N. 168 ORDINANZA 24 aprile - 7 maggio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Fallimento   -   Azione   di   responsabilita'   nei   confronti   di
  amministratori   della   societa'  fallita  -  Adozione  di  misure
  cautelari  - Competenza del giudice delegato, che abbia autorizzato
  l'azione     di     responsabilita'     -     Mancata    previsione
  dell'incompatibilita'   del   giudice  delegato  alla  funzione  di
  giudizio nel successivo giudizio di merito - Prospettata violazione
  del principio di imparzialita' del giudice - Manifesta infondatezza
  delle questioni.
- R.D.  16  marzo  1942,  n. 267, art. 146; cod. proc. civ., art. 51,
  primo comma, numero 4.
- Costituzione, art. 111, secondo comma.
(GU n.19 del 15-5-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Massimo VARI;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli articoli 146 del
regio  decreto  16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del
concordato   preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della
liquidazione  coatta  amministrativa)  e  51,  primo comma, n. 4, del
codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 2 aprile
2001  dal Tribunale di Messina nel procedimento fallimentare promosso
da  Italcarni  s.r.l. contro Domenica Carnabuci ed altri, iscritta al
n. 601  del  registro  ordinanze  2001  e  pubblicata  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 34, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il giudice
relatore Franco Bile.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  in data 2 aprile 2001, il giudice
delegato  del  Tribunale  di  Messina  ha  sollevato,  in riferimento
all'art. 111   della   Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267
(Disciplina    del    fallimento,    del    concordato    preventivo,
dell'amministrazione   controllata   e   della   liquidazione  coatta
amministrativa),  e  dell'art. 51,  primo  comma, n. 4, del codice di
procedura  civile,  con riguardo alla garanzia dell'imparzialita' del
giudice;
        che  l'ordinanza  e'  stata  resa  nel corso di una procedura
fallimentare  a  carico  di  una societa' a responsabilita' limitata,
nella  quale  il  rimettente aveva - ai sensi dell'art. 146 del regio
decreto  n. 267  del  1942 - autorizzato la proposizione da parte del
curatore  dell'azione  di responsabilita' ex articoli 2393 e 2394 del
codice  civile  contro  amministratori  ed  ex  amministratori  della
societa'   fallita,  nonche'  disposto,  inaudita  altera  parte,  un
sequestro conservativo nei riguardi di alcuni di essi;
        che   il   rimettente  richiama  il  prevalente  orientamento
dottrinale  e giurisprudenziale, secondo cui la competenza funzionale
del  giudice  delegato  a  disporre  le misure cautelari ai sensi del
citato  art. 146 non e' venuta meno a seguito dell'introduzione della
disciplina  del  procedimento cautelare uniforme (artt. 669-bis e ss.
cod.  proc.  civ.),  e  -  in  questo  quadro  - il giudice delegato,
adottati  inaudita  altera  parte  i  provvedimenti cautelari citati,
deve,  ai  sensi dell'art. 669-sexies del codice di procedura civile,
fissare  per  la  loro  conferma,  modifica  o  revoca  un'udienza di
comparizione  avanti  a  se',  e  in  essa  provvedere con ordinanza,
reclamabile  al  collegio ai sensi dell'art. 669-terdecies del codice
di procedura civile;
        che  il  rimettente  si sofferma poi ad illustrare i riflessi
del  principio di terzieta', ora espressamente prevista dall'art. 111
della   Costituzione,   in   materia  fallimentare,  con  particolare
riferimento al ruolo del giudice delegato;
        che - per quanto riguarda il potere cautelare - il rimettente
ritiene  la  disciplina  impugnata  non  conforme  a Costituzione, in
quanto  il  giudice  delegato  che  abbia  autorizzato con decreto il
curatore  all'azione  di  responsabilita'  "sarebbe  "vincolato dalla
forza   della   prevenzione   di   tale  valutazione  nel  successivo
provvedimento cautelare";
        che,  sulla  base  di  tali  rilievi,  il  rimettente ritiene
rilevante  e non manifestamente infondata, in riferimento alla regola
dell'imparzialita'   di   cui  all'art. 111  della  Costituzione,  la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 146 della legge
fallimentare (nella parte in cui prevede che, prima dell'inizio della
causa  di  merito,  le misure cautelari contro gli amministratori e i
sindaci   della   societa'  fallita,  nei  cui  confronti  sia  stata
autorizzata dal giudice delegato l'azione di responsabilita', possano
essere  disposte  da  questo stesso giudice anziche' secondo le norme
ordinarie), e dell'art. 51, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. (nella
parte   in   cui   non  prevede  una  corrispondente  fattispecie  di
incompatibilita' fra giudice delegato e giudice della cautela);
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, depositando
memoria nella quale ha sostenuto l'infondatezza della questione.
