N. 106 SENTENZA 10 - 12 aprile 2002

Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Regione  Liguria - Consiglio regionale - Denominazione integrativa di
  "Parlamento  della  Liguria",  conferita  a se medesimo dall'organo
  regionale  con  invito,  alla  Commissione per l'elaborazione dello
  statuto,   ad  adottare  la  stessa  denominazione  -  Ricorso  per
  conflitto  di  attribuzione  dello Stato, per lesione delle proprie
  attribuzioni   -   Uso   esclusivo  della  dizione  "Parlamento"  -
  Riferibilita'   all'organo   sede   della  rappresentanza  politica
  nazionale  -  Accoglimento  del  ricorso - Annullamento conseguente
  della deliberazione regionale impugnata.
- Deliberazione del Consiglio regionale 15 dicembre 2000, n. 62.
- Costituzione,  artt.  1, 5, 55, 67, 114, 115 (abrogato dall'art. 9,
  comma 2, della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) e 121.
(GU n.16 del 17-4-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  per  conflitto  di  attribuzione sorto a seguito della
delibera  del Consiglio regionale della Liguria n. 62 del 15 dicembre
2000 recante "Istituzione del Parlamento della Liguria", promosso con
ricorso  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, notificato il
5 marzo  2001, depositato in cancelleria il 15 successivo ed iscritto
al n. 11 del registro conflitti 2001.
    Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  12 febbraio  2002  il giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi   l'avvocato  dello  Stato  Ignazio  F.  Caramazza  per  il
Presidente  del  Consiglio dei ministri e l'avvocato Luigi Cocchi per
la Regione Liguria.

                          Ritenuto in fatto


    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso
per conflitto di attribuzione, in riferimento agli articoli 1, 5, 55,
115   (articolo   abrogato   dall'art. 9,   comma   2,   della  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3  "Modifiche al titolo V della
parte  seconda della Costituzione") e 121 della Costituzione, avverso
la  delibera  n. 62  del  15 dicembre  2000 con la quale il Consiglio
regionale  della  Liguria ha approvato la proposta di istituzione del
Parlamento della Liguria. Tale delibera prevede che in tutti gli atti
dell'assemblea  regionale,  alla  dizione costituzionalmente prevista
"Consiglio   regionale  della  Liguria"  sia  affiancata  la  dizione
"Parlamento della Liguria".
    Secondo il ricorrente il cambiamento di denominazione dell'organo
rappresentativo regionale, sia pure solo in via aggiuntiva, lederebbe
la  sfera  di  attribuzioni  statali.  Si osserva in proposito che il
nomen iuris degli organi connota tipicamente le funzioni che a quegli
organi   sono  attribuite,  e  tale  generale  principio  assumerebbe
particolare pregnanza in riferimento al nome "Parlamento", che, nella
storia  costituzionale  moderna, identificherebbe l'organo attraverso
il  quale  il  popolo  esprime  la  propria  sovranita', partecipando
all'esercizio  del  potere  politico. Sebbene dunque sia teoricamente
scorretto attribuire al Parlamento la qualifica di organo del popolo,
aggiunge   l'Avvocatura,  non  potrebbe  dubitarsi  che  nel  sistema
costituzionale  italiano, che esalta la "centralita'" delle assemblee
parlamentari, le due Camere siano gli organi costituzionali nei quali
la volonta' popolare piu' immediatamente ed efficacemente si esprime.
La  posizione  eminente  che esse occupano nella struttura dei poteri
statali   rifletterebbe   appunto   la  sovranita'  popolare  che  il
Parlamento  incarna  e  rappresenta e precluderebbe l'impiego di tale
denominazione  con  riferimento  a  organi  della  regione,  che sono
comunque  rappresentativi  di  poteri  di  autonomia  e non di poteri
sovrani.
    Lesivo delle attribuzioni statali pare alla difesa erariale anche
il  secondo comma del provvedimento impugnato. In esso si delibera di
assumere  i  principi  contenuti nelle premesse (principi comprensivi
della  denominazione di cui si e' detto) "quali linee di indirizzo da
trasmettere  alla  Commissione speciale per lo Statuto e per la legge
elettorale,  affinche'  quest'ultima possa procedere agli adempimenti
necessari  a  consentire  che gli stessi possano essere compiutamente
attuati  in  sede  di  elaborazione del nuovo Statuto regionale". Una
simile   previsione,   secondo  il  ricorrente,  pur  avendo  valenza
meramente  ottativa,  lederebbe  le  prerogative  statali, intendendo
preannunciare  l'approvazione  di  un  nuovo  statuto  regionale  che
sarebbe  diretto a rivendicare alla regione ambiti di potere sovrano.
Su  simili  premesse  il Presidente del Consiglio dei ministri chiede
alla  Corte  di  dichiarare  che  non  spetta  al Consiglio regionale
adottare  la  delibera  oggetto  del  ricorso,  e conseguentemente di
annullarla.

