N. 97 ORDINANZA 8 - 10 aprile 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Sanzioni   amministrative   -  Ordinanze-ingiunzioni  -  Giudizio  di
  opposizione  -  Connessione soggettiva e oggettiva delle violazioni
  sanzionate  - Competenza - Mancata attribuzione alla cognizione del
  tribunale  -  Prospettata  diversita'  di  trattamento,  rispetto a
  situazioni  affini,  nonche'  contrasto  con il principio di tutela
  giurisdizionale  ed  eccesso  di delega - Difetto di motivazione in
  ordine alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza - Manifesta
  inammissibilita' delle questioni.
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22-bis e art. 22-bis, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 76.
(GU n.16 del 17-4-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:   Massimo   VARI   giudice,   Riccardo   CHIEPPA,  Gustavo
ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido
NEPPI  MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE,
Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 22-bis della
legge   24 novembre  1981,  n. 689  (Modifiche  al  sistema  penale),
promossi con ordinanze emesse il 16 novembre 2000 dal giudice di pace
di  Milano  e  il  10 aprile  2001  dal  giudice  di pace di Mesagne,
iscritte ai numeri 236 e 506 del registro ordinanze 2001 e pubblicate
nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica numeri 14 e 26, 1a serie
speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri,
    Udito  nella  camera di consiglio del 13 febbraio 2002 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che con ordinanza in data 16 novembre 2000 (n. 236 r.o.
del  2001)  il giudice di pace di Milano ha sollevato, in riferimento
all'art. 3    della    Costituzione,    questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 22-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche  al  sistema  penale),  "nella parte in cui non prevede la
competenza  del tribunale in caso di superamento del limite di valore
di   trenta   milioni   per  ragioni  di  connessione  soggettiva  ed
oggettiva";
        che  l'ordinanza  e'  stata  resa nel corso di un giudizio di
opposizione  di  cui  non  sono  indicate  le  parti  e che si assume
proposto  con  unico  ricorso  sul - presupposto di una non precisata
connessione soggettiva e oggettiva - contro centoquattordici distinte
ordinanze-ingiunzioni  emesse  nei confronti della medesima parte per
il   pagamento   di  sanzioni  amministrative  per  complessive  lire
quarantacinquemilioni;
        che  il  giudice rimettente - premesso che la norma impugnata
prevede  la  competenza  del  giudice  di  pace  sulle opposizioni ad
ordinanza-ingiunzione "allorche' ogni singola sanzione amministrativa
comminata  e'  inferiore  nel massimo edittale a lire trenta milioni,
salvo  i  casi  di  competenza  per materia" - ritiene che la mancata
attribuzione  della  competenza  al  tribunale in caso di connessione
soggettiva  e  oggettiva integrerebbe un'ingiustificata disparita' di
trattamento  tra il soggetto al quale con unica ordinanza-ingiunzione
venga  irrogata  una  sola sanzione amministrativa superiore a trenta
milioni  ed  il  soggetto  al  quale,  "per il medesimo fatto", venga
irrogata    una    sanzione    di   pari   importo,   ma   con   piu'
ordinanze-ingiunzioni,  che  singolarmente rientrano nella competenza
del giudice di pace;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  tramite  l'Avvocatura  generale  dello  Stato, che ha
depositato  memoria,  nella  quale  ha sostenuto l'inammissibilita' e
comunque l'infondatezza della questione;
        che  con  ordinanza  in data 10 aprile 2001 ( n. 506 r.o. del
2001) il giudice di pace di Mesagne ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  24  e  76  Cost.,  questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 22-bis,  comma 2, della legge n. 689 del 1981, "nella parte
in  cui  non  devolve  alla cognizione del tribunale, in composizione
monocratica,  l'ipotesi  in cui il trasgressore con piu' azioni (come
nella  specie) od omissioni della stessa o di diverse disposizioni di
legge,  venga condannato a pagare una sanzione pecuniaria complessiva
superiore a lire trenta milioni";
        che  l'ordinanza  e'  stata  resa nel corso di un giudizio di
opposizione  proposto  contro l'ordinanza-ingiunzione con la quale il
Prefetto  di  Brindisi  aveva  comminato  all'opponente  la  sanzione
amministrativa  pecuniaria di lire 68.110.000 e quella accessoria del
divieto  di emissione di assegni bancari o postali per sessanta mesi,
