N. 170 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 dicembre 2001

Ordinanza  emessa  il  20  dicembre 2001 dal tribunale di Brescia nel
procedimento penale a carico di Vella Massimiliano

Processo   penale   -   Dibattimento   -   Contestazioni   nell'esame
  testimoniale  -  Dichiarazioni,  precedentemente rese, lette per le
  contestazioni  e  valutate  ai  fini della credibilita' del teste -
  Acquisizione   e  valutazione  quale  prova  dei  fatti  -  Mancata
  previsione  -  Lesione  dei  diritti inviolabili, tra cui quello di
  azione  -  Violazione  dei  principi  di  legalita'  e  del  libero
  convincimento del giudice.
- Cod. proc. pen., art. 500, comma 2.
- Costituzione,  artt. 2, 3, 24, primo comma, 25, comma secondo, 101,
  commi secondo e quinto.
In via  subordinata:  processo  penale - Dibattimento - Contestazioni
  nell'esame  testimoniale  -  Dichiarazioni  precedentemente  rese -
  Ritenuta  sussistenza degli estremi del delitto di cui all'art. 372
  cod.  pen. (falsa testimonianza) - Acquisizione e valutazione quale
  prova  dei  fatti  - Mancata previsione - Disparita' di trattamento
  rispetto  alle  ipotesi  del  testimone  minacciato  o  subornato -
  Contrasto  con  il  principio secondo cui la legge regola i casi in
  cui  la  formazione della prova non ha luogo in contraddittorio per
  effetto di provata condotta illecita.
- Cod. proc. pen., art. 500, comma 4.
- Costituzione, artt. 3 e 111, comma quinto.
(GU n.17 del 24-4-2002 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli atti del procedimento in epigrafe indicato a carico di
Vella   Massimiliano;  sciogliendo  la  riserva  assunta  all'udienza
dibattimentale   30    novembre  2001;  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza;

                              F a t t o

    Con  decreto 24 febbraio 2001 il g.i.p. disponeva il giudizio nei
confronti  di  Vella  Massimiliano  per  il  delitto  di ricettazione
commesso   ai   danni   di  Sottini  Sebastiano,  fatto  commesso  in
Borgosatollo   il  29 agosto  1999.  Al  dibattimento,  celebrato  in
presenza dell'imputato, veniva assunta la prova orale, in particolare
erano  assunti  in  qualita' di testimoni Vianelli Angelo e Udeschini
Luca,  ed  era  acquisita,  ai sensi dell'art. 493 comma 3 c.p.p., la
denuncia  di  furto  presentata  da  Sottini  Sebasitano, era inoltre
esaminato l'imputato che negava l'addebito.
    In  occasione  della  deposizione del teste Udeschini il pubblico
ministero  procedeva  a  contestazione  delle pregresse dichiarazioni
rese   ai   carabinieri   a   fronte   delle   diverse   affermazioni
dibattimentali.
    Piu'  precisamente,  la  difformita' era radicale avendo il teste
dichiarato  ai carabinieri di aver visto l'imputato Vella a bordo del
ciclomotore  rubato  a Sottini e successivamente al furto, laddove in
dibattimento   ha   dichiarato  di  aver  riferito  ai  militari  una
circostanza  del tutto falsa non avendo mai visto il Vella alla guida
di  quel veicolo1. Il teste ha poi insistito sulla versione dei fatti
offerta  in  dibattimento pur dopo l'ammonimento circa le conseguenze
penali per le asserite false dichiarazioni rese ai carabinieri.
    All'esito  il  pubblico  ministero  chiedeva  l'acquisizione  del
verbale   delle   dichiarazioni  rese  alla  polizia  giudiziaria  da
Udeschini  Luca,  verbale  utilizzato  per le contestazioni nel corso
dell'esame del teste.
    Il   difensore   si   opponeva   rilevando  che  non  si  versava
nell'ipotesi dell'artt. 500 comma 4 c.p.p.

