N. 214 ORDINANZA 20 - 23 maggio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Assistenza  difensiva  -  Divieto di assumere la
  difesa  di piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti
  la responsabilita' di altro imputato nel medesimo procedimento o in
  procedimento connesso Prospettata violazione del diritto di difesa,
  con  irragionevole  disparita'  di  trattamento  tra  gli  imputati
  Erroneita'   del   presupposto   interpretativo   assunto   -   Non
  irragionevolezza   della   scelta   normativa   adottata  Manifesta
  infondatezza delle questioni.
- Cod.  proc.  pen.,  art. 106, comma 4-bis (introdotto dall'art. 16,
  comma 1, lettera c, della legge 13 febbraio 2001, n. 45).
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.21 del 29-5-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 106, comma 4-bis
del  codice  di  procedura  penale,  promossi  nell'ambito di diversi
procedimenti penali, con ordinanze delle Corti di assise di Agrigento
del  24 maggio  2001  e  di  Palermo  del 17 maggio 2001, iscritte ai
nn. 664 e 667 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 37, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 10 aprile 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con  ordinanza del 17 maggio 2001 (r.o. n. 667 del
2001) la Corte di assise di Palermo ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3   e   24   della   Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 106,  comma 4-bis  del  codice di procedura
penale,  introdotto  dall'art. 16,  comma  1, lettera c), della legge
13 febbraio 2001, n. 45 (Modifica della disciplina della protezione e
del  trattamento  sanzionatorio  di  coloro  che  collaborano  con la
giustizia  nonche'  disposizioni  a favore delle persone che prestano
testimonianza),  nella  parte in cui esclude che uno stesso difensore
possa   assumere   la  difesa  di  piu'  imputati  che  abbiano  reso
dichiarazioni  concernenti  la  responsabilita' di altro imputato nel
medesimo   procedimento   o   in   procedimento   connesso  ai  sensi
dell'art. 12  cod.  proc.  pen. o  collegato  ai sensi dell'art. 371,
comma 2, lettera b), dello stesso codice;
        che  il  rimettente  -  premesso  che  nel  giudizio a quo il
difensore  di tre imputati che hanno reso dichiarazioni accusatorie a
carico  di altri imputati ha eccepito l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 16,  comma  1,  lettera  c), della legge n. 45 del 2001 per
contrasto  con  gli  artt. 3,  24  e 41 della Costituzione e che alla
eccezione  si  sono  associati  gli  altri  difensori  e  il pubblico
ministero  -  rileva  che  la  nuova  ipotesi  di incompatibilita' ad
assumere  la  difesa  di  piu' imputati si differenzia da quella gia'
prevista  nel  vigente  sistema  processuale al comma 1 dell'art. 106
cod.  proc.  pen. e  costituisce "una vistosa deviazione dai principi
che regolano la materia dell'assistenza difensiva";
        che  l'art. 106  cod.  proc.  pen. nel  testo  anteriore alle
modifiche introdotte dalla legge n. 45 del 2001 contemplava, infatti,
quale  unica  eccezione  al  principio  secondo cui la difesa di piu'
imputati  puo'  essere  assunta  da un difensore comune - a sua volta
espressione  della  liberta'  dell'imputato di scegliere il difensore
secondo  le proprie esclusive valutazioni, nell'ambito di un rapporto
avente  carattere  fiduciario  -  il  caso di "accertata ed obiettiva
incompatibilita'" tra le posizioni degli imputati;
        che  tale  limite,  che  il rimettente definisce "interno" in
quanto  "limite  naturale  all'esercizio della difesa tecnica di piu'
imputati",  discenderebbe  "dalla  ratio essendi e dalla funzione del
diritto   di  difesa",  ponendosi  quale  garanzia  di  liberta'  del
difensore e al contempo di effettivita' della difesa;
        che,  ad  avviso  del  giudice  a  quo,  diverso  sarebbe  il
fondamento  della  nuova causa di incompatibilita' prevista nel comma
4-bis  dell'art. 106  cod. proc. pen., finalizzata ad evitare che "la
circolazione  di  notizie relative alla responsabilita' altrui" possa
costituire  un pericolo per la "genuinita'" e la "spontaneita'" delle
dichiarazioni  e,  in  quanto  tale,  sorretta da una ratio del tutto
estranea  al  diritto  di  difesa,  di  cui  costituirebbe  un limite
"esterno";
        che, secondo il rimettente, l'esigenza di assicurare la piena
autonomia  tra  le  dichiarazioni  accusatorie rese dagli imputati e,
quindi, la genuinita' della prova ai fini dell'obiettivo accertamento
dei  fatti,  non puo' prevalere sull'esercizio del diritto di difesa,
il  cui sacrificio e' giustificato solo "in vista del soddisfacimento
di altri interessi costituzionali di rango equivalente";
        che  sarebbe  pertanto  evidente la violazione del diritto di
difesa,  sotto  il profilo della "liberta' dell'imputato di scegliere
il difensore secondo il proprio insindacabile giudizio";
        che la nuova causa di incompatibilita' determinerebbe inoltre
una  irragionevole  disparita' di trattamento "tra la posizione degli
imputati    che    abbiano    reso   dichiarazioni   concernenti   la
responsabilita'  di  altri  e  quella  degli imputati che non abbiano
effettuato  simili  dichiarazioni", in quanto il vincolo previsto dal
nuovo art. 106, comma 4-bis, cod. proc. pen. sussisterebbe solo per i
primi,  benche'  analoghe  esigenze  di tutela della genuinita' della
prova  si  pongano in astratto anche in relazione ai secondi, "stante
la  possibilita'  della  elaborazione di "versioni di comodo volte ad
escludere la responsabilita' dei correi";
        che  con  ordinanza del 24 maggio 2001 (r.o. n. 664 del 2001)
la  Corte  di  assise di Agrigento ha sollevato identica questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 106,  comma 4-bis, cod. proc.
