N. 145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 novembre 2001
Ordinanza emessa l'8 novembre 2001 dalla Corte di assise di Perugia nel procedimento penale a carico di Gega Eduard Processo penale - Prove - Testimonianza indiretta - Divieto di testimonianza degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalita' di cui agli artt. 351 e 357, comma 2, lett. a) e b), cod. proc. pen. - Irragionevole disparita' di trattamento sotto diversi profili - Lesione del diritto di difesa. - Codice di procedura penale, art. 195, comma 4. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.14 del 3-4-2002 )
LA CORTE DI ASSISE Udita l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 195 quarto comma c.p.p. per contrasto con gli articoli 3 e 24 Cost., sollevata dal p.m. nell'ambito del proc. pen. n. 2/2001 a carico di Gega Eduard, nato a Fier il 13 aprile 1969, imputato dei reati di cui agli artt. 73 t.u. Stup, 605 c.p., 3 n. 6 e 8, 4 n. 1 e 2 legge n. 75/58, 610 c.p., 600 c.p. e 601 c.p., attualmente latitante; Sentita la difesa. Osserva quanto segue Il p.m. nel corso dell'audizione del teste Gasperini Sandro, maresciallo dei carabinieri di Perugia, ha chiesto al teste di riferire in ordine alle dichiarazioni a lui rese da tale Trasciatti Francesco, denunciante dei fatti oggetto del presente processo. Essendo risultato che le dichiarazioni del Trasciatti erano state debitamente verbalizzate, si e' posta la questione dell'applicabilita' dell'art. 195, quarto comma, c.p.p., il quale vieta in casi siffatti testimonianze de relato da parte degli ufficiali e agenti di p.g. Ma in relazione a tale norma si e' prospettato il contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione sotto il profilo della disparita' di trattamento di situazioni simili e della preclusione all'acquisizione di elementi utili anche alla difesa. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante, poiche' nel caso di specie si tratta di decidere se le domande formulate al teste, ufficiale di p.g., implicanti il riferimento alle dichiarazioni rese al predetto da altra persona informata sui fatti e contestualmente verbalizzate, siano o meno ammissibili ai sensi dell'art. 195, quarto comma c.p.p., come introdotto dall'art. 4 legge n. 63/2001, che vieta la deposizione de relato dell'ufficiale di p.g. se riferita a dichiarazioni acquisite con le modalita' di cui agli articoli 351 e 357 secondo comma c.p.p. La questione appare non manifestamente infondata. L'attuale disciplina e' stata introdotta dalla legge n. 63/2001 a modifica del regime previgente, in base al quale le dichiarazioni de relato degli ufficiali e agenti di p.g. erano ammissibili, avendo la Corte costituzionale con sentenza n. 24/1992 dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'originario art. 195, quarto comma, c.p.p., che precludeva quel tipo di dichiarazioni. Proprio detta sentenza costituisce un primo parametro di riferimento, essendo stato in quella occasione rilevato che la previgente preclusione comportava un'ingiustificata disparita' di trattamento tra testimoni e determinava un'intollerabile dispersione di elementi di prova. A fonte di cio', va rilevato che il nuovo art. 111 Cost. nel dettare i principi del c.d. "giusto processo", ha conferito fondamentale rilievo al contraddittorio tra le parti. Cio' nondimeno, e' d'uopo osservare che gia' con sentenza n. 361/1998 la Corte costituzionale, nel sottolineare che il processo deve essere basato sul principio del contraddittorio, aveva fatta salva nel contempo l'esigenza di un'adeguata disciplina, volta ad assicurare la conservazione degli elementi di prova, nei limiti consentiti dalla salvaguardia del contraddittorio e dunque nella prospettiva di un congruo bilanciamento delle due diverse istanze. La modifica dell'art. 111 Cost., se per un verso vale ad attribuire al contraddittorio un peso maggiore, per l'altro non puo' comportare un'irragionevole compressione di ogni diversa esigenza, a cominciare da quella di un'adeguata tutela della collettivita' e della connessa assicurazione degli elementi di prova acquisibili ed in concreto acquisiti. Il discrimine e' dunque rappresentato dal contemperamento dei due valori e dalla salvaguardia di un meccanismo di acquisizione rispettoso del principio del contraddittorio, cosi' da poter riconoscere un perdurante valore costituzionale al principio di non dispersione, nei limiti in cui esso non contrasti con l'esigenza del contraddittorio. Cio' posto, si rileva che l'attuale formulazione dell'art. 195, quarto comma, appare sotto piu' profili irragionevole e ingiustificata. Infatti essa finisce con il discriminare determinati tipi di testimoni, in realta' qualificati, senza che cio' possa dirsi conseguenza necessitata della tutela del contradditorio, poiche' le dichiarazioni sono comunque rese al dibattimento alla presenza dei contraddittori e poiche' e' fatta salva per le parti interessate la possibilita' di chiedere, questa volta si' a tutela del contraddittorio in senso sostanziale, la diretta audizione del teste di riferimento. Inoltre la norma censurata discrimina situazioni a ben guardare omogenee, quali quelle derivanti dall'assunzione di informazioni da persone informate sui fatti, introducendo un'irrazionale distinzione a seconda che sia o meno avvenuta la verbalizzazione, fra l'altro senza attribuire rilievo alle ragioni per cui una verbalizzazione non sia stata fatta. Ma in tal modo si finisce per privilegiare dichiarazioni, a ben guardare, assai meno garantite, quali quelle derivanti da informazioni non verbalizzate e dunque piu' difficilmente controllabili, in quanto affidate al mero ricordo del teste, cosi' discriminando dichiarazioni che al contrario potrebbero facilmente formare oggetto di verifica e di informale contestazione. Nulla rileva la circostanza che si tratti comunque di dichiarazioni de relato, giacche' non contrasta di per se' con il principio del contraddittorio una siffatta figura di testimonianza, ove - come non v'e' dubbio che debba esssere - sia salvaguardato il diritto della parte interessata di chiedere l'esame del teste diretto. E neppure potrebbe mai rilevare che quest'ultimo non possa essere escusso, giacche' cio' porrebbe problemi di acquisizione e utilizzabilita' di secondo grado, che nulla hanno a che fare con l'ammnissibilita' del teste de relato. Ed allora, se il principio del contraddittorio non implica di necessita' l'attuale regime della testimonitanza de relato dell'ufficiale di p.g., e' doveroso stigmatizzare i cennati profili di disparita' di trattamento e di irrazionalita', che sembrano porre la norma censurata in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, oltre che, per quei profili che potrebbero risultare di interesse per la difesa, anche con l'art.24 della Costituzione, nella parte in cui preclude all'ufficiale o agente di p.g. di rendere dichiarazioni de relato, ove esse derivino da informazioni acquisite ai sensi degli artt. 351 e 357, secondo comma, c.p.p. In tali limiti l'eccezione va dunque accolta come da dispositivo.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge 87/1953, Dichiara rilevante e non manifestamente infondata nei termini di cui in motivazione la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 195, quarto comma, c.p.p. per contrasto con gli articoli 3 e 24 della Costituzione. Sospende il processo. Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Perugia, addi' 8 novembre 2001 Il Presidente: Nannarone 02C0230