N. 12 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 10 aprile 2002

Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 10
aprile 2002 (della Regione Veneto)

Acque  pubbliche  - Provincia autonoma di Bolzano - Sovracanoni annui
  per  derivazioni  di  acqua,  a  scopo  idroelettrico,  del  bacino
  imbrifero  dell'Adige - Determinazione degli importi da parte della
  Provincia   autonoma   di   Bolzano  -  Ricorso  per  conflitto  di
  attribuzione  sollevato  dalla Regione Veneto - Dedotta distrazione
  dei  sovracanoni  dalla  destinazione  ai comuni del territorio del
  Veneto  - Conseguente lesione del principio di autonomia degli enti
  locali e dell'autonomia finanziaria della Regione Veneto e indebita
  invasione   della   sfera   di  competenza  regionale  -  Deteriore
  trattamento   dei  comuni  non  appartenenti  al  territorio  della
  Provincia  di  Bolzano - Incidenza sul principio di imparzialita' e
  buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  - Violazione dei
  principi   contenuti   nella  legge  statale  n. 959/1953,  nonche'
  nell'art.  8  d.P.R.  235/1977  (norme  di attuazione dello statuto
  speciale  della  Regione Trentino-Alto Adige in materia di energia)
  cosi'  come modificato dal decreto legislativo n. 463/1999. Istanza
  di sospensione.
- Deliberazione  della Giunta provinciale di Bolzano 14 gennaio 2002,
  n. 46.
- Cost., artt. 3, 5, 97, 117, 118, 119 e 120.
(GU n.21 del 29-5-2002 )
    Nell'interesse  della  regione  del  Veneto,  in  persona del suo
Presidente,  legale  rappresentante  pro-tempore, on. dott. Giancarlo
Galan,  autorizzato  con  deliberazione della giunta regionale n. 561
del  15 marzo 2002, rappresentata e difesa, come da mandato a margine
al  presente  atto,  dagli avv.ti Romano Morra della Direzione Affari
Legali  e  Guido Viola del Foro di Roma e con domicilio eletto presso
lo studio del secondo in Roma, via Piccolomini n. 34.
    Contro  provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente,
legale  rappresentante pro-tempore e nei confronti del Presidente del
Consiglio  dei  ministri  pro-tempore  per  la  dichiarazione che non
spetta  alla  Provincia  Autonoma  di Bolzano la determinazione delle
modalita'  di riscossione e di ripartizione dei sovracanoni annui per
derivazioni  d'acqua a scopo idroelettrico, per invasione della sfera
di  competenza  costituzionalmente  garantita  alla Regione Veneto in
violazione  degli artt. 3, 5, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione,
della  legge  27 dicembre  1953,  n. 959,  del decreto legislativo 11
novembre  1999,  n. 463,  del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo
1998  e  del  decreto  legislativo  n. 79  del 16 marzo 1999 e per il
conseguente   annullamento,   previa  sospensione  incidentale  della
deliberazione  della  Giunta  Provinciale  di  Bolzano del 14 gennaio
2002,  n. 46,  pubblicata  nel  Bollettino  Ufficiale  della  Regione
Autonoma  del  Trentino  -  Alto Adige n. 5/I-II del 29 gennaio 2002,
n. 2,  recante  "Revoca  della  deliberazione  n. 2286  del 16 luglio
2001".

                              F a t t o

    L'odierna   controversia   e'   nota   a   codesta  ecc.ma  Corte
Costituzionale  in  quanto  rappresenta  l'ennesimo  passaggio di una
complessa  questione  gia'  radicata,  oltre  che avanti al Tribunale
Superiore  delle  Acque  pubbliche,  anche  avanti  a  codesto ecc.mo
Collegio.
    La  Regione  Veneto  ha  infatti gia' proposto ricorso sia per la
dichiarazione  di illegittimita' costituzionale di una norma di legge
della   Provincia   Autonoma   di   Bolzano,  che  per  conflitto  di
attribuzioni  avverso  un precedente provvedimento provinciale di cui
la   deliberazione   oggetto   del   presente   giudizio  costituisce
attuazione.
    L'articolazione   della   vicenda  e  della  relativa  disciplina
normativa impone quindi di chiarire preliminarmente alcuni aspetti in
fatto e in diritto.
    La  controversia  verte in materia di grandi derivazioni di acque
pubbliche   a,   scopo   idroelettrico  ed  in  particolare  di  c.d.
sovracanoni idroelettrici.
    La normativa di riferimento e' rappresentata, pertanto, dal Testo
unico  delle  leggi  sulle acque ed impianti elettrici, approvato con
r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775, come successivamente modificato dalla
legge 27 dicembre 1953, n. 959.
    La normativa dettata dal T.U. prevede innanzitutto che "Le utenze
di  acqua  pubblica  sono  sottoposte al pagamento di un annuo canone
governativo"  di natura demaniale, quale corrispettivo per l'utilizzo
del bene pubblico (art. 35).
    L'art. 52 sancisce, inoltre, che "... nelle concessioni di grandi
derivazioni  per  produzione  di  energia  puo' essere riservata... a
favore  dei  comuni  rivieraschi...,  una  quantita'  di  energia non
superiore  ad  un decimo  di  quella  ricavata  dalla  portata minima
continua";  mentre  all'art. 53  si  prevede che: "Il Ministero delle
finanze...,  puo'  stabilire con proprio decreto, a favore dei comuni
rivieraschi  e  delle  Provincie, un ulteriore canone annuo, a carico
del concessionario...".
    Con  questa  disciplina, quindi, e' stato introdotto un complesso
sistema  con  finalita'  perequative,  volto ad indennizzare i comuni
rivieraschi   per   il   prelievo  delle  acque  dovute  alle  grandi
derivazioni per uso idroelettrico o di produzione di forza motrice.
    La  legge  n. 959 del 1953 ha completato il predetto sistema e ha
previsto  l'istituzione  da parte del Ministero per i lavori pubblici
dei B.I.M. (bacini imbriferi montani) di cui determina il perimetro.
    Scopo   della   legge   era   quello  di  distribuire  le  misure
indennitarie dovute dal concessionario di grandi derivazioni non solo
fra  i  comuni rivieraschi ma anche fra gli altri comuni che facevano
parte del Bacino Imbrifero.
    La  medesima  legge,  inoltre,  prevede che la riserva di energia
prevista  originariamente  dall'art. 52  a  carico del concessionario
venga sostituita dal pagamento di un sovracanone annuo.
