N. 20 ORDINANZA 28 gennaio - 6 febbraio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sanzioni amministrative - Controversie - Giudizio di opposizione alle
  ordinanze-ingiunzioni  -  Competenza  del  giudice  del luogo della
  commessa  violazione,  anziche'  del giudice del luogo di residenza
  dell'opponente  - Asserito privilegio del foro dell'amministrazione
  repressiva, con violazione del diritto di difesa e dei principi del
  giusto  processo  e  dell'imparzialita'  dell'amministrazione della
  giustizia  - Difetto di motivazione in ordine alla rilevanza e alla
  non    manifesta   infondatezza   della   questione   -   Manifesta
  inammissibilita'.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22.
- Costituzione, artt. 3, 11, 24, 25 e 111, secondo comma.
(GU n.7 del 13-2-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Massimo VARI;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
24 novembre  1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con
ordinanza emessa il 18 dicembre 2000 dal giudice di pace di Orbetello
sul  ricorso  proposto  da  Francesco  Edoardo  Di Tarsia Di Belmonte
contro  il  Prefetto  di  Grosseto,  iscritta  al  n. 72 del registro
ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 6, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 21 novembre 2001 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  pronunciata  il 18 dicembre 2000 e
pervenuta  alla  Corte  il  18 gennaio  2001,  il  giudice di pace di
Orbetello  -  nel  corso  di  un  giudizio  concernente opposizioni a
sanzione  amministrativa proposte separatamente ed in date diverse da
Francesco  E. Di Tarsia Di Belmonte contro il verbale con cui gli era
stata  contestata  dalla  Polizia  Stradale di Grosseto la violazione
dell'art. 142,  comma  9, del codice della strada, per avere superato
il  prescritto  limite  di  velocita', e contro il decreto con cui il
Prefetto di Grosseto gli aveva comminato la sanzione accessoria della
sospensione  della  patente  di  guida  -  ha  sollevato d'ufficio la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 22 della legge
24 novembre  1981,  n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte
in  cui  attribuisce  la competenza per territorio sulle controversie
contro  le ordinanze-ingiunzioni al giudice del luogo in cui e' stata
commessa  la  violazione,  ritenendo tale previsione in contrasto con
gli articoli 3, 11, 24, 25 e 111, secondo comma, della Costituzione;
        che  il  rimettente  -  dato  atto che l'opponente ha chiesto
l'annullamento in via principale del verbale e in via subordinata del
provvedimento  prefettizio,  e  che  la Prefettura, costituendosi, ha
chiesto il rigetto del ricorso - riferisce che l'opponente risiede in
localita'  diversa  da  quella ove e' stata commessa la violazione ed
assume  che tale circostanza puo' rilevare ai fini della questione di
legittimita' costituzionale;
        che  il  rimettente  rileva  come,  secondo la giurisprudenza
della  Corte  di  cassazione,  il ricorso in opposizione debba essere
consegnato  all'ufficio giudiziario adito (non potendo essere spedito
per  posta)  ed  osserva altresi' che l'opponente non assistito da un
difensore  debba  dichiarare  o  eleggere  domicilio  nel comune sede
dell'ufficio e comparire alla prima udienza, per evitare la convalida
del provvedimento;
        che  il  rimettente assume che la disciplina dell'opposizione
ad  ordinanza-ingiunzione,  "con  particolare riguardo all'obbligo di
adire  il  giudice  del  luogo  in  cui e' stata commessa la presunta
violazione,  anziche'  di  quello  di  residenza  del ricorrente" non
sarebbe  idonea a garantire "agli "interessati", ove non assistiti da
un legale, la concreta possibilita' di difendersi "e rileva che nella
specie   l'opponente,  residente  a  Bergamo,  ha  dovuto  presentare
personalmente  il  ricorso ad Orbetello e quivi comparire in udienza,
"sopportando  un  notevole  costo,  sia  in  termini economici che di
tempo, che gli sarebbe stato risparmiato, se la competenza in materia
fosse stata del giudice del suo luogo di residenza";
        che, secondo il rimettente, "tale procedura, privilegiando il
foro    dell'amministrazione   repressiva"   rende   "particolarmente
difficoltoso  al ricorrente esercitare direttamente il suo diritto di
difesa,   ai   sensi   non   solo  dell'art. 24  ...  ma  ora,  anche
dell'art. 111,    secondo    comma,   della   Costituzione   "essendo
l'attribuzione  della  competenza al giudice del luogo della commessa
violazione  in  contrasto  con i principi del giusto processo e della
buona  ed  imparziale  amministrazione della giustizia, "di cui anche
alla  Convenzione di Roma per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e
delle liberta' fondamentali";
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
tramite  l'Avvocatura  generale  dello  Stato,  depositando memoria e
sostenendo  l'inammissibilita' della questione - "in quanto sollevata
in  via  del  tutto  astratta ed ipotetica senza alcun riferimento al
caso   di  specie"  nel  quale  l'interessato  aveva  tempestivamente
proposto  il  ricorso  e  si  era presentato all'udienza svolgendo le
proprie   difese   -   nonche'  la  sua  infondatezza,  spettando  al
legislatore individuare discrezionalmente la competenza territoriale,
in mancanza di soluzioni costituzionalmente obbligate.
    Considerato  che  l'ordinanza  di  rimessione non contiene alcuna
motivazione  sulla rilevanza della sollevata questione nel giudizio a
quo  introdotto  nel rispetto da parte dell'opponente della regola di
competenza territoriale prevista dalla norma impugnata e senza alcuna
doglianza al riguardo;
        che,  in  particolare,  il  rimettente  non  fornisce  alcuna
spiegazione  delle  eventuali ragioni per le quali - nella situazione
processuale  ora  descritta  -  la  regola di competenza, di cui alla
norma  impugnata,  potrebbe  essere  oggetto  di rilievi da parte sua
nell'esercizio di poteri ufficiosi;
        che  egli, d'altro canto, nemmeno esplicita quali conseguenze
avrebbe  l'accoglimento  della proposta questione sul giudizio a quo,
segnatamente nel senso che esso debba concludersi con la declinatoria
della competenza a beneficio di un diverso giudice;
        che  un'ulteriore  subordinata  ragione  di  inammissibilita'
della  questione si coglie con riferimento all'invocazione immotivata
dei parametri costituzionali degli articoli 3 e 25 Cost., e di quello
dell'art. 11 (indicato solo in dispositivo, e non in motivazione);
        che la questione deve essere quindi dichiarata manifestamente
inammissibile.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 22,  della  legge 24 novembre
1981,  n. 689  (Modifiche al sistema penale), sollevata, in relazione
agli articoli 3, 11, 24, 25 e 111, secondo comma, della Costituzione,
dal giudice di pace di Orbetello con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 gennaio 2002.
                         Il Presidente: Vari
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 6 febbraio 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
02C0077