N. 291 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 marzo 2002

Ordinanza  emessa  il  5  marzo 2002 dal giudice di pace di Trino nel
procedimento civile tra Dellacasa Gianni e prefetto di Vercelli

Sanzioni  amministrative  -  Giudizio  di  opposizione  all'ordinanza
  ingiunzione  -  Controversie devolute al giudice di pace - Prevista
  competenza  territoriale  del  giudice  del  luogo  della  commessa
  violazione,  anziche'  del  luogo  di  residenza  dell'opponente  -
  Violazione  del  diritto  di  difesa - Contrasto con i principi del
  giusto  processo  e  della buona e imparziale amministrazione della
  giustizia  -  Irragionevole  penalizzazione della parte processuale
  "debole" (in contrasto con l'esigenza di riequilibrio perseguita in
  altri casi dal legislatore).
- Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 e successive modificazioni.
- Costituzione, artt. 3, 11, 24, 25 e 111, comma secondo.
(GU n.25 del 26-6-2002 )
                         IL GIUDICE DI PACE

    Processo   verbale  di  udienza  (art. 130  c.p.c.)  della  causa
portante  il  numero  di ruolo n. 176/01 promossa da Dellacasa Gianni
contro  la  prefettura  di  Vercelli  per  l'opposizione a verbale di
contestazione  della  Polizia stradale di Vercelli n. 665997 L del 29
ottobre 2001.
    In  Trino,  addi'  5  marzo 2002, avanti al giudice di pace nella
persona   dell'avv.   Mauro   Bolognesi   di   Novara   ed  assistito
dall'operatore   giud.  B2  Fabrizio  Francese,  e'  presente  l'avv.
Francesco Picco per l'opponente.
    Il giudice da atto che la prefettura di Vercelli si e' costituita
con comparsa pervenuta in data 1 marzo 2002.
    Il ricorrente discute la causa.
    Il giudice di pace pronuncia la seguente ordinanza.

                         Osservato in fatto

    Con  ricorso  ex  art. 22  della  legge  n. 689/1981, ritualmente
depositato  il 21 ottobre 2001 il sig. Dellacasa Gianni ha presentato
opposizione  al  verbale  elevato dalla Polizia stradale di Vercelli,
con   il   quale  gli  e'  stata  contestata  la  violazione  di  cui
all'art. 142/nono  comma 2 del Codice della strada, perche' circolava
alla  guida  del suo veicolo alla velocita' di Km/h 104, gia' ridotti
ex  art. 345  d.P.R.  n. 495/1992,  superando  di  Km/h  54 il limite
stabilito in Km/h 50.
    La prefettura di Vercelli, costituitosi con comparsa di risposta,
ha chiesto il rigetto del ricorso proposto.
    All'udienza  del  5  marzo  2002  le parti costituite ribadiscono
quanto gia' in atti.
    A  questo  punto  il  giudice, rilevato che il ricorrente risulta
residente  e  domiciliato  in  localita'  diversa da quella in cui e'
stata   commessa   la   violazione   ascrittagli,  ritiene  che  tale
circostanza  possa  avere rilevanza ai fini di sollevare la questione
di  costituzionalita' di cui all'art. 22 (rectius 22-bis) della legge
24  novembre 1981 n. 689 e ss.mm., in relazione agli artt. 3, 24 e 25
della  Costituzione  italiana. Conseguentemente sospende d'ufficio il
giudizio per trasmettere gli atti alla Corte costituzionale e di cio'
prende atto il ricorrente.
    Per  le  motivazioni  in diritto del giudice di pace di Orbetello
sul  ricorso  proposto  da  Di  Tarsia  di Belmonte Francesco Edoardo
contro la prefettura di Grosseto, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
prima  serie  speciale n. 6 del 7 febbraio 2001, che qui si intendono
interamente  trascritte, e che vengono cosi' sunteggiate: Per effetto
dell'art. 98  del  d.lgs.  30  dicembre  1999 n. 507, con il quale e'
stato  introdotto  l'art. 22-bis della legge n. 689/1981 e ss.mm., il
legislatore  ha  riattribuito  al  giudice  di  pace la competenza in
materia di opposizione alle ordinanze-ingiunzione di cui all'art. 22.