                            D i r i t t o

    Ritiene  il  giudicante,  a  scioglimento  della riserva espressa
quanto  alla  richiesta  del  pubblico ministero dia acquisizione del
verbale  utilizzato  per  le  contestazioni, che la decisione odierna
transiti  necessariamente, in termini procedurali e impregiudicata la
valutazione  nel  merito delle dichiarazioni testimoniali, attraverso
il  disposto  dell'art. 500 comma 2 c.p.p. che regolamenta l'utilizzo
in  sede  dibattimentale delle dichiarazioni rese in sede di indagini
preliminari dalle persone assunte in qualita' di testimoni.
    Ed  invero,  per come gia' osservato, in occasione dell'audizione
del   teste   Udeschini  il  pubblico  ministero  ha  proceduto  alla
contestazione delle precedenti dichiarazioni.
    Si  tratta  allora  di  verificare  in quali termini, a norma del
nuovo  testo  dell'art. 500  c.p.p., sia possibile l'acquisizione dei
verbali  utilizzati  per  le  contestazioni  e,  soprattutto, se quei
verbali abbiano o meno un qualche valore probatorio.
    Si  osserva  che il pubblico ministero, a fronte della divergenza
del   portato   orale   reso   alla   polizia  giudiziaria  e  quello
dibattimentale,  ha  utilizzato per le contestazioni le dichiarazioni
rese  ai carabinieri dal testimone sopra indicato; l'art. 500 c.p.p.,
peraltro, consente l'utilizzo delle succitate dichiarazioni a fine di
contestazione   limitandone   l'utilizzo  per  la  valutazione  della
credibilita'  del  teste (comma 2), mentre non vi e' disposizione che
consenta  per  un  verso l'acquisizione del verbale e per altro verso
l'utilizzo  a fini probatori delle dichiarazioni rese in precedenza e
difformi da quelle rese in dibattimento.
    La  disposizione  normativa  sul  punto e' chiara e non autorizza
interpretazioni diverse atteso il preciso incipit "Fermi i divieti di
lettura  e  di allegazione", laddove in presenza di un divieto di tal
genere,  congiuntamente  ad  una  disposizione  che limita l'utilizzo
delle  dichiarazioni  pregresse  alla valutazione di credibilita' del
teste,  e'  escluso  categoricamente  che  possano  acquisirsi quelle
dichiarazioni  e  tanto  piu'  che  possano utilizzarsi ai fini della
prova del fatto sub iudice.
    D'altronde la portata restrittiva della norma si evince anche dal
disposto  del  comma 4 che disciplina le ipotesi, invero particolari,
del teste subornato ovvero sottoposto a violenza e minaccia, casi nei
quali  il  legislatore  ha  ritenuto  acquisibile  il  verbale  delle
precedenti dichiarazioni proprio in virtu' delle condizioni in cui e'
avvenuta   la   deposizione.   Ma  vi  e'  di  piu',  il  divieto  di
utilizzazione  dei  verbali  al  di  fuori  della predetta ipotesi si
evince   anche   dall'ultimo  comma  che  ammette  l'acquisizione  in
questione,  fuori  dei  casi  di  cui al comma 4, soltanto su accordo
delle  parti,  evidentemente  escludendo qualsivoglia inserimento nel
fascicolo  del  dibattimento  dei verbali d'indagine in assenza delle
ipotesi di reato del comma 4 ovvero dell'accordo delle parti.
    1 Il  teste  ha  giustificato la falsa affermazione con contrasti
personali fra lui e il Velli.
    Ed  allora,  se  questa  e'  l'unica  interpretazione ammissibile
dell'art. 500  comma  2  c.p.p.,  e  pertanto  andrebbe  sotto questo
aspetto  respinta  la  richiesta  dell'organo d'accusa, ad avviso del
Giudice  vi  e' contrasto tra la norma stessa e gli artt. 2, 24 primo
comma, 25 secondo comma e 101 secondo comma Cost.
