N. 246 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 2001
Ordinanza del 12 giugno 2001 (pervenuta alla Corte costituzionale il 7 maggio 2002) dal g.u.p. del Tribunale di Lecce nel procedimento penale a carico di Modoni Maria Vincenza Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Giudice che, all'esito di una precedente udienza preliminare riguardante lo stesso imputato e il medesimo fatto storico, abbia disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero, avendo ravvisato un fatto diverso da quello formalmente descritto nell'imputazione contestata - Incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare - Mancata previsione - Disparita' di trattamento rispetto ad ipotesi analoga - Lesione del diritto di difesa - Violazione del principio di imparzialita' del giudice. - Codice di procedura penale, art. 34, commi 2 e 2-bis. - Costituzione, artt. 3, 24 e 111.(GU n.21 del 29-5-2002 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza di sospensione del procedimento e di rimessione degli atti alla Corte costituzionale (art. 23 legge n. 87/1953). Il giudice dell'udienza preliminare, vista la richiesta dell'11 aprile 2001 con la quale il p.m. in sede ha chiesto il rinvio a giudizio Modoni Maria Vincenza contestandole il reato di cui agli artt. 110 e 640 cpv. n. 1 c.p.; Esaminati gli atti del procedimento allegati all'anzidetta richiesta; Sentite le parti nell'odierna udienza preliminare fissata ai sensi degli artt. 419 e segg. c.p.p., Osserva quanto segue Nei confronti di Modoni Maria Vincenza il p.m. esercito' una prima volta l'azione penale presentando, il 15 marzo 2000, richiesta di rinvio a giudizio con cui le venne contestato il reato di truffa aggravata per avere, quale bibliotecaria della scuola elementare di Cavallino - in concorso con Cappilli Francesco, bidello della stessa scuola - con artifizi e raggiri consistiti nell'allontanarsi arbitrariamente dal posto di lavoro senza il permesso dei responsabili dell'istituto, indotto in errore la pubblica amministrazione sull'effettivita' del servizio e cosi' procurato a se' l'ingiusto profitto dell'intera retribuzione, non decurtata per le ore di servizio non prestate. Nell'udienza preliminare del 9 gennaio 2001 venne ordinata la separazione della posizione dell'imputato Cappilli, il cui procedimento fu definito con una sentenza di applicazione di pena su richiesta. All'esito della medesima udienza, proseguita nei riguardi della sola Modoni, rilevato che il pubblico ministero non aveva ritenuto di modificare l'imputazione sensi dell'art. 423 c.p.p., e riconosciuta l'esistenza a carico della prevenuta di un fatto diverso da quello alla stessa formalmente ascritto (risultando dagli atti che il solo Cappilli si era arbitrariamente allontanato dal posto di lavoro e che la Modoni, invece, aveva concorso nella condotta del primo beneficiando di una serie di "favori" del Cappilli, assicuratile durante quei periodi di allontanamento), questo giudice dispose la restituzione degli atti al rappresentante della pubblica accusa. Il pubblico ministero ha, dunque, modificato il capo d'imputazione notificando alla Modoni un nuovo avviso ai sensi dell'art. 415-bis c.p.p. e formulando la seconda richiesta di rinvio a giudizio, depositata l'11 aprile 2001, cui sopra si e' fatto cenno. Cio' premesso, ritiene questo giudice di dovere sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale con riferimento alle disposizioni dettate dall'art. 34 commi 2 e 2-bis c.p.p. nella parte in cui esse non prevedono l'incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare per il magistrato che, all'esito di una precedente udienza preliminare, riguardante lo stesso imputato e il medesimo fatto storico, abbia disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero avendo ravvisato un fatto diverso da quello formalmente descritto nell'imputazione contestata. Al riguardo va preliminarmente considerato che nessun dubbio sussiste circa il potere del giudice dell'udienza preliminare di restituire gli atti al pubblico ministero laddove, come e' accaduto nel caso di specie, abbia ritenuto che il fatto e' diverso da quello iscritto nel capo