N. 232 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 febbraio 2002

Ordinanza  emessa  il  6  febbraio  2002 dal tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio sul ricorso proposto da Universita' degli studi
"La  Sapienza"  di  Roma  contro  Ministero  dell'universita' e della
ricerca scientifica e tecnologica ed altra

Universita'   -   Tecnici   laureati  con  funzioni  assistenziali  -
  Inquadramento  nel  ruolo dei ricercatori universitari confermati -
  Mancata  previsione  - Irragionevolezza - Disparita' di trattamento
  di  categorie  professionali tendenzialmente equiparate - Incidenza
  sui principi di imparzialita' e buon andamento della P.A.
- Legge 19 ottobre 1999, n. 370, art. 8, comma 10.
- Costituzione, artt. 3 e 97.
(GU n.21 del 29-5-2002 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 2953/01,
proposto   da   Universita'   degli  studi  "La  Sapienza"  di  Roma,
rappresentata  e  difesa dall'avv. Giovanni C. Sciacca, con domicilio
eletto nello studio del difensore, in Roma, via della Vite n. 7;
    Contro  Ministero  dell'universita' e della ricerca scientifica e
tecnologica  e Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentati e
difesi  dall'Avvocatura  generale  dello Stato ex lege domiciliati in
Roma, via dei Portoghesi n. 12;
    Per  l'annullamento del provvedimento governativo di annullamento
straordinario  di cui al d.P.R. 18 gennaio 2001 nonche' di ogni altro
atto presupposto, connesso e conseguenziale;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto   l'atto   di   costituzione  in  giudizio  delle  indicate
amministrazioni;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore, per la pubblica udienza del 12 dicembre 2001,
il consigliere Bruno Mollica;
    Uditi, altresi', gli avv.ti Sciacca e Aiello;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto:

                                Fatto

    L'Universita' degli studi "La Sapienza" di Roma impugna il d.P.R.
18  gennaio 2001, con cui e' stato annullato, in via straordinaria ex
legge  n. 400/1988,  il decreto rettorale in data 21 gennaio 2000, di
inquadramento  nella  posizione  di  ricercatore dei tecnici laureati
medici   (e   posizioni   equiparate)   in   servizio   con  funzioni
assistenziali presso l'universita'.
    A sostegno dell'impugnativa la ricorrente Universita' deduce:
        1) violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 3 lett.
p), della legge n. 400/1988; violazione dell'art. 33 Cost.;
        2) violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 3 lett.
p)  della  legge  n. 400/1988;  eccesso  di  potere  per  carenza  di
presupposti, illogicita', difetto di motivazione;
        3)  violazione  e  falsa  applicazione dell'art. 8, comma 10,
della  legge  n. 370/1999;  dell'art. 12,  commi  1, 2, 3, 4, 6 e 7 e
degli artt. 15 e 16, comma 1, legge n. 341/1990; degli artt. 30, 31 e
32   d.P.R.   n. 382/1980;   eccesso   di   potere  per  illogicita',
contraddittorieta' manifesta, disparita' di trattamento.
    Con  memoria,  difensiva  depositata  in  vista  dell'udienza  di
discussione  della  causa  la  ricorrente chiede il rinvio degli atti
alla   Corte  costituzionale,  giusta  pregresso  orientamento  della
Sezione (ordinanza n. 4050 del 10 maggio 2001).
    Le     amministrazioni    resistenti    chiedono    il    rigetto
dell'impugnativa.
    Alla  pubblica  udienza del 12 dicembre 2001, sentiti i difensori
delle parti, la causa e' stata ritenuta in decisione.

                               Diritto

    1.   -   Come  enunciato  in  narrativa,  l'impugnativa  proposta
dall'Universita'  degli  studi  "La  Sapienza"  di  Roma,  e'  intesa
all'annullamento  del d.P.R. 18 gennaio 2001, che ha annullato in via
straordinaria  ex  legge  n. 400/1988 il decreto rettorale 21 gennaio
2000,  di  inquadramento  nella  posizione di ricercatore dei tecnici
laureati  medici  (e  posizioni  equiparate) in servizio con funzioni
assistenziali presso l'universita'.
