N. 25 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 14 marzo 2002

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 14 marzo 2002 (della Regione Veneto)

Acque  pubbliche  -  Grandi  derivazioni idroelettriche - Sovracanoni
  annui  dovuti dai concessionari di derivazioni del bacino imbrifero
  dell'Adige  -  Norme  della  Provincia  di  Bolzano  relative  alla
  riscossione  e  destinazione  - Previsto versamento dei sovracanoni
  alla Provincia, contestualmente al pagamento dei canoni demaniali -
  Denunciata  esorbitanza  dalle  funzioni  delegate e dalla potesta'
  legislativa  concorrente  della  Provincia di Bolzano in materia di
  grandi  derivazioni  idroelettriche  -  Invasione  delle competenze
  spettanti  alla  ricorrente Regione Veneto nella medesima materia -
  Violazione  delle  "norme  di  attuazione" statutarie della Regione
  Trentino-Alto  Adige e dei principi contenuti nel T.U. n. 1775/1933
  (come modificato, in materia di sovracanoni, dalla legge n. 959 del
  1953)  - Inosservanza della norma legislativa "interposta" (art. 89
  del  d.lgs. n. 112 del 1998) che per il rilascio di concessioni che
  interessano  piu'  regioni  o  province autonome prevede l'intesa -
  Contrasto  con  le  esigenze  di  tutela  dell'unita'  giuridica ed
  economica  dell'ordinamento,  con  la funzione di coordinamento tra
  potesta'  concorrenti  spettante  allo  Stato e con il principio di
  sussidiarieta'  - Violazione del limite di competenza territoriale,
  per  illegittima  sottrazione dei sovracanoni spettanti ai Consorzi
  BIM   siti   in   territorio   Veneto   -   Lesione  del  principio
  dell'autonomia  e  del  decentramento delle funzioni a favore degli
  enti  locali  del  Veneto - Compressione dell'autonomia finanziaria
  dei  comuni  interessati  in  violazione  del  principio di leale e
  corretta collaborazione - Violazione del principio di imparzialita'
  e    buon   andamento   -   Irragionevolezza   per   ingiustificata
  discriminazione  fra  i  Comuni  siti  nella Provincia di Bolzano e
  nella Regione Veneto.
- Legge Provincia Bolzano 28 dicembre 2001, n. 19, art. 44.
- Costituzione,  artt.  3,  5,  97,  117,  118,  119  e  120; decreto
  legislativo  11 novembre 1999, n. 463, art. 1-bis; regio decreto 11
  dicembre  1933,  n. 1775; legge 27 dicembre 1953, n. 959; d.lgs. 31
  marzo 1998, n. 112, art. 89.
(GU n.23 del 12-6-2002 )
    Ricorso  della Regione del Veneto, in persona del suo Presidente,
legale   rappresentante   pro  tempore,  on. dott.  Giancarlo  Galan,
autorizzato  con  deliberazione  della  giunta regionale n. 412 del 1
marzo  2002,  rappresentata  e  difesa,  come da mandato a margine al
presente  atto,  dagli  avvocati  Romano Morra della Direzione affari
legali  e  Guido Viola del Foro di Roma e con domicilio eletto presso
lo studio del secondo in Roma, via Piccolomini n. 34.
    Contro  Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente,
legale rappresentante pro tempore, e nei confronti del Presidente del
Consiglio   dei   ministri  pro  tempore,  per  la  dichiarazione  di
illegittimita'   costituzionale   dell'art.   44  della  legge  della
Provincia  autonoma  di  Bolzano  n. 19 del 28 dicembre 2001, recante
"Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione per l'anno
finanziario  2002  e  per  il  triennio 2002-2004 e norme legislative
collegate   (legge  finanziaria  2002)",  pubblicata  nel  Bollettino
ufficiale   della   Regione  Trentino-Alto  Adige  8 gennaio  2002  -
supplemento n. 3 - per violazione degli artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119
e 120 della Costituzione.

                              F a t t o

    La   questione   che   si   sottopone   a  codesta  ecc.ma  Corte
costituzionale  rappresenta  l'ennesimo  passaggio  di  una complessa
questione  gia'  radicata  avanti  al Tribunale Superiore delle Acque
pubbliche   e   che   potra'  pervenire  a  codesto  giudice  in  via
incidentale,   essendo   in   quella   sede   censurata  legittimita'
costituzionale  di  una  precedente  norma  di  legge della Provincia
autonoma di Bolzano.
    L'articolazione   della   vicenda  e  della  relativa  disciplina
normativa impone quindi di chiarire preliminarmente alcuni aspetti in
fatto e in diritto.
    La  questione  verte  in  materia  di grandi derivazioni di acque
pubbliche a scopo idroelettrico ed in particolare di c.d. sovracanoni
idroelettrici.
    La normativa di riferimento e' rappresentata, pertanto, dal testo
unico  delle  leggi  sulle acque ed impianti elettrici, approvato con
r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, come successivamente modificato dalla
legge 27 dicembre 1953, n.959.
    Tale  normativa  prevede  innanzitutto  che  "Le  utenze di acqua
pubblica sono sottoposte al pagamento di un annuo canone governativo"
di  natura  demaniale,  quale  corrispettivo  per l'utilizzo del bene
pubblico (art. 35).
