N. 225 ORDINANZA 22 - 29 maggio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Esecuzione forzata - Stipendi e salari - Limite alla pignorabilita' -
  Mancata possibilita' che il giudice valuti le esigenze del debitore
  esecutato,  comprese  quelle  relative alla tutela del diritto alla
  salute - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., art. 545.
- Costituzione, art. 32, primo comma.
(GU n.22 del 5-6-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Massimo  VARI,  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,
Valerio  ONIDA,  Carlo  MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 545 del codice
di  procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 30 aprile 2001
dal   Tribunale   di  Ancona,  sezione  distaccata  di  Fabriano  nel
procedimento  civile vertente tra Martinotti Dante e l'Inps, iscritta
al  n. 516  del  registro  ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, 1a serie speciale, n. 27 dell'anno 2001.
    Visti   l'atto  di  costituzione  dell'Inps,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 26 marzo 2002 il giudice relatore
Riccardo Chieppa;
    Uditi  l'avvocato Fabio Fonzo per l'Inps e l'avvocato dello Stato
Giuseppe Nucaro per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto  che  il  Tribunale  di  Ancona,  sezione  distaccata di
Fabriano,  con  ordinanza  del  30  aprile  2001,  ha  sollevato,  in
riferimento  all'art. 32,  primo comma, della Costituzione, questione
di  legittimita' costituzionale dell'art. 545 del codice di procedura
civile,  "nella  parte  in  cui  predetermina la pignorabilita' dello
stipendio  o  salario  nella  misura  di  un  quinto e non ne affida,
invece,  l'importo  alla  discrezionalita' del giudice, tenendo conto
della  comparazione  delle  esigenze  di  debitore  e  creditore, con
particolare  riferimento  al  diritto,  costituzionalmente garantito,
alla salute";
        che  il  giudice rimettente precisa che il debitore esecutato
ha  proposto  opposizione  all'esecuzione,  attuata  nelle  forme del
pignoramento  presso  terzi,  chiedendo  la  riduzione della somma da
versarsi  mensilmente  al creditore nella misura, inferiore al quinto
dello  stipendio,  di  L. 100.000  mensili,  a  causa  delle precarie
condizioni di salute in cui il medesimo debitore versa;
        che il giudice a quo ricorda come la norma in esame sia stata
piu'  volte  sottoposta  alla  verifica di costituzionalita' da parte
della   Corte   costituzionale,   che   ha   dichiarato  infondate  o
manifestamente inammissibili le questioni sollevate in relazione alla
predeterminazione   legale  della  misura  del  pignoramento  e  alla
conseguente  riduzione del livello di soddisfacimento dei bisogni del
debitore e della sua famiglia;
        che,  sempre  secondo il giudice a quo, l'anzidetta questione
non   risulta,   tuttavia,   in  precedenza  proposta  con  specifico
riferimento alla tutela costituzionale del diritto alla salute, quale
diritto  fondamentale:  nella fattispecie, secondo lo stesso giudice,
sarebbe  leso  proprio  tale  diritto,  in  quanto  il  debitore, per
l'esiguita'  dello  stipendio,  decurtato  di  un  quinto a causa del
pignoramento,  sarebbe costretto a ridurre alcune essenziali esigenze
non  coperte  dal servizio sanitario, ovvero a cercare altre fonti di
reddito,  con  conseguente  dispendio  di  energie  psico-fisiche  ed
indiretto aggravamento delle sue condizioni di salute;
        che   nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  si  e'  costituito
l'Istituto   nazionale   della   previdenza  sociale,  creditore  nel
procedimento  esecutivo,  chiedendo  che  la questione sia dichiarata
inammissibile o comunque infondata;
        che  l'Inps  osserva  che  analoghe questioni di legittimita'
costituzionale  della  stessa  norma sono gia' state risolte in senso
negativo  dalla  Corte  costituzionale,  e  che la questione in esame
involge  scelte  discrezionali appartenenti alla esclusiva competenza
del legislatore;
        che,  ad  avviso  dell'Istituto  previdenziale,  la questione
risulta  infondata,  anche  se  posta  in relazione all'art. 32 della
Costituzione,  in  quanto  l'ordinamento  provvede  alla  tutela  del
diritto  alla  salute  mediante  l'assistenza  sanitaria e sussistono
altri  strumenti  di tutela per fronteggiare gli eventuali pregiudizi
derivanti al lavoratore dalla decurtazione del reddito;
        che  e'  intervenuto  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura     generale    dello    Stato,    concludendo    per
l'inammissibilita'  o  comunque  per  la manifesta infondatezza della
questione;
        che,   secondo  la  difesa  dello  Stato,  l'inammissibilita'
deriverebbe  dalla richiesta di una sentenza additiva a soluzione non
obbligata,  in  quanto si vorrebbe introdurre il principio, opposto a
quello    attuale,   della   discrezionalita'   del   giudice   nella
determinazione  del limite di pignorabilita'; un ulteriore profilo di
inammissibilita'  consisterebbe,  ad  avviso  dell'Avvocatura,  nella
mancata  individuazione,  da  parte  del  rimettente, delle modalita'
attraverso le quali l'eventuale discrezionalita' del giudice potrebbe
garantire  il  diritto  alla  salute;  non sarebbe poi in nessun modo
ipotizzabile  un  vincolo  di  destinazione  in spese sanitarie delle
somme risparmiate dal debitore;
        che la questione - sempre secondo l'Avvocatura generale dello
Stato  -  in  ogni  caso  risulterebbe  infondata,  poiche'  la norma
censurata  sarebbe espressione di una scelta discrezionale, contenuta
nei  limiti della ragionevolezza, e sarebbe diretta a salvaguardare i
diritti del creditore, tutelando al tempo stesso le esigenze primarie
del debitore;
        che,   nell'imminenza   dell'udienza   pubblica,   l'Inps  ha
depositato  una  memoria,  con  la quale eccepisce l'inammissibilita'
della questione sollevata per difetto di motivazione sulla rilevanza,
in  quanto  il  giudice  rimettente  si  sarebbe  limitato  a dedurre
circostanze  ipotetiche  e non riscontrate in relazione alle esigenze
di tutela della salute del ricorrente nel giudizio a quo;
        che  nel  merito,  secondo  l'Inps,  non sarebbe ipotizzabile
l'emanazione di una sentenza additiva, che fissi un diverso limite di
pignorabilita'  dei  salari,  senza  invadere il campo riservato alla
discrezionalita' del legislatore.