    Considerato  che  il rimettente ha prospettato congiuntamente due
questioni  di legittimita' costituzionale, delle quali l'una concerne
l'articolo  146  del  regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina
del   fallimento,  del  concordato  preventivo,  dell'amministrazione
controllata  e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte
in  cui  prevede  la  competenza  del giudice delegato (che autorizzi
l'azione  di  responsabilita'  a norma degli articoli 2393 e 2394 del
codice  civile  nei  confronti di amministratori ed ex amministratori
della societa' fallita) ad adottare le opportune misure cautelari, in
luogo della normale competenza ante causam del giudice competente sul
merito  dell'azione,  e  l'altra concerne invece l'art. 51, numero 4,
del  codice  di  procedura  civile,  nella  parte  in cui non prevede
l'incompatibilita'  del  giudice  delegato  (che  abbia  dato  quella
autorizzazione) ad adottare le misure cautelari;
        che   il   rimettente   ritiene   violato   l'art. 111  della
Costituzione, con riguardo al principio di imparzialita' del giudice,
in  quanto  le  due  norme  denunciate  non  assicurerebbero  la  sua
osservanza  e  in  particolare  non garantirebbero l'esclusione della
"forza della prevenzione" a carico del giudice delegato;
        che,  secondo  il  rimettente,  la  prevenzione  del  giudice
delegato  in  tema  di  adozione  delle  ricordate  misure  cautelari
discenderebbe dall'assunzione del provvedimento di autorizzazione del
curatore all'esercizio dell'azione di responsabilita';
        che la questione e' manifestamente infondata;
        che  di recente questa Corte (cfr. ordinanza n. 176 del 2001)
- con riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, evocati in
quanto,  prima  della  novellazione dell'art. 111 della Costituzione,
assicuravano  il  giusto  processo,  particolarmente sotto il profilo
dell'imparzialita' del giudice - ha ritenuto non fondata la questione
di  legittimita'  costituzionale dell'art. 51 del codice di procedura
civile, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' del giudice
delegato,  che  abbia  autorizzato  l'azione  di  responsabilita'  ed
accolto  l'istanza  di  misure cautelari, a partecipare al successivo
giudizio  di  merito su tale azione, in particolare sottolineando che
l'autorizzazione  all'esercizio dell'azione di responsabilita' non e'
un  provvedimento  giurisdizionale  di  contenuto decisorio in ordine
alla  lite  da  promuoversi dal curatore e non comporta quindi alcuna
valutazione  sul suo oggetto, ma costituisce soltanto esplicazione da
parte  del giudice delegato delle sue funzioni di gestione, controllo
e  direzione  della procedura fallimentare, quale forma di esecuzione
concorsuale (cfr. sentenza n. 351 del 1997);
        che   questa   Corte   ha  anche  rilevato  (cfr.  da  ultimo
l'ordinanza  n. 75  del  2002)  che  il  riconoscimento  espresso del
principio   di  imparzialita'  nell'art. 111,  secondo  comma,  della
Costituzione  nulla  aggiunge  alla consistenza che il principio gia'
aveva,  ne'  comporta ricadute sul modo di intendere quel particolare
aspetto  dell'imparzialita' correlato all'esigenza che il giudice non
subisca   la   "forza  della  prevenzione"  derivante  da  precedenti
valutazioni relative alla stessa res iudicanda;
        che  -  nella  medesima  prospettiva  per cui si ritiene che,
autorizzando  l'azione  di  responsabilita',  il giudice delegato non
esprime  alcuna  valutazione  sull'oggetto  di  essa  (cfr. la citata
ordinanza  n. 176  del 2001) - ad analoga conclusione deve pervenirsi
relativamente  all'azione,  strumentalmente  collegata  a  quella  di
merito, avente ad oggetto le misure cautelari, con riferimento sia al
momento  dell'adozione inaudita altera parte, sia a quello della loro
conferma, modifica o revoca in contraddittorio.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  dell'articolo  146  del  regio  decreto
16 marzo  1942,  n. 267  (Disciplina  del  fallimento, del concordato
preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e  della liquidazione
coatta  amministrativa) e dell'art. 51, primo comma, n. 4, del codice
di  procedura civile, sollevate, in riferimento all'art. 111, secondo
comma,  della Costituzione, dal Tribunale di Messina, con l'ordinanza
in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 aprile 2002.
                         Il Presidente: Vari
                         Il redattore: Bile
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 7 maggio 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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