    L'art. 52 sancisce, inoltre, che "... nelle concessioni di grandi
derivazioni  per  produzione  di  energia puo' essere riservata ... a
favore  dei  comuni  rivieraschi  ...,  una  quantita' di energia non
superiore  ad  un  decimo  di  quella  ricavata  dalla portata minima
continua";  mentre  all'art.  53  si prevede che: "Il Ministero delle
finanze  ..., puo' stabilire con proprio decreto, a favore dei comuni
rivieraschi e delle province, un ulteriore canone annuo, a carico del
concessionario ...".
    Con  questa  disciplina, quindi, e' stato introdotto un complesso
sistema  con  finalita'  perequative,  volto ad indennizzare i comuni
rivieraschi   per   il   prelievo  delle  acque  dovute  alle  grandi
derivazioni per uso idroelettrico o di produzione di forza motrice.
    La  legge  n. 959 del 1953 ha completato il predetto sistema e ha
previsto  l'istituzione  da parte del Ministero per i lavori pubblici
dei B.I.M. (bacini imbriferi montani) di cui determina il perimetro.
    Scopo   della   legge   era   quello  di  distribuire  le  misure
indennitarie dovute dal concessionario di grandi derivazioni non solo
fra  i  comuni rivieraschi ma anche fra gli altri comuni che facevano
parte del bacino imbrifero.
    La  medesima  legge,  inoltre,  prevede che la riserva di energia
prevista  originariamente  dall'art.  52  a carico del concessionario
venga sostituita dal pagamento di un sovracanone annuo.
    Il  sistema  che si puo' quindi ricostruire dal coordinamento del
testo  unico delle acque e della legge n. 959 del 1953 prevede che il
concessionario  di  grandi derivazioni sia tenuto, in primo luogo, al
pagamento  del canone concessorio per l'uso dell'acqua ex art. 35 del
testo  unico  sulle  acque  di natura demaniale, in secondo luogo, al
pagamento  di un sovracanone annuo a favore dei comuni ricompresi nel
bacino  imbrifero  montano  ed  in  terzo  luogo al sovracanone per i
comuni rivieraschi di cui all'art. 53 del testo unico delle acque.
    I  comuni  compresi  nei  B.I.M.  possono istituire dei consorzi,
obbligatori se i tre quinti dei comuni ne fanno espressa richiesta.
    Qualora  il  bacino imbrifero sia compreso in piu' province, deve
costituirsi un consorzio per ogni provincia.
    Secondo  le  previsioni di tale legge i sovracanoni devono essere
corrisposti  ad  un fondo comune a disposizione dei consorzi compresi
nel perimetro interessato (ex art. 14 della legge n. 959 del 1953), e
in  questo  caso  il  riparto  del sovracanone e' stabilito di comune
accordo  tra tutti i consorzi del bacino o in mancanza dal Ministero
dei lavori pubblici (ex art. 1, tredicesimo comma, della legge n. 959
del 1953).
    Il  Bacino  Imbrifero  dell'Adige  fu  costituito con decreto del
Ministero  dei  lavori  pubblici  n. 703  del  14  dicembre 1994, con
successiva  riperimetrazione  con  decreto ministeriale del 18 luglio
1969.
    I  comuni  inclusi  in  tale  bacino  in  attuazione del disposto
legislativo  sopra  riportato,  istituirono  dei  consorzi  per  ogni
provincia compresa nel bacino imbrifero, dando cosi' vita ai seguenti
consorzi:  Consorzio  B.I.M.  di  Verona, Consorzio B.I.M. di Trento,
Consorzio  B.I.M.  di  Belluno,  Consorzio B.I.M. di Vicenza, nonche'
Consorzio B.I.M. di Bolzano.
    Questi  stessi  consorzi,  ai  sensi  della  legge n. 99 del 1953
costituirono  per  la  riscossione e la distribuzione dei sovracanoni
loro  spettanti  un  fondo comune, le cui ultime modalita' di riparto
furono stabilite con un accordo risalente al 18 marzo 1997.
    In  questo  quadro  normativo  e'  intervenuta  dapprima la legge
provinciale   di   Bolzano   n. 13   del  29  agosto  2000  (relativa
all'assestamento   del   bilancio   per   l'anno   2000),  la  quale,
introducendo  la  disposizione  di  cui all'art. 1, comma 2-bis della
legge  provinciale  29  marzo  1983, n. 10, ha attribuito alla giunta
provinciale  il  compito di determinare le modalita' di riscossione e
di  destinazione  dei sovracanoni posti a carico dei concessionari di
grandi  derivazioni  di  acque  pubbliche  a  scopo  idroelettrico  e
spettanti, ai sensi della legge n. 959 del 27 dicembre 1953 ai comuni
e  ai loro consorzi, compresi nei bacini imbriferi montani, appunto i
cosiddetti consorzi B.I.M.
    Quest'ultima   norma   regionale   e'  stata  emanata  a  seguito
dell'entrata   in  vigore  del  decreto  legislativo  n. 463  dell'11
novembre  1999,  di  modifica delle norme di attuazione dello statuto
speciale  della  Regione  Trentino-Alto Adige, con cui il legislatore
aveva delegato alle Province autonome di Trento e Bolzano l'esercizio
delle  funzioni  statali  in  materia  di  grandi derivazioni a scopo
idroelettrico  per il rispettivo territorio a decorrere dal 1 gennaio
2000.
    Tuttavia,  il  legislatore  statale,  all'art. 1-bis del suddetto
decreto,  aveva dettato i criteri e i limiti della delega, stabilendo
che  spettassero  alla provincia competente per territorio i proventi
derivanti  dall'utilizzo  delle  acque  pubbliche,  compresi i canoni
demaniali  di  concessione,  e  che  la  materia delle concessioni di
grandi   derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  con  relativi  canoni
demaniali,  venisse  disciplinata con legge provinciale, nel rispetto
dei principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari.