    2.  - Si sostiene nel ricorso, in estrema sintesi, che sulla base
dell'evoluzione normativa, il detto personale sarebbe stato collocato
sul medesimo piano giuridico del personale medico docente, si' che la
disposizione  dell'art. 8,  comma  10,  della  legge  19 ottobre 1999
n. 370  secondo  cui il personale di cui all'art. 8, comma 5, d.l.gs.
n. 502/1992  e  successive modificazioni "e' ricompreso nelle dizioni
previste  dall'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990 n. 341,
e  successive  modificazioni"  andrebbe  intesa  come  previsione  di
inquadramento ex lege del detto personale nel ruolo dei ricercatori.
    La   corretta   interpretazione   dell'art. 8,   comma  10,  cit.
presuppone  un rapido excursus della portata delle norme che rilevano
nella specie.
    La  figura del tecnico laureato e' stata configurata dall'art. 35
d.P.R.  n. 382/1980, dedicato al personale tecnico delle universita',
con   la   specifica   funzione   di  coadiuvare  i  docenti  per  il
funzionamento  dei  laboratori; agli stessi veniva assegnata anche la
funzione di diretta responsabilita' delle attrezzature scientifiche e
didattiche  in  dotazione e la direzione dell'attivita' del personale
tecnico non laureato assegnato al laboratorio.
    L'art. 16,  primo  comma,  legge  19  novembre 1990 n. 341 ha poi
stabilito  che  "nella  presente legge, nelle dizioni "ricercatori" o
"ricercatori  confermati"  si  intendono  comprese  anche  quelle  di
"assistenti  di  ruolo  ad  esaurimento"  e  di "tecnici laureati" in
possesso   dei   requisiti  previsti  dall'art. 50  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  11  luglio  1980, n. 382, alla data di
entrata  in  vigore  del  predetto  decreto";  e  la "presente legge"
specificava,  all'art. 12,  che  i  "ricercatori", ad integrazione di
quanto  previsto  dagli  articoli  30,  31  e,  32  del  decreto  del
Presidente  della  Repubblica  11  luglio  1980  n. 382 "adempiono ai
compiti  didattici  in  tutti i corsi di studio previsti dalla legge,
secondo  le  modalita'  di  cui  ai commi 3, 4, 5, 6 e 7 del presente
articolo"  (id est: affidamenti e supplenze, anche di corsi e moduli,
partecipazione  alle  Commissioni  d'esame, copertura di insegnamenti
sdoppiati).
    Per  effetto  di  tale  norma,  quindi,  ai  tecnici  laureati in
possesso  dei  requisiti ex art. 50 d.P.R. n. 382/1980 all'entrata in
vigore  del  decreto  sono  stati  attribuiti  i precitati compiti di
docenza  e, deve ritenersi, avuto riguardo al richiamo ai compiti dei
ricercatori ex artt. 30, 31 e 32 d.P.R. cit., contenuto nell'art. 12,
che   anche   siffatti   compiti   (compiti   didattici  integrativi,
esercitazioni,  cicli  di  lezioni  interne e attivita' di seminario)
siano  ricompresi  nel  rinvio,  costituendo  essi  funzioni  di piu'
limitato  spessore rispetto a quelle individuate dall'art. 12 cit., e
quindi  un  prius  logico,  prima  che  giuridico, della disposizione
stessa.
    Cio',   nelle  facolta'  di  medicina,  in  aggiunta  ai  compiti
assistenziali di fatto esercitati da tale personale in relazione alla
carenza, quantomeno all'epoca, di personale medico.
    Col  successivo art. 6, comma 5, d.l.gs. 30 dicembre 1992 n. 502,
come  sostituito  dall'art. 7  decreto  legislativo  7 dicembre  1993
n. 517,  si  e'  stabilito  che  nelle  strutture  delle  facolta' di
medicina  e  chirurgia  il personale laureato medico e odontoiatra di
ruolo,  in servizio alla data del 31 ottobre 1992, delle aree tecnico
scientifica   e   socio   sanitaria,   "svolge   anche   le  funzioni
assistenziali".
