N. 96 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 dicembre 2001

Ordinanza  emessa  il  10 dicembre  2001  dal g.i.p. del Tribunale di
Cuneo nel procedimento penale a carico di Terzuolo Filippo ed altra

Processo  penale  -  Procedimenti  per  reati  a  citazione diretta -
  Indagini  preliminari  -  Richiesta  di  archiviazione avanzata dal
  pubblico ministero a termini di indagine scaduti - Rigetto da parte
  del   giudice   ed   invito  al  pubblico  ministero  di  formulare
  l'imputazione  -  Nullita'  del  decreto di citazione a giudizio in
  mancanza  del  previo  avviso  all'indagato della conclusione delle
  indagini preliminari - Incidenza sul corretto ed efficace esercizio
  dell'azione  penale  -  Privazione  di  un  fondamentale momento di
  garanzia per l'indagato - Lesione del principio di indipendenza del
  giudice.
- Cod.  proc.  pen., art. 409, comma 5, in combinato disposto con gli
  artt. 415-bis e 552, n. 2 (recte: comma 2), stesso codice.
- Costituzione, artt. 24, 101 e 112.
(GU n.11 del 13-3-2002 )
                            IL TRIBUNALE

    A  parziale  scioglimento  della  riserva  di  cui  al verbale di
udienza  a data 3 dicembre 2001 nell'ambito del procedimento pendente
nei  confronti  dei  signori:  Filippo Terzuolo e Bianca Maria Borra,
assistiti  e difesi dall'Avvocato Roberto Mussano del foro di Torino,
indagati per i reati di cui agli artt. 110, 595, 594 c.p.;
    Vista  la  richiesta  di  archiviazione  presentata  dal pubblico
ministero;
    Preso  atto  dell'opposizione  dispiegata  dal  querelante signor
Silvano  Bernardi,  assistito e difeso dall'avvocato Gianmario Parola
del foro di Cuneo;
    Sentite le parti in camera di consiglio.