in  relazione  a "reiterate violazioni" degli artt. 1 e 2 della legge
15 dicembre   1990,  n. 386  (Nuova  disciplina  sanzionatoria  degli
assegni  bancari),  "come modificati" dagli artt. 28 e 29 del decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507  (Depenalizzazione  dei reati
minori  e  riforma  del  sistema  sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1
della  legge 25 giugno 1999, n. 205) "e tenuto conto" dell'art. 8-bis
della  legge  n. 689  del  1981, introdotto dall'art. 94 dello stesso
decreto legislativo;
        che  il  rimettente  (accogliendo  la tesi dell'opponente che
aveva prospettato la questione di legittimita' costituzionale) rileva
che   -   mentre   la   competenza   sulle   opposizioni  a  sanzione
amministrativa spetta al giudice di pace, salvo che su alcune materie
tassativamente previste, la cui cognizione e' attribuita al tribunale
in  composizione  monocratica,  in  ragione  di  rilevanti  interessi
collettivi   coinvolti   (art. 22-bis   comma  2),  o  in  dipendenza
dell'ammontare  pecuniario  di alcune sanzioni (art. 22-bis, comma 3,
lettere  a)  e  b)),  oppure  in  ragione della natura della sanzione
irrogata (art. 22-bis comma 3, lettera c) - fra tali eccezioni non e'
ricompresa   l'ipotesi,   ricorrente   nel   giudizio  a  quo,  della
reiterazione  dell'emissione  di assegni bancari, in violazione degli
indicati parametri costituzionali;
        che   in   particolare  tale  mancata  previsione  violerebbe
l'art. 3  Cost.  per  la  diversita'  di  trattamento  rispetto  alle
situazioni  affini  contemplate  dall'art. 22-bis,  comma  3,  cit. e
dall'art. 7, comma 2, del codice di procedura civile; l'art. 24 Cost.
"con  riferimento alla tutela delle situazioni soggettive comportanti
particolari  difficolta'  di  accertamento,  anche  in relazione alla
notevole  entita'  della  sanzione  irrogata"; e l'art. 76 Cost., per
l'eccesso  rispetto  ai  criteri di delega indicati dall'art. 2 della
legge   25 giugno   1999,   n. 205   (Delega   al   Governo   per  la
depenalizzazione  dei  reati  minori  e modifiche al sistema penale e
tributario);
        che  anche  in tale giudizio e' intervenuto il Presidente del
Consiglio  dei  ministri,  tramite l'Avvocatura generale dello Stato,
che  ha  depositato  memoria, nella quale, assumendo che la questione
sarebbe  analoga a quella sollevata dal giudice di pace di Milano, si
e'  riportata  al  contenuto  della  memoria  depositata nel relativo
giudizio.
    Considerato che i giudizi introdotti dalle ordinanze in epigrafe,
concernendo  questioni  relative  alla stessa norma di legge, possono
essere riuniti;
        che  l'ordinanza  n. 236  r.o.  del  2001  non fornisce alcun
elemento  ai  fini  di  una  precisa individuazione degli elementi di
fatto  del  giudizio  a  quo,  sia  con riferimento alla natura delle
violazioni  sanzionate,  sia  con riguardo all'asserita "connessione"
fra di esse;
        che,  secondo  la  giurisprudenza di questa Corte, la mancata
indicazione  nell'ordinanza di rimessione degli elementi di fatto del
giudizio  a  quo  comporta  un difetto di motivazione sulla rilevanza
della questione, che ne determina la manifesta inammissibilita' (cfr.
sentenza n. 178 del 2000 e ordinanza n. 193 del 2000);
        che  l'ordinanza  n. 506  r.o.  del 2001 non motiva in ordine
alla   non   manifesta  infondatezza,  limitandosi  a  rinviare  alle
allegazioni di una delle parti, senza tenere conto che esse, per come
il  rimettente le riferisce, non specificano le ragioni della pretesa
lesione  dei  parametri  costituzionali  invocati, laddove il giudice
rimettente   non   puo'   esimersi   da   un'autonoma   e   specifica
prospettazione  dei  profili  di  conflitto  fra la norma censurata e
quella costituzionale (cfr. ordinanza n. 432 del 2000).
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
avanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 22-bis della legge 24 novembre
1981,  n. 689  (Modifiche al sistema penale), proposta dal giudice di
pace  di  Milano con l'ordinanza iscritta al n. 236 r.o. del 2001, in
riferimento  all'art. 3  della Costituzione, e dell'art. 22-bis comma
2,  della  stessa  legge, proposta dal giudice di pace di Mesagne con
l'ordinanza  iscritta  al  n. 506  r.o. del 2001, in riferimento agli
artt. 3, 24 e 76 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 aprile 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 10 aprile 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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