    Con   successiva  deliberazione  di  giunta  provinciale  del  18
settembre  2000,  n. 3470,  oggetto  di  autonomo  ricorso  avanti al
Tribunale  Superiore  delle  Acque  pubbliche  da  parte dei Consorzi
imbriferi  montani  dell'Adige,  con  intervento  della  Regione  del
Veneto,  la giunta provinciale aveva dato attuazione all'art. 3 della
legge  provinciale  n. 10  del  2000,  prevedendo  che  la  Provincia
autonoma  di  Bolzano  introitasse,  oltre  ai canoni di concessione,
anche  i  sovracanoni dovuti ai Consorzi B.I.M. dell'Adige, e cio' in
aperta violazione con quanto previsto dalla legge n. 959 del 1953.
    In sede di impugnazione di tale deliberazione, tanto i ricorrenti
quanto  l'interveniente  avevano  in  via  preliminare  sollevato  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 2-bis
della  legge  provinciale  n. 10  del  1983,  cosi'  come  introdotto
dall'art.  3, comma 3, della legge provinciale n. 13 del 2000, per la
violazione  degli  artt. 3,  5  e 128 della Costituzione in relazione
all'art.  1, sedicesimo comma, del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, come
modificato dal d.lgs. n. 463 del 1999, sostenendo che la disposizione
di  modifica  delle  norme  attuative  dello  statuto  della  Regione
Trentino-Alto  Adige consentiva alle province autonome l'introito dei
soli   canoni   demaniali  dovuti  dal  concessionario  a  titolo  di
corrispettivo per lo sfruttamento di un bene pubblico, e non gia' dei
sovracanoni  ex  lege  n. 959  del  1953,  totalmente  differenti per
funzione e natura.
    Si   tratta,   infatti,  di  distinte  tipologie  di  imposizioni
patrimoniali:  l'una,  il  canone concessorio ha carattere demaniale,
l'altra, il sovracanone, non ha carattere demaniale, bensi' natura di
indennizzo  a  fronte  del mancato utilizzo dell'acqua, nonche' delle
conseguenze   sopportate   dall'ente   locale   in  dipendenza  della
costruzione e dell'esercizio degli impianti idroelettrici.
    Con  ordinanza  in  data 20-23 luglio 2001, ad esito dell'udienza
fissata  per  la  discussione  della sospensione dell'efficacia della
deliberazione  provinciale  n. 3470 del 18 settembre 2000, il giudice
delegato  ha  sospeso  le disposizioni in essa contenute ritenendo di
dover  interpretare  secondo Costituzione l'art. 1, comma 2-bis della
legge provinciale n. 10/1983.
    Quest'ultima  ordinanza  infatti  afferma  che  "...  la predetta
delega,  da  un  lato  dispone  in  ordine  ai  canoni  demaniali  di
concessione  e non anche ai sovracanoni di cui all'art. 9 della legge
n. 959  del 1953, affermando cosi' la non assimilabilita' dei secondi
ai  primi;  dall'altro  impone alla legge provinciale il rispetto dei
principi  della  legislazione statale". Ed il "sistema organizzatorio
consortile - con la connessa attribuzione del predetto sovracanone ad
un  apposito  fondo  comune da ripartirsi in base ad un accordo fra i
consorzi  medesimi,  per essere impiegato esclusivamente a favore del
progresso  economico e sociale delle popolazioni, nonche' ad opere di
sistemazione  montana (art. 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959) -
investe   l'autonomia   comunale  e  costituisce  espressione  di  un
principio della legislazione statale".
    Va  d'altro  canto segnalato come in data 16 luglio 2001 e quindi
nell'imminenza   dell'udienza   per   discussione  della  sospensione
dell'efficacia  del  provvedimento  impugnato,  tenutasi il 20 luglio
2001,   la   Giunta   provinciale   di  Bolzano  adottava  una  nuova
deliberazione  in  materia  di  sovracanoni  (deliberazione  n. 2286,
pubblicata  nel Bollettino ufficiale della regione autonoma n. 31 del
31  luglio  2001)  che,  pur  revocando  la  precedente deliberazione
n. 3470  del  18 settembre 2000, ne manteneva inalterato il contenuto
sostanziale.
    Quest'ultima  deliberazione infatti ribadiva il principio secondo
il  quale  i  sovracanoni  di  cui alla legge n. 959 del 1953 posti a
carico   dei  concessionari  degli  impianti  idroelettrici  siti  in
Provincia  autonoma  di  Bolzano  sono  introitati direttamente dalla
provincia stessa.
    In   particolare,   il  complesso  sistema  di  ripartizione  dei
sovracanoni  descritto  dalla  delibera  prevede che siano versati al
Consorzio  B.I.M.  di Bolzano sia i sovracanoni spettanti ai comuni o
ai  Consorzi  B.I.M.  ai  sensi  della  legge  n. 959 del 1953, sia i
sovracanoni  spettanti  ai  comuni rivieraschi di cui all'art. 53 del
regio  decreto  11  dicembre  1993,  n. 1775, e successive modifiche.
Mentre  pero'  questi  ultimi, una volta sottratta la quota spettante
alla  provincia,  vengono  distribuiti  tra  i  comuni rivieraschi, i
sovracanoni dovuti ai Consorzi B.I.M. vengono in parte destinati alla
medesima  provincia  e, per la restante parte, al Consorzio B.I.M. di
Bolzano,  attraverso  modalita'  da stabilirsi tramite accordo fra il
medesimo consorzio e la provincia.
