N. 66 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 2001
Ordinanza emessa il 4 dicembre 2001 dalla Corte dei conti sezione giuridica per la Regione Sicilia sul ricorso proposto da Lo Nigro Antonio contro I.N.P.D.A.P. Corte di conti - Giudizi in materia di pensioni - Fase cautelare - Previsione della possibilita' per il giudice di decidere anche il merito con sentenza succintamente motivata, laddove riconosca che il ricorso sia manifestamente fondato o infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile - Conseguente attribuzione alla Corte dei conti in composizione collegiale anziche' monocratica dei giudizi in materia di pensioni, in ragione della presentazione di domanda cautelare - Violazione del principio del giudice naturale. -Legge 21 luglio 2000, n. 205, art. 9, comma 1, cpv. 1 e 2, e comma 3. - Costituzione, art. 25.(GU n.8 del 20-2-2002 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di pensione civile iscritto al n. 12686/C del registro di segreteria promosso ad istanza di Lo Nigro Antonio, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Palma, nei confronti dell'I.N.P.D.A.P. Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 21 settembre 2001, con contestuale istanza di sospensione dell'atto impugnato. Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale. Uditi nella camera di consiglio del 14 novembre 2001 il relatore consigliere Pino Zingale, l'avv. Paolo Palma per il ricorrente ed il dott. Giovanni Dino per l'I.N.P.D.A.P. F a t t o La sede provinciale di Palermo dell'I.N.P.D.A.P. con provvedimento n. 19955/00 dell'8 gennaio 2001 comunicava al signor Antonio Lo Nigro, gia' dipendente dell'A.M.I.A. di Palermo, l'accertamento a suo carico di un debito di L. 19.350.367 per il periodo dal 1 giugno 1993 al 31 dicembre 2000, disponendo il recupero di detta somma mediante ritenuta mensile di L. 327.972 sulla pensione iscritta al n. 60474200 dalla rata del mese di gennaio 2001 a quella di novembre 2005. Avverso il suddetto provvedimento l'interessato ha proposto ricorso innanzi a questa corte con atto depositato il 21 settembre 2001, con contestuale domanda di sospensione dell'atto impugnato. Lamenta il ricorrente la violazione degli artt. 7 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241; l'eccesso di potere per difetto di motivazione e violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990; infine la violazione dei principi di affidamento e buona fede. Conclusivaniente il ricorrente ha chiesto che, previa sospensione dell'atto impugnato, questa corte dichiari non dovuta la somma di L. 19.350.367 e condanni l'I.N.P.D.A.P. di Palermo a restituire le somme gia' ritenute maggiorate della rivalutazione monetaria e degli interessi legali a decorrere dalle date in cui le ritenute sono state concretamente operate. L'I.N.P.D.A.P. si e' costituito con memoria depositata il 17 ottobre 2001. Il predetto Istituto ha evidenziato come il debito erariale del ricorrente sia scaturito da un'erronea liquidazione della pensione provvisoria rispetto a quella definitiva effettivamente dovuta ed ha chiesto il rigetto del ricorso. Nella camera di consiglio del 14 novembre 2001 le parti hanno insistito per l'accoglimento delle domande di cui agli atti scritti. D i r i t t o Rileva preliminarmente il collegio che in materia pensionistica questa corte e' giudice del rapporto sostanziale e non del procedimento e che il ricorso, vertendo in tema di recupero di maggiori somme erogate con la pensione provvisoria rispetto a quella definitiva poi liquidata ed effettivamente spettante, appare manifestamente infondato, con riferimento alla giurisprudenza delle sezioni riunite di questa corte (sentenza n. 1/99/QM del 14 gennaio 1999) alle cui articolate argomentazioni, per economia espositiva, in questa sede si rinvia e dalle quali questo giudidice non ravvisa ragioni per doversi discostare. Difatti, attese le norme di diritto comune (art. 2033 c.c.) e di diritto amministrativo (art. 162 testo unico n. 1092 del 1973 nel testo sostituito dal d.P.R. n. 138 del 1986) che regolano la materia e la natura non suscettibile di interpretazione analogica dell'art. 206 testo unico n. 1092 del 1973, - cui non va riconosciuto il carattere di principio generale di irripetibilita' delle somme indebitamente corrisposte - al di fuori delle ipotesi previste dalla legge relative a provvedimenti di revoca o modifica di pensioni definitive - non sussiste la possibilita' per il giudice di attribuire rilievo alla buona fede del percettore per somme erroneamente corrisposte dall'amministrazione su trattamenti provvisori ex art. 162 testo unico n. 1092 del 1973, pur se sia decorso un notevole lasso di tempo. La provvisorieta' della pensione elimina in radice ogni discussione poiche' esclude e, comunque, rende giuridicamente irrilevante, la ricorrenza dello stato di buona fede ovvero dell'affidamento nel comportamento dell'ente erogatore. Il ricorso, pertanto appare manifestamente infondato. Cio' posto, ritiene il collegio, competente per la fase cautelare ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 21 luglio 2000, n. 205, di dovere fare applicazione del combinato disposto di cui all'art. 9, comma 1, cpv. l e 2, e comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205. In forza di tale norma il, giudice puo', nella camera di consiglio fissata per l'esame dell'istanza cautelare, decidere anche il merito con