N. 5 ORDINANZA 16 - 30 gennaio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Impiego pubblico - Personale statale - Inquadramento definitivo nelle
  qualifiche    funzionali    -   Somme   corrisposte   per   effetto
  dell'inquadramento  -  Esclusione  di  interessi  e rivalutazione -
  Contrasto   tra   dispositivo   e   motivazione  dell'ordinanza  di
  rimessione - Manifesta inammissibilita' della questione.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, commi 4 e 5.
- Costituzione, artt. 3, 36 e 97.
Impiego pubblico - Personale statale - Inquadramento nelle qualifiche
  funzionali   -   Somme   corrisposte   ai  dipendenti  per  effetto
  dell'inquadramento  -  Esclusione  di  interessi  e rivalutazione -
  Asserita  lesione  dei  principi  di  parita'  di  trattamento  dei
  cittadini  e  di  proporzionalita' della retribuzione - Intervenuta
  dichiarazione  di illegittimita' della norma denunciata - Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 6, commi 4 e 5.
- Costituzione,  artt.  3,  primo comma, 36, primo comma, e 97, primo
  comma.
(GU n.6 del 6-2-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5,
della  legge 23 dicembre 1998, n. 448 (Misure di finanza pubblica per
la  stabilizzazione  e lo sviluppo), promossi con ordinanze emesse il
24 maggio  2000  e  il  14 giugno  2000  dal Tribunale amministrativo
regionale del Lazio, iscritte al n. 673 del registro ordinanze 2000 e
al  n. 101  del  registro  ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica - 1a serie speciale - n. 46 dell'anno 2000
e n. 7 dell'anno 2001.
    Visto  l'atto di costituzione di Laura Liverani, nonche' gli atti
d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 7 novembre 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con  l'ordinanza iscritta al n. 673 r.o. del 2000,
pronunciata  il  24 maggio  2000  e pervenuta alla Corte il 4 ottobre
2000,  il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato,
secondo  il  tenore  del  dispositivo,  la  questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 26,  commi 4  e  5, della legge 23 dicembre
1998,  n. 448 (Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo
sviluppo), per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione,
mentre  nella  motivazione  ha prospettato e argomentato la questione
con  riferimento  all'art. 1,  comma 5,  della legge 10 ottobre 1996,
n. 525 (Norme in materia di personale amministrativo del Ministero di
grazia e giustizia e delle magistrature speciali);
        che  l'ordinanza  e'  stata  resa  nel  corso  di un giudizio
introdotto da oltre duemila dipendenti del Ministero della giustizia,
i  quali  -  premesso  di  avere  diritto  all'indennita' giudiziaria
istituita  dalla  legge  19 febbraio  1981, n. 27 (Provvidenze per il
personale  di  magistratura),  in forza dell'estensione operata dalla
legge  22 giugno  1988,  n. 221 (Provvedimenti a favore del personale
delle   cancellerie  e  segreterie  giudiziarie);  di  avere  inoltre
ottenuto   dal   Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  il
riconoscimento  sulle  relative  somme  della rivalutazione triennale
prevista da tale legge e la conseguente condanna dell'amministrazione
a  corrispondere  quanto  dovuto  con interessi e rivalutazione; e di
essere  infine  soggetti  all'applicazione  della  sopravvenuta legge
n. 525   del   1996,   che   ha   escluso,  all'art. 1,  comma 5,  la
corresponsione di interessi e rivalutazione sulle somme stesse, anche
se  riconosciute  con  sentenza  passata in giudicato - chiedevano la
condanna   del  Ministero  alla  corresponsione  di  tali  accessori,
prospettando   l'illegittimita'  costituzionale  del  citato  art. 1,
comma 5;
        che  -  secondo  quanto  riferisce  il giudice rimettente - i
ricorrenti,   nel   motivare   su  quest'ultimo  punto,  richiamavano
