N. 85 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 ottobre 2001

Ordinanza  emessa  il  31 ottobre 2001 dal g.i.p. dal tribunale per i
minorenni di Torino nel procedimento penale a carico di B.G.

Processo  penale  -  Cause di incompatibilita' del giudice - Processo
  penale  minorile  -  Giudice  per le indagini preliminari presso il
  tribunale  per  i minorenni che abbia disposto una misura cautelare
  personale   nei   confronti   dell'imputato  -  Incompatibilita'  a
  pronunciarsi   sulla   richiesta  di  archiviazione  a  seguito  di
  opposizione   della   persona   offesa   -   Mancata  previsione  -
  Ingiustificata   disparita'   di   trattamento  rispetto  a  quanto
  stabilito  per  situazioni  analoghe a seguito della giurisprudenza
  della  Corte costituzionale (sent. nn. 432/1995, 131/1996, 155/1996
  e  311/1997)  -  Incidenza sul diritto di difesa, sul principio del
  giudice  naturale,  nonche'  sui  principi  del  giusto  processo e
  dell'imparzialita' del giudice.
- Cod. proc. pen., art. 34, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 24, 25, 27, 101 e 111.
(GU n.10 del 6-3-2002 )
               IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Letti  gli  atti  del  procedimento  penale  sopra  indicato, nei
confronti  di B. G., difeso di fiducia dal l'avv. Loredana Brizio del
Foro  di  Verbania, in ordine al reato di cui agli artt. 575 e altro,
commesso ai danni di R. P., in Massimo Visconti il 24 ottobre 1997;
    In  esito  all'udienza tenuta in data odierna ex artt. 410, terzo
comma, e 409, secondo comma c.p.p., e a scioglimento della riserva in
essa pronunciata;
    Rilevato  che  questo  g.i.p.  e' stato investito di decisione in
ordine  all'opposizione alla richiesta di archiviazione formulata dal
p.m.  in  sede,  nei  confronti  del  nominato  in oggetto, richiesta
formulata  ai  sensi  dell'art.  408  c.p.p., perche' difetterebbe la
prova  che  la  persona sottoposta alle indagini (minore all'epoca in
cui  avvenne  il  reato  per  il quale si procede) avesse commesso il
fatto, e pertanto per motivi che investono il merito della fondatezza
dell'accusa;  detta  opposizione  e' stata presentata ritualmente dal
difensore  delle  persone  offese - identificate negli eredi prossimi
congiunti  del  defunto R. P. - che ha concluso affinche' il giudice,
nel respingere la richiesta di archiviazione, imponga al p.m. in sede
la formulazione del capo d'imputazione e il successivo passaggio alla
fase del giudizio;
    Ritenuto  che questo medesimo (quale persona fisica) giudice ebbe
a   pronunciarsi,  sempre  quale  g.i.p.,  nell'ambito  dello  stesso
procedimento  e  per  lo  stesso reato di omicidio ai danni di R. P.,
procedendo  a  giudizio  di  convalida del fermo disposto dal p.m. in
sede  ed eseguito il 18 marzo 2000, e a successiva emissione (in data
22 marzo   2000)  di  ordinanza  che  disponeva  l'applicazione,  nei
confronti  di  B.  G.,  della  misura  cautelare  del collocamento in
comunita'  (da  eseguirsi  presso  apposita struttura psichiatrica) e
che,  pertanto,  si pone un problema di incompatibilita' del suddetto
giudice  che,  in quanto non testualmente prevista da codice di rito,
pone,  a  parere  della  sottoscritta,  un  problema  di legittimita'
costituzionale nei termini che si vanno di seguito ad indicare,

                            O s s e r v a
    Numerose  e  frequenti  sono  state,  sin  dall'entrata in vigore
dell'attuale  codice  di  rito  penale,  le questioni di legittimita'
