N. 159 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 2001
Ordinanza emessa il 21 novembre 2001 dal tribunale amministrativo regionale dell'Umbria sui ricorsi riuniti proposti da Fanfano Raffaele ed altri contro Ministero della giustizia ed altri Impiego pubblico - Accordi di comparto di cui alla legge n. 93/1983 e successive modificazioni - Proroga fino al 31 dicembre 1993 - Blocco per l'anno 1993 degli incrementi retributivi derivanti da automatismi stipendiali - Previsione, con norma autoqualificata di interpretazione autentica, della non incidenza della proroga stessa sulla data del 31 dicembre 1990, gia' stabilita per la maturazione delle anzianita' di servizio prescritte ai fini delle maggiorazioni delle retribuzioni individuali di anzianita' (R.I.A.), salva l'esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della legge interpretativa - Incidenza sui principi di certezza del diritto e di affidamento dei cittadini - Lesione del diritto di azione e del principio di tutela giurisdizionale - Violazione del principio di proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione - Interferenza sulla funzione giurisdizionale - Richiamo alle sent. della Corte costituzionale nn. 397/1994, 311/1995, 376/1995, 423 (recte: 432)/1997 e 321/1998. - Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 51, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 24, 97, 101, 102, 103, 104, 108 e 113.(GU n.17 del 24-4-2002 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi riuniti: n. 261/2000 proposto da Raffaele Fanfano, n. 262/2000 da Marco Bellanca ed altri 14, n. 263/2000, da Gennaro Argenio ed altri 9, n. 264/2000, da Anna Angeli ed altri n. 102, n. 790/2000, da Nando Renzi ed altri 5, n. 1068/2000, da Gina Cimarelli ed altri 4, n. 1069/2000, da Simonetta Arcelli ed altri 4, n. 1070/2000, da Marcello Liti ed altri 32 e n. 1123/2000, da Massimo Pace, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Maurizio Riommi, con domicilio eletto in Perugia presso lo studio dell'avv. Donatella Panzarola, alla via Baldo n. 7; Contro, quanto al n. 261/2000: il Ministero di grazia e giustizia (ora Ministero della giustizia): quanto al n. 262/2000: il Ministero dell'interno; quanto al n. 263/2000: il Ministero dei trasporti e della navigazione; quanto al n. 264/2000, al n. 790/2000 ed al n. 1068/2000: il Ministero delle finanze (ora Ministero dell'economia e delle finanze); quanto al n. 1069/2000: il Ministero per i beni e le attivita' culturali; quanto al n. 1070/2000: il Ministero della difesa; quanto al n. 1123/2000: il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (ora Ministero del lavoro e delle politiche sociali); per tutti i ricorsi: il Ministero del tesoro (ora Ministero dell'economia e delle finanze); In persona dei rispettivi Ministri pro-tempore, tutti ope legis rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, anche domiciliataria in Perugia, via degli Offici n. 14; Per l'accertamento del diritto al pagamento delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianita' (r.i.a.) disciplinata dall'art. 9 del d.P.R. n. 44/1990, maturate con il progredire dell'anzianita' di servizio fino alla data del 31 dicembre 1993, oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria; Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta alla pubblica udienza del 21 novembre 2001 la relazione del dott. Pierfrancesco Ungari, uditi i difensori delle parti come da verbale; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: Fatto e diritto 1. - Il d.P.R. 17 gennaio 1990, n. 44 (regolamento per il recepimento dell'accordo del 26 settembre 1989 concernente il comparto dei Ministeri per il triennio 1988-90), all'art. 9, commi 4 e 5, ha previsto una maggiorazione della retribuzione individuale di anzianita' (di seguito: r.i.a.) legata all'anzianita' di servizio (5, 10 o 20 anni) maturata "nell'arco della vigenza contrattuale". L'art. 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, ha prorogato fino al 31 dicembre 1993 la vigenza della disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto venuti a scadenza il 31 dicembre 1990. La giurisprudenza ha affrontato la questione se la proroga della vigenza della disciplina del d.P.R. n. 44 del 1990 abbia spostato in avanti anche il termine ultimo utile per la maturazione delle anzianita' di servizio rilevanti ai fini della maggiorazione della r.i.a. Dopo alcune incertezze iniziali, si e' da tempo consolidato un orientamento secondo il quale il quinquennio utile per conseguire il beneficio della maggiorazione della retribuzione individuale di anzianita', previsto dai commi 4 e 5 dell'art. 9 del d.P.R. n. 44 del 1990, poteva essere utilmente maturato oltre il 31 dicembre 1990, per effetto della proroga sancita dal citato comma 1 dell'art. 7 del d.l. n. 384 del 1992, ma entro il 31 dicembre 1992, per effetto del blocco degli automatismi stipendiali stabilito dal successivo comma 3 dello stesso art. 7 (cfr., ex plurimis e da ultimo, Cons. Stato, IV, 28 dicembre 2000, n. 6947; 27 novembre 2000, n. 6310; 17 ottobre 2000, n. 5522; 28 gennaio 2000, n. 446; 13 dicembre 1999, n. 1856; VI, 25 settembre 2000, n. 5031; 20 aprile 2000, n. 2451; III, 20 giugno 2000, n. 1188/2000; Comm. spec. 13 luglio 1998, n. 412). 2. - I ricorsi possono essere riuniti, stante l'evidente connessione oggettiva. I ricorrenti, tutti dipendenti di Ministeri, assumendo di aver maturato la prescritta anzianita' di effettivo servizio quinquennale nel periodo di ultrattivita' dell'accordo 26 settembre 1979 disposta dall'art. 7, comma 1, precitato, hanno chiesto alle rispettive amministrazioni il riconoscimento della maggiorazione della r.i.a. Non avendo ottenuto riscontro positivo, agiscono per l'accertamento del diritto e la condanna dell'amministrazione al pagamento delle conseguenti differenze retributive, oltre agli interessi ed alla rivalutazione monetaria sino al momento del soddisfo. 