N. 326 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 marzo 2002
Ordinanza emessa l'11 marzo 2002 dal Notaio di Giulianova sugli atti relativi a Costantini Andrea ed altro Donazione - Donazione con riserva della facolta' di disporre - Riserva del donante di costituire a proprio favore una prestazione non pecuniaria di assistenza morale e materiale a carico del donatario (tale da non assorbire l'intero valore del bene donato) - Possibilita' - Mancata previsione - Violazione del principio di ragionevolezza e di uguaglianza - Contrasto con la tutela dell'autonomia privata in materia patrimoniale e in materia non patrimoniale - Questione di costituzionalita' sollevata da un notaio nel procedimento di rogazione di un atto pubblico. - Codice civile, art. 790. - Costituzione, artt. 2, 3 e 41.(GU n.28 del 17-7-2002 )
L'anno duemiladue ed il giorno ventitre' del mese di febbraio; In Giulianova, nel mio studio, in Lungomare Spalato n. 20; Avanti a me prof. avv. Franco Angeloni, Notaio con residenza a Giulianova ed iscritto nel ruolo dei Distretti notarili riuniti di Teramo e Pescara; Alla presenza dei testi noti ed idonei signore: dott.ssa Boni Barbara in Di Berardo, nata a Firenze il 18 gennaio 1966, residente a Teramo, in via della Fonte, n. 1, dottore in Giurisprudenza; sig.ra Ruscitti Rosa, nata a Teramo il 9 marzo 1955, residente a Giulianova, in via Antonio Gasbarrini n. 17, agente di assicurazione; Si sono costituiti i signori: dott. avv. Andrea Costantini, nato a Teramo il 23 novembre 1936 e residente a Teramo, in via Andrea Costantini, n. 18, notaio, codice fiscale CST NDR 36S23 L103W; dott. Francesco Costantini, nato a Roma il giorno 8 ottobre 1970, con domicilio civile e fiscale in Teramo, Via Andrea Costantini, n. 18, dottore in giurisprudenza, codice fiscale CST FNC 70R08 H501Y; Persone della cui identita' personale io notaio sono certo, che mi richiedono di ricevere il presente atto. P r e m e s s o Che i signori costituiti hanno manifestato al notaio rogante la loro volonta' in ordine alla stipula di un atto col quale il dott. avv. Andrea Costantini vorrebbe donare al proprio figlio, dott. Francesco Costantini, una porzione immobiliare facente parte del fabbricato sito in Teramo, alla Via Andrea Costantini, n. 18, comprendente l'intero piano secondo con annessi locali condominiali al piano terra, della consistenza catastale complessiva di vani sette, confinante con via Costantini, via Mario Capuani, via Nazario Sauro, proprieta' eredi Albi o loro aventi causa, riportata nel Catasto dei fabbricati del comune di Teramo alla partita 6597, foglio 69, particella 170 sub 12, via Andrea Costantini, n. 18, p.t. 2, zona censuaria 1, categoria A/3, classe 3, vani 7,0, Rendita catastale euro 506,13; Che il donante, d'accordo col donatario, intende riservarsi la facolta' di disporre, se e quando lo riterra' opportuno a suo insindacabile giudizio, la costituzione a suo favore ed a carico del donatario, di una prestazione di assistenza morale e materiale, con la quale appunto il donatario assuma obbligo di prestare ad esso donante, per tutta la sua vita, assistenza morale e materiale, le quali devono essere dirette a soddisfare ogni sua esigenza di vita (sulla nozione di dovere di assistenza come dovere di soddisfare ogni esigenza di vita si veda quanto precisato dalla S.C. con le quattro pronunce a sezioni unite di Cass., 29 novembre 1990, nn. 11489, 11490, 11491 e 11492); Che il donante ha espresso al notaio rogante la volonta' che tale facolta' che intende riservarsi non si trasmetta agli eredi, ma possa essere esercitata esclusivamente da esso donante durante la sua vita; Che la traduzione in termini giuridici della volonta' empiricamente manifestata al notaio rogante dai comparenti, cui secondo la migliore dottrina notarile e' tenuto il notaio nell'esercizio della sua funzione di adeguamento, non puo' effettuarsi mediante la documentazione di una donazione modale, alla quale appunto viene apposto un modo consistente nella predetta prestazione di assistenza assunta dal donatario medesimo, dal momento che, come ha osservato la migliore dottrina, nella donazione modale abbiamo la imposizione attuale di un peso, e per l'adempimento dell'onere puo' agire qualunque interessato, anche