    Ed  invero,  la stessa legge ordinaria ammette l'utilizzazione ai
fini  di contestazione dei verbali di dichiarazioni pregresse, sia di
quelle  rese  davanti  alla  polizia  giudiziaria,  come  nel caso di
specie,  che  di  quelle  rese  davanti  al pubblico ministero, pero'
limita  il  valore  di  quelle  dichiarazioni  alla valutazione della
credibilita' del teste.
    In  altri  termini,  la  legge consente, attraverso il meccanismo
della  contestazione,  l'introduzione in giudizio di atti istruttori,
consente  che  il  giudice  prenda  cognizione  del  contenuto  delle
affermazioni  rese  dai  testimoni alla polizia giudiziaria ovvero al
pubblico  ministero, autorizza il giudice a valutare le dichiarazioni
lette  per  la  contestazione  onde esprimersi sulla credibilita' del
teste,  pero' nel contempo vieta allo stesso giudice di utilizzare in
alcun modo, in sede di ricostruzione del fatto e di decisione finale,
quegli stessi atti d'indagine.
    E'  ben  evidente,  pero',  ad  avviso  del  giudicante,  che  la
valutazione    circa    la    credibilita'   del   teste   presuppone
necessariamente    una   ricostruzione   del   fatto   alla   stregua
dell'istruttoria  dibattimentale, dal momento che in tanto il giudice
puo'  ritenere  il  teste,  e percio' le dichiarazioni rese davanti a
lui,  non credibile, e cio' anche valutando il suo precedente apporto
orale,  in  quanta si sia formato il convincimento di uno svolgimento
dei fatti diverso da quello raccontato dal teste stesso in giudizio2.
    Quindi,  in  virtu'  dell'art. 500 c.p.p., il Giudice, pur avendo
ricostruito  il fatto secondo certe modalita', tuttavia all'esito del
dibattimento  deve  assumere decisioni difformi dal convincimento che
si  e'  formato  in  punto di fatto dovendo comunque privilegiare, in
termini  di  validita'  probatoria, soltanto le dichiarazioni rese in
dibattimento  dal  teste,  e  percio'  una  ricostruzione  dei  fatti
ritenuta  dallo  stesso giudice affatto attendibile e percio' affatto
conforme al vero.
    La  conclusione a cui porta la norma denunciata in queste sede e'
in evidente contrasto con le norme costituzionali.
    Ed   invero,   perche'  si  realizzino  e  osservino  i  principi
costituzionali  dei  diritti  inviolabili,  tra cui quello di azione,
nonche'  della giurisdizione penale e di legalita', e' necessario che
al giudice sia consentito, nell'ambito di un processo improntato alla
regola   anch'essa   di   rango  costituzionale  del  contraddittorio
(art. 111  primo  e  secondo  comma  Cost.), di utilizzare e valutare
pienamente  tutti  gli  elementi  emersi  nel corso del dibattimento,
anche  al  fine  di  rendere  concreto  e attuale il fine primario ed
ineludibile del processo penale che rimane quello della ricerca della
verita', e cio' in armonia con i principi costituzionali3.
    Ed  al  principio  della ricerca della verita', a cui deve essere
improntato  il processo onde garantire il rispetto delle citate norme
costituzionali,  e'  strettamente  connesso  il  principio del libero
convincimento del giudice perche' solo attraverso una vaglio completo
di  tutto  il  materiale  probatorio,  legittimamente  introdotto  in
giudizio, e' consentito al giudice di formarsi un convincimento pieno
quanto  al  reale  svolgimento  dell'accaduto,  e soltanto ponendo il
giudice in condizione di formarsi detto convincimento viene garantito
il fine primario della ricerca della verita'.
