N. 287 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2002

Ordinanza  emessa  il  18  febbraio  2002 dal tribunale di Novara nel
procedimento penale a carico di Aghina Marco ed altri

Processo   penale   -   Dibattimento   -   Contestazioni   nell'esame
  testimoniale  -  Acquisizione  ed utilizzabilita' dei verbali delle
  dichiarazioni  utilizzate  per  le  contestazioni  nei  casi in cui
  risulti  provato  che  il  testimone  abbia  reso  in  dibattimento
  dichiarazioni  false  o reticenti - Mancata previsione - Disparita'
  di  trattamento rispetto alle ipotesi in cui la falsa testimonianza
  consegua  a violenza o minaccia sul teste o corruzione del medesimo
  -  Lesione del principio del contraddittorio nella formazione della
  prova.
- Cod. proc. pen., artt. 500, comma 4, 210, comma 5, e 513.
- Costituzione, artt. 3, primo comma, e 111, comma quinto.
(GU n.25 del 26-6-2002 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel procedimento penale
n. 253/00  R.G.  Trib.  nei  confronti  di  Aghina  Marco piu' altri,
imputati dei reati di cui alle imputazioni allegate;
    Sulla   richiesta   del  p.m.  di  acquisizione  dei  verbali  di
dichiarazioni  rese  al  suo ufficio da Rigoni Gemma nella fase delle
indagini preliminari;
    Sentiti  i  difensori  che  si  sono  opposti,  non ricorrendo le
condizioni previste dall'art. 500, quarto comma, c.p.p.;
    Ritiene  il  tribunale  di dover sollevare d'ufficio la questione
di legittimita' costituzionale degli artt. 500, quarto comma, e 210,
quinto  comma c.p.p., nella parte in cui non prevedono l'acquisizione
e l'utilizzabilita' dei verbali delle dichiarazioni utilizzate per le
contestazioni  nei  casi  in  cui risulti provato che il testimone ha
reso  in dibattimento dichiarazioni false o reticenti, per violazione
degli artt. 111, quinto comma, e 3, primo comma della Costituzione;

                          Premesso in fatto

        che  Rigoni  Gemma e' stata sentita all'udienza del 28 giugno
2001  quale "testimone assistita" ai sensi dell'art. 197-bis, c.p.p.,
in  quanto la stessa, gia' imputata dei delitti ascritti agli attuali
imputati  in  qualita'  di  intermediaria  tra le persone che secondo
l'accusa avrebbero versato denaro per ottenere l'esonero o il congedo
anticipato  dal  servizio militare e i pubblici ufficiali destinatari
di  tali  illeciti  compensi,  ha  definito  la propria posizione con
sentenza irrevocabile di applicazione di pena ex art. 444, c.p.p.;
        che  nel  corso  della  sua  deposizione  la  Rigoni  ha reso
dichiarazioni  che  sono  apparse  chiaramente  reticenti,  asserendo
essenzialmente  di  non  ricordare  piu'  nulla,  tanto da indurre il
Tribunale a trasmettere immediatamente gli atti al p.m. per procedere
nei confronti della Rigoni per il reato di cui all'art. 372 c.p.;
        che  il collegio peraltro ha dichiarato, in quella occasione,
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
sollevata  dal  p.m.  richiamando  i  principi  affermati dalla Corte
costituzionale  con  sent. n. 255 del 1992, in quanto nella specie la
Rigoni si era sostanzialmente sottratta all'esame, con violazione del
principio  del  contraddittorio  inserito  nella  Costituzione con il
nuovo testo dell'art. 111;
        che  nel  corso  della discussione, in seguito a segnalazione
del p.m. in merito a notizie pervenute circa affermazioni fatte dalla
stessa  Rigoni  in  ordine  alle  ragioni della propria reticenza, il
Tribunale  ha interrotto la discussione ai sensi dell'art. 523, u.c.,
c.p.p.,  per  disporre l'audizione in qualita' di testimoni del brig.