    Considerato  che  la  scelta  del  legislatore  di determinare un
limite  fisso  percentuale  (un  quinto)  per la pignorabilita' dello
stipendio  o  salario  del lavoratore (la norma si riferisce a quelli
dovuti  da  privati)  rientra  nella discrezionalita' del legislatore
stesso,  rispetto  alla  quale  non e' configurabile alcun profilo di
manifesta irragionevolezza o palese arbitrarieta';
        che il legislatore ha scelto la via - per superare un divieto
di pignoramento per determinati "crediti impignorabili" - di affidare
al  giudice  la  determinazione  della  parte pignorabile (esecuzione
forzata  per  espropriazione  presso  terzi)  solo a favore di alcuni
crediti,  caratterizzati  da  particolari  esigenze di sostentamento,
ritenute  degne  di  speciale  protezione  e in presenza di specifici
presupposti  ("per  cause  di  alimenti": art. 545, primo comma, cod.
proc.  civ.,  nel testo sostituito dall'art. 97, comma 1, lettera a),
del  decreto  legislativo  19 febbraio 1998, n. 51, recante "Norme in
materia   di   istituzione   del   giudice  unico  di  primo  grado",
sostanzialmente  corrispondente al testo originario tranne che per la
individuazione   del   giudice  competente);  allo  stesso  modo,  ha
affi-dato  al  giudice  il  potere  di  determinare  la  misura della
pignorabilita'  degli  anzidetti  stipendi  e salari quando colui che
agisce e' titolare di un credito con speciale esigenza di protezione,
quale   quello   alimentare,   in  relazione  alla  peculiare  natura
dell'obbligo  corrispondente (art. 545, terzo comma, cod. proc. civ.,
nel  testo sostituito dall'art. 97, comma 1, lettera b), del predetto
decreto legislativo n. 51 del 1998);
        che  il  legislatore,  nella sua discrezionalita', al fine di
assicurare  il  contemperamento  dell'interesse  del  creditore  (per
tributi  e  per  ogni  altro  credito)  -  peraltro non sacrificabile
totalmente  -  con  quello del debitore, che percepisca da un privato
uno  stipendio  o  salario,  ha  previsto un limite fisso percentuale
ragionevolmente  contenuto  (art. 545, quarto comma, cod. proc. civ.)
non  essendo obbligato a rimettere in ogni caso la determinazione del
limite ad una scelta del giudice;
        che  gli  anzidetti  diversi  aspetti relativi ai limiti alla
pignorabilita'  sono  stati  gia'  esaminati da questa Corte in senso
positivo,  sotto  i  piu' vari profili attinenti agli artt. 2, 3, 24,
31,  36,  47 della Costituzione (sentenze n. 434 del 1997; n. 209 del
1975;  n. 102  del  1974;  n. 38  del 1970; n. 20 del 1968; ordinanze
n. 315 del 1999; n. 305 e n. 302 del 1998; n. 260 del 1987; n. 12 del
1977)  ed  anzi  sono state dichiarate illegittime le norme che per i
salari,  gli  stipendi  e  le pensioni dei dipendenti delle pubbliche
amministrazioni  non  prevedevano un'analoga pignorabilita' fino alla
concorrenza  di  un quinto (sentenze n. 99 del 1993; n. 878 del 1988;
n. 89 del 1987);
        che  il  diritto  alla  salute  del  singolo e le particolari
esigenze  individuali  devono  essere  assicurate  ai non abbienti, o
comunque   ai   soggetti  bisognosi  di  cure  o  di  prestazioni  di
particolare  onere,  attraverso  gli  istituti  e gli strumenti dello
specifico  settore  dell'assistenza  sanitaria  o  attraverso  quelli
dell'assistenza generale e non possono essere addossati, come obbligo
costituzionalmente  vincolante,  a  carico  del  generico  creditore,
portatore    di   un   diritto   ad   una   prestazione   pecuniaria,
giurisdizionalmente accertato attraverso un titolo esecutivo;
        che,  infine,  per  quanto  riguarda  il  debito,  per cui il
creditore  procedeva  in via esecutiva (contributi INPS riferiti a un
non breve periodo temporale), deve rilevarsi che il sistema prevedeva
una  serie  di  possibilita'  per  alleggerire o diluire il pagamento
(condoni  e  richieste  di  dilazioni o rateizzazioni), che avrebbero
potuto   far   fronte   a  talune  esigenze  sociali,  estranee  alla
giustificazione della norma processuale denunciata, ma sempre rimesse
ad  iniziative del debitore suscettibili di essere fatte valere nella
sede opportuna;
        che,  pertanto,  la  questione  denunciata  e' manifestamente
infondata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 545  del  codice di procedura
civile,  nella  parte  in  cui  predetermina  la pignorabilita' dello
stipendio  o  salario  nella  misura  di  un  quinto,  sollevata,  in
riferimento   all'art. 32,   primo  comma,  della  Costituzione,  dal
Tribunale  di  Ancona,  sezione distaccata di Fabriano, con ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 29 maggio 2002.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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