    2.  -  Si  e'  costituito,  per la Regione Liguria, il Presidente
della   Giunta  regionale,  chiedendo  che  il  ricorso  statale  sia
dichiarato inammissibile o infondato.
    Quanto  ai profili di inammissibilita', si denuncia il difetto di
lesivita'   dell'atto   impugnato.   La  determinazione  assunta  dal
Consiglio  regionale,  osserva  la  difesa  della regione, avrebbe un
elevato  valore  simbolico,  ma,  in  termini  di  puro  diritto,  si
risolverebbe   in  una  semplice  addizione  lessicale  alla  formula
impiegata  in  Costituzione,  senza  che  cio' determini una modifica
delle  competenze  e  delle  prerogative  dell'organo rappresentativo
regionale.  Non  vi sarebbe, dunque, nell'atto oggetto del conflitto,
alcuna  capacita'  invasiva  delle  attribuzioni costituzionali dello
Stato.
    Nel  merito,  la difesa regionale contesta l'affermazione secondo
la  quale  l'espressione  Parlamento  "sia sintomatica e coessenziale
della  sovranita'  dello  Stato", replicando che la sovranita' e' una
caratteristica  dello  Stato  complessivamente considerato, mentre la
denominazione   di   Parlamento   si   attaglierebbe   ad   assemblee
rappresentative,   espressive   di   potere  popolare,  con  funzione
legislativa  e  di  controllo  politico  sul Governo. Ad avviso della
resistente   dovrebbe   considerarsi  infondata  anche  la  questione
relativa  al secondo comma della deliberazione impugnata, che formula
indirizzi  ai  fini  della  redazione del nuovo statuto, poiche' tale
previsione  non  presenterebbe  un contenuto lesivo, essendo priva di
valore  giuridico  vincolante  nei  confronti  della commissione alla
quale e' diretta.

    3.  -  Nella  pubblica  udienza del 12 febbraio 2002 l'Avvocatura
dello  Stato, oltre a riprendere le argomentazioni spese nel ricorso,
ha  soggiunto che le attribuzioni del Consiglio regionale, per quanto
siano state fortemente potenziate dalla revisione del Titolo V, Parte
II,  della Costituzione (legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3),
sarebbero   comunque   espressione  di  poteri  di  autonomia  e  non
potrebbero  mai  attingere il livello della sovranita'. In tal senso,
secondo  la  difesa del Presidente del Consiglio dei ministri, con la
delibera  impugnata la Regione Liguria si arrogherebbe la titolarita'
di una sovranita' che in nessun modo le spetta.
    Dal canto suo, la difesa della regione ha sostenuto che l'impiego
del  nomen  Parlamento  nella  delibera  oggetto  del conflitto - che
peraltro  esplicitamente riconosce la spettanza della sovranita' allo
Stato  nella  sua  unitarieta'  -  troverebbe giustificazione proprio
nella  marcata  assimilazione  funzionale  tra  assemblea legislativa
statale  e  assemblea legislativa regionale alla quale hanno condotto
le riforme costituzionali piu' recenti, tutte intese al rafforzamento
delle  istituzioni  regionali  nella complessiva organizzazione dello
Stato.  Particolare  significato  assumerebbe,  in  tale prospettiva,
l'attribuzione  di  una amplissima potesta' legislativa alle Regioni,
per  effetto  del  superamento  del criterio della enumerazione delle
materie  di  competenza regionale, cui era originariamente improntato
l'art. 117   della  Costituzione,  e  l'accoglimento  del  principio,
concettualmente   opposto,   della   residualita'   della  competenza
legislativa regionale (art. 117, quarto comma, della Costituzione).