durante la vita del donante stesso (art. 793, terzo comma c.c.), mentre nella donazione voluta dal donante la facolta' di costituzione dell'obbligazione di assistenza puo' essere esercitata appunto solo dal donante e solo durante la sua vita; Che la volonta' espressa dal donante denota inequivocabilmente che il contratto che intende concludere deve essere confezionato in termini di donazione con riserva di disporre, nella quale il donante si riserva appunto di costituire a suo favore un'obbligazione di assistenza; Che l'art. 790 del vigente codice civile, nel disciplinare la donazione con riserva di disporre, prevede, oltre alla possibilita' che il donante si riservi la facolta' di disporre di qualche oggetto compreso nella donazione, solo quella della riserva di disporre di una determinata somma sui beni donati, mentre non contempla alcuna possibilita' di dedurre nell'ambito del peso (che pero' come si e' visto non costituisce un modo) che viene apposto alla donazione una prestazione non pecuniaria sospensivamente condizionata alla mera volonta' del donante creditore della prestazione medesima; Che, come stato affermato dalla migliore dottrina, il nostro ordinamento non ammette altre ipotesi di riserva di disporre, e che la disposizione di cui all'art. 790 c.c. essendo eccezionale rispetto al generale principio dell'irrevocabilita' della donazione perfezionata, non e' suscettibile di interpretazione analogica, in conformita' alla regola di cui all'art. 14 prel. c.c.; Che tale divieto di analogia e' ulteriormente rafforzato dalla previsione di cui all'art. 23 Cost., ai sensi del quale "nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge"; Che tale omessa previsione e' in contrasto con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost., oltre che con la tutela dell'autonomia privata ai sensi degli artt. 41 (sulla base del quale viene individuata la tutela dell'autonomia privata in campo patrimoniale) e 2 (sulla base del quale viene individuata la tutela dell'autonomia privata in campo non patrimoniale) Cost., dal momento che non sussiste alcuna plausibile ragione per non consentire ai soggetti dell'ordinamento di porre in essere una donazione con riserva di disporre con la quale il donante si riserva appunto la facolta' di disporre mediante la costituzione a suo favore di una prestazione non pecuniaria della quale sia onerato il donatario; Che la fattispecie che i comparenti hanno prospettato al notaio rogante non puo' essere ricondotta a quella del contratto di mantenimento, dal momento che la causa dell'attuzione patrimoniale voluta dal donante e' appunto esclusivamente quella dell'arricchimento per spirito di liberalita' attuata a mezzo di una donazione diretta, donazione alla quale tuttavia viene apposta una riserva di disporre a favore del donante mediante la costituzione a suo favore di un'obbligazione di assistenza; Che la liceita' e possibilita' giuridica di dedurre come oggetto di un contratto un'obbligazione di assistenza e' incontrastabilmente ammessa nel diritto positivo vigente, come risulta appunto dalla copiosa giurisprudenza della S. C. che si e' occupata del contratto di mantenimento e del vitalizio alimentare (in tale senso v., per tutte, la decisione di Cass. 29 maggio 2000, n. 7033); Che la riserva di disporre che i comparenti intendono apporre alla stipulanda donazione non annullerebbe la volonta' donativa, poiche' discenderebbe dai principi che l'attribuzione patrimoniale eventualmente in futuro imposta dal donante al donatario non potrebbe assorbire l'intero valore del bene donato; Che il notaio rogante, sulla base della normativa vigente, deve rifiutarsi di procedere alla rogazione dell'atto voluto dalle parti, in quanto esso risulta essere in contrasto con quanto stabilito dal citato art. 790 c.c.; Che il notaio rogante ritiene che la norma espressa dalla citata disposizione, e' in contrasto, per le ragioni sopra esposte, con gli artt. 2, 3 e 41 Cost.; Che il notaio rogante ritiene anche sulla base della recente giurisprudenza della Corte costituzionale, che legittimati a proporre questione di legittimita' costituzionale non siano soltanto i giudici facenti parte dell'autorita' giudiziaria, ma anche gli altri soggetti dell'ordinamento