    Il  sistema  che si puo' quindi ricostruire dal coordinamento del
T.U.  delle  acque  e  della  legge  n. 959  del  1953 prevede che il
concessionario  di  grandi derivazioni sia tenuto, in primo luogo, al
pagamento  del  canone concessionario per l'uso dell'acqua ex art. 35
del  T.U.  sulle  acque  di  natura  demaniale,  in secondo luogo, al
pagamento  di un sovracanone annuo a favore dei comuni ricompresi nel
bacino  imbrifero montano ed in terzo luogo al sovracanone per comuni
rivieraschi di cui all'art. 53 del T.U. delle acque.
    I  comuni  compresi  nei  B.I.M.  possono istituire dei consorzi,
obbligatori se i tre quinti del comune ne fanno espressa richiesta.
    Qualora  il  bacino imbrifero sia compreso in piu' province, deve
costituirsi un consorzio per ogni Provincia.
    Secondo  le  previsioni di tale legge i sovracanoni devono essere
corrisposti  ad  un fondo comune a disposizione dei consorzi compresi
nel perimetro interessato (ex art. 14 della legge n. 959 del 1953), e
in  questo  caso  il  riparto  del sovracanone e' stabilito di comune
accordo  tra  tutti i consorzi del bacino o in mancanza dal Ministero
dei  lavori pubblici (ex art. 1, tredicesimo comma della legge n. 959
del 1953).
    Il  Bacino  Imbrifero  dell'Adige  fu  costituito con decreto del
Ministero  dei  lavori  pubblici  n. 703  del  14 dicembre  1994, con
successiva  riperimetrazione  con  decreto ministeriale del 18 luglio
1969.
    I  comuni  inclusi  in  tale  Bacino,  in attuazione del disposto
legislativo  sopra  riportato,  istituirono  dei  consorzi  per  ogni
provincia compresa nel Bacino Imbrifero, dando cosi' vita ai seguenti
consorzi:  Consorzio  B.I.M.  di  Verona, Consorzio B.I.M. di Trento,
Consorzio  B.I.M.  di  Belluno,  Consorzio  B.I.M di Vicenza, nonche'
Consorzio B.I.M. di Bolzano.
    Questi  stessi  consorzi,  ai  sensi  della  legge n. 99 del 1953
costituirono  per  la  riscossione e la distribuzione dei sovracanoni
loro  spettanti  un fondo, comune, le cui ultime modalita' di riparto
furono stabilite con un accordo risalente al 18 marzo 1997.
    In  questo  quadro  normativo  e'  intervenuta  dapprima la legge
provinciale   di   Bolzano   n. 13   del  29  agosto  2000  (relativa
all'assestamento   del   bilancio   per   l'anno   2000),  la  quale,
introducendo  la  disposizione  di  cui all'art. 1, comma 2-bis della
legge  provinciale  29  marzo  1983, n. 10, ha attribuito alla giunta
provinciale  il  compito di determinare le modalita' di riscossione e
di  destinazione  dei sovracanoni posti a carico dei concessionari di
grandi  derivazioni  di  acque  pubbliche  a  scopo  idroelettrico  e
spettanti, ai sensi della legge n. 959 del 27 dicembre 1953 ai comuni
e  ai loro consorzi, compresi nei bacini imbriferi montani, appunto i
cosiddetti consorzi B.I.M.
    Quest'ultima   norma   regionale   e'  stata  emanata  a  seguito
dell'entrata   in  vigore  del  decreto  legislativo  n. 463  dell'11
novembre  1999,  di  modifica delle norme di attuazione dello statuto
speciale  della  Regione  Trentino Alto-Adige, con cui il legislatore
aveva delegato alle Province Autonome di Trento e Bolzano l'esercizio
delle  funzioni  statali  in  materia  di  grandi derivazioni a scopo
idroelettrico  per il rispettivo territorio a decorrere dal 1 gennaio
2000.
    Tuttavia,  il  legislatore  statale,  all'art. 1-bis del suddetto
decreto,  aveva dettato i criteri e i limiti della delega, stabilendo
che  spettassero  alla Provincia competente per territorio i proventi
derivanti  dall'utilizzo  delle  acque  pubbliche,  compresi i canoni
demaniali  di  concessione,  e  che  la  materia delle concessioni di
grandi   derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  con  relativi  canoni
demaniali,  venisse  disciplinata con legge provinciale, nel rispetto
dei principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari.
    Con   successiva   deliberazione   di   giunta   provinciale  del
18 settembre  2000,  n. 3470,  oggetto  di autonomo ricorso avanti al
Tribunale  superiore  delle  acque  pubbliche  da  parte dei consorzi
imbriferi  montani  dell'Adige,  con  intervento  della  Regione  del
Veneto,  la Giunta provinciale aveva dato attuazione all'art. 3 della
legge  provinciale  n. 13  del  2000,  prevedendo  che  la  Provincia
Autonoma  di  Bolzano  introitasse,  oltre  ai canoni di concessione,
anche  i  sovracanoni dovuti ai consorzi B.I.M. dell'Adige, e cio' in
aperta violazione con quanto previsto dalla legge n. 959 del 1953.
    In sede di impugnazione di tale deliberazione, tanto i ricorrenti
quanto  l'interveniente  avevano  in  via  preliminare  sollevato  la
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 2-bis
della  legge  provinciale  n. 10  del  1983,  cosi'  come  introdotto
dall'art. 3,  comma  3 della legge provinciale n. 13 del 2000, per la
violazione degli artt. 3, 5 e 128 della Costituzione in relazione coa
all'art. 1,  sedicesimo  comma del d.P.R. 26 marzo 1977, n. 235, come
modificato dal d.lgs. n. 463 del 1999, sostenendo che la disposizione
di  modifica  delle  norme  attuative  dello  Statuto  della  Regione
Trentino-Alto  Adige consentiva alle Province Autonome l'introito dei
soli   canoni   demaniali  dovuti  dal  concessionario  a  titolo  di
corrispettivo per lo sfruttamento di un bene pubblico, e non gia' dei
sovracanoni  ex  lege  n. 959  del  1953,  totalmente  differenti per
funzione e natura.
    Si   tratta,   infatti,  di  distinte  tipologie  di  imposizioni
patrimoniali:  l'una,  il  canone concessorio ha carattere demaniale,
l'altra, il sovracanone, non ha carattere demaniale, bensi' natura di
indennizzo  a  fronte  del mancato utilizzo dell'acqua, nonche' delle
conseguenze   sopportate   dall'ente   locale   in dipendenza   della
costruzione e dell'esercizio degli impianti idroelettrici.
    Con  ordinanza  in  data 20-23 luglio 2001, ad esito dell'udienza
fissata  per  la  discussione  della sospensione dell'efficacia della
deliberazione  provinciale  n. 3470 del 18 settembre 2000, il giudice
delegato  ha  sospeso  le disposizioni in essa contenute ritenendo di
dover  interpretare  secondo Costituzione l'art. 1, comma 2-bis della
legge provinciale n. 10/1983.