    In  tal modo, la deliberazione ribadisce che i sovracanoni di cui
alla  legge  n. 959  del  1953  spettano  alla provincia autonoma, in
violazione  dei  principi previsti dalla legislazione statale secondo
cui  tali  proventi,  destinati ad alimentare un fondo comune, sono a
beneficio  dei  comuni  o  dei  loro  consorzi  compresi  nel  bacino
imbrifero   montano   che,  in  accordo  fra  loro,  stabiliscono  le
rispettive quote di ripartizione.
    Con  una  successiva nota del Presidente della Provincia autonoma
di  Bolzano  in  data 9 ottobre 2001, prot. n. 5.3/14.02.02/BB/17399,
recante  "Canoni  e  sovracanoni  sulle concessioni di derivazioni di
acque   pubbliche   a  scopo  idroelettrico  -  art.  2-bis  -  legge
provinciale  29 marzo  1983,  n. 10  e  secc.  mod.", la Provincia di
Bolzano   ha   dettato   altresi'   disposizioni  interpretative  del
provvedimento impugnato.
    Entrambe  questi  provvedimenti  sono  stati  impugnati avanti al
Tribunale  Superiore  delle  Acque  pubbliche  con  ricorso in data 9
novembre   2001,   con  riproposizione,  in  via  preliminare,  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 2-bis
della  legge provinciale n. 10 del 1983, come introdotto dall'art. 3,
comma 3, della legge provinciale n. 13 del 2000.
    Senonche'  anche  la  deliberazione  provinciale  n. 2286  del 16
luglio  2001,  nuovamente  qualche  giorno  prima dell'udienza per la
discussione  della  sospensione  dell'efficacia  di  quest'ultima, e'
stata   revocata   -  solo  formalmente  -  ad  opera  di  successivo
provvedimento  adottato  in data 14 gennaio 2002 che, tuttavia, ne fa
salvi gli effetti.
    Questo  il  contesto in cui si inserisce la norma di cui all'art.
44  della  legge  provinciale  di  Bolzano  n. 19 del 2001 che qui si
impugna,  con  la  quale  il legislatore provinciale, sul presupposto
della  propria  competenza  ad  introitare  i sovracanoni di cui alla
legge  n. 959  del 1953, prevede che questi ultimi "sono versati alla
provincia contestualmente al pagamento dei canoni demaniali".
    Questa   disposizione   di  legge  risulta  pertanto  viziata  da
illegittimita' costituzionale per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1. - Violazione degli artt. 117, 118 della Costituzione.
    Lo  statuto  speciale della Regione Trentino-Alto Adige, adottato
con  legge  costituzionale  26  dicembre  1948,  n. 5,  aveva  inteso
riservare  allo  Stato  la  potesta'  normativa  in materia di grandi
derivazioni  di  acque  pubbliche  a  scopo  idroelettrico,  avendola
espressamente  esclusa  dal  novero delle materie oggetto di potesta'
legislativa  concorrente  delle  province  autonome  e  non  avendola
richiamata fra quelle oggetto di potesta' legislativa attuativa.
    Tuttavia    successivamente,    in    sede    di    decentramento
amministrativo,  con il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463,
di  modifica  delle  norme di attuazione dello statuto speciale della
Regione  Trentino-Alto  Adige  di  cui  al  d.P.R. n. 235 del 1977 in
materia  di  demanio  idrico, di opere idrauliche e di concessioni di
grandi  derivazioni a scopo idroelettrico, produzione e distribuzione
di  energia  elettrica,  il  legislatore  ha  delegato  alle province
autonome  l'esercizio  delle  funzioni  statali  in materia di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico  per  il rispettivo territorio a
decorrere  dal  1 gennaio 2000 (art. 1-bis), circoscrivendo l'oggetto
della  delega di funzioni e dettando limiti alla potesta' legislativa
provinciale nella materia delegata.
    Stabilisce  infatti  il  legislatore  statale  che  spettano alla
provincia    competente   per   territorio   i   proventi   derivanti
dall'utilizzo  delle  acque pubbliche, compresi i canoni demaniali di
concessione, e che la materia delle concessioni di grandi derivazioni
a   scopo   idroelettrico,   con  relativi  canoni  demaniali,  viene
disciplinata  con  legge provinciale, nel rispetto dei principi della
legislazione statale e degli obblighi comunitari.
    Il  legislatore  sembra,  quindi,  aver  configurato in capo alla
provincia  autonoma  un'ipotesi  di  potesta' legislativa concorrente
soggetta,  come  tale,  al limite derivante dal rispetto dei principi
contenuti  nella  legislazione statale di settore e nella fattispecie
del  testo  unico  delle  leggi  sulle  acque  pubbliche di cui regio
decreto n. 1775 del 1933, come modificato, in materia di sovracanoni,
dalla legge n. 959 del 1953.
    Ma oggetto della suddetta delega, che e' anche la materia oggetto
della  potesta'  legislativa  provinciale  di tipo concorrente, e' la
funzione  concessoria  relativamente alle grandi derivazioni di acque
pubbliche   e   non   gia'   la  determinazione  delle  modalita'  di
riscossione, nonche' della misura dei sovracanoni spettanti ai comuni
ed ai loro consorzi ricompresi nel bacino imbrifero montano.
    Rientra  infatti  nell'ambito  della  competenza  provinciale  la
potesta'  di  disciplinare  modalita' di determinazione e riscossione
dei  canoni  demaniali,  in  quanto  corrispettivo della concessione,
restando   invece   sottratta   ogni   determinazione  in  ordine  ai
sovracanoni.