costituzionale  proposte  dai  giudici  di  merito,  con  riferimento
all'art. 34,  secondo  comma c.p.p.; pressoche' altrettanto numerose,
in  quanto  in  larga parte di accoglimento, le decisioni della Corte
costituzionale  che,  sostanziandosi  in  pronunce  di tipo additivo,
hanno significativamente allargato le ipotesi di incompatibilita' del
giudice  per  atti  compiuti  nell'ambito  del medesimo procedimento,
tanto  da rendere, tra l'alto, necessaria, la novella legislativa che
ha imposto la netta separazione tra le funzioni di g.i.p. e quelle di
g.u.p.  Tale  netta  separazione fu, in primo luogo, delineata con la
sentenza  n. 311/1997  che,  proprio in materia di processo minorile,
dichiaro' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma
c.p.p.,  nella  parte  in  cui  non prevede l'incompatibilita' tra le
funzioni  di  giudice dell'udienza preliminare minorile, e quelle del
giudice  che, quale g.i.p., si sia pronunciato in ordine a una misura
cautelare   personale  nei  confronti  del  medesimo  imputato.  Tale
pronuncia,  giustificata  dalla peculiarita' dell'udienza preliminare
minorile,  atteggiantesi  a vero e proprio giudizio, con possibilita'
per  il  giudice di adottare pronunce altrimenti riservate al giudice
del dibattimento, si inseriva, per la verita', nel filone di analoghe
pronunce,  tendenti a porre una netta separazione tra le diverse fasi
del  procedimento,  con  la  previsione  di  incompatibilita'  per il
giudice  che,  nella  fase  precedente,  avesse  gia'  adottato delle
decisioni, nella specie in materia di liberta' personale.
    In particolare, la sentenza della Corte costituzionale n. 155 del
1996, richiamati i precedenti costituiti dalle sentenze n. 432/1995 e
n. 131/1996,  bene  delinea  la  necessita'  che  l'imparzialita' del
giudice  sia  salvaguardata,  rispetto  alla precedente assunzione di
decisioni,   in   ordine  a  misure  cautelari,  in  altra  fase  del
procedimento  giungendo ad affermazioni di illegittimita' della norma
citata,  nella  parte  in  cui  non  prevede l'incompatibilita' nella
partecipazione   al   giudizio   abbreviato   o   dibattimentale,   e
all'applicazione di pena su richiesta, del giudice che abbia disposto
o modificato misure cautelari, o partecipato al riesame o all'appello
sulle stesse.
    Dalla  suddetta,  e  dalle  richiamate pronunce, sembra, insomma,
ricavarsi   il  principio  che  il  "giusto  processo"  voluto  dalla
Costituzione,   ai   fini   del  quale  l'imparzialita'  del  giudice
rappresenta  corollario  fondamentale, determini la necessita' di non
"pregiudicare"  l'attivita'  decisoria  -  che'  di tale attivita' si
tratta,  nell'ambito  dei riti allora sottoposti all'attenzione della
Corte - in virtu' di deliberazioni assunte, appunto, nelle precedenti
fasi  del  procedimento,  che  cosi' spiega: "il divieto di cumulo di
decisioni   diverse   sulla  stessa  materia,  nella  stessa  persona
investita  del  compito  di  giudicare,  e' conseguenza del carattere
necessariamente originario della decisione che definisce la causa, in
opposizione  a  ogni  trascinamento e confluenza in tale decisione di
opinioni  precostituite  in  altre  fasi processuali presso lo stesso
giudice  -  persona  fisica.  Tale  divieto  non  riguarda  tanto  la
capacita'  del  giudice  di rivedere sempre di nuovo i propri giudizi
alla  luce  degli  elementi  via  via emergenti nello svolgimento del
processo,  quanto  l'obiettivita'  della  funzione del giudicare, che
esige, per quanto e' possibile, la sua massima spersonalizzazione".