    Quest'ultima  ordinanza  infatti  afferma  che  "...  la predetta
delega,  da  un  lato  dispone  in  ordine  ai  canoni  demaniali  di
concessione  e non anche ai sovracanoni di cui all'art. 9 della legge
n. 959  del 1953, affermando cosi' la non assimilabilita' dei secondi
ai  primi;  dall'altro  impone alla legge provinciale il rispetto dei
principi  della  legislazione statale". Ed il "sistema organizzatorio
consortile - con la connessa attribuzione del predetto sovracanone ad
un  apposito  fondo  comune da ripartirsi in base ad un accordo fra i
consorzi  medesimi,  per essere impiegato esclusivamente a favore del
progresso  economico e sociale delle popolazioni, nonche' ad opere di
sistemazione  montana (art. 1 della legge 27 dicembre 1953, n. 959) -
investite  l'autonomia  comunale  e  costituisce  espressione  di  un
principio della legislazione statale".
    In  data  16 luglio 2001 e quindi nell'imminenza dell'udienza per
la  discussione  della  sospensione  dell'efficacia del provvedimento
impugnato,  tenutasi  il  20  luglio  2001,  la Giunta Provinciale di
Bolzano  adottava  una  nuova deliberazione in materia di sovracanoni
(deliberazione  n. 2286,  pubblicata  nel  Bollettino Ufficiale della
Regione  Autonoma  n. 31  del  31  luglio 2001) che, pur revocando la
precedente  deliberazione n. 3470 del 18 settembre 2000, ne manteneva
inalterato il contenuto sostanziale.
    Quest'ultima  deliberazione infatti ribadiva il principio secondo
il  quale  i  sovracanoni  di  cui alla legge n. 959 del 1953 posti a
carico   dei  concessionari  degli  impianti  idroelettrici  siti  in
Provincia  Autonoma  di  Bolzano  sono  introitati direttamente dalla
Provincia stessa.
    In   particolare   il   complesso  sistema  di  ripartizione  dei
sovracanoni  descritto  dalla  delibera  prevede che siano versati al
Consorzio  B.I.M.  di Bolzano sia i sovracanoni spettanti ai comuni o
ai  consorzi  B.I.M.  ai  sensi  della  legge  n. 959 del 1953, sia i
sovracanoni  spettanti  ai  comuni rivieraschi di cui all'art. 53 del
r.d.  11  dicembre 1993, n. 1775 e successive modifiche. Mentre pero'
questi ultimi, una volta sottratta la quota spettante alla Provincia,
vengono distribuiti tra i comuni rivieraschi, i sovracanoni dovuti ai
Consorzi B.I.M. vengono in parte destinati alla medesima Provincia e,
per  la  restante  parte,  al Consorzio B.I.M. di Bolzano, attraverso
modalita'  da  stabilirsi tramite accordo fra il medesimo Consorzio e
la Provincia.
    In  tal modo, la deliberazione ribadisce che i sovracanoni di cui
alla  legge  n. 959  del  1953  spettano  alla Provincia Autonoma, in
violazione  dei  principi previsti dalla legislazione statale secondo
cui  tali  proventi,  destinati ad alimentare un fondo comune, sono a
beneficio  dei  comuni  o  dei  loro  consorzi  compresi  nel  bacino
imbrifero   montano   che,  in  accordo  fra  loro,  stabiliscono  le
rispettive quote di ripartizione.
    Con  una  successiva nota del Presidente della Provincia Autonoma
di  Bolzano  in  data 9 ottobre 2001, prot. n. 5.3/14.02.02/BB/17399,
recante,  "Canoni  e  sovracanoni sulle concessioni di derivazioni di
acque  pubbliche  a  scopo  idroelettrico  -  articolo  2-bis - legge
provinciale  29  marzo  1983,  n. 10  e  secc. mod.", la Provincia di
Bolzano   ha   dettato   altresi'   disposizioni  interpretative  del
provvedimento impugnato.
    Entrambe  questi  provvedimenti  sono  stati  impugnati avanti al
Tribunale  Superiore  delle  Acque  pubbliche  con  ricorso in data 9
novembre   2001,   con  riproposizione,  in  via  preliminare,  della
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 1, comma 2-bis
della  legge provinciale n. 10 del 1983, come introdotto dall'art. 3,
comma 3 della legge provinciale n. 13 del 2000.
    Insistendo   sulla   propria   pretesa   volta  ad  introitare  i
sovracanoni  idroelettrici,  la Giunta Provinciale, con deliberazione
n. 4324  del  10 dicembre  2001  avente  ad oggetto: "Revisione della
misura  dei  sovracanoni  per  impianti idroelettrici", ha provveduto
alla   determinazione   degli   importi  dei  sovracanoni  annui  per
derivazioni  d'acqua  a  scopo  idroelettrico  per  il  periodo dal 1
gennaio 2002 al 31 dicembre 2002.
    Avverso questo provvedimento, palesemente lesivo delle competenze
costituzionalmente  attribuite alla Regione Veneto, l'amministrazione
regionale  ha  proposto ricorso in data 4 marzo 2002 per conflitto di
attribuzioni avanti codesta Ecc.ma Corte.
    Da ultimo, con l'art. 44 della legge provinciale di Bolzano n. 19
del   28 dicembre  2001  avente  ad  oggetto:  "Disposizioni  per  la
formazione  del  bilancio di previsione per l'anno finanziario 2002 e
per  il  triennio  2002-2004  e  norme  legislative  collegate (legge
finanziaria 2002)", il legislatore provinciale, sul presupposto della
propria  competenza  ad  introitare  i  sovracanoni di cui alla legge
n. 959  del  1953,  prevede  che  questi  ultimi  "sono  versati alla
Provincia contestualmente al pagamento dei canoni demaniali".
    Con  atto  in  data 4 marzo 2002 e' stato proposto ricorso in via
principale,  avanti  codesta  ecc.ma  Corte,  da  parte della Regione
Veneto,  per  la  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale di
questa  disposizione  di  legge.  In  questo  contesto  si  inserisce
l'ennesimo    provvedimento    provinciale    oggetto    dell'odierna
impugnazione,  adottato con deliberazione della Giunta Provinciale di
Bolzano  del  14  gennaio  2002,  n. 46,  con  il  quale si revoca la
precedente  deliberazione  n. 2286  del  16  luglio  2001, disponendo
espressamente   che   restino   validi  i  provvedimenti  assunti  in
esecuzione della stessa.