    Cio'  in  quanto canoni demaniali e sovracanoni B.I.M., come gia'
ritenuto  anche  dal  giudice  delegato del Tribunale Superiore delle
Acque   pubbliche   con   ordinanza  20-23  luglio  2001  resa  nella
controversia  de  qua,  non  sono in alcun modo assimilabili, essendo
diversi per natura giuridica e funzione.
    Mentre,  infatti,  i  primi,  come  si e' detto, costituiscono il
corrispettivo  per  l'utilizzo  del  bene pubblico, i sovracanoni non
hanno   carattere   demaniale,  bensi'  di  corrispettivo  di  natura
pubblicistica  posto a carico del concessionario a fronte del mancato
utilizzo  dell'acqua,  nonche' delle conseguenze sopportate dall'ente
locale   in  dipendenza  della  costruzione  e  dell'esercizio  degli
impianti elettrici.
    Totalmente  diverso  e  distinto  e' quindi il presupposto che fa
sorgere l'obbligo del concessionario nelle due predette ipotesi.
    In  tema  di  sovracanoni  B.I.M.  la  giurisprudenza  ha infatti
chiarito  che  gli  stessi rispondono alla funzione di reintegrazione
delle risorse degli enti territoriali interessati, nell' ambito degli
interventi  a  sostegno dell'autonomia locale (in tal senso Tribunale
Superiore  Acque  n. 44 del 10 dicembre 1985, e n. 97, del 14 ottobre
1993)  e che ciascun comune o consorzio "e' titolare, per la quota di
sovracanone  ad  esso attribuita ed indipendentemente dalla effettiva
utilizzazione  della concessione, di un diritto soggettivo di credito
nei   confronti   del   concessionario   tenuto  alla  contribuzione"
(Tribunale Superiore 10 luglio 1985, n. 44).
    Inoltre,  che  nella  fattispecie  lo Stato abbia inteso delegare
alle  province  autonome l'esercizio della sola funzione concessoria,
con  conseguente  introito  dei  soli canoni demaniali, risulta ancor
piu' evidente se si considera che l'opposta conclusione finirebbe per
confliggere  con  quel  principio  generale  del  nostro  ordinamento
secondo  cui  il  soggetto  delegato non puo' ottenere piu' poteri di
quanti ne avesse il delegante.
    Pertanto, in base alla delega statale, la provincia autonoma puo'
legittimamente  introitare  i  soli  canoni  concessori  e non gia' i
sovracanoni  che  gia' in precedenza non riscuoteva lo Stato, essendo
essi  proventi  spettanti  ai  comuni ricompresi nei bacini imbriferi
montani.
    La  norma  di  cui all'art. 44 della legge provinciale di Bolzano
n. 19  del  2001  che  qui  si  impugna,  disponendo  in  ordine alle
modalita'  di  riscossione  anche  dei sovracanoni B.I.M. dell'Adige,
dimostra  di  voler assimilare questi ultimi ai canoni demaniali e di
voler  affermare  cosi'  la spettanza di questi ultimi alla Provincia
autonoma  di  Bolzano, in violazione dei principi contenuti nel testo
unico   delle   leggi   sulle  acque  pubbliche;  principi  che  sono
rinvenibili   nel   complesso   sistema  con  finalita'  perequative,
introdotto  con la disciplina di modifica del testo unico operata con
la legge n. 959 del 1953.
    Questa  legge,  in  omaggio  alla  ratio  secondo cui gli effetti
negativi  conseguenti  alla  portata  d'acqua  connessa alle opere di
derivazione  sono  necessariamente  sopportati da tutti i comuni siti
all'interno  del perimetro del bacino imbrifero montano, ha dato vita
ad  un'organizzazione  consortile  costituita dai comuni compresi nei
bacini  imbriferi  montani  con  lo  scopo di amministrare e gestire,
attraverso  accordi  fra  i  soggetti  consorziati,  il  fondo comune
alimentato  unicamente  dai  proventi  derivanti  dai  sovracanoni  e
costituito  come  patrimonio  di  scopo,  normativamente  vincolato a
favore  del  progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche'
ad opere di sistemazione montana non di competenza dello Stato.
    Tali principi sono senza dubbio da ritenere principi fondamentali
della  legislazione  statale  e,  come  tali,  vincolo  e limite alla
legislazione provinciale concorrente.
    In  tal  senso  si  e',  peraltro,  chiaramente espresso anche il
giudice  delegato del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche nella
citata  ordinanza  20-23  luglio  2001,  ritenendo  che  "il  sistema
organizzatorio consortile - con la connessa attribuzione del predetto
sovracanone  ad  un  apposito  fondo  comune da ripartirsi in base ad
accordo  fra i consorzi medesimi, per essere impiegato esclusivamente
a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche'
ad  opere  di  sistemazione  montana - investe l'autonomia comunale e
costituisce espressione di un principio della legislazione statale".
    E'  pertanto  del  tutto evidente l'illegittimita' costituzionale
della  norma  impugnata  che, disponendo non solo in ordine ai canoni
demaniali, ma anche in ordine ai sovracanoni, ha violato i criteri ed
i  limiti  imposti  dal  legislatore  all'esercizio  della  delega in
materia  di  grandi  derivazioni  idroelettriche,  nonche'  i  limiti
imposti   dal  d.lgs.  n. 463  del  1999  alla  potesta'  legislativa
provinciale,  sovvertendo  l'intero  assetto normativo previsto dalla
legge n. 959 del 1953.