    Orbene,  se  e'  vero  che,  nel  caso  di specie, trattandosi di
procedimento  incidentale  di  opposizione  della persona offesa alla
archiviazione  richiesta  dal  p.m.,  non  puo' a rigore, parlarsi di
"fase  diversa"  del  procedimento,  rispetto all'ambito nel quale il
g.i.p.  (investito, nella stessa persona fisica della decisione circa
la  richiesta  di  archiviazione) aveva gia' disposto, per i medesimi
fatti,  e  nei  confronti del medesimo indagato, una misura cautelare
personale -  avendo  la  richiesta  di  archiviazione  la funzione di
concludere  la fase delle indagini preliminari - non puo' trascurarsi
che,  in  ogni  caso, deve essere riconosciuto carattere decisorio al
contenuto  dell'attivita'  del  giudice  soprattutto  a fronte di una
richiesta  di  archiviazione  espressamente motivata nel merito della
riconducibilita'  del  reato all'indagato e non, ad esempio, in punto
imputabilita',   alla   luce  della  perizia  svolta  successivamente
all'emissione   della   misura   cautelare;   misura  cautelare  che,
ovviamente,  era motivata espressamente sulla gravita' degli indizi a
sostegno  della  commissione  del  reato,  peraltro  in  epoca  assai
risalente  rispetto  all'adozione  della  misura,  da parte del B. G.
allora minorenne.
    L'eventuale   accoglimento   della  richiesta  di  archiviazione,
infatti,  definirebbe il procedimento, fatta salva la possibilita' di
riapertura delle indagini che, tuttavia, e' subordinata a ben precise
condizioni  e  al  rilascio  di apposita autorizzazione; la reiezione
della richiesta, invece, pur avendo l'esclusivo effetto di imporre al
p.m.  la formulazione dell'imputazione (o l'espletamento di ulteriori
indagini),  con  conseguente  passaggio  alla fase processuale vera e
propria, rischierebbe di apparire come condizionata da una precedente
valutazione,  operata dalla stesso giudicante - persona fisica, sulla
base  di  elementi  in  larga  parte  comuni  a  quelli gia' presi in
considerazione   in   sede   di  emissione  della  misura  cautelare,
attivita',  quest'ultima,  che  tra  l'altro  potrebbe, teoricamente,
giustificare  un'azione di responsabilita' nei confronti dello stesso
magistrato.
    Questo  giudice,  alla  luce  di  tali  considerazioni,  non puo'
pertanto  astenersi  dal  proporre,  d'ufficio,  all'attenzione della
Corte  costituzionale, la questione della legittimita' della norma di
cui  all'art. 34,  secondo  c.p.p.,  nella  parte  in cui non prevede
l'incompatibilita'  a  pronunciarsi sulla richiesta di archiviazione,
in  particolare  a  seguito  di  presentazione dell'opposizione della
persona  offesa, del giudice per le indagini preliminari che abbia in
precedenza  emesso  misura  cautelare  personale  nei confronti dello
stesso indagato, in relazione alla medesima notizia di reato.
    La  questione  si  presenta, infatti, indubbiamente rilevante, in
quanto  investe  un  problema  di  capacita'  del giudice in concreto
investito  di  una  pronuncia  giurisdizionale, idonea a condizionare
l'esito  del procedimento; non manifestamente infondata, in relazione
ad  un  possibile  contrasto con il principio di eguaglianza (art. 3,
primo  comma della Costituzione) e ai principi che regolano il giusto
processo,  ora  costituzionalizzato,  l'imparzialita'  del giudice, e
l'esercizio  del  diritto di difesa (artt. 24, 25, 27, 101 e 11 della
Costituzione)  anche  alla  luce  di  precedenti pronunce della Corte
costituzionale, dalle quali non sembra radicalmente discostarsi.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 23 e ss. della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   trasmettersi   immediatamente   gli   atti  alla  Corte
costituzionale  affinche'  si  valuti la legittimita' costituzionale,
con   riferimento   agli  artt. 3,  24,  25,  27,  101  e  111  della
Costituzione,  dell'art. 34,  secondo  comma, del codice di procedura
penale vigente, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del
giudice per le indagini preliminari a pronunciarsi sulla richiesta di
archiviazione,  a  seguito  di  opposizione  della persona offesa, di
procedimento  penale  nell'ambito  del  quale  lo stesso g.i.p. quale
persona  fisica abbia provveduto ad emettere ordinanza applicativa di
misura cautelare;
    Dispone  che  il  giudizio  in  corso  resti  sospeso  fino  alla
decisione della predetta questione di legittimita' costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa, compreso il pubblico ministero in
sede,  nonche'  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  e sia
comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
Repubblica.
        Torino, addi' 22 ottobre 2001.
           Il giudice per le indagini preliminari: Avezzu'