    Anche   quest'ultimo   provvedimento,   adottato,   al  pari  del
precedente,   gia'   censurato  per  conflitto  di  attribuzioni,  in
attuazione dell'art. 1, comma 2-bis della legge provinciale n. 19 del
1983,  nonche'  in  attuazione  dell'art. 44  della legge provinciale
n. 19  del  2001,  risulta  palesemente lesivo delle competenze della
Regione del Veneto per i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    Come  gia'  anticipato  in  fatto,  il  provvedimento  che con il
presente  ricorso  si  impugna  costituisce (per il momento) l'ultimo
atto  di  una lunga vicenda che ha comportato una grave lesione della
sfera delle competenze della Regione del Veneto.
    Con  quest'ultimo  provvedimento,  in  particolare,  la Provincia
Autonoma  di  Bolzano  ha realizzato un'inammissibile ingerenza nelle
competenze,  costituzionalmente  attribuite  alla  Regione  Veneto in
materia  di grandi derivazioni d'acque pubblica a scopo idroelettrico
nonche'  nella sfera territoriale della stessa, in quanto ha ribadito
l'efficacia  degli  atti  adottati in base alla deliberazione n. 2286
del  16  luglio  2001, con cio' riconfermando la propria competenza a
determinare  le  modalita'  di  riscossione  e  di  ripartizione  dei
sovracanoni  idroelettrici  e cio' anche per quei proventi che devono
essere riscossi nel territorio del Veneto.
    Tale  ingerenza  si  accompagna  altresi'  alla  distrazione  dei
proventi  derivanti dai sovracanoni dalla loro destinazione ai comuni
del  territorio  del  Veneto e quindi alla popolazione della regione,
della quale l'amministrazione ricorrente e' soggetto esponenziale.
    1.  -  Violazione  degli  artt.  117  e  118  della costituzione;
violazione  del  decreto  legislativo n. 463 del 1999; violazione del
decreto   legislativo   n. 463   del  1999;  violazione  del  decreto
legislativo n. 112 del 1998; violazione del decreto legislativo n. 79
del 1999; violazione della legge n. 959 del 1953.
    Con  il decreto legislativo 11 novembre 1999, n. 463, di modifica
delle  norme  di  attuazione  dello  statuto  speciale  della Regione
Trentino  Alto-Adige  di  cui al d.P.R. n. 235 del 1977 in materia di
demanio  idrico,  di  opere  idrauliche  e  di  concessioni di grandi
derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  produzione  e distribuzione di
energia  elettrica, il legislatore ha delegato alle Province Autonome
l'esercizio delle funzioni statali in materia di grandi derivazioni a
scopo  idroelettrico  per  il rispettivo territorio a decorrere dal 1
gennaio  2000  (art. 1-bis), circoscrivendo l'oggetto della delega di
funzioni  e,  dettando  limiti  alla potesta' legislativa provinciale
nella materia delegata. Stabilisce infatti il legislatore statale che
spettano   alla  Provincia,  competente  per  territorio  i  proventi
derivanti  dall'utilizzo  delle  acque  pubbliche,  compresi i canoni
demaniali  di  concessione,  e  che  la  materia delle concessioni di
grandi   derivazioni  a  scopo  idroelettrico,  con  relativi  canoni
demaniali, viene disciplinata con legge provinciale, nel rispetto dei
principi della legislazione statale e degli obblighi comunitari.
    Il  legislatore  sembra,  quindi,  aver  configurato in capo alla
Provincia  Autonoma  un'ipotesi  di  potesta' legislativa concorrente
soggetta,  come  tale,  al limite derivante dal rispetto dei principi
contenuti  nella  legislazione statale di settore e nella fattispecie
del  T.U.  delle  leggi sulle acque pubbliche di cui r.d. n. 1775 del
1933, come, modificato, in materia di sovracanoni, dalla legge n. 959
del 1953.
    Ma  oggetto  della  suddetta  delega,  che,  e' anche, la materia
oggetto  della  potesta' legislativa provinciale di tipo concorrente,
e'  la  funzione concessoria relativamente alle grandi derivazioni di
acque  pubbliche  e  non  gia'  la  determinazione delle modalita' di
riscossione  e  ripartizione  dei  proventi derivanti dai sovracanoni
spettanti  ai  comuni  ed  ai  loro  consorzi  ricompresi  nel bacino
imbrifero montano.
    Rientra  infatti  nell'ambito  della  competenza  provinciale  la
potesta'  di  disciplinare  modalita' di determinazione e riscossione
dei  canoni  demaniali,  in  quanto  corrispettivo della concessione,
restando  invece  sottratta  ad essa ogni determinazione in ordine ai
sovracanoni.
    Cio'  in  quanto canoni demaniali e sovracanoni B.I.M., come gia'
ritenuto  anche  dal  giudice  delegato del Tribunale Superiore delle
Acque   Pubbliche   con   ordinanza  20-23  luglio  2001  resa  nella
controversia  de  qua,  non  sono in alcun modo assimilabili, essendo
proventi del tutto diversi per natura giuridica e funzione.
    Mentre,  infatti,  i  primi  costituiscono  il  corrispettivo per
l'utilizzo  dell'acqua  come  bene  pubblico, i sovracanoni non hanno
invece   carattere   di  provento  di  natura  demaniale  perche'  e'
completamente  differente  il  loro presupposto in quanto non sono il
corrispettivo   dell'uso  di  un  bene  pubblico  bensi'  una  misura
indennitaria  posta  a carico del concessionario a fronte del mancato
utilizzo  dell'acqua,  nonche' delle conseguenze sopportate dall'ente
locale   in  dipendenza  della  costruzione  e  dell'esercizio  degli
impianti elettrici.
    In  tema  di  sovracanoni  B.I.M.  la  giurisprudenza  ha infatti
chiarito  che  gli  stessi rispondono alla funzione di reintegrazione
delle  risorse degli enti territoriali interessati, nell'ambito degli
interventi  a  sostegno dell'autonomia locale (in tal senso Tribunale
Sup.re  Acque n. 44 del 10 dicembre 1985 e n. 97 del 14 ottobre 1993)
e  che  ciascun  comune  o  consorzio  "e'  titolare, per la quota di
sovracanone  ad  esso attribuita ed indipendentemente dalla effettiva
utilizzazione  della concessione, di un diritto soggettivo di credito
nei   confronti   del   concessionario   tenuto  alla  contribuzione"
(Tribunale Sup.re 10 luglio 1985, n. 44).
    Inoltre,  che  nella  fattispecie  lo Stato abbia inteso delegare
alle  province  autonome l'esercizio della sola funzione concessoria,
con  conseguente  introito  dei  soli canoni demaniali, risulta ancor
piu' evidente se si considera che l'opposta conclusione finirebbe per
confliggere  con il principio generalissimo in virtu' del quale "nemo
plus iuris transferre potest quam ipse habet".