    E   nell'incorrere  in  tali  violazioni,  la  norma  provinciale
impugnata  ha  invaso  la  sfera  di  competenza in materia di grandi
derivazioni  di  acque pubbliche attribuita alla Regione Veneto dagli
artt.  117  e  118  della  Costituzione  per  il  tramite della norma
legislativa  interposta  di  cui  all'art. 89 del decreto legislativo
n. 112 del 1998.
    Il legislatore delegato ha, infatti, trasferito alle regioni, tra
l'altro,  tutte  funzioni amministrative relative alle derivazioni di
acque   pubbliche,   nonche'   alla   determinazione  dei  canoni  di
concessione   ed   all'introito  dei  relativi  proventi,  mentre  in
particolare  per  le grandi derivazioni a scopo idroelettrico, rinvia
al  successivo  d.lgs.  16  marzo  1999,  n. 79, di recepimento della
direttiva CE 96/92.
    Con  questo  decreto  viene  completato  il  trasferimento  delle
funzioni  alle  regioni  ed  alle  province  autonome  in  materia di
concessioni  di grandi derivazioni, con espressa esclusione di quelle
che  interessano  piu'  regioni  o province autonome, le quali devono
essere   rilasciate   d'intesa  dalle  regioni  o  province  autonome
interessate o, in mancanza, dallo Stato.
    L'intera  disciplina  ha  trovato attuazione nella Regione Veneto
con la legge regionale 13 aprile 2001, n. 11.
    Persino  in materia di concessioni di grandi derivazioni, dunque,
il  legislatore,  qualora  la  derivazione interessi il territorio di
piu'  regioni  e/o  province  autonome,  ha  escluso  che la relativa
funzione  possa essere unilateralmente esercitata da una sola regione
e/o provincia autonoma.
    E  sul punto recentemente anche questa ecc.ma Corte, con sentenza
n. 353  del  2001, nel dichiarare l'illegittimita' dell'art. 2, comma
1,  lettera d), del d.lgs. n. 463 del 1999 per lesione dell'autonomia
della Regione Veneto, ha ritenuto che il necessario coordinamento fra
Stato, regioni e province autonome previsto dalla legge ai fini della
definizione  del  piano  generale  per  l'utilizzazione  delle  acque
pubbliche,  debba  assicurare l'effettiva partecipazione paritaria di
tutte le regioni e province autonome.
    Orbene,  se  in  materia  di utilizzazione di acque pubbliche che
interessino  il territorio di piu' regioni e/o province autonome vale
il   principio   teste'  richiamato  relativamente  alla  parita'  di
intervento    delle   stesse,   sia   ai   fini   dell'attivita'   di
pianificazione,   sia   ai   fini   dell'esercizio   della   funzione
concessoria,  cio'  non  puo'  non  valere,  a  maggior  ragione, per
l'attivita' di gestione dei sovracanoni; attivita' che, in assenza di
accordo  fra  le  regioni e/o province autonome interessate, non puo'
certamente  essere esercitata unilateralmente da una sola regione e/o
provincia  autonoma,  e  deve  essere  necessariamente  riservata  al
coordinamento statale.
    E cio' e' ancor piu' vero se si ha riguardo alla recente modifica
del  titolo  V della Costituzione ad opera della legge costituzionale
n. 3 del 2001 che, da un lato amplia la potesta' normativa regionale,
dall'altro   riserva   allo  Stato  le  materie  che  richiedono  una
indispensabile  uniformita' di disciplina all' interno del territorio
nazionale.
    2. - Violazione degli artt. 5, 117, 118 e 120 della Costituzione.
      Anche  ad esito della riforma costituzionale del titolo V della
Carta   fondamentale  si  deve  ritenere  che  la  legge  provinciale
impugnata integri una violazione dell'art. 117 della Costituzione.
    Va  infatti  rilevato  che,  sotto  il profilo contenutistico, la
norma  provinciale  detta  una  disciplina  che non tiene in adeguata
considerazione   l'esigenza   di   tutela  dell'unita'  giuridica  ed
economica   dell'ordinamento  dettata  dagli  artt.  5  e  120  della
Costituzione  ed  il  principio di sussidiarieta' costituzionalizzato
nella norma di cui al novellato art. 118.
    Va infatti considerato che la norma di legge provinciale oblitera
nel  modo  piu'  assoluto la funzione di coordinamento dello Stato in
presenza di potesta' che siano fra loro concorrenti.
    Cosi'   facendo,   la   norma   provinciale  disciplina  l'azione
amministrativa  della  provincia in aperto contrasto tanto con l'art.
120  della  Costituzione  che,  nel  richiamare  l'esigenza di tutela
dell'unita'   giuridica   ed   economica  dello  Stato  si  riferisce
precisamente  a  questa  esigenza  di coordinamento ed armonizzazione
necessariamente  spettante  allo  Stato, ma viola altresi' l'art. 118
della   Costituzione   nel   suo'   riferimento   al   principio   di
sussidiarieta',  perche'  attribuisce  alla provincia una funzione di
coordinamento    che,    proprio    in   quanto   sussidiaria,   deve
necessariamente  fare  capo  allo  Stato.  E cio' prima che sul piano
giuridico, sul piano logico.
    3. - Violazione del limite del territorio.
    E'   inoltre   altrettanto  evidente  che  la  norma  provinciale
impugnata, disponendo che la Provincia autonoma di Bolzano introiti i
sovracanoni  e  con  le modalita' stabilite dalla provincia medesima,
viola altresi' il principio generale di territorialita'.