                       Considerato in diritto


    1. - Il Presidente del Consiglio dei ministri ha proposto ricorso
per conflitto di attribuzione, in riferimento agli articoli 1, 5, 55,
115   (articolo   abrogato   dall'art. 9,   comma   2,   della  legge
costituzionale  18 ottobre  2001,  n. 3)  e  121  della  Costituzione
avverso  la  delibera  n. 62  del  15 dicembre  2000, con la quale il
Consiglio  regionale  della  Liguria,  da  un lato ha disposto che in
tutti  i  propri atti la dizione "Consiglio regionale" sia affiancata
da  quella  di  "Parlamento della Liguria"; dall'altro ha indirizzato
alla  Commissione  statuto  la  direttiva  di  tenere  conto  di tale
denominazione in sede di elaborazione del nuovo statuto regionale.

    2. - Il ricorso deve essere accolto.
    Gia'   un  approccio  puramente  testuale  al  tema  oggetto  del
conflitto   induce   a   nutrire  forti  dubbi  sulla  conformita'  a
Costituzione  della deliberazione impugnata. Il termine "Parlamento",
che  apre il Titolo I, Parte II, della Costituzione, si riferisce, ai
sensi  dell'art. 55,  ai  due organi che lo compongono: la Camera dei
deputati  e il Senato della Repubblica. L'art. 121 della Costituzione
denomina invece Consiglio regionale l'organo che esercita le potesta'
legislative  attribuite  alla  regione  e  le  altre  funzioni che la
Costituzione e le leggi gli conferiscono.
    L'argomento  letterale,  seppure  non  privo  di valore, non puo'
tuttavia  essere considerato decisivo se non viene saggiato alla luce
degli  altri  canoni  della interpretazione costituzionale. Le stesse
parti,  del  resto,  hanno avvertito la necessita' di spingersi al di
la'  del  dato  testuale  allorche',  con opposti intendimenti, hanno
addotto   elementi   storico-sistematici   per   corroborarlo  ovvero
consentirne  il  superamento.  L'Avvocatura dello Stato insiste sulla
distinzione-contrapposizione  tra sovranita' popolare, della quale il
solo  Parlamento  sarebbe  espressione,  e autonomia; la difesa della
regione,  richiamandosi  alla  posizione  di perfetta equiordinazione
che,  dopo  le  recenti  riforme  costituzionali,  si  sarebbe  ormai
realizzata  tra  Parlamento  e  Consigli regionali, ritiene che anche
questi  ultimi,  da  annoverare  a  pieno  titolo  tra  le  assemblee
rappresentative,   possano,   per   analogia,   fregiarsi   del  nome
Parlamento.
    E'  su  tali  antagonistiche prospettazioni che questa Corte deve
portare il proprio esame.