    Pertanto, in base alla delega statale, la provincia autonoma puo'
legittimamente  introitare  i  soli  canoni  concessori  e non gia' i
sovracanoni  che  gia' in precedenza non riscuoteva lo Stato, essendo
essi  proventi  spettanti  ai  comuni ricompresi nei bacini imbriferi
montani.
    Nel  quadro  normativo  cosi' delineato, la Provincia Autonoma di
Bolzano,  ha  disposto  non  solo  in materia di canoni demaniali, ma
anche  di sovracanoni, facendosene destinataria, e cio' in attuazione
della  sua  legge  provinciale  n. 13  del  29  agosto  2000,  ed  in
particolare  dell'art.  3  avente  ad  oggetto  "Modifiche alla legge
provinciale  29  marzo  1983, n. 10 recante "Adeguamento della misura
dei  canoni  per  le utenze di acqua pubblica", nonche' in attuazione
dell'art. 44 della successiva legge provinciale n. 19 del 28 dicembre
2001.
    Cio' ha fatto dapprima con la deliberazione n. 3470/2900, poi con
la  successiva  deliberazione  n. 2286  del  16 luglio 2001 di revoca
della  precedente  e  riproduttiva  del  suo  contenuto,  indi con il
provvedimento del 10 dicembre 2001 n. 4524 inerente la determinazione
dell'importo  dei  sovracanoni  e, da ultimo, con la deliberazione 14
gennaio 2002, n. 46 che con il presente ricorso si impugna.
    Tali  provvedimenti  sono stati adottati in aperta violazione dei
principi  contenuti  nel  T.U.  delle  leggi  sulle  acque pubbliche,
principi  che  sono  rinvenibili  nel complesso sistema con finalita'
perequative, introdotto con la disciplina di modifica del testo unico
operata con la legge n. 959 del 1953.
    Infatti  questa  legge,  in  omaggio  alla  ratio secondo cui gli
effetti negativi conseguenti alla portata d'acqua connessa alle opere
di derivazione sono necessariamente sopportati da tutti i comuni siti
all'interno  del perimetro del bacino imbrifero montano, ha dato vita
ad  un'organizzazione  consortile  costituita dai comuni compresi nei
bacini  imbriferi  montani  con  lo  scopo di amministrare e gestire,
attraverso  accordi fra i soggetti consorziati, un fondo comune. Tale
fondo e' alimentato unicamente dai proventi derivanti dai sovracanoni
ed e' costituito come patrimonio di scopo, normativamente vincolato a
favore  del  progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche'
ad opere di sistemazione montana non di competenza dello Stato.
    Questi   principi   sono   senza   dubbio  da  ritenere  principi
fondamentali  della  legislazione  statale  e,  come  tali, vincolo e
limite alla legislazione provinciale concorrente.
    In  tal  senso  si  e',  peraltro,  chiaramente espresso anche il
giudice  delegato del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche nella
citata  ordinanza  20-23  luglio  2001,  ritenendo  che  "il  sistema
organizzatorio consortile - con la connessa attribuzione del predetto
sovracanone  ad  un  apposito  fondo  comune da ripartirsi in base ad
accordo  fra i consorzi medesimi, per essere impiegato esclusivamente
a favore del progresso economico e sociale delle popolazioni, nonche'
ad  opere  di  sistemazione  montana - investe l'autonomia comunale e
costituisce espressione di un principio della legislazione statale".
    Risulta quindi quantomai evidente l'illegittimita' costituzionale
per  invasione  delle competenze della Regione del Veneto tanto delle
citate    norme    provinciali   gia'   oggetto   di   eccezione   di
incostituzionalita', quanto delle deliberazioni attuative n. 3470 del
2000,  n. 2286 del 2001, n. 4524 del 10 dicembre 2001 gia' oggetto di
autonome  impugnazioni  avanti  al  Tribunale  Superiore  delle Acque
pubbliche  e,  relativamente  a  quest'ultima,  oggetto  altresi'  di
precedente ricorso per conflitto di attribuzioni avanti questa ecc.ma
Corte,  ma  anche della successiva deliberazione n. 46 del 14 gennaio
2002 che qui si impugna.
    Quest'ultimo  provvedimento,  infatti, al pari dei precedenti, ha
violato  i  criteri ed i limiti imposti dal legislatore all'esercizio
della delega in materia di grandi derivazioni idroelettriche, nonche'
i   limiti   imposti  dal  d.lgs.  n. 463  del  1999  alla,  potesta'
legislativa   provinciale,  sovvertendo  l'intero  assetto  normativo
previsto dalla legge n.959 del 1953.
    E  nell'incorrere  in tali violazioni, il provvedimento impugnato
ha  invaso la sfera di competenza in materia di grandi derivazioni di
acque  pubbliche attribuita alla Regione Veneto dagli artt. 117 e 118
Cost.  per  il  tramite  della  norma  legislativa  interposta di cui
all'art. 89 del decreto legislativo n. 112 del 1998.
    Tutte  le  funzioni  amministrative  relative alle derivazioni di
acque   pubbliche,   nonche'   alla   determinazione  dei  canoni  di
concessione   ed  all'introito  dei  relativi  proventi,  sono  state
trasferite  alle  regioni  dal  decreto  legislativo n. 112 del 1998,
fatta  eccezione  per  le  grandi  derivazioni a scopo idroelettrico,
disciplinate   dal   successivo   d.lgs. 16   marzo  1999,  n. 79  di
recepimento della direttiva CE 96/92.
    Con  questo  decreto  viene  completato  il  trasferimento  delle
funzioni  alle  regioni  ed  alle  province  autonome  in  materia di
concessioni  di grandi derivazioni, con espressa esclusione di quelle
che  interessano  piu'  regioni o, province autonome, le quali devono
essere   rilasciate  d'intesa  dalle  regioni,  o  province  autonome
interessate o, in mancanza, dallo Stato.
    L'intera  disciplina  ha  trovato attuazione nella Regione Veneto
con la legge regionale 13 aprile 2001, n. 11.
    Anche in materia di concessioni di grandi derivazioni, dunque, il
legislatore,  qualora  la derivazione interessi il territorio di piu'
regioni  e/o  province  autonome,  ha  necessariamente escluso che la
relativa funzione possa essere unilateralmente esercitata da una sola
regione e/o provincia autonoma.