Lino  Francesco,  del  m.llo  Sanna Graziano e della signora Beltrami
Pierina   nonche'   della   stessa  Rigoni,  questa  volta  ai  sensi
dell'art. 210,  c.p.p.,  essendo  tuttora  in  corso  il procedimento
instaurato  nei suoi confronti per il reato di cui all'art. 372 c.p.,
probatoriamente collegato ai reati per i quali si procede;
        che   dalle   nuove   prove  assunte,  in  particolare  dalla
testimonianza  del brig. Lino, e' emerso che la Rigoni, mentre veniva
accompagnata  in Tribunale per deporre all'udienza del 28 giugno 2001
affermo'  che  non  avrebbe  detto  nulla  anche  perche'  era  stata
contattata  da  alcuni avvocati che le avevano chiesto di non parlare
in  dibattimento,  senza  peraltro  porre  in  essere  minacce e fare
offerte o promesse di denaro o di altre utilita';
        che  la Rigoni, all'odierna udienza, ha negato le circostanze
riferite dal brig. Lino ribadendo di non ricordare nulla dei fatti;
    Osservato, quanto alla rilevanza della questione:
        che  a giudizio del Tribunale risulta ora provato, sulla base
delle  dichiarazioni  del  brig.  Lino,  cio'  che all'udienza del 28
giugno  2001 rivestiva solo il carattere di notitia criminis, e cioe'
che la Rigoni ha posto in essere una testimonianza reticente;
        che  peraltro  non risulta integrata alcuna delle ipotesi che
l'art. 500,  quarto  comma  c.p.p., richiamato dagli artt. 513 e 210,
quinto comma c.p.p., enuncia come presupposti per l'acquisizione e la
utilizzabilita'  dei verbali utilizzati per le contestazioni, e cioe'
che  risulti  "che  il  testimone  e'  stato  sottoposto  a violenza,
minaccia,  offerta o promessa di denaro o di altra utilita' affinche'
non  deponga  o deponga il falso", in quanto la Rigoni appare essersi
determinata  alla propria condotta illecita per effetto di una libera
scelta  non  indotta  da  condotte altrui quali quelle indicate nella
citata disposizione;
        che   pertanto,   sulla   base  della  vigente  normativa  le
dichiarazioni  rese  nelle  indagini  preliminari  dalla  Rigoni  non
possono essere acquisite;
        che  invece,  recependo  i  dubbi  di  costituzionalita'  che
saranno  tra  poco  esposti, le stesse potrebbero essere acquisite ed
utilizzate  ai  fini  della  decisione, e dunque valutate ai fini del
giudizio  nei  confronti  degli  imputati  che  la teste risulta aver
accusato come partecipi della corruzione;
        che  di  conseguenza  la  questione  appare rilevante per gli
imputati  Aghina  Marco,  Boniperti  Paolo,  Carlone  Mario, Castagna
Giuseppe,  Cavallini  Donato,  Donetti Andrea, Francia Omar, Gallotti
Aquilino,  Gallotti  Francesco,  Gilardetti  Claudio,  Grassi  Paolo,
Imperiali  Massimo,  Licht  Roberto,  Murgia  Federico,  Nava Andrea,
Paglini  Mirco,  Pomodoro Bernardo, Rizzollo Giovanni, mentre per gli
altri  imputati  andra' disposta, con separata ordinanza, separazione
del procedimento ai sensi dell'art. 18, lett. b) c.p.p.;
    Ritenuto in ordine alla fondatezza della questione:
        che  l'art. 111, quinto comma della Costituzione, prevede che
"la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo
in   contraddittorio   [omissis]  per  effetto  di  provata  condotta
illecita";
        che  l'art. 500,  quarto  comma  c.p.p. si limita a prevedere
l'acquisizione  e  la  utilizzabilita'  dei verbali utilizzati per le
contestazioni   solo  quando  risulta  "che  il  testimone  e'  stato
sottoposto  a  violenza,  minaccia  offerta o promessa di denaro o di
altra utilita' affinche' non deponga o deponga il falso";
        che  da tali ipotesi rimane dunque esclusa quella che vede il
testimone rilasciare deposizione falsa o reticente non per effetto di
condotte   da   altri   poste   in  essere  nei  suoi  confronti,  ma
semplicemente  per  propria libera scelta, che puo' essere variamente
motivata  (timore  di  ritorsioni, sopravvenuta benevolenza verso gli
imputati,  speranza  di  future riconoscenze), senza che ricorrano le
condizioni richieste dalla disposizione in esame;
        che  peraltro,  anche  la testimonianza falsa o reticente non
determinata  da  comportamenti altrui costituisce condotta illecita e
come  tale rientra nella previsione dell'art. 111, quinto comma della
Costituzione,  apparendo del tutto arbitrario limitare il riferimento
alla condotta illecita contenuto nella norma costituzionale alla sola
