N. 120 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 2001
Ordinanza emessa il 4 dicembre 2001 dal g.u.p. del Tribunale di Bari nel procedimento penale a carico di E.C. Processo penale - Procedimento a carico di imputato minorenne - Udienza preliminare - Necessita' del consenso dell'imputato per l'emissione della sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'art. 425 cod. proc. pen. - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento rispetto agli imputati maggiorenni - Violazione del principio di tutela del minore - Lesione dei principi di buon andamento dell'attivita' giudiziaria e di ragionevole durata del processo. - D.P.R. 22 settembre 1988, n. 448, art. 32, come modificato dalla legge 1 marzo 2001, n. 63. - Costituzione, artt. 3, 31, 97 e 111.(GU n.13 del 27-3-2002 )
IL TRIBUNALE PER L'UDIENZA PRELIMINARE A scioglimento della decisione riservata all'udienza del 26 novembre 2000 ha emesso la seguente ordinanza. Rilevato che l'imputato e' stato identificato sulla sua sola parola, in quanto era sprovvisto di documenti e non e' stato effettuato alcun rilievo foto-dattiloscopico, poiche' gli agenti si sono contentati di verificare che rispetto al nome dichiarato dall'imputato esisteva gia' un cartellino foto-dattiloscopico. Ritenuto che possa essere emessa sentenza di non doversi procedere per essere ignoto l'autore del delitto, secondo la giurisprudenza pacifica di questo collegio in casi analoghi (imputati extracomunitari, sedicenti, per i quali non siano stati effettuati i rilievi foto-dattiloscopici al momento dell'identificazione). Rilevato che il difensore non ha prestato il consenso alla definizione del procedimento nella fase dell'udienza preliminare. Rilevato che l'eventuale dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 32 d.P.R. n. 448/1988 (nel testo risultante dopo la riforma effettuata con legge n. 63 del 1 marzo 2001), nella parte in cui si subordina la definizione dei procedimenti minorili nella fase dell'udienza preliminare al consenso del difensore "nei casi previsti dall'art. 425 c.p.p." appare rilevante nel caso di specie, in quanto in mancanza del consenso del difensore si impone la celebrazione del giudizio dibattimentale, il cui esito sara' certamente inutile, dal momento che l'eventuale condanna non potra' essere in alcun modo eseguita, poiche' non vi sara' modo di dimostrare che il soggetto verso il quale lo Stato eventualmente indirizzera' la pretesa punitiva, sia lo stesso identificato dagli agenti della polizia, mentre il procedimento puo' essere gia' definito in questa sede. Rilevato che l'illegittimita' costituzionale della scelta operata dal legislatore di subordinare la definizione dei procedimenti minorili nella fase dell'udienza preliminare al consenso del difensore anche quando possa essere emessa sentenza ai sensi dell'art. 425 c.p.p. appare non manifestamente infondata in relazione ai seguenti parametri costituzionali: art. 3 Cost., in quanto si discrimina in modo irragionevole la situazione degli imputati maggiorenni, che possono essere prosciolti in fase g.u.p. senza bisogno che essi o il loro difensore prestino il consenso alla defmizione nella fase (cosi' come previsto dall'art. 425 c.p.p.), rispetto a quella degli imputati minorenni, che - senza sapere se il giudice intende o meno proscioglierli - devono "scommettere" sulla possibilita' di essere prosciolti gia' nell'udienza preliminare, accettando peraltro il rischio di subire una delle pronunzie (stavolta di condanna) previste dall'art. 32 d.P.R. n. 448/1988, quando piu' semplicemente il legislatore avrebbe potuto imporre il consenso alla definizione del procedimento in fase di udienza preliminare solo in caso di pronunzie di condanna. Il problema della condanna dell'imputato minorenne in sede di udienza preliminare era gia' stato sottoposto all'attenzione del giudice delle leggi, che con la sent. n. 77 del 1993 aveva rimediato alla carenza di tutela dell'imputato minorenne nel caso di concessione del perdono giudiziale in sede di udienza preliminare, evidenziando la necessita' di una riforma dell'udienza preliminare, che consentisse all'imputato di non dover subire pronunzie che comunque comportano l'affermazione della sua penale responsabilita' allo stato degli atti. E' ben vero che dopo la riforma dell'art. 111 della Costituzione il pericolo di condanne in violazione del principio del giusto processo si e' aggravato, ma non sembra che questo possa incidere sulle pronunzie di