    Il  limite  del territorio quale ambito spaziale di validita' del
proprio  ordinamento,  com'e'  noto,  vale  per  ogni regione - sia a
statuto  ordinario, che a statuto speciale - e/o provincia autonoma e
costituisce  il  limite  inderogabile  all'  espandersi di ogni poter
regionale/provinciale.
    Peraltro,  l'esistenza  stessa  del  limite  territoriale  e' una
logica  conseguenza dello stesso carattere di ente territoriale della
regione/provincia autonoma e della struttura regionalista dello Stato
italiano.
    Appare quindi chiaro che una norma provinciale non puo' in nessun
caso  pretendere  di dettare una disciplina relativa a situazioni o a
rapporti  radicati  al  di  fuori  del proprio territorio, altrimenti
incorrerebbe,  come  e'  accaduto  nel  caso  di specie, nel vizio di
incostituzionalita'  per  incompetenza,  dovendo perseguire interessi
propri  della  comunita'  provinciale,  collegati al territorio della
provincia,  inteso  come  "misura  della loro dimensione" (vedi Corte
cost., sent. n. 68 del 1990).
    Nella   fattispecie   oggetto   della  presente  controversia  la
provincia  autonoma,  introitando  i  sovracanoni  B.I.M.  dovuti dai
concessionari  siti nel proprio territorio, sottrae tali proventi dal
fondo  comune  con  il  risultato  di  espropriare illegittimamente i
consorzi  B.I.M,  siti  in territorio veneto di gran parte delle loro
entrate e quindi compromettendone seriamente la sopravvivenza.
    Giova,  da  ultimo,  ricordare  che,  in base alle argomentazioni
sopra  esposte,  il  giudice  delegato  del Tribunale Superiore delle
Acque  pubbliche,  nella  controversia  de  qua,  ha  ritenuto di non
rimettere  gli  atti  alla  Corte  costituzionale  per l'incidente di
costituzionalita',  limitandosi  ad  indicare l'unica interpretazione
conforme a Costituzione della norma in quel giudizio denunciata.
    La  soluzione  prescelta  da  parte del Tribunale Superiore delle
Acque  pubbliche  quindi,  nel  ritenere  superfluo investire codesta
ecc.ma  Corte  della  questione,  dimostra  l'assoluta infondatezza e
pretestuosita'  dell'interpretazione  della normativa statale operata
da parte della provincia e che questa ha cercato di trasfondere nella
norma di legge provinciale.
    Va  tuttavia  richiamata l'attenzione sulla pervicace ed ostinata
volonta'  della  Provincia  di  Bolzano  di  affermare  tale  erronea
interpretazione  emanando  la  nuova  norma  di  legge  che qui viene
impugnata.
    4. - Violazione degli artt. 5 e 119 della Costituzione.
    Il  chiaro intento della norma provinciale censurata di gestire i
sovracanoni  B.I.M., determinandone misura, modalita' di riparto e di
riscossione con conseguente introito dei relativi proventi si traduce
in  una  violazione  dell'art. 5  della  Costituzione  anche sotto il
profilo   della   lesione   del   principio  dell'  autonomia  e  del
decentramento  delle  funzioni  a  favore  degli  enti locali siti in
territorio  veneto  rispetto ai quali l'amministrazione ricorrente e'
soggetto esponenziale.
    La  legge  statale, come gia' evidenziato, attribuisce infatti ai
comuni  ed ai loro consorzi compresi nel bacino imbrifero montano, in
accordo   fra   loro,  le  funzioni  di  gestione  del  fondo  comune
all'interno  del  quale  devono  confluire  i  proventi derivanti dai
sovracanoni.
    Il  contrasto si estende altresi' all'art. 119 della Costituzione
nel   testo   novellato   dalla   riforma   introdotta   dalla  legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
    Questa  norma  prevede  che  i  comuni,  le  province,  le citta'
metropolitane  e  le  regioni  abbiano  autonomia  finanziaria sia di
entrata che di spesa e che per questo dispongano di risorse autonome.
Nel  modellare  un  sistema  di "federalismo solidaristico", il terzo
comma  della  norma  prevede  espressamente  che la legge dello Stato
debba  istituire  un  "fondo  perequativo",  per  quei  territori che
dispongano di una minore capacita' fiscale per abitante.
    In  questo  rinnovato  scenario,  la legge provinciale che con il
presente  ricorso  e' censurata, appare gravemente contrastante con i
nuovi principi della materia.
    Non  e'  in  dubbio infatti che essa e' in grado di cagionare una
gravissima   compressione   all'autonomia   finanziaria   dei  comuni
interessati, le cui finanze, gia' rigidamente vincolate dall'esigenza
del rispetto del patto di stabilita' e crescita, si trovano a perdere
un  rilevante  cespite  da  impiegare, come prescritto dalla legge 27
dicembre  1953,  n. 959,  per  il progresso economico e sociale delle
popolazioni e per opere di sistemazione montana.
    L'iniziativa assunta dalla Provincia autonoma di Trento si rivela
infatti  quanto mai sprezzante e noncurante dei principi normativi in
tema di "federalismo fiscale".
    Il  corretto  funzionamento del sistema finanziario in un sistema
federalista,  sia in senso pieno che, come nel nostro ordinamento, in
senso tendenziale, e con connotazioni di carattere solidaristico, non
puo'  che  poggiare  sulla  previsione di meccanismi perequativi, ma,
ancor piu', presuppone l'esistenza di un rapporto di leale e corretta
collaborazione con le varie entita' che compongono l'ordinamento, che
devono   in   ogni   caso   rispettare  le  prerogative  degli  altri
protagonisti della vita istituzionale.