Contro   il   provvedimento   sanzionatorio  irrogato  dall'autorita'
amministrativa,  gli interessati possono proporre opposizione davanti
al  giudice del luogo in cui e' stata commessa la violazione entro il
termine  di  trenta  giorni  dalla  notificazione  del provvedimento,
mediante deposito in cancelleria del ricorso con allegata l'ordinanza
notificata. Secondo la prevalente giurisprudenza della suprema Corte,
il   ricorso   deve  essere  materialmente  consegnato  al  personale
dell'ufficio  giudiziario, e quindi non puo' formare oggetto di invio
per  posta  o  con  altre  forme  di trasmissione, ad esempio via fax
(Cass.  Sez. un. 17 giugno 1988 n. 4120). Nel ricorso l'opponente ove
non  abbia  in  loco  un  suo  procuratore per il giudizio de quo, e'
obbligato a dichiarare o eleggere domicilio nel comune in cui ha sede
il giudice adito, ed a presentarsi alla prima udienza, per evitare la
convalida  del  provvedimento opposto (art. 23 comma 5), a differenza
dell'ordinario  rito civilistico per quanto riguarda la cancellazione
della causa dal ruolo (art. 181 c.p.c.).
    A  parere  di questo organo giudicante la descritta normativa non
sembrerebbe garantire agli "interessati", ove non siano assistiti dal
un  legale,  la concreta possibilita' di difendersi, tenuto conto dei
gravami  procedurali  che  vengono  ad  essi  imposti  per opporsi ad
addebiti  peraltro  di modesta offensivita', con particolare riguardo
l'obbligo  di  adire il giudice del luogo in cui e' stata commessa la
presunta  violazione, anziche' di quello di residenza del ricorrente.
Proprio  nel caso all'esame di questo giudice, si e' rilevato come un
signore  abitante  a  Trino  Vercellese  per contestare un'infrazione
stradale  elevatagli  nel  comune  di  Quinto  V.se, debba presentare
personalmente  nella  cancelleria  del giudice di pace di Vercelli il
suo   ricorso,   e  quindi,  comparire  successivamente  in  udienza,
sopportando un notevole costo, sia in termini economici che di tempo,
che  gli  sarebbe  risparmiato, se la competenza in materia fosse del
giudice  del  suo  luogo  di  residenza.  Tale  procedura in effetti,
privilegiando   il   foro   dell'"amministrazione  repressiva"  rende
particolarmente difficoltoso al ricorrente esercitare direttamente il
suo  fondamentale  diritto  di difesa, ai sensi non solo dell'art. 24
("tutti  possono  agire in giudizio"), ma ora, anche, dell'art. 111 -
secondo  comma  della  Costituzione (legge Costituzionale 23 novembre
1999  n. 2),  per  effetto  del  quale  "ogni  processo si svolge nel
contraddittorio  tra  le  parti,  in condizioni di parita', davanti a
giudice terzo e imparziale."
    Nella  circostanza,  l'attribuzione della competenza territoriale
al  giudice  del  locus  delicti  in pratica coincidente con il luogo
dell'accertamento dell'infrazione, potrebbe essere in contrasto con i
principi   del   giusto   processo   e   della  buona  ed  imparziale
amministrazione  della  giustizia,  di  cui anche alla Convenzione di
Roma  per  la  salvaguardia  dei  diritti  dell'uomo e delle liberta'
fondamentali,  cio'  in  quanto di fatto al presunto incolpato non e'
garantita    una    posizione    processuale    paritaria    rispetto
all'amministrazione  e  quindi  mancano  i presupposti perche' il suo
ricorso  abbia  valenza  effettiva  e  non  solo  teorica, tanto piu'
considerando  come  le  pretese  dell'autorita'  che  ha  irrogato la
sanzione siano, tra l'altro, immediatamente esecutive.