proscioglimento, per le quali la necessita' di subordinare la sentenza al consenso dell'imputato (o del suo difensore, cosi' come viene correntemente interpretata la norma da questo tribunale, alla stregua di quanto previsto dall'art. 99 c.p.p.) appare francamente ultronea e, comunque, inopportuna, giacche' imporle all'imputato (e neppure ai suoi genitori o al difensore, stando alla lettera della legge) di scegliere se definire il procedimento in fase di udienza preliminare (esponendosi anche al rischio della pronunzia di una sentenza di condanna) oppure andare al dibattimento (pregiudicando cosi' anche la possibilita' di una sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto), senza possibilita' di scelte intermedie o condizionate. Tutto cio' appare ancor piu' assurdo se si considera che le sentenze n. 135 del 1995 e n. 272 del 2000 hanno rigettato la q.l.c. relativa alla mancata previsione del patteggiamento della pena nel rito minorile, argomentando proprio dalla personalita' ancora in formazione del minore, che rende inopportuno rimettere a quest'ultimo decisioni cosi' importanti, con la rilevante differenza che nel caso del patteggiamento il minore sa cosa quale condanna sceglie, mentre nell'ipotesi di cui all'art. 32 d.P.R. n. 448/1988 egli si rimette alla decisione del giudice; artt. 3 e 31 Cost., in quanto si prevede in violazione del principio di tutela del minore (individuato dal legislatore del 1988 nella sua rapida fuoriuscita dal circuito penale) e, comunque, in modo irragionevole che il processo a carico del minore debba andare al dibattimento anche quando l'imputato puo' essere prosciolto in sede di udienza preliminare; artt. 3 e 97 Cost., in quanto si mina l'organizzazione del lavoro dell'ufficio giudiziario e, comunque, si pretermette in modo irragionevole questo valore, lasciando ad una parte del processo, che puo' decidere senza neppure motivare, la scelta se celebrare comunque il giudizio dibattimentale, anche quando il procedimento puo' terminare con sentenza di non luogo a procedere all'udienza preliminare. La Corte ha, infatti, affermato che il canone del buon andamento della pubblica amministrazione deve ritenersi esteso anche all'attivita' giudiziaria (cfr. sent. n. 86/1982 e 18/1989, fra le altre) e nel caso di specie non si puo' non rilevare come subordinare al consenso immotivato della parte la possibilita' di emettere le pronunzie previste dall'art. 425 c.p.p. rappresenti una grave anomalia del sistema, che invece e' sempre piu' basato sulle potenzialita' definitorie dell'udienza preliminare. Tale profilo appare particolarmente pertinente nel caso di specie, in quanto e' di tutta evidenza come in caso di mancato accoglimento della questione si dovra' celebrare un dibattimento il cui esito e' scontato gia' in partenza; artt. 3 e 111 Cost., in quanto si subordina la durata del processo all'immotivata scelta della parte, che pur potendo ottenere il proscioglimento anche in sede di udienza preliminare, puo' costringere il giudice a disporre il rinvio a giudizio. Sul punto giova ricordare che con l'inserimento dell'art. 425, terzo comma, c.p.p. (e di piu' ampi poteri istruttori concessi al giudice dell'udienza preliminare, la cui previsione e' stata peraltro piu' volte sollecitata dalle sentenze della Corte costituzionale in anni recenti) si e' osservato - correttamente ad avviso di questo collegio - che sara' piu' difficile il ricorso alla revoca della sentenza di non luogo a procedere, con una sostanziale parificazione di questa pronunzia a quella prevista dall'art. 530 c.p.p.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, cosi' provvede: 1) dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 32 d.P.R. n. 448/1988 (cosi' come modificato dalla n. 63 del 1 marzo 2001) nella parte in cui prevede la necessita' del consenso dell'imputato perche' il giudice dell'udienza preliminare possa pronunziare "sentenza di non luogo a procedere nei casi previsti dall'art. 425 del codice di procedura penale" per violazione degli artt. 3 (in relazione all'art. 425 c.p.p.), 31, 97, 111 Cost.; 2) sospende il giudizio in corso; 3) ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, la notificazione del provvedimento alle parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' la comunicazione dello stesso al Presidente della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, a cura della cancelleria. Bari, addi' 3 dicembre 2001 Il presidente del collegio g.u.p.: Petrucci 02C0183