochi mesi anteriore in tema di estensione
delle  addizionali  ai  predetti impieghi), mentre non si considerano
gli  impieghi come materia prima nell'implicito presupposto della non
assimilabilita' degli uni agli altri;
        che  la  presa  di posizione del legislatore, sul significato
vincolante  da  assegnare  a  norme in precedenza emanate, al fine di
dirimere  il  contenzioso  che  esse  hanno  determinato o potrebbero
determinare,   non   si   concilierebbe  sul  piano  logico  con  una
contemporanea scelta di un significato difforme per il futuro;
        che  la  modificazione, con la legge di conversione, soltanto
del  secondo periodo dell'art. 4 in esame non puo' avallare l'assunto
della   sua   autonomia  rispetto  al  primo  periodo,  dato  che  la
modificazione  stessa,  esaurendosi  nell'aggiunta,  dopo  le  parole
"processi  industriali  elettrochimici ed elettrometaliurgici", delle
parole  "ivi  comprese le lavorazioni siderurgiche e delle fonderie),
rimane  sul  piano  della  mera riformulazione chiarificatrice (forse
superflua,  essendo  i processi elettrochimici ed elettrometallurgici
propri delle imprese siderurgiche e delle fonderie), e, comunque, non
offie  spunti per autorizzare uno stravolgimento della consistenza di
detto  ulteriore periodo, con l'individuazione in esso della volonta'
del  legislatore  di  occuparsi  di  nuove  esenzioni in occasione ed
all'interno di un atto d'interpretazione autentica.
    Tale  essendo  l'autorevole  opinione  della S.C., dalla quale il
Collegio  non  ravvisa  motivo  alcuno per discostarsi (anche per non
esser  state  formulate  nuove  ipotesi interpretative da parte della
difesa  erariale  tali da svalutarne l'impianto logico-giuridico), e'
d'uopo  rigettare  il  primo  motivo  (principale) dell'appello della
difesa erariale con ogni conseguenza.
    3.  -  A  diverse conclusioni devesi pervenire con riferimento al
secondo (e subordinato) motivo di gravame.
    L'art. 19  del decreto-legge 30 settembre 1992 n. 688, intitolato
a  "misure  urgenti  in  materia  di entrate fiscali", convertito con
legge 30 novembre 1982, n. 873, disponeva originariamente che "chi ha
indebitamente  corrisposto diritti doganali all'importazione, imposte
di  fabbricazione,  imposte  di  consumo  o  diritti  erariali, anche
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, ha
diritto  al  rimborso delle somme pagate quando provi documentalmente
che  l'onere  relativo  non  e' stato in qualsiasi modo trasferito su
altri soggetti, salvo il caso di errore materiale".
    Come  e'  noto,  alla  luce dei lavori preparatori, la ragione di
essere  della norma consisteva nell'esigenza di evitare un effetto di
indebita  locupletazione  a  favore  degli  operatori  economici  che
"avendo di regola gia' trasferito sui successivi acquirenti anche gli
oneri  per  tributi che poi a distanza di tempo risultino non dovuti,
verrebbero  a conseguire un lucro se potessero ugualmente ottenere il
rimborso" (cosi' la relazione alla proposta di legge di conversione).
    Con  sentenza  21  aprile 2000, n. 114 la Corte costituzionale ha
dichiarato   la  illegittimita'  costituzionale,  per  conflitto  con
l'art. 24 della Costituzione, della suddetta disposizione nella parte
in  cui  prevedeva  che  la  prova del mancato trasferimento su altri
soggetti  dell'onere  economico  dell'imposta  potesse essere fornita
solo documentalmente, rilevando che "se da un lato puo' ribadirsi che
la  mera  inversione  dell'onere  della  prova  non  e' di per se' in
contrasto  con  l'art. 24  della  Costituzione trattandosi di materia
indubbiamente rimessa alla discrezionalita' del legislatore, deve per
altro  verso  ritenersi  che il prevedere che tale onere possa essere
assolto   solamente   per   mezzo  della  prova  documentale,  intesa
evidentemente  in  senso  tecnico,  comporti  una  sicura lesione del
diritto  di  agire  in  giudizio  del  solvens"  in  quanto "siffatta
previsione  viene  ... a subordinare la tutela giurisdizionale ad una
prova  che, secondo criteri di normalita', si palesa impossibile, non
potendo in via generale essere ipotizzata l'esistenza di un documento
concernente la diretta rappresentazione del fatto negativo costituito
dalla mancata traslazione del peso economico di un'imposta".