    E  sul punto recentemente anche questa ecc.ma Corte, con sentenza
n. 353  del  2001, nel dichiarare l'illegittimita' dell'art. 2, comma
1,  lett.  d)  del  d.lgs. n. 463 del 1999 per lesione dell'autonomia
della Regione Veneto, ha ritenuto che il necessario coordinamento fra
Stato, Regioni e Province autonome previsto dalla legge ai fini della
definizione  del  piano  generale  per  l'utilizzazione  delle  acque
pubbliche,  debba  assicurare l'effettiva partecipazione paritaria di
tutte le regioni e province autonome.
    Orbene,  se  in  materia  di utilizzazione di acque pubbliche che
interessino  il territorio di piu' regioni e/o province autonome vale
il   principio   teste'  richiamato  relativamente  alla  parita'  di
intervento    delle   stesse,   sia   ai   fini   dell'attivita'   di
pianificazione,   sia   ai   fini   dell'esercizio   della   funzione
concessoria,  cio'  non  puo'  non  valere,  a  maggior  ragione, per
l'attivita' di gestione dei sovracanoni; attivita' che, in assenza di
accordo  fra  le  regioni e/o province autonome interessate, non puo'
certamente  essere esercitata unilateralmente da una sola regione e/o
provincia  autonoma,  e  deve  essere  necessariamente  riservata  al
coordinamento statale.
    E cio' e' ancor piu' vero se si ha riguardo alla recente modifica
del  titolo  V della Costituzione ad opera della legge Costituzionale
n. 3 del 2001 che, da un lato amplia la potesta' normativa regionale,
dall'altro   riserva   allo  Stato  le  materie  che  richiedono  una
indispensabile  uniformita' di disciplina, all'interno del territorio
nazionale.
    Altro  profilo  di  illegittimita'  derivata  della deliberazione
provinciale,  impugnata  e'  dato  dalla  violazione  dell'art. 8 del
d.P.R.  26  marzo  1977,  n. 235  (Norme  di attuazione dello statuto
speciale della Regione Trentino Alto-Adige in materia di energia) che
prevede  la  possibilita'  di  attribuire  i compiti dei consorzi dei
comuni  di  cui  alla  legge n. 959/1953 alle comunita' montane od ad
altri  enti  di  diritto  pubblico  "qualora  esprima  il consenso la
maggioranza  dei  comuni  consorziati".  La  medesima  norma prosegue
prevedendo  che  i  consorzi  B.I.M.  o gli enti che li sostituiscono
"possano  cedere  alle  province il diritto alla fornitura di energia
elettrica  ai sensi dell'art. 3 d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279 verso il
pagamento  di  un  corrispettivo  equivalente  al  sovracanone di cui
all'art. 1 della legge n. 959/1953".
    Nel  caso  di specie, come gia' ampiamente rilevato, la provincia
Autonoma   di  Bolzano  ha  unilateralmente  deciso  in  ordine  alla
riscossione  e  ripartizione  dei  sovracanoni, privando, di fatto, i
consorzi  B.I.M.  Adige  veneti  delle loro competenze in ordine alla
gestione  ed  alle modalita' di ripartizione del fondo comune. E cio'
in  aperta  violazione  di  una legge con natura di legge rinforzata,
quale  il  decreto  legislativo  contenente  le norme attuative dello
statuto speciale, approvato con d.P.R. n. 235/1977.
    In  definitiva,  cio' che emerge con chiarezza dalla norma di cui
al citato art. 8 e' l'intento del legislatore statale di mantenere la
titolarita'  del  diritto  derivante dai sovracanoni idroelettrici in
capo  ai  comuni  del  B.I.M.,  principio,  questo,  che non potrebbe
trovare  smentita  nel  medesimo  testo  di  legge,  come vorrebbe la
Provincia  Autonoma  di  Bolzano,  laddove  si prevede la delega alle
province  dell'esercizio  delle funzioni statali in materia di grandi
derivazioni.
    Invero,  quest'ultimo  provvedimento,  che pure dispone la revoca
della  precedente  deliberazione n. 2286 del 16 luglio 2001, tradisce
una  presa  di  coscienza  da  parte dell'amministrazione provinciale
dell'illegittimita'   della   suddetta  delibera  ed  un  intento  di
procedere  al  ritiro  della  medesima attraverso un provvedimento di
annullamento d'ufficio, impropriamente definito come revoca.
    Tuttavia  la  Provincia  Autonoma  voleva comunque assicurarsi la
piena  validita'  ed  efficacia  degli atti adottati sulla base della
deliberazione  "revocata",  tant'e'  che lo ha espressamente previsto
nel  provvedimento impugnato nonostante l'istituto della revoca abbia
gia' di per se' efficacia non retroattiva.
    Cio'  peraltro  conferma come in realta' non di revoca si tratti,
bensi' di un annullamento d'ufficio disposto per vizi di legittimita'
originari  dell'atto,  provvedimento del quale si e' inteso escludere
la naturale efficacia retroattiva.
    2. - Violazione degli artt. 5, 117, 118 e 120 della Costituzione.
    Ma anche ad esito della riforma costituzionale del titolo V della
Carta  fondamentale  si  deve ritenere che il provvedimento impugnato
integri una violazione dell'art. 17 Cost.
    Va  infatti  rilevato  che,  sotto  il profilo contenutistico, il
provvedimento  provinciale,  attuativo della normativa provinciale di
cui  alle leggi n. 13 del 2000 e n. 19 del 2001, detta una disciplina
che  non  tiene  in  adeguata  considerazione  l'esigenza  di  tutela
dell'unita'  giuridica  ed  economica  dell'ordinamento dettata dagli
artt. 5  e 120 della Costituzione e si rivela gravemente contrastante
con il principio di sussidiarieta' costituzionalizzato nella norma di
cui al novellato art. 118.
    Non  appare  discutibile  infatti  che  la  provincia autonoma di
Bolzano  abbia  obliterato  nel  modo  piu'  assoluto  la funzione di
coordinamento  dello Stato in presenza di potesta' che siano fra loro
concorrenti,  ponendosi  in  aperto  contrasto  con  l'art. 120 della
Costituzione  che,  nel  richiamare  l'esigenza di tutela dell'unita'
giuridica  ed  economica  dello  Stato,  si  riferisce precisamente a
questa  esigenza  di  coordinamento ed armonizzazione necessariamente
spettante allo Stato.
    Ma   la   provincia   autonoma,  nel  definire  le  modalita'  di
riscossione  e  ripartizione  dei proventi derivanti dai sovracanoni,
funzione  che  invece,  in  base  ad  una  corretta  applicazione del
principio  di legge, spetterebbe allo Stato, e' incorsa altresi nella
violazione del principio di sussidiarieta' verticale.
    Il  significato del principio di sussidiarieta' e' infatti quello
di avvicinare il piu' possibile, in un processo ascendente il livello
decisionale alla comunita' interessata.