    In  altri  e  piu'  precisi  termini, consentire al giudicante di
utilizzare  in  termini  probatori  tutti  gli  elementi acquisiti in
giudizio  in conformita' alla legge equivale a porlo nella condizione
di  operare una ricostruzione dei fatti il piu' verosimilmente vicino
alla  verita'  dei  fatti,  e  percio'  in  conformita'  ai  principi
costituzionali4
    Diversamente,   la   previsione   di   irragionevoli   limiti  di
utilizzazione  rispetto ad elementi che lo stesso legislatore ammette
siano  introdotti  nel  dibattimento e puranco valutati, imponendo al
giudice  di  non  prendere  in  considerazione  dati  pure conosciuti
legittimamente  e  pure  valutati,  sebbene parzialmente, condiziona,
artificiosamente,  la  decisione,  allontanando quest'ultima non solo
dal   convincimento   formatosi   nel   giudicante  ma  anche,  e  di
conseguenza, dalla ricerca della verita'.

    2 Nel caso di specie la valutazione eventuale di inattendibilita'
del  teste  Udeschini quanto alle affermazionii dibattimentali, anche
in relazione agli altri elementi acquisiti (ad esempio la denuncia di
furto  del  Sottini  in cui pure si riferisce che Udeschini ha notato
Vella  a  bordo  del  ciclomotore), implicherebbe necessariamente una
valutazione di maggiore attendibilita' quanto alle dichiarazioni rese
in  precedenza,  e  percio'  una  ricostruzione del fatto nei termini
acquisiti dalla polizia giudiziaria
    3Corte della Costituzione n. 255 del 1992.
    4 D'altra  parte  il  libero  convincimento  non  e'  sinonimo di
arbitrio  stante  l'obbligo  costituzionale della motivazione di ogni
provvedimento giurisdizionale (art. 111 sesto comma Cost.).
    In  buona sostanza, il limite quanto all'utilizzo delle pregresse
dichiarazioni  dei  testimoni  e l'esclusione di un qualsivoglia loro
valore  probatorio  proprio  perche' artatamente impongono al giudice
decisioni  contrastanti  con  la ricostruzione dei fatti ritenuta dal
giudice  medesimo  piu'  conforme  a verita' violano i principi della
ricerca della verita' e del libero convincimento del giudice.
    Ne'  d'altra parte puo' ritenersi che la previsione di utilizzare
in  sede probatoria anche le dichiarazioni pregresse sia in contrasto
con   la  norma  costituzionale  che  ha  sancito  il  principio  del
contraddittorio  (art. 111,  quarto  comma Cost.), ne' tanto meno che
una tale previsione confligga pure con il principio dell'oralita' del
giudizio.
    Infatti  l'acquisizione  e  utilizzazione di quelle dichiarazioni
seguirebbero  ad  un  previo  esame  del  teste  in dibattimento e in
contraddittorio  di tutte le parti, ma soprattutto conseguirebbero ad
una  constatata divergenza rispetto alle affermazioni precedenti e ad
un  atteggiamento del dichiarante di persistere nella nuova e diversa
versione  dei  fatti  nonostante  la  contestazione.  Si tratterebbe,
quindi,  in  sostanza,  non  gia'  di  recuperare una prova formatasi
esclusivamente  in  sede  di  indagini  preliminari  e  in assenza di
contraddittorio, bensi' di avere cognizione piena delle dichiarazioni
rese  nel  tempo  dalla  medesima  persona,  a fronte delle accertate
difformita',  e  cio'  onde ricostruire il fatto nei termini ritenuti
congrui e conformi a verita' dal giudice.
    Ne'   una  tale  diversa  disciplina  sarebbe  in  contrasto  con
l'art. 111   comma  4  Cost.  laddove  afferma  che  la  calpevolezza
dell'imputato  non  puo'  essere  provata sulla base di dichiarazioni
rese  da  chi,  per  libera  scelta,  si  e'  sempre  volontariamente
sottratto   all'interrogatorio  da  parte  dell'imputato  o  del  sua
difensore,  essendo  del tutto evidente che nel caso di cui si tratta
vi  e'  un'escussione  orale  del  testimone, al quale tutte le parti
possono rivolgere domande anche quanto alle contestate difformita'.