    Il  giudice  delle  leggi  ha  espressamente  sottolineato, nella
motivazione  della  citata  sentenza, che all'ambito del sindacato di
legittimita'  dallo stesso esercitato in quella sede restava estraneo
il  riferimento  all'art. 3  della  Costituzione, che, pur richiamato
dalle  parti  private  allora  contendenti,  esulava dai parametri di
costituzionalita' evocati dai giudici remittenti.
    E   proprio   con  riguardo  ai  valori  costituzionali  espressi
nell'art. 3  pare  al Collegio necessario sollecitare (come del resto
gia'  effettuato nel recente passato proprio con riferimento ad altra
causa  avente  identita' di parti ed oggetto con la presente; v. ord.
A.  Genova  6  giugno 2001) l'ulteriore verifica da parte del giudice
delle  leggi  della  costituzionalita'  della  norma  citata - la cui
applicazione  viene  in  considerazione  con  decisiva  rilevanza nel
procedimento di cui in epigrafe - sotto un duplice profilo.
    Osservasi  anzitutto  che, a seguito degli interventi della Corte
di  giustizia  comunitaria  (Corte  di  Giust.  CEE: 24 marzo 1988 in
C-104/1986;  9  novembre 1983 in C-199/1983), il legislatore statuale
ha  acceduto  alla  emanazione  della  norma di cui all'art. 29 della
legge  20 dicembre 1990 n. 428, in virtu' della quale la disposizione
in  argomento  risulta  vigente  ormai  in  relazione ai soli tributi
aventi  rilevanza  interna  all'ordinamento italiano, e non anche per
quelli  riscossi  in  violazione del diritto comunitario, per i quali
l'onere della prova circa la traslazione del tributo, che in tal caso
viene  a  configurarsi  come fatto estintivo del diritto al rimborso,
incombe,  secondo i principi generali, sull'amministrazione convenuta
con l'azione di ripetizione.
    Si verifica, quindi, attualmente, una situazione di disparita' di
trattamento,  che  non  sembra trovare adeguata giustificazione nella
comparazione   delle   situazioni   in   esame,  alla  stregua  della
constatazione  del possibile effetto gratuitamente locupletatorio dei
rimborso  di  un  onere  gia'  recuperato  mediante il fenomeno della
traslazione,  tra  i  contribuenti  che abbiano versato indebitamente
tributi  rilevanti  solo  nell'ordinamento interno e contribuenti che
abbiano  versato  indebitamente  tributi  rilevanti per l'ordinamento
comunitario,  non  potendosi ragionevolmente sostenere una diversita'
sostanziale  nel  modo  di  operare  del detto fenomeno nei confronti
dell'una e dell'altra categoria di contribuenti.
    E  sembra significativa, al riguardo, la motivazione della citata
sentenza  della  Corte  costituzionale nella parte in cui afferma che
"anche  alla  luce dei mutamenti del quadro normativo successivamente
intervenuti"  esigono  di  essere  riconsiderate le conclusioni a cui
erano  pervenute,  nel  senso  del  riconoscimento della legittimita'
costituzionale dell'art. 19, alcune precedenti decisioni dello stesso
giudice delle leggi (ordinanze n. 651/1988, n. 807/1988, n. 172/1989,
n. 197/1999).
    Non  si  puo',  poi,  fare a meno di rilevare che, se e' vero che
(come  la  Corte costituzionale ha precisato nell'ordinanza 651/1988)
"la  ratio  perseguita  dalla  norma di evitare l'arricchimento senza
causa  di  alcuni  operatori  economici a danno di una maggioranza di
altri   soggetti  consente  di  giustificare  il  diverso  regime  di
ripetizione  dell'indebito  in  relazione a quei tributi per i quali,
attesa  la  loro  peculiare  natura,  il  fenomeno  della traslazione
costituisce  una  evenienza  normale  nella  prassi  dell'economia di
mercato",   la   ritenuta   -  in  ordine  a  determinati  tributi  -
"particolare  attitudine ad essere trasferiti su altri soggetti e con
essa  lo  scarso  grado  di probabilita' che l'indebito possa restare
definitivamente  a carico del patrimonio di chi lo ha corrisposto", e
quindi  la  "non  irragionevole  presunzione  che  per taluni tipi di
imposta  l'onere fiscale viene di norma traslato dal soggetto passivo
su  altri  soggetti" (di cui parla l'ordinanza n. 807/1988), sembrano
ricevere   smentita,   in   relazione   all'imposizione  sull'energia
elettrica impiegata quale materia prima, dalla attenta considerazione
della specificita' che caratterizza il fenomeno finanziario.