sentenza succintamente motivata, laddove riconosca che il ricorso sia manifestamente fondato o infondato, irricevibile, inammissibile o improcedibile. La Corte dei conti, pero', in materia di ricorsi pensionistici civili, militari e di guerra, giudica in primo grado in composizione monocratica, attraverso un magistrato assegnato alla sezione giurisdizionale competente per territorio, in funzione di giudice unico. Solo in sede cautelare e' chiamata a giudicare in composizione collegiale. Attraverso l'utilizzo dello strumento processuale previsto dal combinato disposto di cui all'art. 9, comma 1, cpv. l e 2, e comma 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205, pertanto, la competenza sul merito viene ad essere trasferita al collegio, cioe' ad un giudice diverso da quello ordinariamente precostituito per la materia. Non vi e' dubbio che al legislatore debba riconoscersi la piu' ampia discrezionalita' nella conformazione degli istituti processuali e nell'articolazione del processo, fermo, pero', il limite della ragionevolezza (Corte cost., ord. 16 aprile 1999, n. 128). Tale limite, nel caso di specie, sembrerebbe superato. Difatti, in forza della norma in questione - costruita per il processo amministrativo, ove giudice della cautela e del merito coincidono, e resa applicabile anche al processo pensionistico di questa corte - sulla base di una valutazione del ricorso piu' ampia, rispetto a quella della sola cautela, il collegio, proprio in quanto giudice di quest'ultima fase del procedimento, puo' spostare in proprio favore la competenza per la decisione del merito, sottraendola al giudice unico precostituito per legge. Tutto cio' non sulla base di parametri oggettivamente certi e verificabili a priori, ma in ragione di una libera scelta del ricorrente (l'attivazione della domanda cautelare) associata a quella componente soggettiva del giudizio - nella specie la manifesta infondatezza - che trova nel libero convincimento del giudice il suo parametro di valutazione non censurabile neppure a' posteriori, se non con riferimento all'eventuale vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione, restando comunque insindacabili quegli aspetti interni all'ambito della discrezionalita' di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, che attengono in specifico al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell'iter formativo di tale convincimento (Cass. civ., sez. II, 6 ottobre 1999, n. 11121). E' noto, infatti, come debba essere considerato giudice naturale precostituito per legge, ai sensi dell'art. 25 Cost., l'organo giudicante istituito in base a criteri generali fissati in anticipo dalla legge (Corte cost., 21 aprile 1994, n. 149) e come tale principio, per essere pienamente rispettato, non possa dipendere di volta in volta dalla scelta del giudice sull'applicabilita' o meno di norme giuridiche, ma da criteri obbiettivi (Cass. civ., Sez. II, 3 luglio 1998, n. 6492) ne', tanto meno, dalla volonta' delle parti, non potendosi ammettere che il mutamento del rito (innanzi al collegio il rito e' ora diverso da quello del giudice unico delle pensioni, essendo previsto, tra l'altro, solo innanzi a quest'ultimo il tentativo obbligatorio di conciliazione) e della competenza sia opera di una scelta finalizzata del ricorrente (cfr. Cass. civ., sez. lav., 19 dicembre 1996, n. 11390). Orbene, se appare del tutto coerente con le finalita' di accelerazione processuale e, quindi, di giustizia non solo formale ma anche sostanziale (qui intesa nel senso di sollecita) che il giudice in sede di esame dell'istanza cautelare possa subito rilevare quegli elementi che, secondo il suo libero convincimento, consentono di qualificare come "manifesta" la fondatezza, l'infondatezza, l'irricevibilita', l'inammissibilita' o l'improcedibilita' di un ricorso e definire anche nel merito il giudizio - norma che, pertanto, appare in se del tutto legittima e ragionevole - non cosi', invece, sembra laddove tale valutazione si correli allo spostamento della competenza per il merito. Tale strumento processuale acquista, quindi, un'elevata attitudine ad un arbitrario sovvertimento del riparto delle competenze e, di conseguenza, alla sottrazione della "potestas decidendi" al giudice al quale l'ordinamento l'attribuisce per il merito e con quelle peculiari garanzie processuali proprie del rito pensionistico. Sulla - base di tali considerazioni la questione di legittimita' costituzionale appare non manifestamente infondata con riferimento all'art25 della Costituzione. La questione e' rilevante al fine del decidere, poiche' dall'accoglimento della questione di costituzionalita' nei termini qui prospettati deriverebbe l'incompetenza di questo giudice a decidere nel merito il giudizio. Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di competenza.
P. Q. M. La Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana - dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, commai, cpv. l e 2, e comma 3 della legge 21 luglio 2000. n. 205, in quanto applicabile al processo pensionistico della Corte dei conti in sede cautelare, con riferimento all'art. 25 della Costituzione, nei termini di cui in parte motiva. Ordina la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della segreteria, notificata al ricorrente, all'I.N.P.D.A.P. ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 14 novembre 2001. Il Presidente f.f.: Cultrera 02C0083