    In  conclusione, alla stregua delle precedenti argomentazioni non
e'    manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 500  comma  2  c.p.p.,  in  relazione  agli
artt. 2,  24  comma  1,  25 comma 2, 101 2-5 comma della Costituzione
nella  parte  in  cui  non  prevede  che  possano essere acquisite al
fascicolo  del  dibattimento e successivamente utilizzate dal giudice
quale prova dei fatti le dichiarazioni rese in precedenza dal teste e
utilizzate per la contestazione.
    La  questione sollevata e' rilevante in questa sede atteso che la
ricostruzione del fatto si fonda principalmente sulla deposizione del
teste  Udeschini e attesa la difformita' tra le dichiarazioni odierne
e   quelle   pregresse,   cio'  essendo  emerso  alla  stregua  della
contestazione del pubblico ministero.
    Ritiene  inoltre  il  giudice  di sollevare in via subordinata, e
nell'ipotesi  che  non  sia  accolta  la  questione  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 500 comma 2 c.p.p., analoga questione quanto
all'art. 500 comma 4 c.p.p.
    Si  e'  gia'  detto che tale ultima norma contempla le ipotesi di
una  deposizione  maturata  in un ambito di illiceita', disponendo in
tal  caso  l'acquisizione  del  verbale  d'indagine; e le circostanze
illecite   ivi  previste  sono  quelle  del  testimone  sottoposto  a
violenza,  minaccia,  offerta  o  promessa  di  denaro finalizzati ad
evitare la sua deposizione o ad ottenere una falsa deposizione.
    Si tratta di un'ipotesi del tutto eccezionale di acquisizione del
verbale  in  un impianto normativo che, come si e' gia' avuto modo di
sottolineare,   privilegia  soltanto  la  deposizione  dibattimentale
sancendo  in  via generale un divieto di lettura e di allegazione, di
talche'   l'interpretazione  di  detta  norma  non  puo'  che  essere
restrittiva e limitata agli specifici casi ivi contemplati.
    Ne  consegue  che l'art. 500 comma 4 c.p.p. non puo' applicarsi a
quelle  ipotesi  in  cui  il giudice valuti la deposizione assunta in
dibattimento  falsa  ai  sensi  dell'art. 372  c.p., pur ritenendo lo
stesso giudice che non si verta in quelle ipotesi del comma 4 perche'
difettano  asolutamente quegli elementi concreti cui si riferiscono i
commi  4  e  5  dell'art. 500,  ovvero  perche'  reputi  che la falsa
testimonianza  sia  maturata  in  un ambito tutt'affatto diverso, per
differenti  ragioni essendo stato indotto il testimone a dire appunto
il falso5.
    Si  pone  allora  in  tutta  evidenza il contrasto tra l'art. 500
comma   4  c.p.p.  e  l'art. 3  della  Costituzione  essendo  affatto
ragionevole  la disparita' di disciplina normativa nelle due distinte
e  sopra  citate  ipotesi (teste minacciato o subornato da un lato, e
teste piu' semplicemente falso dall'altro), trattandosi in entrambi i
casi  di  testimonianze  non  veritiere  e  dovendosi  evitare che il
giudice  sia  costretto  ad  assumere una decisione fondata su di una
testimonianza maturata nell'ambito di una condotta illecita.

    5Nel  caso di specie non vi e' alcuna ragione neppure di sospetto
che si verta in una delle ipotesi
    In   buona   sostanza,  sulla  scorta  dell'attuale  formulazione
dell'art. 500  comma  4  c.p.p.  consegue  che  a  fronte  del  teste
subornato  o  minacciato o sottoposto a violenza, e tale ritenuto dal
giudice, si consente l'utilizzo delle dichiarazioni pregresse, mentre
nella diversa e piu' semplice ipotesi della falsa testimonianza, pure
valutata  questa  dal  giudice  alla  stregua  dell'intero  compendio
probatorio  e  senza  necessita' di quei particolari accertamenti del
comma  5  dell'art. 500  c.p.p.,  il giudice medesimo e' costretto ad
utilizzare  il  portato  orale  del  dibattimento  e  ad assumere una
decisione  fondata  per  riconoscimento  dello  stesso  giudicante su
presupposti ritenuti falsi.