che siano investiti dell'esercizio di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge e siano all'uopo posti in posizione super partes, dovendo porre in essere un controllo appunto in quanto super partes, non a tutela degli interessi di un solo soggetto, ma a tutela del solo diritto oggettivo; Che tale interpretazione risulta conforme al principio di effettivita' delle norme della Costituzione e delle altre leggi costituzionali, espresso dagli artt. 2, 3 e 54, primo comma, Cost., principio che assume ancora maggiore importanza in relazione ai soggetti, quali il notaio, investiti di pubbliche funzioni, come risulta dal secondo comma del citato art. 54 Cost., che prescrive che "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore"; Che nel caso di documentazione in forma pubblica notarile dei negozi giuridici le parti, non essendo ancora sorta una controversia in ordine al rapporto che il negozio e' diretto a disciplinare, non avrebbero altro mezzo per fare espungere dall'ordinamento la norma costituzionalmente illegittima che quello di denunziare il notaio rogante che giustamente ha rifiutato di rogare il negozio proibito dalla legge ordinaria per rifiuto od omissione di atti d'ufficio, ai sensi dell'art. 328 c.p., ovvero di provocare un procedimento disciplinare a carico del notaio rifiutante in base al combinato disposto degli artt. 27, primo comma (che sancisce l'obbligatorieta' del ministero notarile) 138, secondo comma, della legge 15 febbraio 1913, n. 89; Che tali procedimenti difficilmente potrebbero avere un seguito, dal momento che e' sicuramente legittimo il rifiuto, da parte del notaio, di rogare un atto proibito da una norma espressa da una disposizione avente il rango di legge ordinaria, anche se costituzionalmente illegittima; Che l'unica alternativa possibile al riguardo sarebbe costituita dalla rogazione dell'atto illegittimo da parte del notaio, il quale solleverebbe la questione di legittimita' costituzionale nell'eventuale e probabile procedimento disciplinare diretto a provocare la sua sospensione per la violazione dell'art. 28, primo comma, n. 1 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 e che sicuramente nessun notaio sarebbe disposto a correre un tale rischio; Che in tale modo si consentirebbe che molte norme, in relazione alle quali il notaio rogante ritenga sussistere una situazione di non manifesta infondatezza di illegittimita' costituzionale, non giungano mai al vaglio della Corte costituzionale, soprattutto nel caso in cui il negozio la cui conclusione sarebbe legittima in seguito alla eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale della norma proibitiva, debba a pena di nullita' o di opponibilita' essere documentato mediante atto pubblico notarile, come avviene nel caso di specie, nel quale e' prescritta la forma solenne dell'atto pubblico notarile con la presenza dei testimoni, ai sensi del combinato disposto degli artt. 48, primo comma, della legge n. 89/1913 e 782, primo comma, c.c.; Che la nostra Costituzione, pur avendo operato un'esplicita opzione per un sistema di giurisdizione costituzionale accentrata in luogo di un sistema di giurisdizione costituzionale diffusa, non prevede alcuna limitazione in ordine ai soggetti legittimati a proporre questioni di legittimita' costituzionale, mentre un'opzione in ordine a tale legittimazione stata effettuata solo dalla legge (ordinaria) 11 marzo 1953, n. 87 il cui art. 23 legittima la proposizione della questione di legittimita' costituzionale soltanto "nel corso di un giudizio dinanzi ad un'autorita' giurisdizionale". Ad avviso del notaio rimettente il legislatore ordinario del 1953 ha eluso la riserva di legge costituzionale di cui all'art. 137, primo comma Cost., ai sensi del quale "una legge costituzionale stabilisce le condizioni, le forme, i termini di proponibilita' dei giudizi di legittimita' costituzionale, e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte", mentre il successivo secondo comma del medesimo articolo ha previsto che "con legge ordinaria sono stabilite le altre norme necessarie per la costituzione e il funzionamento della Corte", non essendo sufficiente alla decostituzionalizzazione della materia il rinvio che alla legge ordinaria