    3. - La  difesa  erariale, dunque, nel tentativo di rinvenire, al
di  la'  del  dato testuale, una piu' profonda ragione costituzionale
del  carattere  esclusivo della denominazione "Parlamento" attribuita
alle  assemblee  legislative  nazionali, pone l'accento sul fatto che
siano  queste  la sede esclusiva, o anche soltanto preminente, in cui
prende forma la sovranita' del popolo.
    Si    deve    in    proposito    osservare    che    il    legame
Parlamento-sovranita'   popolare   costituisce  inconfutabilmente  un
portato  dei  principi democratico-rappresentativi, ma non descrive i
termini  di una relazione di identita', sicche' la tesi per la quale,
secondo  la  nostra  Costituzione, nel Parlamento si risolverebbe, in
sostanza, la sovranita' popolare, senza che le autonomie territoriali
concorrano a plasmarne l'essenza, non puo' essere condivisa nella sua
assolutezza.
    Sebbene   il   nuovo  orizzonte  dell'Europa  e  il  processo  di
integrazione  sovranazionale  nel quale l'Italia e' impegnata abbiano
agito   in   profondita'  sul  principio  di  sovranita',  nuovamente
orientandolo  ed  immettendovi  virtualita'  interpretative non tutte
interamente   predicibili,   un   apparato   concettuale   largamente
consolidato  nel nostro diritto costituzionale consente di procedere,
proprio  sui  temi  connessi  alla sovranita', da alcuni punti fermi.
L'articolo  1  della  Costituzione, nello stabilire, con formulazione
netta  e  definitiva,  che  la  sovranita'  "appartiene"  al  popolo,
impedisce  di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione
costituzionale  nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le
forme  e  i  modi  nei quali la sovranita' del popolo puo' svolgersi,
infatti,  non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l'intera
intelaiatura  costituzionale:  si  rifrangono in una molteplicita' di
situazioni  e  di  istituti  ed  assumono una configurazione talmente
ampia  da  ricomprendere  certamente  il riconoscimento e la garanzia
delle  autonomie  territoriali.  Per  quanto  riguarda queste ultime,
risale  alla  Costituente  la  visione  per la quale esse sono a loro
volta  partecipi dei percorsi di articolazione e diversificazione del
potere  politico  strettamente legati, sul piano storico non meno che
su  quello  ideale,  all'affermarsi del principio democratico e della
sovranita' popolare.
    Il  nuovo  Titolo  V  -  con  l'attribuzione  alle  regioni della
potesta'  di determinare la propria forma di governo, l'elevazione al
rango  costituzionale  del  diritto degli enti territoriali minori di
darsi  un proprio statuto, la clausola di residualita' a favore delle
regioni,  che ne ha potenziato la funzione di produzione legislativa,
il  rafforzamento della autonomia finanziaria regionale, l'abolizione
dei  controlli statali - ha disegnato di certo un nuovo modo d'essere
del  sistema  delle  autonomie.  Tuttavia i significativi elementi di
discontinuita'  nelle relazioni tra Stato e regioni che sono stati in
tal  modo  introdotti  non  hanno intaccato le idee sulla democrazia,
sulla  sovranita'  popolare  e  sul principio autonomistico che erano
presenti  e  attive  sin  dall'inizio  dell'esperienza  repubblicana.
Semmai  potrebbe  dirsi  che il nucleo centrale attorno al quale esse
ruotavano  abbia trovato oggi una positiva eco nella formulazione del
nuovo  art. 114  della  Costituzione, nel quale gli enti territoriali
autonomi   sono   collocati  al  fianco  dello  Stato  come  elementi
costitutivi  della  Repubblica  quasi a svelarne, in una formulazione
sintetica,  la  comune  derivazione dal principio democratico e dalla
sovranita' popolare.
    In  conclusione,  se non lo si vuole racchiudere entro uno schema
troppo   angusto  e  ormai  storicamente  inattendibile,  non  e'  il
principio  di  sovranita'  popolare  a  poter fondare un'attribuzione
costituzionale all'uso esclusivo della denominazione "Parlamento".