                            O s s e r v a

    Nell'ambito  di  procedimento  penale  iscritto in data 27 maggio
1997 a carico di noti per i reati di cui agli artt. 594 e 595 c.p.p.,
il  pubblico  ministero  presentava,  in  data  13 agosto 2001, ormai
irrimediabilmente   scaduti  i  termini  di  indagine,  richiesta  di
archiviazione.  A  fronte  di  detta  richiesta dispiegava tempestiva
opposizione il querelante.
    Il  giudice per le indagini preliminari procedeva alla fissazione
di   udienza   camerale,   all'esito   riservandosi  la  decisione  e
riscontrando,  gia'  da una sommaria delibazione, la penale rilevanza
del materiale accusatorio in atti, costituito da lettere sottoscritte
dagli  indagati.  A fronte della ritenuta necessita' di respingere la
richiesta   di  archiviazione,  determinando  il  p.m.  all'immediato
esercizio  dell'azione  penale  -  non  paiono  necessarie  ulteriori
indagini  -  si  presenta  a  questo giudice un rilevante problema di
legittimita'  costituzionale  che appare non manifestamente infondato
in virtu' delle considerazioni che seguono.
    Il  complesso  delle disposizioni dettate dall'art. 409 c.p.p. si
pone   a   garanzia   della   concreta   attuabilita'  del  principio
costituzionale  che  vuole  improntato ad obbligatorieta' l'esercizio
dell'azione  penale.  In  particolare,  compete  al  giudice  per  le
indagini   preliminari   il   controllo  sull'inazione  del  pubblico
ministero,  sicche'  proprio tale giudice puo' e deve disporre che il
pubblico  ministero proceda, laddove il materiale raccolto in sede di
indagini  preliminari  renda  evidente  la  necessita' di un compiuto
vaglio giurisdizionale e non necessiti di ulteriori approfondimenti.
    In  particolare,  la  disposizione  di cui all'art. 409, comma 5,
c.p.p.,  risale  all'originario  impianto  del codice di rito e venne
dettata  a  regolare  il  rito di competenza del tribunale: quindi il
legislatore   aveva   a   modello  i  procedimenti  per  delitti  che
necessitassero   della   celebrazione  dell'udienza  preliminare.  Si
comprende  quindi  come la norma in questione disponga che il giudice
semplicemente    ordini    al   pubblico   ministero   di   formulare
l'imputazione,   fissando   poi   senza   ritardo  proprio  l'udienza
preliminare:  singolarmente, l'art. 128 disp. att. c.p.p. attribuisce
a   quel   giudice   -   dissenziente   rispetto  alla  richiesta  di
archiviazione  formulata  dal  p.m.  -  non  solo  il  compito di far
notificare   all'imputato   il  decreto  di  fissazione  dell'udienza
preliminare,  ma anche di inserire, in quella vocatio ed in quel solo
caso,  alcuni  degli  elementi  altrimenti  propri della richiesta di
rinvio  a  giudizio,  atto  col  quale il pubblico ministero esercita
l'azione   penale   per   i   reati   che   necessitino   del  vaglio
predibattimentale.
    Tale  complesso  normativo - in quanto applicabile - regola ormai
anche  il rito relativo ai reati che prevedono la citazione diretta a
giudizio: cio' e' sancito dall'art. 549 c.p.p., norma di apertura del
libro   viii,   riformulato  con  la  legge  n. 479/1999.  Quindi,  a
differenza  di  quanto avveniva nell'ormai desueto rito pretorile, il
giudice  per  le indagini preliminari che dissenta dalla richiesta di
archiviazione  o  sia  sollecitato  da valida opposizione, provvede a
seguito di udienza camerale e non piu' de plano.
    In  tale  contesto  sopravviene  l'art. 415-bis  c.p.p.,  la  cui
letterale  dizione  pare,  di  fatto,  precludere  al  giudice per le
indagini  preliminari il concreto esercizio dell'obbligo conferitogli
dalla  disposizione  di  cui  al  quinto  comma  dell'art. 409 c.p.p.
Infatti  la  recente norma, interpolata dalla ricordata legge n. 479,
prescrive  al  pubblico  ministero,  qualora  non  intenda  formulare
richiesta  di  archiviazione,  di  notificare l'avviso di conclusione
delle  indagini e cio' "prima della scadenza del termine previsto dal
comma due dell'art. 405": quindi colloca temporalmente l'adempimento,
ed  in  maniera  rigida.  L'omissione di quell'avviso genera nullita'
assolute  rilevabili  d'ufficio,  giacche'  l'art. 552 comma 2 c.p.p.
specificamente  dispone  in  tal senso. Quindi, l'art. 4l5-bis c.p.p.
detta  una  norma  che pone una condizione necessaria per l'esercizio
dell'azione  penale:  insoddisfatta,  determina  azioni geneticamente
viziate,  ma  pare  precludere  il  corretto  ed  efficace  esercizio
dell'azione  penale  coatta ove il p.m. abbia invece inteso formulare
richiesta di archiviazione.
    Se infatti non si pongono particolari problemi laddove il giudice
per  le  indagini  preliminari,  non  condividendo  la  richiesta  di
archiviazione,  solleciti  al  pubblico ministero ulteriori attivita'
investigative  -  prorogato  comunque  o  implicitamente rinnovato il
termine  di  indagini,  il  requirente  potra',  all'esito, formulare
l'avviso    previsto   dall'art. 415-bis   -   sembra   sorgere   una
irrisolvibile  discrasia  ove  il  giudice,  come  nel presente caso,
spirato   ormai   il   termine  di  indagine,  ritenga  il  materiale
istruttorio  insuscettibile  di  utili  approfondimenti  e, tuttavia,
rifiuti  la  pronuncia  di  archiviazione, ritenendo la necessita' di
imporre   al   pubblico  ministero  l'esercizio  dell'azione  penale,
determinandolo  a  formulare  senz'altro  l'imputazione.  Infatti, il
magistrato  requirente,  cosi'  sollecitato, dovrebbe successivamente