    Siffatta procedura, di chiara origine penalistica, che aveva come
destinatario  l'allora  pretore  ed il suo particolare rito, potrebbe
non  essere  piu'  conforme alla vigente disciplina del "procedimento
davanti   al   giudice   di   pace",  che  prevede,  in  particolare,
all'art. 320 c.p.c., l'obbligatorio interrogatorio libero delle parti
subito   "nella  primaudienza",  cio'  al  fine  di  acquisire  dagli
"interessati" utili elementi per la trattazione della causa, e quindi
incentiva   un   rapporto   diretto   dell'organo  giudicante  con  i
protagonisti processuali, tanto piu', se, come nel caso di specie, il
ricorrente puo' stare in giudizio senza l'assistenza di un legale.
    Va, inoltre, sottolineato, che' lo stesso rito della n. 689/1981,
imponendo  al  giudice  di  valutare la "personalita'" e le eventuali
"condizioni  economiche  disagiate"  dell'autore  dell'infrazione, in
sede  di  applicazione  delle  sanzioni  (art. 11)  e concessione del
pagamento  rateale della pena irrogata (art. 26), postula comunque la
necessaria presenza personale dell'incolpato in giudizio.
    Sotto  questo  aspetto  e'  significativo,  altresi',  l'art. 23,
settimo  comma,  della legge n. 689/1981 che stabilisce la lettura in
udienza  del  dispositivo da parte del giudice, proprio allo scopo di
rappresentare  oralmente  al  ricorrente l'autorita' della decisione.
Tale    fondamentale    attivita'   processuale,   prevista   proprio
nell'interesse  difensivo del trasgressore, e' da ritenersi di dubbia
realizzazione nel caso in cui l'opponente si trovi a risiedere in una
localita'  molto  lontana  dal  punto  in  cui sarebbe stata commessa
l'addebitata  violazione  stradale  e  non  abbia mezzi economici per
rivolgersi  ad  in legale del posto, onde sostenere cola' in giudizio
le proprie ragioni contro l'"amministrazione repressiva".
    Tra  l'altro, poi, l'ammontare della sanzione irrogata, in genere
non   e'   tale  da  giustificare  la  spesa  dell'assistenza  di  un
professionista,  anche  nell'ipotesi in cui fosse macroscopica la non
colpevolezza  del  verbalizzato,  considerata,  inoltre,  la  diffusa
tendenza  dei giudici de quibus a compensare le spese o liquidarle in
via  equitativa  in  misura  simbolica.  E' indubbio che l'attribuita
competenza territoriale al giudice del luogo in cui e' stata commessa
l'infrazione  sua unicamente a vantaggio dell'amministrazione nei cui
confronti  viene  presentato  ricorso,  in  quanto i suoi funzionari,
verosimilmente  agevolati  dalla vicinanza con gli uffici giudiziari,
risultano  facilitati  nel reperimento delle prove e, quindi, piu' in
generale nell'attivita' processuale. In particolare, poi, l'autorita'
verbalizzante,  in  sede  del  ricorso amministrativo, e' addirittura
destinataria per legge degli scritti difensivi indirizzati all'organo
giudicante.  Ma questa opportunita' logistica, se puo' ammettersi per
le controversie di maggiore offensivita' all'esame ora del tribunale,
la   cui  istruttoria  spesso  comporta  l'ammissione  di  consulenze
tecniche    di    complessi    riscontri   documentali   nei   luoghi
dell'accertamento dell'infrazione, non sembra ragionevole nel caso di
ricorsi  affidati  ai  giudici di pace, in quanto proprio la relativa
minore gravita' dell'illecito contestato non giustifica la competenza
territoriale  del  giudice  del  locus  delicti, ossia, in pratica, a
favore  dei  verbalizzati  ed  e'  sicuramente  penalizzante  per  il
ricorrente,  ove  la sua causa si svolga in una localita' fuori della
provincia di residenza o di domicilio.