d'imputazione (dopo aver preso atto che il rappresentante della accusa, presente in udienza, non ha esercitato il potere di modifica dell'accusa, riconosciutogli dall'art. 423 c.p.p). In siffatta ipotesi il giudice dell'udienza preliminare si viene a trovare in una situazione analoga a quella del giudice del dibattimento cui l'art. 521 comma 2 c.p.p. riconosce espressamente il potere di trasmissione degli atti al pubblico ministero nel caso in cui abbia accertato che il fatto e' diverso da quello formalmente contestato: e, nonostante qualche pronuncia di segno contrario, tale soluzione esegetica risulta essere quella fatta propria dalla prevalente e piu' recente giurisprudenza di legittimita' in base alla quale "dove ritenersi - in conformita' ai principi enunciati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 88 del 1994 - che l'esigenza di correlazione dell'imputazione alle risultanze degli atti sia presente in ogni fase processuale e pertanto debba essere garantita, ai fini del rispetto del diritto di difesa, anche nell'udienza preliminare" (v. Cass., sez. I, 5 maggio 2000, p.m. in proc. Ferrentino; Cass., sez. V, 3 ottobre 1997, p.m. in proc. Casaglieri; Cass., 13 dicembre 1995, Pilotto; e, sia pure con qualche puntualizzazione, Cass., 2 marzo 1998, Romano). Alla luce di questa premessa, va detto che la questione di legittimita' che qui si intende sollevare investe tanto la norma dettata dal comma 2 dell'art. 34 c.p.p., quanto quella prevista dal successivo comma 2-bis. Con riferimento alla prima disposizione sarebbe sufficiente richiamare la sentenza con la quale la Corte costituzionale ha gia' dichiarato la illegittimita' di quella stessa norma nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che, all'esito di precedente dibattimento, riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato, abbia ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero a norma dell'art. 521 comma 2 c.p.p. (sent. 15 dicembre 1994 n. 455). In quella occasione la Consulta, richiamata la propria precedente giurisprudenza secondo cui deve riconoscersi l'incompatibilita' alla funzione di giudizio in capo al giudice che abbia, in uno stadio anteriore del procedimento, espresso una valutazione nel merito della stessa materia processuale riguardante il medesimo incolpato, ebbe a sottolineare come "il giudice, quando accerta all'esito del dibattimento che "il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio , (compie) una penetrante delibazione del merito della regiudicanda, non dissimile da quella che, in mancanza di una valutazione della diversita' del fatto, conduce alla definizione con sentenza del giudizio di merito". In tale ottica non vi e' chi non veda le analogie esistenti tra la situazione valutata dalla Corte costituzionale nella predetta sentenza e quella rilevante in questa sede: perche' se e' vero che le funzioni esercitate dal giudice dell'udienza preliminare non riguardano propriamente il merito delle regiudicanda, e cioe' una valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato, non si puo' non tenere conto degli ampliati poteri decisionali allo stesso giudice assegnati dalla disciplina codicistica riguardante quella udienza, cosi' come recentemente "ridisegnata" dalla legge 16 dicembre 1999 n. 479. E' percio' palese la violazione del principio di uguaglianza per il differente trattamento che riceve l'imputato in due situazioni sostanzialmente assimilabili: l'imputato che, rinviato a giudizio dopo che, in altro precedente giudizio, un magistrato aveva ordinato la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la diversita' del fatto ai sensi dell'art. 521 comma 2 c.p.p., deve essere necessariamente giudicato da altro magistrato, rispetto all'imputato il quale - destinatario di una richiesta di rinvio a giudizio dopo che, in una precedente udienza preliminare, un magistrato aveva ugualmente ordinato la trasmissione degli atti al rappresentate della pubblica accusa per la diversita' del fatto - puo' vedere il medesimo magistrato decidere sulla richiesta nella nuova udienza preliminare. Ed invero, in entrambi i casi il giudice chiamato a svolgere le sue funzioni