    Non  e' chi non veda come la Provincia di Bolzano, nella presente
vicenda,  abbia  dimostrato  di  voler scientemente e deliberatamente
conculcare  e azzerare le legittime spettanze finanziarie delle altre
amministrazioni  comunali rientranti nel territorio della Regione del
Veneto  arrogandosene indebitamente il diritto, realizzando un'azione
di  tale  gravita',  sul  piano dei rapporti fra enti, da non evocare
precedenti.
    Va  da  ultimo  ulteriormente  precisato  che  l'interesse  della
regione  a  denunciare  tale  violazione  discende de plano dalla sua
natura   di  ente  esponenziale  degli  interessi  della  popolazione
insediata  nel  suo  territorio,  ivi compreso quello di godere delle
positive  ricadute derivanti dalla introitazione degli importi dovuti
a titolo di sovracanoni.
    5.  -  Violazione  degli  artt.  97  e  3  della  Costituzione in
relazione alla legge 27 dicembre 1953, n. 959.
    Infine  la norma provinciale censurata contrasta con il principio
di   imparzialita'   e  buon  andamento  di  cui  all'art.  97  della
Costituzione in relazione alla legge n. 959 del 1953.
    La   provincia   autonoma,  infatti,  disponendo  unilateralmente
l'introito dei proventi derivanti dai sovracanoni da ripartire con il
Consorzio   B.I.M.  di  Bolzano,  ha,  da  un  lato  illegittimamente
espropriato   i   comuni   veneti  di  un'entrata  patrimoniale  loro
attribuita  dalla  legge con vincolo di destinazione al perseguimento
di   un   pubblico  interesse,  dall'altro  ha  operato  un  indebito
trattamento  di  favore  a  vantaggio del solo Consorzio B.I.M. della
Provincia di Bolzano.
    Inoltre  la  provincia  autonoma,  nell'arrogarsi  la potesta' di
stabilire  le  modalita'  di riscossione e di riparto dei sovracanoni
B.I.M.,  e'  incorsa nella violazione della legge n. 959 del 1953 per
la  parte  in cui essa prevede un principio di parita' fra i Consorzi
B.I.M.   ai   fini   del  riparto  del  sovracanone,  cosicche'  tale
ripartizione  deve  avvenire  mediante  accordo  fra gli stessi o, in
mancanza,  per l'effetto di un provvedimento del Ministero dei lavori
pubblici.
    Nel caso di specie, invece, la Provincia autonoma di Bolzano, con
la   norma   censurata,   vorrebbe   unilateralmente   modificare  le
percentuali di assegnazione dei sovracanoni, stravolgendo gli assetti
economici all'interno del B.I.M. Adige.
    Sotto  questo  profilo  il  contrasto si estende anche all'art. 3
della  Costituzione in relazione ai principi di cui alla legge n. 959
del  1953,  in quanto la norma provinciale ha determinato un'indebita
disparita'  di trattamento fra i comuni compresi nel bacino imbrifero
montano  dell'Adige  ed  in  particolare fra comuni appartenenti alla
Provincia  di  Bolzano  e  comuni  non  situati all'interno di questo
territorio,  fra  cui  i  comuni siti in territorio veneto, che dalla
disciplina provinciale subiscono un grave pregiudizio.
    In particolare la norma provinciale contrasta con il principio di
ragionevolezza   delle   leggi  quale  corollario  del  principio  di
uguaglianza,  poiche'  introduce  una irragionevole ed ingiustificata
disciplina  discriminatoria fra consorzi B.I.M. dell'Adige rispetto a
quella contenuta nella legge n. 959 del 1953.
    Da   ultimo,  sulla  base  di  quanto  sopra  argomentato  ed  in
considerazione dell'atteggiamento della Provincia autonoma di Bolzano
volto  ad  insistere,  con  la  norma  che  qui  si  impugna, in modo
arrogante  e temerario su un'interpretazione erronea e capziosa della
normativa  statale,  anche  in  spregio  di  quanto gia' statuito dal
Tribunale  Superiore  delle Acque pubbliche, questo patrocinio chiede
che  codesta  ecc.ma Corte voglia disporre la condanna alla rifusione
delle spese di giudizio.
                              P. Q. M.
    Chiede   che  l'ecc.ma  Corte  costituzionale  voglia  dichiarare
l'illegittimita' dell'art. 44 della legge della Provincia autonoma di
Bolzano  n. 19  del  28  dicembre 2001, recante: "Disposizioni per la
formazione  del  bilancio di previsione per l'anno finanziario 2002 e
per  il  triennio  2002-2004  e  norme  legislative  collegate (legge
finanziaria 2002)", pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione
Trentino-Alto   Adige  8  gennaio  2002  -  supplemento  n. 3  -  per
violazione  degli  artt.  3,  5,  97,  117,  118,  119  e  120  della
Costituzione.
    Con vittoria di spese, diritti ed onorari.
    Si producono:
        1)  copia  conforme  all'originale  della deliberazione della
giunta regionale del Veneto n. 412 del 1 marzo 2002 di autorizzazione
a   proporre   ricorso   per   la   dichiarazione  di  illegittimita'
costituzionale  dell'art. 44  della  legge  provinciale di Bolzano 28
dicembre 2001, n. 19.
    Venezia-Roma, addi' 4 marzo 2002
                Avv. Romano Morra - Avv. Guido Viola
02C0212