    Per  effetto  dell'art. 6 cit., al personale per cui e' causa, in
servizio  al  31  ottobre  1992, sono pertanto attribuite formalmente
anche le funzioni assistenziali.
    Nel  quadro  di  questa  evoluzione  normativa  di  assimilazione
funzionale   dei   tecnici  laureati  ai  ricercatori,  sembra  utile
segnalare,  ancora,  le  disposizioni  dell'art. 72, comma 3, decreto
legislativo n. 29/1993 - che consente al detto personale l'iscrizione
all'ordine  professionale  - e dell'art. 1 comma 6 legge n. 662/1996,
che  estende  al  personale  medesimo  la  normativa sulla disciplina
dell'attivita' libero professionale intra ed extra moenia.
    In tale contesto normativo si inserisce la precitata disposizione
dell'art. 8,  comma  10,  legge  n. 370/1999  che, nella prima parte,
stabilisce  che  "al  personale  di  cui all'articolo 6, comma 5, del
decreto   legislativo   30   dicembre   1992,  n. 502,  e  successive
modificazioni,  si  applicano le disposizioni di cui all'articolo 12,
commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7, della legge 19 novembre 1990 n. 341".
    Ad un primo esame, la disposizione sembrerebbe, inspiegabilmente,
meramente  reiterativa  della  attribuzione  di  compiti didattici ai
tecnici laureati, gia' prevista dal ricordato art. 16, comma 1, legge
n. 341/1990  cit.  per  effetto  del  rinvio  alle disposizioni della
"presente  legge"  (e,  quindi, all'art. 12 della legge medesima, che
disciplina l'attivita' di docenza).
    Senonche',  una  differenza  -  e  non  di  poco  conto  - appare
ravvisabile  fra  le  due  disposizioni,  riferendosi  la norma degli
artt. 16  e 12 legge n. 341/1990 ai "tecnici laureati in possesso dei
requisiti  previsti  dall'art. 50  del  decreto  del Presidente della
Repubblica 11 luglio 1980, n. 382, alla data di entrata in vigore del
predetto   decreto",  e,  l'art. 8,  comma  10,  prima  parte,  legge
n. 370/1999  cit.,  "al personale di cui all'articolo 6, comma 5, del
decreto   legislativo   30   dicembre   1992,   n. 502  e  successive
modificazioni",  e  cioe'  ai tecnici laureati "in servizio alla data
del 31 ottobre 1992".
    L'art. 8,  comma  10, prima parte, legge n. 370/1999 opera quindi
una  estensione della attribuzione dei compiti didattici al personale
tecnico  laureato  non  direttamente  contemplato  dall'art. 16 legge
n. 341/1990  in  quanto  non  in  possesso  dei requisiti dei tecnici
laureati ex art. 50 d.P.R. n. 382/1980.
    Ed  invero, questi ultimi, giusta punto 3 dell'art. 50 cit., sono
i  tecnici  laureati  in servizio all'atto dell'entrata in vigore del
d.P.R.  n. 382/1980,  che  entro  l'anno  accademico  1979-80 abbiano
svolto  tre  anni  di attivita' didattica e scientifica, quest'ultima
comprovata da pubblicazioni edite, documentate da atti della facolta'
risalenti  al periodo di svolgimento delle attivita' medesime; mentre
i   tecnici   laureati   contemplati  dall'art. 8,  comma  10,  legge
n. 370/1999  sono,  giusta  l'art. 6,  comma  5,  decreto legislativo
n. 502/1992,  tutti quelli in servizio nelle strutture della facolta'
di medicina alla data del 31 ottobre 1992.
    Ed  allora, la disposizione dell'art. 8, comma 10, seconda parte,
laddove  stabilisce  che  "il  suddetto personale e' ricompreso nelle
dizioni previste dall'art. 16, comma 1, della legge 19 novembre 1990,
n. 341   e   successive  modificazioni",  non  e'  reiterativa  della
disposizione dell'art. 16 comma 1 legge n. 341/1990, in quanto, se e'
vero   che   entrambe   si  limitano  ad  includere  "nelle  dizioni"
"ricercatori"  e  "ricercatori confermati" i tecnici laureati, e' pur
vero che diversi sono i destinatari delle due previsioni normative.