l'ordinanza  con  cui  lo  stesso  Tribunale amministrativo regionale
Lazio  aveva  sollevato  la  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 26,  commi 4  e  5,  della legge n. 448 del 1998 (che aveva
negato  la  corresponsione  degli  accessori  sulle  somme dovute per
effetto del reinquadramento di cui alla legge 11 luglio 1980, n. 312,
sul  nuovo  assetto  retributivo-funzionale  del  personale  civile e
militare dello Stato), adducendo trattarsi di questione assolutamente
analoga;
        che,  in  conseguenza, ad avviso del rimettente, la questione
di  legittimita'  costituzionale  sollevata  dai  ricorrenti dovrebbe
ritenersi  non  manifestamente  infondata  "anche  in  adesione  alle
argomentazioni  poste  a  base"  della  suddetta  ordinanza  relativa
all'art. 26 della legge n. 448 del 1998;
        che  la  motivazione  dell'ordinanza  in epigrafe si conclude
affermando  che  il  giudizio  deve  essere  sospeso "in attesa della
soluzione   da  parte  della  Corte  costituzionale  della  sollevata
questione  di  legittimita'  costituzionale  della norma dell'art. 1,
comma 5  della legge n. 525/1996 in relazione agli artt. 3, 36, primo
comma   e  97,  primo  comma,  della  Costituzione",  mentre  il  suo
dispositivo,  dopo  avere  ritenuto  rilevante  e  non manifestamente
infondata  "la questione, come sopra indicata" ordina la trasmissione
del  fascicolo  alla  Corte  "per  la  soluzione  della  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 26,  commi 4 e 5, della legge
n. 448 del 1998 per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.";
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
tramite l'Avvocatura generale dello Stato, depositando memoria, nella
quale,  osservato  che  le disposizioni impugnate sarebbero l'art. 1,
comma 5,  della legge n. 525 del 1996 e l'art. 26, commi 4 e 5, della
legge   n. 448   del  1998,  rileva  l'infondatezza  della  questione
proposta, riferendola al citato art. 26;
        che  si  sono  costituiti  i  ricorrenti  nel giudizio a quo,
depositando  memoria  e  sostenendo  che  la  questione  proposta dal
Tribunale  amministrativo regionale - come si evincerebbe dalla parte
motiva  dell'ordinanza - concernerebbe l'art. 1, comma 5, della legge
n. 525   del   1996,   essendo   frutto   di  mero  errore  materiale
l'indicazione  nel  dispositivo,  come norma impugnata, dell'art. 26,
commi 4  e  5,  della  legge n. 448 del 1998, e che cosi' individuata
essa sarebbe fondata;
        che,  nell'imminenza  della  camera  di  consiglio,  le parti
ricorrenti  del giudizio a quo hanno depositato memoria illustrativa,
insistendo per l'accoglimento della questione;
        che  con  l'ordinanza  iscritta  al  n. 101  r.o.  del  2001,
pronunciata  il  14 giugno  2000 e pervenuta alla Corte il 24 gennaio
2001,  il  Tribunale amministrativo regionale del Lazio, ha sollevato
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5,
della legge n. 448 del 1998;
        che  l'ordinanza  e'  stata  resa  nel  corso  di un giudizio
introdotto  da alcuni dipendenti dell'Avvocatura generale dello Stato
nei  confronti  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri, per
ottenere  il riconoscimento di interessi e rivalutazione monetaria su
quanto  loro corrisposto per effetto della legge n. 312 del 1980, che
(modificando  l'ordinamento  dei  dipendenti  civili  dello Stato) ha
previsto un sistema fondato sulle qualifiche professionali;
        che  in  pendenza  di tale giudizio e' intervenuto l'art. 26,
commi 4  e  5, della legge n. 448 del 1998, che, definendosi norma di
interpretazione  autentica, ha stabilito che le somme corrisposte per
effetto  dell'inquadramento  nelle nuove qualifiche professionali non
danno luogo ad interessi e rivalutazione monetaria;