emettere  il  decreto  di  citazione  a  giudizio, ma senza aver dato
tempestivamente  all'indagato  -  di fatto: imputato - l'obbligatorio
avviso:  ne conseguirebbe, appunto, una vocatio geneticamente affetta
da nullita', esplicitamente comminatale dall'an. 552 comma 2 c.p.p.
    La  discrasia  non  puo'  esser  nemmeno  superata  da  una forse
temeraria   e,   comunque,   asistematica  interpretazione  estensiva
dell'art. 128  disp.  att. c.p.p. Non si puo' infatti ritenere che il
giudice per le indagini preliminari possa fissare udienza preliminare
per  reati che prevedono la citazione diretta, ne' che debba emettere
direttamente   il  decreto  di  citazione  a  giudizio  sulla  scorta
dell'imputazione  formulata  coattivamente  dal  pubblico  ministero:
compete  al  requirente  l'esercizio  dell'azione  penale,  ne'  puo'
interpretarsi estensivamente una norma - peraltro singolare - dettata
per un diverso contesto, specie dopo che il legislatore, nel solco di
notissime  sentenze  della  Consulta,  ha  inteso accentuare la netta
separazione  funzionale tra il giudice per le indagini preliminari ed
il  giudice  per  l'udienza  preliminare.  Del  resto, ove si volesse
sostenere   tale   interpretazione,   il   giudice  per  le  indagini
preliminari  dovrebbe  surrogarsi  al  p.m.  anche  negli adempimenti
previsti  dall'ultimo  comma  dell'art. 552  c.p.p.  e  dal  seguente
art. 553:  ma,  a  questo  punto, eserciterebbe egli l'azione penale,
sostituendosi  al pubblico ministero nell'adempimento di una funzione
costituzionalmente conferitagli, giacche' non puo' comunque ritenersi
che  tale  esercizio  possa  concretizzarsi, da parte del requirente,
nella  mera  formulazione  dell'imputazione.  Anzi, nell'ambito di un
sistema  improntato  al  principio  accusatorio, proprio la citazione
diretta rappresenta l'esito sistematicamente piu' conforme al canone:
tale impostazione pare trovare conferma ermeneutica nel vecchio testo
dell'art. 554  comma 2 c.p.p., laddove si leggeva "il giudice, se non
accoglie la richiesta di archiviazione, restituisce con ordinanza gli
atti  al  pubblico  ministero,  disponendo  che,  entro dieci giorni,
questi formuli l'imputazione ai fini degli adempimenti previsti dagli
articoli 555 e seguenti".
    Inoltre,  nell'odierno  contesto normativo, l'art. 415-bis c.p.p.
si  pone  come  fondamentale momento di garanzia per l'indagato: egli
puo'  presentare  memorie,  produrre  documentazione, frutto anche di
investigazioni   difensive  ed  esercitare  diverse  facolta'  che  i
ristretti  termini  dell'udienza  camerale  certo  non consentono. Se
infatti  puo'  ipotizzarsi  che  la  fissazione dell'udienza camerale
assolva, pur in termini temporali assai piu' ristretti, alle garanzie
di  cui  al  comma 2 dell'art. 415-bis (c.d. discovery), rimarrebbero
frustrate  tutte le ulteriori facolta' che la disposizione conferisce
all'indagato,    con   consequenziali   problemi   in   ordine   alla
utilizzabilita'  degli  atti  eventualmente  prodotti  o acquisiti su
impulso  dell'indagato,  ma  dopo  lo spirare del termine di indagini
preliminari.
    Sembra   quindi   che  il  combinato  disposto  delle  richiamate
disposizioni  -  artt.  409,  comma 5, 552 e 415-bis c.p.p. - vada ad
incidere  sui  principi  costituzionali sanciti dagli artt. 112 e 24,
comma  2,  della  Costituzione, da un lato determinando il p.m. ad un
esercizio   dell'azione  penale  radicalmente  nullo  e,  dall'altro,
privando  l'indagato  di  un momento difensivo di assoluta rilevanza,
posto  proprio  in  prossimita'  dello  snodo potenzialmente idoneo a
trasformare  il  procedimento  in  processo,  o ad impedire, in forza
delle allegazioni difensive, tale mutazione.
    Sembra   anche   potenzialmente   leso   il   principio   di  cui
all'art. 101,  comma  2,  della  Carta  costituzionale,  giacche'  il
giudice  -  spirato  il  termine  di indagini e formulata dal p.m. la
richiesta  di  archiviazione  -  non  potrebbe adempiere al dovere di
sollecitare  l'esercizio  di  un'azione penale validamente esperible,
rimanendo  cosi'  esposto  ad  una  scelta discrezionale del pubblico
ministero  teso  all'inerzia  processuale:  e  cio'  sembra  porsi in
contrasto anche col piu' generale principio di ragionevolezza.
    A  fronte  di  tale  situazione,  pare  di necessita' disporre la
sospensione del procedimento al fine di rimettere gli atti alla Corte
costituzionale.
                              P. Q. M.
    Visti   gli   artt. 134   della   Costituzione,   1  della  legge
costituzionale n. 1 del 1948 e 23 legge n. 87 del 1953;
    Sospende il procedimento di cui all'epigrafe;
    Rimette  gli  atti  alla  Corte  costituzionale in relazione alla
questione  sulla  legittimita'  costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 409,  comma  5,  4, 5-bis e 552 n. 2 c.p.p. in relazione
agli articoli 24, 101 e 112 della Costituzione;
    Manda  alla cancelleria per la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, nonche' per la notifica della presente ordinanza agli
indagati  ed al loro difensore, al querelante ed al suo difensore, al
pubblico  ministero  ed  al  Presidente  del  Consiglio dei ministri,
nonche' per la comunicazione del presente provvedimento al Presidente
del Senato ed al Presidente della Camera dei deputati.
        Cuneo, addi' 3-7 dicembre 2001
                       Il giudice: Caccioppoli
02C0131