    La disposizione dell'art. 8, comma 10, ha quindi una sua autonoma
valenza  estensiva  alla  speciale  categoria  dei  tecnici  laureati
contemplata dal decreto legislativo n. 502/1992; si' che, mediante il
rinvio  alle  "dizioni" di cui all'art. 16 legge n. 341/1990 - che, a
sua  volta,  rinvia, anche, all'art. 12 - il riferimento esclusivo ai
compiti  didattici sembra al Collegio, pur nella ambigua formulazione
della norma, sufficientemente individuato.
    Deve  escludersi  di  conseguenza che l'art. 8, comma 10, seconda
parte  cit. costituisca l'ultimo tassello di una evoluzione normativa
di   assimilazione   di   status  fra  le  due  figure  di  personale
universitario  per  cui  e'  causa:  esso  e',  semmai, un ulteriore,
presumibilmente  conclusivo,  momento di equiparazione funzionale fra
le due categorie, e non altro.
    Non  sembra  allora  lecita  al Collegio una configurazione della
norma in termini di previsione di inquadramento ex lege.
    Sul   piano   letterale,  cio'  deve  escludersi  per  quanto  in
precedenza  esposto,  anche  alla  stregua  del  fondamentale  canone
ermeneutico dell'art. 12 delle preleggi.
    Cio'  non  senza  concordare  con  l'acuta  analisi della seconda
sezione  del  Consiglio  di  Stato,  laddove,  nel  parere in data 22
novembre  2000,  reso  in sede di annullamento straordinario ex legge
n. 400/1988   odiernamente   impugnato,   definisce   "ermetica"   la
disposizione  dell'art. 8,  comma  10,  quale  norma  che "con i suoi
complicati  rinvii  statici  e  la sua portata ambigua e lacunosa, ha
voluto,  dire  e  non  dire,  dare  e  non  dare,  riconoscere  e non
riconoscere,   demandando   e   rimandando  a  successivi  interventi
interpretativi,    affidati   necessariamente   ad   altri   soggetti
istituzionali, amministrativi e giurisdizionali, la scelta di opzioni
applicative  che,  in  ogni caso, era ben intuibile e prevedibile che
avrebbero determinato la reazione di una o dell'altra delle categorie
professionali  interessate,  come in effetti e' puntualmente avvenuto
con   l'instaurazione   di   numerosi   giudizi  innanzi  ai  giudici
amministrativi".
    Peraltro,   pur   nella   rilevata   (dal   Consiglio  di  Stato)
opinabilita'   delle   contrapposte   soluzioni   interpretative,  il
Collegio,  al  di  la'  del  dato  letterale, non puo' esimersi dalla
constatazione  che  l'ordinamento  degli  apparati  pubblici,  la cui
organizzazione riceve tutela anche a livello costituzionale, non puo'
essere  svincolato,  anche in ragione dell'interesse pubblico sotteso
al  buon  funzionamento  degli  stessi,  da puntuali prescrizioni che
sanciscano,  nelle  singole  fattispecie, le modalita' di inserimento
negli   apparati  medesimi:  il  che  avrebbe  richiesto  una  chiara
previsione  -  nella  specie  insussistente - di incardinamento nella
struttura  universitaria  con  la qualifica pretesa, restando escluso
che cio' potesse avvenire sulla base di una norma non solo "ermetica"
e  di  portata  "ambigua",  ma anche di natura specializzante, ove si
ponga  mente all'attribuzione di funzioni docenti a personale che non
e'  stato  inserito  nel  pubblico ufficio per l'espletamento di tali
funzioni, giusta art. 35 d.P.R. n. 382/80.
    D'altro  canto,  a  contrastare la tesi abilmente sostenuta dalla
difesa  della  ricorrente  universita'  concorrono,  sul  piano della
interpretazione teleologica della norma, ulteriori elementi.