viene fatto dalla scarna formula della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, ai sensi del quale "la Corte costituzionale esercita le sue funzioni nelle forme, nei limiti ed alle condizioni di cui alla Carta costituzionale, alla legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 ed alla legge ordinaria emanata per la prima attuazione delle predette norme costituzionali". Come ha affermato la stessa Corte costituzionale con la fondamentale sentenza 18 novembre 1976, n. 226, la ratio che informa il vigente sistema di sindacato di legittimita' costituzionale in via incidentale consiste "essenzialmente nella duplice esigenza: a) che tale sindacato non abbia ad esplicarsi in astratto, ma in relazione a concrete situazioni di fatto, alle quali siano da applicare norme di dubbia costituzionalita'; b) che i giudici, soggetti come sono esclusivamente alla legge (art. 101, secondo comma Cost.) che ad essi e' vietato disapplicare, non siano costretti ad emettere decisioni fondandosi su leggi della cui conformita' alla Costituzione abbiano motivo di dubitare, ma debbano, in tal caso, provocare una pronuncia di questa Corte, sospendendo frattanto il procedimento, quale che ne sia la natura. Giacche' "il preminente interesse pubblico della certezza del diritto (che i dubbi di costituzionalita' insidierebbero), insieme con l'altro della osservanza della costituzione, vieta che dalla distinzione tra le varie categorie di giudizi e processi (categorie del resto dai contorni sovente incerti e contestati) si traggano conseguenze cosi' gravi (sentenza n. 129 del 1957)". Dunque le esigenze costituzionali della certezza del diritto (intesa anche come assenza di dubbi di costituzionalita' e dell'osservanza della Costituzione possono trovare come limite, come ragionevole eccezione, la sola esigenza che il sindacato di legittimita' costituzionale sia esercitato in relazione a concrete situazioni di fatto e non in astratto. E per stabilire se tale ultima esigenza sia soddisfatta, la Corte costituzionale con la citata decisione n. 226/1976 ci fornisce due illuminanti criteri alternativi, solo il primo dei quali richiede il requisito della presenza di un "organo giurisdizionale", essendo per il secondo sufficiente "l'esercizio di funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge, da parte di organi ... posti in posizione super partes". Secondo la citata sentenza della Corte costituzionale, infatti, per "aversi giudizio a quo, e' sufficiente che ricorra o il requisito soggettivo, consistente nello svolgersi del procedimento "alla presenza e sotto la direzione di un ufficio giurisdizionale", o il requisito oggettivo dell'esercizio di "funzioni giudicanti per l'obiettiva applicazione della legge", da parte di organi "pur estranei alla organizzazione della giurisdizione ed istituzionalmente adibiti a compiti di diversa natura", che di quelle siano investiti anche in via eccezionale e siano all'uopo "posti in posizione super partes". La Corte costituzionale, con la citata decisione n. 226/1976 si e' spinta anche oltre, affermando che per essere legittimati a sollevare una questione di legittimita' costituzionale e' sufficiente che l'organo legittimato si trovi in una situazione "analoga a quella in cui si trova un qualsiasi giudice (ordinario o speciale), allorche' procede a raffrontare i fatti e gli atti dei quali deve giudicare alle leggi che li concernono", ponendo cosi' in essere un controllo super partes, non a tutela degli interessi di un solo soggetto, ma a tutela del solo diritto oggettivo; Che uniformandosi al predetto orientamento la Corte costituzionale con la sentenza 28 novembre 2001, n. 376, dopo avere ribadito che, "per aversi giudizio a quo, e' sufficiente che sussista esercizio di "funzioni giudi-canti per l'obiettiva applicazione della legge" da parte di soggetti, "pure estranei all'organizzazione della giurisdizione", "posti in posizione super partes", ha riconosciuto la legittimazione dei collegi arbitrali a sollevare questione di legittimita' costituzionale, affermando che anche l'arbitrato costituisce un procedimento diretto all'"applicazione obiettiva del diritto nel caso concreto ai fini della risoluzione di una controversia", soprattutto in considerazione