N. 55 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 2001
Ordinanza emessa il 6 febbraio 2001 dal tribunale di Venezia sezione distaccata di Portogruaro (pervenuta alla Corte costituzionale il 17 gennaio 2002) nel procedimento penale a carico di Terrida Denis Venanzio Reati e pene - Ubriachezza manifesta in luogo pubblico o aperto al pubblico commessa da chi abbia gia' riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o l'incolumita' individuale - Configurazione come reato - Disparita' di trattamento a fronte della rilevanza penale del fatto solo nei confronti di una categoria di soggetti - Violazione dei principi di legalita', offensivita' e materialita' della legge penale. - Cod. pen., art. 688, secondo comma. - Costituzione, artt. 3, 25, comma secondo, 27, comma terzo.(GU n.7 del 13-2-2002 )
IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza. A integrazione e motivazione della riserva di cui all'udienza del 16 gennaio 2001, in relazione alla questione di legittimita' costituzionale sollevata dal difensore dell'imputato nel proc. n. 10838/2000, a carico di Terrida Denis Venanzio - imputato per il reato di cui all'art. 688, secondo comma, c.p.; Ritenuto che Il difensore solleva questione di legittimita' costituzionale del suddetto art. 688, secondo comma, c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma della Costituzione, ritenendo principalmente che, a seguito dell'intervenuta depenalizzazione del reato previsto e punito dall'art. 688, primo comma, c.p. (art. 54, d.lgs. n. 507/1999), la fattispecie di cui al secondo comma, che originariamente era da inquadrarsi come forma aggravata del reato di ubriachezza, in cui l'aver riportato una precedente condanna costituiva circostanza aggravata ad effetto speciale del reato stesso, ha assunto una sua autonoma fisionomia, in cui invece la precedente condanna diventa elemento costitutivo del reato (o condizione obiettiva di punibilita), insieme appunto allo stato di ubriachezza in quanto tale; allo stato, dunque, costituirebbe comunque reato il fatto di trovarsi in stato di ubriachezza manifesta in luogo pubblico o aperto al pubblico, ma solo se commesso da colui che in precedenza aveva gia' riportato una condanna per uno dei delitti previsti dal capo I, titolo XII, del codice penale, escludendo quindi i soggetti incensurati e tutti quelli gia' pregiudicati per tutti gli altri tipi di reato: gia' prima facie si nota come tale fattispecie di reato, seppur contravvenzionale, introduca una disparita' di trattamento fra i soggetti attivi del reato, basata su elementi che prescindono totalmente da valutazioni di merito. Esaminando dapprima la fattispecie di reato di ubriachezza nella sua formulazione originaria, si nota come scopo della norma fosse la tutela della sicurezza sociale, attraverso la prevenzione dell'alcolismo quale causa di disordini e reati (Cass. sez. III, 5 marzo 1972): trattasi quindi di reato inquadrabile nella categoria dei c.d. reati ostativi, cioe' quelle incriminazioni che non colpiscono direttamente comportamenti offensivi di un interesse, ma tendono a prevenire il realizzarsi di azioni effettivamente lesive o pericolose, mediante la punizione di atti che sono la premessa idonea per la commissione di altri reati (Mantovani); soggetto attivo del reato di cui al primo comma era chiunque si trovasse in luogo pubblico in stato di manifesta ubriachezza: pertanto tale stato era considerato da un lato elemento disturbante e in qualche modo lesivo di un interesse pubblico, dall'altro era sintomo di pericolosita' sociale, per l'ovvio motivo che chi si trovi in stato di ubriachezza (e non solo quindi di ebbrezza) non e' in grado di controllare le proprie azioni e costituisce dunque un pericolo per i comportamenti che potrebbe porre in essere: ne consegue che l'alcolismo inteso come status personale, ha rilevanza penale sotto due aspetti: 1) come fattore pregiudizievole per la salute individuale e collettiva; 2) come fattore criminogeno, assumendo l'alcool valore scatenante e favorendo la genesi di determinati comportamenti criminali; non a caso, infatti, il codice penale considera l'intossicazione da alcool anche come status di chi commette il reato e pertanto come causa che puo' incidere sulla punibilita' (art. 92). Ora, e' piuttosto evidente che, se cio' e' vero e giustifica la rilevanza penale e giuridica dello stato di ubriachezza, non ha alcun senso ritenere che, sotto l'aspetto punitivo, abbia rilevanza solo nei confronti di una certa categoria di soggetti, individuata peraltro a fronte di elementi meramente "statistici", dato che la probabilita' che un soggetto non compos sui (come colui che si trova in stato di ubriachezza) commetta un reato piu' grave e' identica, sia che esso sia incensurato, sia che sia pregiudicato, tanto piu' se la condanna precedente che assume rilevanza sotto tale profilo sia molto risalente nel tempo e/o riguardi un reato di non rilevante gravita' (la condizione di punibilita' dell'art. 688, secondo comma, c.p., infatti, non fa alcuna distinzione di questo tipo). Considerazioni analoghe, peraltro, sono gia' state esaminate dalla suprema Corte con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 708, c.p., che puniva il possesso ingiustificato di valori solo con riferimento ai soggetti gia' condannati per delitti determinati da motivi di lucro (sent. n. 370/1996) e che e' stato giudicato costituzionalmente illegittimo proprio sotto tale profilo. Deve dunque concludersi che, poiche' il legislatore ha recentemente ritenuto che lo stato di ubriachezza non assuma piu' rilevanza penale autonoma, ma sia sufficiente la sua punibilita' sotto l'aspetto amministrativo, la fattispecie di cui al secondo comma dell'art. 688, c.p., non abbia piu' ragione di esistere, in quanto introduce ex novo una fattispecie penale in cui l'elemento costitutivo fondamentale non e' piu' considerato fatto punibile e la punibilita' deriva invece da elementi e presupposti del tutto estranei al momento e alle condizioni concrete in cui un determinato comportamento (penalmente irrilevante) e' stato posto in essere. Appare evidente sotto tale profilo l'incostituzionalita' attuale della norma, sia per la disparita' di trattamento che introduce, sia sotto il profilo strettamente logico-giuridico, in omaggio ai principi di legalita', offensivita' e materialita' della legge penale.
P. Q. M. Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 688, secondo comma c.p., in relazione agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, terzo comma della Costituzione, e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di competenza. Portogruaro, addi' 16 gennaio 2001. Il giudice: Biagetti 02C0042