    Non  si  comprenderebbe,  invero, ove in ipotesi dovesse aderirsi
alle  tesi  dell'odierna ricorrente, per quale motivo il legislatore,
con   la  legge  n. 370/1999,  avrebbe  introdotto  un  inquadramento
automatico  dei  tecnici laureati, pur in presenza di altra legge, la
n. 4  del 14 gennaio 1999 con cui, appena pochi mesi prima, e quindi,
in un contesto normativo sostanzialmente unitario di disciplina dello
specifico  settore  universitario, era stato previsto l'inquadramento
del   personale   tecnico   laureato   mediante   apposita  procedura
concorsuale  riservata;  e,  per  di  piu', senza alcun riferimento -
quantomeno  in senso modificativo, sostitutivo o derogatorio - a tale
sistema  di  accesso  alla  qualifica  ex  legge n. 4/1999; e cio', a
tacere  delle  ricadute  sperequative  tra  appartenenti  alla stessa
categoria  dei  tecnici  laureati,  e in identica posizione, che - si
determinerebbero  in  ragione  di  una interpretazione siffatta - che
immotivatamente  ed  illogicamente beneficierebbe alcuni, destinatari
dell'inquadramento  automatico,  e  penalizzerebbe altri, col ricorso
alla  procedura concorsuale, sia pure riservata - con non lievi dubbi
in  ordine  alla  razionalita'  delle  scelte  sotto profili di rango
costituzionale.
    Ed  ancora,  non sembra secondario elemento quello ricavabile dal
testo   stesso   della   disposizione,   laddove   si   prevede   che
"dall'attuazione  del  presente  commna  non  devono derivare nuovi o
maggiori oneri per il bilancio dello Stato".
    Come  gia'  rilevato da altro Collegio giudicante (cfr. Tribunale
amministrativo regionale Bari, I Sez., 5 luglio 2000 n. 2759), non e'
ravvisabile  omogeneita'  tra  la retribuzione dei tecnici laureati e
quella  dei  ricercatori,  atteso  che, ai sensi dell'art. 2, comma 1
legge  22  aprile  1987  n. 158,  per  questi  ultimi  il trattamento
economico e' pari al 70% della retribuzione prevista per i professori
universitari  di ruolo della seconda fascia di pari anzianita'; e non
puo'  non concordarsi con la considerazione in proposito espressa dal
precitato   giudice,   secondo   cui   sarebbe  "del  tutto  capzioso
distinguere tra bilancio dell'Universita' e bilancio dello Stato, per
sostenere  che  l'inquadramento  invocato  graverebbe  solamente  sul
primo,   in   quanto,   come  noto,  anche  nell'attuale  prospettiva
autonomistica   permane   una  sostanziale  derivazione  (specie  con
riferimento  alle  spese  per  il  personale) del finanziamento delle
universita' dal bilancio dello Stato".
    Diversamente  opinando, il riferimento al "bilancio dello Stato",
nella  detta  norma,  apparirebbe  meramente  tautologico  e  di  ben
ermetico significato.
    Per le suesposte considerazioni, pur a fronte della opinabilita',
in  astratto,  delle contrapposte interpretazioni del dato normativo,
il  Collegio  ritiene meditatamente che debba essere preferita quella
che  ravvisa  nella  portata  della  norma  un  ulteriore, conclusivo
momento  di  equiordinazione  funzionale di due categorie che restano
peraltro  distinte sul piano dello stato giuridico, in difetto di una
norma   che  ne  prescriva  l'incardinamento  in  un'unica  posizione
formale.
    3. - Le  conclusioni  cui  e' pervenuto il Collegio condurrebbero
quindi a disattendere la tesi della ricorrente, siccome infondata.
    Senonche', a tali conclusioni il Collegio e' pervenuto sulla base
della  corretta  (tale e' ritenuta da questo giudice) interpretazione
di una norma della cui costituzionalita' sembra lecito dubitare.
    Ed   invero,   dalle   argomentazioni  che  precedono  emerge  la
configurabilita' della piena equiparazione funzionale tra ricercatori
e  tecnici laureati per effetto della stratificazione di una serie di
norme  di  cui  l'art. 8,  comma 10, legge n. 370/1999 rappresenta il
momento ultimo.
    Sembra  allora al Collegio che a tale equiordinazione funzionale,
nell'ambito    della    medesima   struttura   organizzativa,   debba
necessariamente  corrispondere  una  identita' di posizione formale e
non gia' una differenziazione di stato giuridico.