del nostro assetto costituzionale in cui "e' precluso ad ogni organo giudicante tanto il potere di disapplicare le leggi, quanto quello di definire il giudizio applicando leggi di dubbia costituzionalita'", per cui il giudicante che nutra sospetti in ordine alla legittimita' costituzionale di un atto avente forza di legge ordinaria deve sollevare la relativa questione di legittimita' costituzionale, sospendendo il procedimento del quale e' stato investito; Che in base alla citata giurisprudenza della Corte costituzionale anche il notaio, ad avviso del rimettente, deve considerarsi legittimato a sollevare questioni di legittimita' costituzionale, tenuto conto che: 1) se il notaio non esercita funzioni propriamente giurisdizionali, non puo' negarsi una somiglianza tra la funzione giurisdizionale e quella notarile, poiche': a) il notaio e' tenuto pur sempre ad un controllo di liceita' del regolamento negoziale (art. 28, primo comma, n. 1 della legge 16 febbraio 1913, n. 89), svolgendo cosi' un compito che e' stato definito da autorevole dottrina come "antiprocessuale" o di "tutela stragiudiziale dei diritti soggettivi in formazione", essendo il notaio medesimo chiamato a svolgere un "giudizio giuridico"; b) che la funzione del notaio abbia una profonda essenza giurisdizionale, risulta evidente dalla attribuzione da parte dell'ordinamento (art. 474, secondo comma n. 2 c.p.c.) agli atti notarili del carattere di "titolo esecutivo", anche se limitatamente alle "obbligazioni di somme di danaro in essi contenute"; a cio' si aggiunga la considerazione della particolare efficacia dell'atto finale cui mette capo il procedimento di rogazione dell'atto pubblico notarile, costituito appunto dall'atto pubblico, che, ai sensi dell'art. 2700 c.c. e' dotato di un'efficacia probatoria particolarmente intensa, simile a quella del giudicato che caratterizza i provvedimenti giurisdizionali; c) il notaio e', come il giudice, in posizione di terzieta' come risulta anche dalla evidente analogia tra l'art. 28, primo comma numeri 1 e 2 della legge n. 89/1913 e l'art. 51 c.p.c.; d) recenti provvedimenti normativi hanno ampliato le funzioni notarili attribuendo al notaio poteri che prima erano riservati esclusivamente all'autorita' giudiziaria: basti citare al riguardo la recente legge 3 agosto 1998, n. 302 che ha previsto la possibilita' di affidare ai notai molti atti ed operazioni del procedimento di espropriazione forzata immobiliare o relativa a beni mobili registrati e la legge 24 dicembre 2000, n. 340, che ha eliminato l'omologazione degli atti costitutivi e delle deliberazioni delle societa' di capitali, demandando al notaio il vaglio che un tempo spettava all'autorita' giudiziaria in sede di omologazione; 2) in base a quanto esposto, la funzione notarile presenta sicuramente il requisito oggettivo richiesto dalla Corte nella sentenza sopra citata, in quanto per adire la Corte costituzionale basta rivestire una posizione ed essere investiti di una funzione (anche) soltanto analoga a quelle dei giudici comuni; 3) il notaio soddisfa pienamente (e ad avviso del rimettente anche piu' del giudice) l'esigenza che il sindacato di legittimita' costituzionale non abbia ad esplicarsi in astratto ma in relazione a concrete situazioni di fatto, dal momento che il notaio nell'indagare la volonta' delle parti, ai sensi dell'art. 47 della citata legge n. 89/1913, opera sul fatto, e, talvolta, quando la parte non sa palesare cio' che realmente vuole, egli e' tenuto persino a conoscere il volere che colui che vuole non conosce; 4) anche per la funzione notarile ricorre l'altra esigenza, che secondo la Corte costituisce la ratio che informa il vigente sindacato di legittimita' costituzionale, che coloro che esercitano funzioni dirette alla "obiettiva applicazione della legge" "non siano costretti ad emettere decisioni fondandosi su leggi della cui conformita' alla Costituzione abbiano motivo di dubitare, ma debbano, in tal caso, provocare una pronuncia della Corte, sospendendo frattanto il procedimento, quale che ne sia la natura"; 5) va infine ricordato che, per la moderna scienza giuridica, il processo giurisdizionale non e' altro che una species della generale figura del processo che a sua volta costituisce