    In  tale tipo di impiego produttivo, infatti, l'energia elettrica
non  viene  utilizzata come fonte accessoria e strumentale di energia
termica fornita all'impianto, ma partecipa come componente essenziale
alla    realizzazione    del   prodotto   risultante   dal   processo
elettrochimico, onde il costo della stessa viene assorbito nel prezzo
del prodotto, il quale e' determinato dalla evoluzione dinamica di un
mercato  dipendente nell'insieme da una molteplicita' di elementi non
controllabili   preventivamente   ne'   agevolmente  riconoscibili  a
posteriori  dal  soggetto  al  quale  si  pretende  di  accollare  la
allegazione  e  la  dimostrazione  di  dati  concreti attendibilmente
dimostrativi della insussistenza di una riduzione del margine del suo
profitto  -  risolventesi  nel  verificarsi  finale di una perdita di
gestione  o nella diminuzione dell'utile - conseguente, in base a una
corrispondenza della quale il giudice del merito non puo' non esigere
l'univocita',  al  mancato  trasferimento su altri soggetti del costo
economico   rappresentato  dall'imposizione  subita  in  relazione  a
ciascuna entita' del tributo, che peraltro risulta frazionato in sede
di   pagamento   in   modo   del  tutto  svincolato  dalla  specifica
destinazione  dell'energia  che  ne forma oggetto a determinati cicli
produttivi.
    In  tutto cio' non si ravvisa alcunche' di comparabile con quanto
si  verifica  nelle  (piu'  frequenti)  ipotesi  in  cui  le  imposte
sull'energia  elettrica  non  impiegata  come  materia  prima vengono
assolte  non  dalle  imprese  produttrici  di  beni  diversi ma dalle
imprese  produttrici  dell'energia stessa che tale energia cedono con
rivalsa  documentata  mediante fattura nei confronti del consumatore.
In cio' si ravvisa, per contro, un aspetto di irragionevolezza - tale
da  vulnerare  il  principio  per  cui  l'esigenza della razionalita'
costituisce limite (la cui garanzia e' riconducibile all'art. 3 della
Costituzione)  all'esercizio  del  sovrano  potere  del legislatore -
nella  mancata  considerazione delle leggi di mercato per cui ad ogni
aumento  del  prezzo consegue di regola una diminuzione della domanda
con  possibile contrazione del profitto, ed espone il produttore alla
concorrenza di chi puo' mantenere la propria offerta nel limite di un
prezzo  inferiore:  onde,  in  un  mercato  internazionale (nel quale
operano  non  soltanto  imprenditori  italiani  assoggettati tutti ad
identici  oneri  tributari  ma anche imprenditori stranieri) non puo'
porsi   a  razionale  fondamento  di  una  generalizzata  presunzione
l'assunto  che  il  produttore italiano acceda sistematicamente ad un
aumento del prezzo idoneo ad assorbire l'aumento degli oneri fiscali.
    E  l'esperienza  giudiziaria  rende palese che in fattispecie del
tipo  di quella qui in esame gli strumenti probatori di carattere non
documentale  ai  quali  viene  affidato lo scioglimento del dubbio si
esauriscono  in  una  consulenza  tecnica  fondata  sull'esame  delle
scritture  contabili  - considerate queste non come prove documentali
in senso proprio ma come dati indiziari - la quale e' inevitabilmente
destinata  a rivelarsi caratterizzata da una impostazione esplorativa
e da un inadeguato livello di attendibilita' dei risultati, attesa la
molteplicita'   e   la  eterogeneita'  delle  variabili  indipendenti
incidenti sul fenomeno finanziario.
    La  questione come sopra prospettata e' rilevante nel giudizio in
corso,   che   non   puo'  essere  definito  indipendentemente  dallo
scioglimento  della  stessa; ne appare manifestamente infondata per i
motivi dianzi prospettati.
    Gli   atti   dovranno   quindi   essere   trasmessi   alla  Corte
costituzionale   per   il   giudizio   di   costituzionalita'   sopra
sollecitato;  ed  il presente procedimento sospeso sino all'esito del
giudizio medesimo.
                              P. Q. M.
    Visti  gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
1953 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'   costituzionale   del   primo  comma  dell'art. 19  del
decreto-legge  30  settembre  1982  n. 688  convertito  in  legge  30
novembre 982 n. 873 con riferimento all'art. 3 della Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in causa e comunicata in copia al Presidente
della   Camera   dei  deputati  e  al  Presidente  del  Senato  della
Repubblica.
    Cosi' deciso in Genova, addi' 30 ottobre 2001
                        Il Presidente: Ferro
02C0033