    Se  e' vero che l'art. 8, comma 10, legge n. 370/1999 costituisce
il   momento   terminale  della  ricordata  evoluzione  normativa  di
assimilazione  (cfr.,  in  tal  senso,  anche,  Cons. Stato, II Sez.,
n. 921/2000  cit.  e  VI  Sez.,  2 novembre  1998 n. 1480), sembra al
Collegio che esso, nella parte in cui non ha contestualmente previsto
la   correlata   collocazione   dei  tecnici  laureati  nell'apparato
organizzativo  universitario in posizione formale corrispondente alle
funzioni   normativamente  esercitate,  si  ponga  in  contrasto  con
l'art. 3   Cost.   -  inteso  come  generale  canone  di  coerenza  e
ragionevolezza  dell'ordinamento  (Corte  cost.  n. 204/1982)  -  sub
specie  di  manifesta  irragionevolezza della disposizione nel quadro
del  sistema  normativo  in  cui  la  stessa  si  colloca,  anche con
riferimento  all'art. 1,  comma 10, della legge n. 4/1999, e sotto il
profilo  della  violazione  del principio di uguaglianza a parita' di
presupposti,  e  quindi  per  disparita'  di trattamento, nonche' col
principio di buon andamento e d'imparzialita' dell'amministrazione ex
art. 97  Cost.,  apparendo  nel contempo "irrazionale e sperequato un
intervento  legislativo  che  scarichi  su  una  categoria compiti ed
obblighi  funzionali  gia'  spettanti  ad  altra  categoria  operante
all'interno   della   medesima   struttura,   senza   riconoscere  la
complessiva  disciplina di status a quest'ultima riservata" (cfr., in
tal  senso, Cons. Stato, II Sez., n. 921/2000 cit.); e cio' non senza
considerare   la   primaria   rispondenza  alle  esigenze  funzionali
dell'amministrazione  della  equiparazione funzionale di cui trattasi
(a  tale  finalita' risponde del resto anche la pregressa concessione
ai  tecnici  laureati  delle prerogative professionali e l'estensione
del  regime  della libera professione ex art. 72 decreto legisltativo
n. 29 del 1993 e art. 1 comma 6 legge n. 662/1996).
    4.   -   In   punto   di   rilevanza   della   questione,  sembra
incontrovertibile  che  la  tutela  prevalente  correlata  all'azione
intrapresa  discende,  nella  specie,  da  una pronuncia additiva del
giudice  delle  leggi  che  consenta  il formale riconoscimento della
posizione pretesa: si' che viene a configurarsi un'assoluta priorita'
-  anche  in ragione di principi attinenti all'economia di giudizio -
di trattazione della detta questione.
    E'  invero  evidente  che  la  pronuncia  additiva  in precedenza
indicata  consentirebbe la soddisfazione piena dell'interesse dedotto
in giudizio dalla ricorrente, consentendo l'inquadramento ex lege dei
dipendenti  interessati  nella  qualifica  di  ricercatore, mentre le
residue censure sollevano questioni che, ove fondate, assicurerebbero
un  minor  grado di soddisfacimento dell'interesse dell'universita' e
si    presentano   subordinate   all'esito   eventualmente   negativo
dell'incidente di costituzionalita'.
    5.  -  Per  le  considerazioni che precedono, va conseguentemente
sollevata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 8,
comma  10, legge 19 ottobre 1999 n. 370 per contrasto con gli artt. 3
e 97 Cost. sotto i profili enunciati in motivazione.
    Va  disposta,  pertanto,  la  trasmissione  degli atti alle Corte
costituzionale,  con  conseguente  sospensione  del giudizio ai sensi
dell'art. 23  della legge 11 marzo 1953 n. 87, per la pronuncia sulla
legittimita' costituzionale della suindicata norma.
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 8,  comma  10, della legge 19
ottobre  1999 n. 370 per contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost. sotto i
profili enunciati in motivazione.
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
    Ordina  che,  a  cura della segreteria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  in  causa  e al Presidente del Consiglio dei
ministri e sia comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso  in Roma, nella camera di consiglio del 12 dicembre
2001.
                        Il Presidente: Cossu
                 Il consigliere estensore: Mollica
02C0440