    Tuttavia  e' altrettanto vero che, in base al medesimo principio,
le  funzioni sussidiarie devono necessariamente far capo all'ente del
livello  superiore  proprio  perche'  l'ente  inferiore o non dispone
delle  capacita' per esercitarle oppure le stesse funzioni esigono un
esercizio unitario da parte del livello di governo superiore.
    Tale  e'  infatti il caso di specie. Le funzioni di coordinamento
fra  i  vari  Consorzi  che  la  legge  n. 959  del 1953 assegnava al
Ministero dei lavori pubblici non possono ritenersi trasferibili alla
regione  o  ad  una  provincia  autonoma  perche'  esse,  in  base al
principio   di  sussidiarieta',  non  possono  essere  esercitate  da
quest'ultimo  ente  ma  esigono,  sul  piano  logico prima ancora che
giuridico,  che  il  loro  esercizio, che presuppone una posizione di
superiorita' rispetto agli altri enti, debba necessariamente far capo
allo Stato.
    3. - Violazione del limite del territorio.
    E'  inoltre  altrettanto  evidente  la  violazione  del principio
generale di territorialita' ad opera del provvedimento impugnato.
    Il  limite  del territorio quale ambito spaziale di validita' del
proprio  ordinamento,  com'e'  noto,  vale  per  ogni regione - sia a
statuto  ordinario, che a statuto speciale - e/o provincia autonoma e
costituisce  il  limite  inderogabile  all'espandersi  di ogni potere
regionale/provinciale.
    Peraltro,  l'esistenza  stessa  del  limite  territoriale  e' una
logica conseguenza, dello stesso carattere di ente territoriale della
regione/provincia  autonoma  e'  della  struttura  regionalista dello
Stato Italiano.
    Appare  quindi  chiaro  che un provvedimento provinciale, seppure
adottato  in  attuazione di una norma provinciale, non puo' in nessun
caso  pretendere  di dettare una disciplina relativa a situazioni o a
rapporti  radicati al di fuori del proprio territorio, dovendo invece
perseguire interessi propri della comunita' provinciale, collegati al
territorio della provincia, inteso come misura della loro dimensione"
(vedi Corte cost., sent. n. 68 del 1990).
    Nella   fattispecie   oggetto   della  presente  controversia  la
provincia  autonoma,  introitando  i  sovracanoni  B.I.M.  dovuti dai
concessionari  siti nel proprio territorio, sottrae tali proventi dal
fondo  comune  con  il  risultato  di  espropriare illegittimamente i
consorzi  B.I.M.  siti  in territorio veneto di gran parte delle loro
entrate e quindi compromettendone seriamente la sopravvivenza.
    Giova,  da  ultimo,  ricordare  che,  in base alle argomentazioni
sopra  esposte,  il  giudice  delegato  del Tribunale superiore delle
acque  pubbliche,  nella  controversia  de  qua,  ha  ritenuto di non
rimettere  gli  atti  alla  Corte  costituzionale  per l'incidente di
costituzionalita' relativamente all'art. 3 della legge provinciale di
Bolzano  n. 13  del  2000,  legge  di  cui il provvedimento impugnato
costituisce    attuazione    limitandosi    ad    indicare    l'unica
interpretazione conforme a costituzione della norma in oggetto.
    La  soluzione  prescelta  da  parte del tribunale superiore delle
acque  pubbliche  quindi,  nel  ritenere  superfluo investire codesta
ecc.ma  Corte  della  questione,  dimostra  l'assoluta infondatezza e
pretestuosita'  dell'interpretazione  della normativa statale operata
da parte della provincia e che questa ha cercato di trasfondere nella
norma di legge provinciale.
    Va  tuttavia  richiamata l'attenzione sulla pervicace ed ostinata
volonta'  della  provincia  di  Bolzano  di  affermare  tale  erronea
interpretazione  emanando  la  nuova  norma di legge, l'art. 44 della
legge  provinciale  n. 19 del 2001, anch'essa costituente presupposto
normativo del provvedimento censurato.
    4. - Violazione degli artt. 5 e 119 della costituzione.
      Il  chiaro  intento  della provincia autonoma di Bolzano con il
provvedimento    impugnato   di   gestire   i   sovracanoni   B.I.M.,
determinandone modalita' di riscossione e di riparto, con conseguente
introito   dei  relativi  proventi,  si  traduce  in  una  violazione
dell'art. 5  della  Costituzione anche sotto il profilo della lesione
del  principio  dell'autonomia  e  del decentramento delle funzioni a
favore  degli enti locali siti in territorio veneto rispetto ai quali
l'amministrazione ricorrente e' soggetto esponenziale.
    La  legge  statale, come gia' evidenziato, attribuisce infatti ai
comuni  ed ai loro consorzi compresi nel bacino imbrifero montano, in
accordo   fra   loro,  le  finzioni  di  gestione  del  fondo  comune
all'interno  del  quale  devono  confluire  i  proventi derivanti dai
sovracanoni.
    Ma  il contrasto si estende altresi' all'art. 119 Cost. nel testo
novellato  dalla  riforma  introdotta  dalla  legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3.
    Questa  norma  prevede  che  i  comuni,  le  province,  le citta'
metropolitane  e  le  regioni  abbiano  autonomia  finanziaria sia di
entrata che di spesa e che per questo dispongano di risorse autonome.
Nel  modellare  un  sistema  di "federalismo solidaristico", il terzo
comma  della  norma  prevede  espressamente  che la legge dello Stato
debba  istituire  un  "fondo  perequativo",  per  quei  territori che
dispongano di una minore capacita' fiscale per abitante.
    In  questo  rinnovato  scenario,  il  provvedimento  che  con  il
presente  ricorso  e' censurato, appare gravemente contrastante con i
nuovi principi della materia.
    Non  e'  in dubbio infatti che esso sia in grado di cagionare una
gravissima   compressione   all'autonomia   finanziaria   dei  comuni
interessati, le cui finanze, gia' rigidamente vincolate dall'esigenza
del rispetto del patto di stabilita' e crescita, si trovano a perdere
un  rilevante  cespite  da  impiegare, come prescritto dalla legge 27
dicembre  1953,  n. 959,  per  il progresso economico e sociale delle
popolazioni e per opere di sistemazione montana.
    L'iniziativa  assunta  dalla  provincia  autonoma  di  Bolzano si
rivela  infatti  quanto  mai  sprezzante  e  noncurante  dei principi
normativi in tema di "federalismo fiscale".