valutative e' "pregiudicato" dall'avere adottato il provvedimento di restituzione degli atti al pubblico ministero, per essersi precedentemente formato un convincimento sul merito dell'azione penale: "evenienza idonea a configurare una sua incompatibilita' a nuovamente giudicare sul medesimo fatto" (cosi' nella citata sent. n. 455/1994). Ne risultano, conseguentemente, lesi il diritto di difesa costituzionalmente garantito dall'art. 24 Cost. ed il correlato principio di imparzialita' del giudice di cui all'art. 111 comma 2 Cost. Sotto altro, e verosimilmente piu' pregnante, punto di vista, appare con tutta evidenza la illegittimita' della disposizione prevista dall'art. 34 comma 2-bis c.p.p., per la quale vi e' incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare per il magistrato che, nello stesso procedimento, ha esercitato le funzioni di giudice per le indagini preliminari. Disposizione che, ispirata - secondo quanto osservato dai primi commentatori - ad un principio di opportunita' costituzionale piu' che di doverosita' costituzionale, ha finito per comportare un definitivo superamento dell'orientamento esegetico con il quale la Consulta aveva escluso che il giudice dell'udienza preliminare, chiamato a formulare un giudizio di mero rito, potesse considerarsi pregiudicato dalla precedente emissione di altra decisione comportante una valutazione del merito dell'imputazione (v. Corte cost. 5 febbraio 1996 n. 24; Id., 3 luglio 1996 n. 232; e Id. 11 aprile 1997 n. 97). Con riferimento ai gia' considerati canoni della Carta fondamentale, e' agevolmente riconoscibile la irragionevolezza della norma di cui al comma 2-bis dell'art. 34 c.p.p. nella parte in cui stabilisce la innanzi indicata incompatibilita' all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare, e nella parte in cui, al contrario, ai fini dello svolgimento della medesima udienza, non preveda analoga incompatibilita' per il giudice che, in una precedente udienza preliminare, abbia rilevato la diversita' del fatto rispetto a quello contestato ed abbia ordinato la restituzione degli atti al pubblico ministero. Ed infatti, la incompatibilita' del giudice per le indagini preliminari e' fissata indipendentemente dal tipo e natura del provvedimento o dei provvedimenti adottati dal magistrato che ha esercitato quelle funzioni: ad esempio, e' sufficiente che il giudice per le indagini preliminari abbia deciso una richiesta di proroga del termine di durata delle indagini, con l'adozione di un provvedimento che non presuppone alcuna "invasiva" valutazione sul merito; viceversa, non e' prevista alcuna incompatibilita' per il magistrato che - come si e' verificato nel caso di specie - nella veste di giudice dell'udienza preliminare si e' trovato ad esprimere un approfondito giudizio di merito tanto da riconoscere una diversita' tra il fatto contestato e quello emergente dalle carte del procedimento. Anche in tale contesto, dunque, e' prospettabile la violazione dei gia' menzionati principi dettati dagli artt. 3, 24 e 111 Cost. La questione di legittimita' costituzionale sollevata non e' manifestamente infondata e, condizionando la individuazione del giudice legittimato all'esercizio delle funzioni di giudice dell'udienza preliminare, e' certamente rilevante nel processo a carico della Modoni di cui va, percio', disposta la sospensione, con trasmissione degli atti al giudice delle leggi.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, solleva questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34 commi 2 e 2-bis c.p.p. per contrasto con i principi di cui agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nei termini e per i motivi meglio indicati nella parte motiva della presente ordinanza; Sospende il giudizio a carico di Modoni Maria Vincenza e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che copia del presente provvedimento sia notificato al Presidente del Consiglio dei ministri e venga comunicato al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati; Manda alla cancelleria per quanto di competenza. Cosi' deciso in Lecce, il 12 giugno 2001 Il giudice dell'udienza preliminare:Aprile 02C0448