    Al  riguardo non si puo' escludere che il legislatore, in sede di
emanazione   del   menzionato   d.lgs.   n. 507/1999,   abbia  voluto
riconoscere  una  competenza di carattere generale al giudice di pace
per  gli  illeciti  di minore allarme sociale, per i quali, se non e'
richiesta   l'assistenza   (tecnica)   di   un   legale,   e'   pero'
indispensabile     la     presenza    del    presunto    trasgressore
nell'istruttoria, per cui relativamente a questo comparto la norma di
cui   all'art. 22-bis   della   legge   n. 689/1981  potrebbe  essere
interpretata  nel  senso  che  il  giudice adito e' piu' propriamente
quello del luogo in cui si trova il ricorrente.
    Sono  state, infatti, escluse dalla sua competenza, ed attribuite
ai  giudici  togati,  le  opposizioni avverso le sanzioni pecuniarie,
superiori  a  30  milioni, ed alcune tipologie di violazione (lavoro,
urbanistica,   ambiente,  valutario,  tributario  e  societario),  di
particolare  complessita'  giuridica,  per  la cui definizione assume
specifico  rilievo  il  momento tecnico dell'istruttoria, e quindi la
necessita' per il ricorrente di doversi fare assistere da un legale.
    La  materia  del  riciclaggio,  nonostante  la sua contiguita' al
valutario ed al monitoraggio fiscale - procedura contenziosa ex testo
unico  31  marzo 1988 n. 148 - non e' stata demandata alla competenza
esclusiva  dei  giudici  del tribunale, ma riconosciuta di pertinenza
anche dei giudici di pace per le sanzioni comminate dal Ministero del
tesoro  fino  a  30  milioni.  Tel  scelta  legislativa  puo'  essere
determinata   dal  fatto  che  gli  illeciti  di  cui  trattasi  sono
prevalentemente   di   carattere  formale,  in  quanto  provocati  da
ignoranza  delle  norme  e  da  semplice disattenzione, per cui si e'
ritenuto  che  un  giudice  onorario  fosse  idoneo  a  valutare tali
circostanze,  proprio  per il suo istituzionalizzato rapporto diretto
con  l'incolpato  (cfr.  A.  Simonetti  in  "Affari  e Finanza" di La
Repubblica  del  14  febbraio 2000 "Ai giudici di pace le liti tra il
Tesoro e i distratti" e A. Mengali in "Il controllo dei movimento dei
capitali", IPSOA, Milano).
    Peraltro  non  si  puo'  non  osservare  che anche il giudizio di
opposizione  ai  provvedimenti sanzionatori del Ministero del tesoro,
analogamente  a  quello  in materia di infrazioni stradali, espone il
verbalizzato  all'onerosa procedura di doversi difendere nel luogo in
cui  risulta commessa la presunta violazione, che diventa ancora piu'
gravosa,  nel  caso in cui l'oggetto del contenzioso riguarda assegni
privi   di   requisiti   di  legge,  in  quanto  il  titolo,  essendo
suscettibile  di  essere  presentato  in  pagamento  presso qualsiasi
intermediano finanziario, radica la la competenza nel luogo in cui e'
avvenuto tale regolamento, per lo piu' sconosciuto all'interessato al
momento  dell'emissione,  e che puo' essere ubicato in una zona molto
lontana da quella di residenza del traente.