    Il  corretto  funzionamento del sistema finanziario in un sistema
federalista,  sia in senso pieno che, come nel nostro ordinamento, in
senso  tendenziale e con connotazioni di carattere solidaristico, non
puo'  che  poggiare  sulla  previsione di meccanismi perequativi, ma,
ancor piu', presuppone l'esistenza di un rapporto di leale e corretta
collaborazione con le varie entita' che compongono l'ordinamento, che
devono   in   ogni   caso   rispettare  le  prerogative  degli  altri
protagonisti della vita istituzionale.
    Non  e' chi non veda come la provincia di Bolzano, nella presente
vicenda,  abbia  dimostrato  di  voler scientemente e deliberatamente
conculare  azzerare  le  legittime  spettanze finanziarie delle altre
amministrazioni; comunali rientranti nel territorio della Regione del
Veneto arrogandosene indebitamente il diritto, realizzando una azione
di  tale  gravita',  sul  piano  dei rapporti fra enti da non evocare
precedenti.
    Va  da  ultimo  ulteriormente  precisato  che  l'interesse  della
regione  a  denunciare  tale  violazione  discende de plano dalla sua
natura   di  ente  esponenziale  degli  interessi  della  popolazione
insediata  nel  suo  territorio,  ivi compreso quello di godere delle
positive  ricadute derivanti dalla introitazione degli importi dovuti
a titolo di sovracanoni.
    5.  -  Violazione  degli  artt.  97  e  3  della  Costituzione in
relazione alla legge 27 dicembre 1953, n. 959.
    Infine  il  provvedimento  provinciale censurato contrasta con il
principio  di imparzialita' e buon andamento di cui all'art. 97 della
Costituzione in relazione alla legge n. 959 del 1953.
    La   provincia   autonoma,  infatti,  disponendo  unilateralmente
l'introito dei proventi derivanti dai sovracanoni da ripartire con il
Consorzio   B.I.M.  di  Bolzano,  ha,  da  un  lato  illegittimamente
espropriato   i   comuni   veneti  di  un'entrata  patrimoniale  loro
attribuita  dalla  legge con vincolo di destinazione al perseguimento
di   un   pubblico   interesse,  dall'alto  ha  operato  un  indebito
trattamento  di  favore  a  vantaggio del solo Consorzio B.I.M. della
provincia di Bolzano.
    Inoltre  la  provincia  autonoma,  nell'arrogarsi  la potesta' di
stabilire  le  modalita'  di riscossione e di riparto dei sovracanoni
B.I.M.,  e'  incorsa nella violazione della legge n. 959 del 1953 per
la  parte  in cui essa prevede un principio di parita' fra i consorzi
B.I.M.   ai   fini   del  riparto  del  sovracanone,  cosicche'  tale
ripartizione  deve  avvenire  mediante  accordo  fra gli stessi o, in
mancanza,  per l'effetto di un provvedimento del Ministero dei lavori
pubblici.
    Nel caso di specie, invece, la provincia autonoma di Bolzano, con
la  norma censurata, vorrebbe unilateralmente modificare le modalita'
di riscossione e di riparto dei sovracanoni, stravolgendo gli assetti
economici all'interno del B.I.M. Adige.
    Sotto  questo  profilo  il  contrasto si estende anche all'art. 3
(Cost. in relazione ai principi di cui alla legge n. 959 del 1953, in
quanto  la norma provinciale ha determinato un'indebita disparita' di
trattamento  fra  i  comuni  compresi  nel  bacino  imbrifero montano
dell'Adige  ed  in particolare fra comuni appartenenti alla provincia
di Bolzano e comuni non situati all'interno di questo territorio, fra
cui  i  comuni  siti  in  territorio  veneto,  che  dalla  disciplina
provinciale subiscono un grave pregiudizio.
    Sull'istanza di sospensione: la fondatezza del ricorso risulta da
quanto   precede;   ricorrono  inoltre  quelle  "gravi  ragioni"  che
consentono di ottenere anche la sospensione, in pendenza di giudizio,
dell'efficacia   dell'atto   che   ha  determinato  il  conflitto  di
attribuzioni.
    L'illegittima  determinazione delle modalita' di riscossione e di
riparto  dei  sovracanoni  determinata  dal  provvedimento che qui si
censura   risulta   infatti   idonea   a  determinare  un  gravissimo
pregiudizio  tanto  ai  Consorzi  dei Bacini imbriferi, la cui stessa
sopravvivenza e' messa in discussione dalla distrazione delle risorse
da parte del provvedimento della provincia autonoma, quanto anche dei
comuni  che  si  trovano  ad  essere  privati di un cespite di sicuro
rilievo negli scarni bilanci comunali.
    Non  va  dimenticato infine l'interesse a riaffermare la certezza
dell'interpretazione   della   normativa  in  materia  a  fronte  del
gravissimo comportamento della provincia autonoma di Bolzano.
    Da   ultimo,  sulla  base  di  quanto  sopra  argomentato  ed  in
considerazione dell'atteggiamento della provincia autonoma di Bolzano
volto  ad insistere, con il provvedimento che qui si impugna, in modo
arrogante  e temerario su un'interpretazione erronea e capziosa della
normativa  statale,  anche  in  spregio  di  quanto gia' statuito dal
tribunale  superiore  delle acque pubbliche, questo patrocinio chiede
che  codesta  ecc.ma Corte voglia disporre la condanna alla rifusione
delle spese di giudizio.
                              P. Q. M.
    Si chiede che codesta ecc.ma Corte voglia accertare e dichiarare,
previa  sospensione incidentale dell'impugnato provvedimento, che non
spetta  alla  provincia  autonoma  di Bolzano la determinazione delle
modalita'  di riscossione e di ripartizione dei sovracanoni annui per
derivazioni  d'acqua  a scopo idroelettrico e per l'effetto annullare
il  provvedimento  impugnato  con  ogni consequenziale statuizione di
legge. Con vittoria di spese.
    Ai  sensi  e  per  gli  effetti di cui all'art. 9, comma 5, della
legge  23  dicembre  1999,  n. 488  parte  ricorrente dichiara che il
presente  provvedimento,  secondo  quanto  previsto  dagli artt. 10 e
segg. c.p.c., e' di valore indeterminabile.
    Si producono i seguenti documenti:
        1) Deliberazione di autorizzazione a stare in giudizio n. 561
del 15 marzo 2002.
        2)  Deliberazione  della  giunta provinciale di Bolzano n. 46
del 14 gennaio 2002.
        3)   Deliberazione   della   giunta  provinciale  di  Bolzano
n. 2286/2001.
        4)   Deliberazione   della   giunta  provinciale  di  Bolzano
n. 3470/2000.
        5)   Deliberazione   della   giunta  provinciale  di  Bolzano
n. 4524/2001.
          Venezia - Roma, addi' 21 marzo 2002
                Avv. Romano Morra - Avv. Guido Viola
02C0305