        che  il  rimettente - il quale aveva gia' sollevato la stessa
questione  di  legittimita'  costituzionale  con  altra  ordinanza  -
"ritiene  di  aderire  alle  argomentazioni  poste  a  base" di essa,
ravvisando  contrasto  con  l'art. 3, primo comma, della Costituzione
per  lesione del principio di parita' di trattamento tra cittadini in
relazione  "alla particolare fattispecie relativa alla corresponsione
degli  interessi  e  della  rivalutazione  monetaria  dei  crediti di
lavoro,   qualora   liquidi   ed   esigibili";  con  l'art. 36  della
Costituzione  per  lesione  del  principio  di  proporzionalita'  tra
retribuzione  e  prestazione  lavorativa,  in  ragione  della  natura
retributiva  delle  somme dovute per l'inquadramento; e con l'art. 97
Cost., in quanto la norma consentirebbe alla pubblica amministrazione
di  eludere  l'obbligo  di  ristorare  i  dipendenti  del ritardo nel
pagamento;
        che anche in questo giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  depositando memoria, con la quale ha fatto
integrale  rinvio  alle  difese  svolte nel giudizio introdotto dalla
precedente ordinanza ed ha sostenuto l'inammissibilita' e comunque la
manifesta infondatezza della questione.
    Considerato  che  -  poiche'  tanto  l'ordinanza  n. 673 del 2000
(seppure soltanto nel dispositivo) quanto l'ordinanza n. 101 del 2001
denunciano l'illegittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5,
della legge n. 448 del 1998 - i due giudizi possono essere riuniti;
        che  la  questione proposta dall'ordinanza n. 673 del 2000 e'
manifestamente inammissibile;
        che  infatti  tale  ordinanza, mentre nel dispositivo censura
espressamente  l'art. 26,  commi 4  e 5, della legge n. 448 del 1998,
nella  motivazione  riferisce  invece  la  questione  di legittimita'
costituzionale  all'art. 1  comma 5,  della  legge  n. 525 del 1996 e
considera la norma menzionata in dispositivo soltanto come oggetto di
una  (diversa)  questione di costituzionalita' sollevata dallo stesso
giudice  con  altra  ordinanza,  la  cui motivazione sarebbe idonea a
sostenere la questione relativa al citato art. 1, comma 5;
        che  il radicale contrasto fra le due parti del provvedimento
non  puo'  essere superato privilegiando l'una rispetto all'altra, in
quanto  nella  struttura  dell'ordinanza  di rimessione, come in ogni
ordinanza,  la  motivazione  ed il dispositivo assolvono a distinte e
specifiche  funzioni, mirando l'una ad indicare le ragioni per cui la
questione di legittimita' costituzionale sollevata in via incidentale
e'  ritenuta  rilevante e non manifestamente infondata, ed il secondo
ad   individuare   formalmente  l'oggetto  della  questione  in  modo
corrispondente a quelle ragioni;
        che  pertanto  l'ordinanza,  in  violazione  del principio di
autosufficienza  del  provvedimento  di  rimessione, e' affetta da un
radicale difetto di motivazione sulla rilevanza e sulla non manifesta
infondatezza  della  questione  come  individuata in dispositivo, con
conseguente manifesta inammissibilita';
        che  la questione sollevata dall'ordinanza n. 101 del 2001 e'
manifestamente  inammissibile,  in quanto la norma da essa denunciata
e'  stata  dichiarata  illegittima  con  la  sentenza di questa Corte
n. 136 del 2001, onde non e' piu' in vigore.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 26,  commi 4 e 5, della legge
23 dicembre   1998,   n. 448  (Misure  di  finanza  pubblica  per  la
stabilizzazione   e  lo  sviluppo),  sollevata,  rispettivamente,  in
riferimento   agli   artt. 3,  36  e  97  della  Costituzione  ed  in
riferimento  agli  artt. 3, primo comma, 36, primo comma, e 97, primo
comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del
Lazio, con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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