    Per  le  ragioni  suesposte  si  ha  motivo  di ritenere che, per
effetto   della   vigente  procedura  di  opposizione  alle  sanzioni
amministrative,  le  parti  in giudizio non siano in una posizione di
parita',  e  sussiste,  invece,  uno  squilibrio a danno del soggetto
processualmente debole, ossia l'opponente,che normalmente rinuncia ad
esercitare  il  suo  diritto di difesa per i costi eccessivi cui deve
sottoporsi;  mentre  invece  l'amministrazione, grazie ai suoi uffici
periferici,   o   in   mancanza,   di   quelli   di   prefettura,  e'
istituzionalmente  in  grado  di  resistere  con  i  suoi  funzionari
sull'intero  territorio  nazionale.  Del  resto, proprio considerando
l'articolazione  territoriale degli uffici di prefettura, l'eventuale
trasferimento  della competenza al giudice del luogo di residenza del
ricorrente  non  avrebbe  conseguenze  negative per l'amministrazione
opposta,   i   cui   uffici   periferici   potrebbero   correttamente
rappresentarla nelle cause di cui trattasi.
    Si  sottolinea,  altresi',  come  ancor  prima  dell'avvento  del
"giusto  processo",  l'evoluzione  normativa  fosse gia' nel senso di
valorizzare  il  foro del ricorrente, rispetto a quello dell'opposto,
proprio   al   fine   di  riequilibrare  le  posizioni  dei  soggetti
considerati  normativamente  deboli  rispetto  alle parti processuali
forti.  Sono  da  ritenersi  espressioni di tale esigenza non solo il
tradizionale  rito  del  lavoro  o  il procedimento di opposizione al
decreto penale di condanna dal quale proprio la procedura della legge
n. 689/1981   e'   largamente   ispirata,  ma  piu'  recentemente  la
complessiva  normativa  a  tutela  del  consumatore,  con particolare
riguardo  all'art. 25 della legge 6 febbraio 1996 n. 56 (Disposizioni
per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia
alla   comunita'   europea   -  legge  comunitaria  1991),  il  quale
prrebbeavere  aver  introdotto  il  cosiddetto,  foro  esclusivo  del
consumatore,  ai  sensi  dell'art. 1469-bis,  n. 13 del codice civile
(clausole  vessatorie)  (cfr.  giudice  di pace di Prato, sentenza 28
gennaio  1999  in  Foro  It.  I,  1695),  o  anche  all'art. 12  d.l.
n. 50/1992  sui  contratti  negoziati fuori dei locali commerciali e,
infine, all'art. 10 d.l. n. 427/1987 in materia di multiproprieta'.
    Ne'  tali  deroghe  all'ordinaria competenza territoriale possono
essere  qualificate, come ritiene un'autorevole dottrina, un "eccesso
di zelo" nella protezione del consumatore. Esse, piuttosto, mirano ad
assicurare  al  soggetto, ritenuto normativamente debole in una lite,
la  possibilita'  (economica)  di  potersi difendere nel suo luogo di
residenza,  dove  verosimilmente gli e' meno oneroso rappresentare le
proprie    ragioni,   emancipandolo   da   dispendiosi   spostamenti,
sicuramente penalizzanti in termini di costi e di tempo.
                              P. Q. M.
    Visti   gli   artt. 3,   24,   25  e  111,  secondo  comma  della
Costituzione, e la legge 11 marzo 1953 n.87;
    Dichiara  di  ufficio rilevante e non manifestamente infondata la
questione  di  legittimita'  costituzionale  con  riguardo alla parte
dell'art. 22  della  legge  24  novembre  1981  n. 689 e ss. mm., che
attribuisce  al  giudice  del  luogo  in  cui  e'  stata  commessa la
violazione, individuato a norma dell'art. 22-bis, la competenza sulle
controversie contro per ordinanze-ingiunzioni.
    Ordina:
        la   sospensione   del   procedimento   per  pregiudizialita'
costituzionale,  con  immediata  trasmissione  di copia autentica del
fascicolo   d'ufficio   e   dei  fascicoli  delle  parti  alla  Corte
costituzionale, a cura della cancelleria;
        la  notificazione  del  presente  provvedimento  a cura della
cancelleria  alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed alle parti
in causa;
        la  comunicazione  della  presente  ordinanza,  a  cura della
cancelleria, alla Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.
        Trino, addi' 5 marzo 2002
                    Il giudice di pace: Bolognesi
02C0569