    4. - D'altro   canto,   non   puo'   essere  accolta  neppure  la
prospettiva  ricostruttiva  in  cui  si  pone  la Regione Liguria per
superare  l'ostacolo  recato  dalla  lettera  della  Costituzione. La
difesa regionale assume che la sostanziale parificazione di funzioni,
nei  rispettivi  ambiti  di  competenza,  tra  Consiglio  regionale e
Parlamento  renderebbe  legittima  l'estensione  anche al primo della
denominazione  propria  del  secondo.  Questa  ricostruzione potrebbe
avere  una  qualche  plausibilita'  se  la denominazione degli organi
direttivi della regione fosse collocata in uno spazio di indifferenza
giuridica; solo allora sarebbe infatti possibile muovere alla ricerca
di  una  nozione  "sostanziale"  di  Parlamento,  e, confortati dalla
indagine   storica,   annettere   una  qualificazione  siffatta  alle
assemblee  legislative titolari di una funzione rappresentativa delle
popolazioni governate, dunque anche ai Consigli regionali.
    E'   tuttavia   di  ostacolo  alla  utilizzazione  dell'argomento
analogico  la  circostanza che la Costituzione ha inteso pregiudicare
questo  spazio  giuridico.  Essa  nel Titolo I, Parte II, attribuisce
alle sole Camere il nome Parlamento, e definisce Consiglio regionale,
nell'articolo  121, il titolare della funzione legislativa regionale.
Gli organi direttivi della regione non sono dunque entita' nuove nate
negli  ordinamenti regionali in virtu' delle modifiche introdotte nel
Titolo  V  della Costituzione e prive di denominazioni proprie. Ed e'
vano  richiamare  profili  di  analogia  tra  Consiglio  regionale  e
Parlamento, che erano evidenti al Costituente del 1948 - il quale con
l'art. 121  della  Costituzione  (e con le corrispondenti norme degli
statuti  speciali)  aveva  nondimeno  espresso chiaramente la propria
scelta diversificatrice - cosi' come si deve presumere lo siano stati
al  legislatore costituzionale del 1999 e del 2001, che pure, proprio
nel  momento  in  cui  si accingeva ad un rilevante potenziamento del
ruolo  delle  autonomie, non ha ritenuto di mutare in "Parlamento" la
denominazione dell'organo legislativo delle regioni.
    Conviene  piuttosto individuare gli elementi che giustifichino la
diversa  denominazione  costituzionale,  ed e' fin troppo agevole, in
questa  prospettiva,  rilevare  che  il termine Parlamento rifiuta di
essere  impiegato  all'interno di ordinamenti regionali. Cio' non per
il  fatto  che  l'organo  al  quale  esso  si  riferisce ha carattere
rappresentativo  ed  e'  titolare  di  competenze  legislative, ma in
quanto  solo  il  Parlamento  e'  sede  della rappresentanza politica
nazionale  (art. 67  Cost.),  la  quale imprime alle sue funzioni una
caratterizzazione  tipica  ed  infungibile.  In  tal  senso  il nomen
Parlamento  non  ha  un valore puramente lessicale, ma possiede anche
una  valenza  qualificativa,  connotando,  con l'organo, la posizione
esclusiva  che  esso occupa nell'organizzazione costituzionale. Ed e'
proprio  la peculiare forza connotativa della parola ad impedire ogni
sua  declinazione  intesa  a circoscrivere in ambiti territorialmente
piu'  ristretti  quella funzione di rappresentanza nazionale che solo
il  Parlamento  puo'  esprimere  e  che  e'  ineluttabilmente evocata
dall'impiego del relativo nomen.

    5. - Le  considerazioni  fin  qui svolte consentono di apprezzare
nella  pienezza del suo significato il valore deontico degli articoli
55  e  121  della  Costituzione,  che si traduce in un vero e proprio
divieto per i Consigli regionali di appropriarsi del nome Parlamento.
Ne  consegue  che  la  dizione lessicale integrativa introdotta dalla
Regione  Liguria,  intesa  ad  estendere anche al Consiglio regionale
ligure  il  nomen  Parlamento, deve ritenersi illegittima, sicche' il
ricorso  per  conflitto  deve  essere accolto e la delibera impugnata
annullata  anche  in riferimento alla sua seconda parte, con la quale
il  Consiglio  regionale,  esorbitando  dalle  proprie attribuzioni e
ledendo  quelle  statali,  invita la apposita commissione ad inserire
nello  statuto  regionale  in corso di elaborazione una denominazione
costituzionalmente non consentita per l'organo consiliare.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  che  non  spetta  al  Consiglio regionale della Liguria
adottare  la delibera n. 62 del 15 dicembre 2000 recante "Istituzione
del Parlamento della Liguria" e conseguentemente la annulla.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                      Il redattore: Mezzanotte
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 12 aprile 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
02C0308