    Peraltro  il contrasto e' anche con l'art. 111 quinto comma della
Costituzione   il   quale   autorizzando   e  legittimando  soluzioni
legislative  volte a regolare i casi in cui la formazione della prova
non  ha  luogo  in contraddittorio delle parti per effetto di provata
condotta  illecita, ha inteso unficare tutte le ipotesi di tal genere
essendo  arbitraria  all'evidenza  ogni distinzione nell'ambito delle
situazioni  in cui la deposizione sia il frutto di condotte illecite.
D'altronde  l'art. 111  comma  5,  in conformita' agli altri principi
costituzionali  di  cui  si  e'  detto,  intende proprio garantire la
ricerca   della   verita'   allontanando  soluzioni  legislative  che
impongano  di  assumere  decisione  su elementi probatori dal giudice
ritenuti inquinati.
    In  conclusione, alla stregua delle precedenti argomentazioni non
e'    manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 500  comma  4  c.p.p.,  in  relazione  agli
artt. 3  e  111  comma  5  della Costituzione, nella parte in cui non
prevede  che possano essere acquisite al fascicolo del dibattimento e
successivamente  utilizzate  dal  Giudice  quale  prova  dei fatti le
dichiarazioni  rese  in  precedenza dal testimone e utilizzate per la
contestazione  allorche'  si  ritenga  che  vi  siano gli estremi del
delitto dell'art. 372 c.p.
    La  suddetta questione e' poi rilevante nell'odierno procedimento
atteso  che  l'assoluta  divergenza  tra  le  dichiarazioni  rese  in
giudizio  e  quelle precedenti nei termini sopra riportati allo stato
rende  prevedibile,  secondo  una  valutazione  del tutto astratta ed
ipotetica,  un  ulteriore  e  piu'  concreto vaglio nel prosieguo del
dibattimento circa la sussistenza o meno degli elementi integranti il
delitto  di  falsa  testimonianza  di cui all'art. 372 c.p. quanto al
teste Udeschini.
    Consegue la devoluzione delle questioni alla Corte costituzionale
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1 legge cost. 9 febbraio 1948 n. 1, 23 legge 11
marzo 1953 n. 87;
    In   via  principale  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente
infondata  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 500
comma  2  c.p.p.,  in  relazione  agli artt. 2, 3, 24 primo comma, 25
secondo  comma,  101  secondo e quinto comma della Costituzione nella
parte  in  cui  non prevede che possano essere acquisite al fascicolo
del dibattimento e successivamente utilizzate dal Giudice quale prova
dei  fatti le dichiarazioni rese in precedenza dal teste e utilizzate
per  la  contestazione, e in via subordinata dichiara rilevante e non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' Costituzionale
dell'art. 500 comma 4 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 111 comma 5
della Costituzione, nella parte in cui non prevede che possano essere
acquisite  al fascicolo del dibattimento e successivamente utilizzate
dal giudice quale prova dei fatti le dichiarazioni rese in precedenza
dal  testimone e utilizzate per la contestazione allorche' si ritenga
che vi siano gli estremi del delitto dell'art. 372 c.p.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale.
    Dispone  la sospensione del presente giudizio fino alla decisione
della Corte costituzionale.
    Dispone  che  a  cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata  al  Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata al
Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della
Repubblica.
    Il presente ricorso viene letto all'udienza dibattimentale del 20
dicembre  2001  in  luogo  delle  notifiche a tutte le parti ai sensi
dell'art. 23 legge n. 87 del 1953.
        Brescia addi' 20 dicembre 2001
                        Il giudice: Mocciola
02C0302