una species della ancora piu' generale figura del procedimento, inteso quest'ultimo come sequenza di norme, posizioni soggettive ed atti. Secondo la costruzione proposta, pur non avendo il notaio quei poteri irrefragabili di cui e' investito il giudice e che costituiscono l'essenza della giurisdizione, egli esercita pur sempre un'attivita' processualmente regolata, riconducibile alla categoria generale del processo, se con tal termine si intende un procedimento cui partecipano coloro nella cui sfera giuridica l'atto finale e' destinato a svolgere effetti: in contraddittorio, sul piano di simmetrica parita', ed in modo che l'autore dell'atto non possa obliterare le loro attivita'. Come e' stato osservato da un'attenta dottrina, anche il procedimento notarile e' dotato delle caratteristiche del processo, in quanto si realizza secondo regole e forme processuali, dal momento che esso: 5.1) inizia con la richiesta di rogazione dell'atto notarile e con la comparizione della parte o delle parti dinanzi al notaio, talvolta accompagnata dalla presenza dei testimoni (notarili o strumentali) (attivita' che corrispondono alla fase dell'introduzione della causa nel processo ordinario di cognizione di cui al capo I del titolo I, del libro II del codice di procedura civile, nella quale e' appunto prevista un'iniziativa di parte intesa a sollecitare l'intervento dell'organo giudicante e che serve a stabilire un contatto tra questi e le parti in vista della successiva collaborazione); 5.2) prosegue con la cosiddetta "istruttoria notarile", ossia con quell'attivita' diretta ad indagare la volonta' delle parti (attivita' che corrispondono alla fase dell'istruzione della causa nel processo ordinario di cognizione di cui al capo II del titolo I, del libro II del codice di procedura civile, nella quale e' appunto prevista un'attivita' di indagine e di raccolta delle prove), istruttoria che, dopo lo svolgimento della funzione di adeguamento del notaio e del controllo di legalita' (che, ad avviso del rimettente, non puo' non svolgersi anche alla luce delle norme costituzionali), e' funzionale e mette capo ad una decisione, ossia alla rogazione o al rifiuto di rogazione dell'atto notarile (anch'esso soggetto a pubblicazione mediante lettura datane dal notaio) (attivita' che corrispondono alla fase della decisione della causa nel processo ordinario di cognizione di cui al capo III del titolo I, del libro II del codice di procedura civile, nella quale e' appunto prevista un'attivita' diretta a concludere il processo ordinario di cognizione mediante un provvedimento giurisdizionale; Che pertanto, ad avviso del rimettente, il notaio, quando nell'esplicazione della sua funzione, come avviene nel caso sottoposto all'esame della Corte con la presente ordinanza, si trovi ad applicare disposizioni o norme rispetto alle quali nutra un non manifestamente infondato dubbio di legittimita' costituzionale e quando egli debba comunque applicare le disposizioni o le norme in questione per la formulazione del giudizio di ricevibilita' dell'atto, e' legittimato a proporre questione di legittimita' costituzionale; Che il notaio offre una sufficiente garanzia di delibazione della non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, data la sua competenza ed esperienza nelle materie che tipicamente formano oggetto di documentazione pubblica; Per le suesposte ragioni la questione di costituzionalita' qui sollevata di ufficio e' rilevante e non manifestamente infondata.
P. Q. M. Visti gli articoli 23 e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 1 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale pubblicate nella G.U. 24 marzo 1956, n. 71, 2, 3, 53 e 134 e segg. Cost., sospende il procedimento di rogazione dell'atto in corso e procede alla trasmissione della presente ordinanza alla Corte costituzionale, per l'esame della legittimita' costituzionale dell'art. 790 c.c., in quanto accusato di violazione degli artt. 2, 3, 41 Cost., nel senso precisato nella premessa; Dispone inoltre che l'ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento, e che la prova di tali notificazioni e comunicazioni sia inviata alla Corte stessa. Giulianova, addi' 23 febbraio 2002 Il notaio rogante: Angeloni 02C0667