fase  che  influisce sulla libera scelta del testimone e non anche al
comportamento  tenuto  da  quest'ultimo in dibattimento, posto che la
condotta  illecita  e'  presa in considerazione quale causa non della
testimonianza  falsa o reticente, bensi' della deroga alla formazione
della prova in contraddittorio;
        che  infatti  il testo del previgente art. 500, quinto comma,
prevedeva che fossero valutate come prova dei fatti in essi affermate
le  dichiarazioni  acquisite  a  norma del quarto comma anche qualora
risultassero  "altre  situazioni  che hanno compromesso la genuinita'
dell'esame";
        che   del   resto   l'attuale   testo   dell'art. 111   della
Costituzione  e'  stato  definito  nel  corso della seduta del Senato
n. 550  del  18  febbraio  1999  e  in  quella  occasione il relatore
sen. Pera  affermo' che si riteneva di riservare alla legge ordinaria
il compito di regolare gli effetti della minaccia, della corruzione o
di  altri tipi di condotta illecita, con cio' chiarendo l'ampiezza di
previsione contenuta nell'art. 111 della Costituzione;
        che il dettato di tale disposizione non lascia al legislatore
ordinario  la  possibilita'  di  "stabilire" - come previsto in altre
norme  costituzionali  -,  ma soltanto di "regolare" i casi in cui la
formazione  del  contraddittorio  non ha luogo per effetto di provata
condotta  illecita,  e cio' trova nuovamente conferma nell'intervento
del  relatore  sen. Pera  alla  predetta seduta del 18 febbraio 1999,
allorche'  ha  evidenziato  che  "la  deroga,  tramite una riserva di
legge,  e'  vincolata  a  tre  casi  specifici  e  sara'  compito del
legislatore ordinario, in sede di revisione delle norme del codice di
procedura  penale,  indicare  analiticamente  e precisamente che cosa
avviene in ciascuno di questi tre casi";
        che  pertanto,  qualora sussista il presupposto della provata
condotta  illecita,  al  legislatore  ordinario  spettava soltanto di
determinare  le  modalita'  con  le  quali  la formazione della prova
avviene  senza  contraddittorio,  non  gia' di escludere dalla stessa
casi  in  cui  la  mancanza  di  contraddittorio e' dovuta a condotta
illecita;
        che,  d'altra parte, differenziare le ipotesi in cui la falsa
testimonianza  consegua  a violenza o minaccia sul teste o corruzione
del  medesimo  da  quelle in cui la falsa testimonianza sia dovuta ad
una  scelta  del  teste stesso non indotta da tali presupposti appare
del  tutto  irragionevole,  in quanto sulla formazione della prova in
dibattimento non incidono in alcun modo la genesi della testimonianza
falsa  o reticente e la motivazione che ha indotto il teste a mentire
o  tacere,  posto  che  l'inquinamento  probatorio  viene  realizzato
mediante  la testimonianza falsa o reticente vuoi che essa dipenda da
violenza  o minaccia, vuoi da offerta di denaro, vuoi da volonta' del
teste finalizzata a compiacere l'imputato o ad altri scopi personali;
        che pertanto, trattare in modo diverso i casi indicati appare
altresi'  in  contrasto  col  principio  enunciato dall'art. 3, primo
comma della Costituzione;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
agli  artt. 111,  quinto comma, e 3, primo comma, della Costituzione,
la  questione  di legittimita' costituzionale degli artt. 500, quarto
comma,  513  e  210,  quinto  comma  c.p.p.  nella  parte  in cui non
prevedono   l'acquisizione  e  l'utilizzabilita'  dei  verbali  delle
dichiarazioni utilizzate per le contestazioni nei casi in cui risulti
provato  che il testimone ha reso in dibattimento dichiarazioni false
o reticenti.
    Sospende il giudizio in corso nei confronti degli imputati Aghina
Marco,  Boniperti  Paolo, Carlone Mario, Castagna Giuseppe, Cavallini
Donato,  Donetti  Andrea,  Francia  Omar, Gallotti Aquilino, Gallotti
Francesco, Gilardetti Claudio, Grassi Paolo, Imperiali Massimo, Licht
Roberto,  Murgia  Federico,  Nava  Andrea,  Paglini  Mirco,  Pomodoro
Bernardo, Rizzollo Giovanni.
    Ordina   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale.
    Manda  alla  cancelleria per la notifica della presente ordinanza
al  Presidente  del  Consiglio dei ministri e per la comunicazione ai
Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Novara, addi' 18 febbraio 2002.
                       Il Presidente: Aniello
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