3. - Sulla base dell'orientamento giurisprudenziale menzionato, tanto consolidato da costituire diritto vivente, la pretesa dei ricorrenti risulterebbe fondata. Tuttavia, l'art. 7, comma 1, del d.l. n. 384 del 1992 ha formato oggetto di interpretazione autentica ad opera dell'art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001). In base a tale disposizione, l'art. 7, comma 1, citato, "si interpreta nel senso che la proroga al 31 dicembre 1993 della disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93, relativi al triennio 1 gennaio 1988 - 31 dicembre 1990, non modifica la data del 31 dicembre 1990, gia' stabilita per la maturazione delle anzianita' di servizio prescritte ai fini delle maggiorazioni della retribuzione individuale di anzianita'. E' fatta salva l'esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge". 4. - La disposizione da ultimo riportata precluderebbe l'accoglimento dei ricorsi. Tuttavia, puo' convenirsi con i ricorrenti circa la dubbia legittimita' costituzionale di detta disposizione, del resto gia' rimessa al giudizio della Corte costituzionale da parte del Tribunale di Parma (ord. 7 maggio 2001, n. 562) e del Tribunale amministrativo regionale (del Lazio (ord. I sez., 14 febbraio 2001, n. 894), con diffuse e condivisibili argomentazioni. La giurisprudenza costituzionale ha individuato i limiti alla potesta' di emanazione di leggi interpretative, consistenti nella ragionevolezza della scelta legislativa, nel divieto di ingiustificate disparita' di trattamento, nell'esigenza di coerenza e certezza del diritto e nel rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (v. sentenze 12 luglio 1995, n. 311, 25 luglio 1995, n. 376 e 23 novembre 1994 n. 397, 24 luglio 1998, n. 321). Come ricordato, in ordine all'interpretazione dell'art. 7, comma 1, succitato, non esiste da tempo alcun contrasto giurisprudenziale. La disposizione di interpretazione autentica si presenta pertanto come un intervento rivolto ad interferire sull'esercizio della funzione giurisdizionale, allo specifico fine di sottrarre i giudizi in corso ai prevedibili esiti favorevoli ai ricorrenti. Che cio' corrispondesse ad un consapevole intento del legislatore, e confermato dalla relazione illustrativa al disegno di legge della legge finanziaria 2001, nel quale la disposizione figurava all'art. 33, comma 2. Nella giurisprudenza costituzionale sono presenti spunti significativi sulla possibile illegittimita' di disposizioni di interpretazione autentica intenzionalmente dirette ad incidere sui giudizi in corso (v. sentenza 23 dicembre 1997, n. 423). D'altro canto, la Corte ha affermato che anche l'interpretazione autentica deve tener conto della esigenza di rispettare il principio generale di ragionevolezza e gli altri precetti costituzionali (v. sentenza 19 gennaio 1995, n. 15), sottolineando che il controllo di conformita' al canone generale di ragionevolezza dev'essere particolarmente stringente laddove riferito alla certezza dei rapporti pregressi ed al legittimo affidamento dei soggetti interessati (v. sent. n. 423/1997, cit.). La disposizione di interpretazione autentica in esame sovverte l'interpretazione consolidata di una normativa considerata ragionevole ed equilibrata anche nella prospettiva del perseguimento di una politica di contenimento del disavanzo pubblico e la cui globale ultrattivita' - tanto nel prorogare l'efficacia premiante dell'anzianita' di servizio dei dipendenti pubblici, quanto nel bloccare per il 1993 gli incrementi retributivi derivanti da automatismi stipendiali - era ormai pacificamente riconosciuta (v. anche le sentenze della Corte costituzionale 1 luglio 1993, n. 296 e 31 dicembre 1993, n. 496). Come tale, sembra porsi in contrasto con il principio di ragionevolezza, oltre a determinare una ingiustificata disparita' di trattamento tra coloro che hanno gia' visto il proprio diritto riconosciuto con pronunce passate in giudicato e coloro per i quali il rapporto e' ancora pendente. Pertanto, questo tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, comma 3, della legge n. 388/2000, per contrasto con gli articoli 24, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione, sotto il profilo dell'interferenza della disposizione legislativa rispetto all'esplicazione della funzione giudiziaria ed al diritto di agire e di difendersi in giudizio. Non manifestamente infondata e' anche la questione di costituzionalita' della disposizione in relazione agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione, in quanto appare contrastante con i principi della necessaria ragionevolezza delle scelte legislative, del divieto di ingiustificate disparita' di trattamento, della tutela dell'affidamento e della certezza del diritto. Le questioni prospettate appaiono rilevanti rispetto ai giudizi in corso, poiche', in assenza dell'art. 51, comma 3, i ricorsi meriterebbero, allo stato degli atti, di essere accolti. 5. - Conclusivamente, il giudizio va sospeso e gli atti vanno rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio incidentale di costituzionalita'. Il Collegio si riserva, all'esito, ogni ulteriore decisione in rito, in merito e sulle spese.
P. Q. M. Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, riuniti i ricorsi in epigrafe e riservata ogni decisione in rito, nel merito e sulle spese, visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 e segg. della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, nonche' 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospende il giudizio in corso; Dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, comma 3, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per contrasto con gli artt. 3, 24, 97, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione; Dispone che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti del giudizio nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri, e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Perugia, nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2001. Il Presidente: Lignani Il consigliere estensore: Ungari 02C0291