pen.,  nell'ambito  di  un  procedimento  nel  quale  due imputati in
procedimento  connesso,  gia' giudicati con sentenza definitiva, sono
assistiti dal medesimo difensore;
        che  la  Corte  rimettente  svolge  nel merito argomentazioni
analoghe  a  quelle contenute nell'ordinanza della Corte di assise di
Palermo, alla quale viene fatto espresso richiamo;
        che  nei  giudizi  e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo con identici atti di intervento che la questione sia
dichiarata infondata;
        che,  ad  avviso  della  difesa erariale, la nuova ipotesi di
incompatibilita'   e'  indirizzata,  prima  ancora  che  a  garantire
l'accertamento  della verita', a dare piena attuazione al "diritto di
difesa  del  coimputato nei cui confronti le dichiarazioni sono state
rese", in ossequio a quanto previsto dall'art. 111 Cost. che, proprio
a   tutela  della  persona  accusata,  impone  che  siano  assicurate
l'effettivita' del contraddittorio e la genuinita' della prova.
    Considerato  che  i  rimettenti  dubitano,  in  riferimento  agli
artt. 3  e  24  della Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'art. 106,   comma   4-bis,   del  codice  di  procedura  penale,
introdotto dall'art. 16, comma 1, lettera c), della legge 13 febbraio
2001,   n. 45,   in   quanto   la  nuova  causa  di  incompatibilita'
all'assunzione   della   difesa  di  piu'  imputati  che  hanno  reso
dichiarazioni  concernenti  la  responsabilita' di altro imputato nel
medesimo   procedimento   o   in   procedimento   connesso  ai  sensi
dell'art. 12  cod.  proc.  pen. o  collegato  ai sensi dell'art. 371,
comma   2,  lettera  b),  dello  stesso  codice,  determinerebbe  una
compressione  del  diritto  di difesa, sotto l'aspetto della liberta'
dell'imputato  di scegliere il difensore secondo le proprie esclusive
valutazioni,   e   comporterebbe   una  irragionevole  disparita'  di
trattamento  rispetto  alla  posizione  dell'imputato  che abbia reso
dichiarazioni volte ad escludere la responsabilita' di altri;
        che,  stante  l'identita'  delle  questioni  sollevate,  deve
essere disposta la riunione dei giudizi;
        che la disciplina censurata, introdotta dalla legge n. 45 del
2001, prevede che non possa essere assunta da uno stesso difensore la
difesa  di  piu' imputati che abbiano reso dichiarazioni "concernenti
la  responsabilita'" di altro imputato nel medesimo procedimento o in
un procedimento connesso o collegato;
        che  il  tenore  testuale  di  tale  disposizione,  sia  pure
inserita  in  una  legge  relativa  alla  protezione e al trattamento
sanzionatorio  di  coloro  che  collaborano  con  la  giustizia,  non
autorizza   a   ritenere  escluse  dal  suo  ambito  di  operativita'
dichiarazioni che si risolvono a favore di altro imputato;
        che le censure prospettate in riferimento all'art. 3 Cost. si
palesano   quindi  manifestamente  infondate,  in  quanto  si  basano
sull'erroneo  presupposto  interpretativo  che  l'incompatibilita' ad
assumere   la   difesa  di  piu'  imputati  si  riferisca  solo  alle
dichiarazioni accusatorie;
        che,  quanto  alla violazione dell'art. 24 Cost., la liberta'
di  scelta  del  difensore,  certamente  espressione  del  diritto di
difesa,   puo'   subire   limitazioni  dettate  sia  da  esigenze  di
funzionalita'     dell'organizzazione     giudiziaria,     sia    dal
contemperamento con altri interessi, anche processuali, meritevoli di
tutela  (v.  sentenza  n. 54  del  1977),  purche' i limiti posti dal
legislatore  siano frutto di scelte discrezionali non irragionevoli e
comunque  tali da assicurare una possibilita' di scelta del difensore
sufficientemente   ampia   (v.,   con  riferimento  alle  limitazioni
dell'ambito territoriale entro cui operare la scelta, sentenza n. 394
del 2000, ordinanze n. 79 del 2001 e n. 139 del 2002);
        che  dai lavori preparatori della legge n. 45 del 2001 emerge
la volonta' del legislatore di garantire "trasparenza" e "genuinita'"
nella formazione della prova;
        che  tale  esigenza appare ragionevolmente soddisfatta da una
disciplina  che tende ad evitare che la scelta di un difensore comune
possa  risolversi  obiettivamente in veicolo di circolazione tra piu'
imputati del contenuto delle dichiarazioni rese sulla responsabilita'
di altri imputati;
        che   la   finalita'   di   assicurare  la  genuinita'  e  la
spontaneita'  delle  dichiarazioni  garantisce  anche  il  diritto di
difesa del destinatario delle dichiarazioni stesse;
        che  le  questioni  vanno  pertanto dichiarate manifestamente
infondate  con  riferimento  ad  entrambi  i  parametri  evocati  dai
rimettenti.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale dell'art. 106, comma 4-bis del codice di
procedura  penale,  sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
Costituzione, dalle Corti di assise di Palermo e di Agrigento, con le
ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 maggio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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