N. 315 ORDINANZA 20 giugno - 4 luglio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale - Rogatorie all'estero - Acquisizione o trasmissione
  di  documenti  o  di  altri mezzi di prova a seguito di rogatoria -
  Divieto  di  utilizzabilita'  di  documenti  prodotti  dal pubblico
  ministero, privi della prescritta certificazione di autenticita' ed
  estensione  delle  nuove  norme  ai processi in corso - Prospettato
  contrasto  con  il canone della ragionevolezza, con la consuetudine
  internazionale  in  materia, con il principio del contraddittorio e
  con  quello  della  durata  ragionevole del processo - Questione di
  mera interpretazione, risolvibile dal giudice di merito - Manifesta
  inammissibilita'.
- - Cod. proc. pen., artt. 727, comma 5-bis, e 729, [recte] commi 1 e
  1-bis,  come  modificati  dagli artt. 12 e 13 della legge 5 ottobre
  2001, n. 367; legge 5 ottobre 2001, n. 367, art. 18.
- Costituzione, artt. 3, 10 e 111.
(GU n.27 del 10-7-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 727, comma
5-bis  e  729,  cod.  proc. pen., come modificati dagli artt. 12 e 13
della   legge   5   ottobre  2001,  n. 367  (Ratifica  ed  esecuzione
dell'Accordo  tra  Italia  e  Svizzera  che  completa  la convenzione
europea  di  assistenza  giudiziaria  in materia penale del 20 aprile
1959  e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma il 10 settembre 1998,
nonche'  conseguenti  modifiche  al  codice  penale  ed  al codice di
procedura  penale), nonche' dell'art. 18 della stessa legge, promosso
con  ordinanza  emessa  il  7 novembre 2001 dal Tribunale di Roma nel
procedimento  penale  a  carico  di  T.  J.,  iscritta  al n. 974 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 3, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri.
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 maggio 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che,  con  ordinanza  emessa  il  7  novembre  2001, il
Tribunale  di Roma ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 10 e
111  della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale: a)
dell'art. 729  [recte:  art. 729,  comma  1]  cod.  proc.  pen., come
modificato  dall'articolo  13  della  legge  5  ottobre  2001, n. 367
(Ratifica  ed  esecuzione  dell'Accordo  tra  Italia  e  Svizzera che
completa  la convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia
penale  del  20 aprile 1959 e ne agevola l'applicazione, fatto a Roma
il  10 settembre 1998, nonche' conseguenti modifiche al codice penale
ed  al  codice  di  procedura  penale), nella parte in cui stabilisce
l'inutilizzabilita'  degli  atti acquisiti o trasmessi in "violazione
delle   norme  di  cui  all'art. 696,  comma  1,  c.p.p.  riguardanti
l'acquisizione  o  la  trasmissione  di documenti o di altri mezzi di
prova  a  seguito  di rogatoria"; b) dell'art. 727, comma 5-bis e 729
[recte:  art. 729, comma 1 e 1-bis,] cod. proc. pen., come modificati
dagli  articoli  12  e  13  della legge 5 ottobre 2001, n. 367, nella
parte  in  cui  prevedono  l'inutilizzabilita'  soltanto  degli  atti
prodotti   dal   pubblico  ministero  acquisiti  o  assunti  mediante
rogatoria  internazionale  mancanti  di  certificazione  o, comunque,
senza l'osservanza della disciplina processuale italiana, e non anche
di  ogni  atto  prodotto  dall'imputato;  c) dell'art. 18 della legge
5 ottobre  2001,  n. 367, nella parte in cui, "in deroga al principio
del  tempus  regit actum ha esteso l'applicabilita' delle nuove norme
ai processi in corso"; d) del "combinato disposto" degli articoli 12,
13 e 18 della legge 5 ottobre 2001, n. 367;
        che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e' stata
sollevata   nel   corso   di   un  procedimento  penale  relativo  ad
un'imputazione  di  traffico  e ricettazione di reperti archeologici,
fondata   sull'esito  di  perquisizioni  compiute  all'estero  ed  in
particolare  sul  sequestro  di  reperti rinvenuti nel corso di scavi
clandestini  eseguiti  in Italia, nonche' di documenti trasmessi, "in
copia  priva  di  certificazione  di  autenticita'", dalla competente
autorita' giudiziaria della Repubblica federale tedesca in esecuzione
di rogatorie internazionali;
        che  i  documenti  -  precisa  il  giudice a quo - sono stati
"dichiarati  utilizzabili" all'udienza del 9 maggio 2000 ed inseriti,
ex  art. 431,  lettera  d),  cod.  proc.  pen.,  nel fascicolo per il
dibattimento,  ma  che, nella successiva udienza del 15 ottobre 2001,
tenuto  conto della nuova disciplina in tema di utilizzabilita' degli
atti acquisiti mediante rogatoria internazionale e della disposizione
transitoria  la  quale  estende  le nuove regole anche agli atti gia'
acquisiti   al   dibattimento,  il  pubblico  ministero  ha  eccepito
l'illegittimita'  costituzionale delle norme introdotte dalla legge 5
ottobre 2001, n. 367, nella parte in cui vietano l'utilizzabilita' di
documenti   trasmessi   dallo  Stato  richiesto  senza  la  specifica
certificazione di autenticita';
        che  tali documenti, secondo il giudice rimettente, sarebbero
"inutilizzabili"  ai fini della decisione per le seguenti ragioni: a)
l'art. 3, comma 3, della convenzione di Strasburgo del 20 aprile 1959
ratificata  dall'Italia  con legge 23 febbraio 1961, n. 215 (Ratifica
ed  esecuzione della convenzione europea di assistenza giudiziaria in
materia  penale  firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959), prevede che
lo  Stato  richiesto  e'  tenuto  a  trasmettere a quello richiedente
"semplici  copie  o  fotocopie  dei  fascicoli  o documenti richiesti
munite  di  certificazioni  di  conformita'"; b) l'art. 696, comma 1,
cod.  proc. pen., nel testo modificato dall'art. 9 della legge n. 367
del  2001, richiamando tra le fonti di diritto internazionale dirette
a disciplinare la cooperazione giudiziaria la predetta convenzione di
Strasburgo,  imporrebbe  "l'osservanza anche dell'art. 3, comma 3, in
conformita'  al  suo  enunciato  testuale";  c) quest'ultimo precetto
sarebbe  richiamato  espressamente dall'art. 729, comma 1, cod. proc.
pen.,  nel testo modificato dall'art. 13 della legge n. 367 del 2001,
nella  parte  in  cui prevede per qualsiasi violazione delle norme di
cui  all'art. 696,  comma 1, cod. proc. pen., la sanzione processuale
dell'inutilizzabilita'  ai  fini  della decisione; d) l'art. 18 della
legge  5  ottobre 2001, n. 367, avrebbe esteso l'applicabilita' delle
nuove  norme  ai processi in corso, prevedendo l'inutilizzabilita' ai
fini  della  decisione  di  documenti trasmessi dallo Stato richiesto
prima  dell'entrata  in  vigore  della  novella  senza  la  specifica
attestazione  di  autenticita',  anche se gia' acquisiti al fascicolo
del dibattimento;
        che,   cosi'  interpretato,  il  "combinato  disposto"  degli
artt. 12, 13 e 18 della legge in esame non sarebbe conforme - secondo
l'ordinanza  di  rimessione - al "canone generale di ragionevolezza";
inoltre,  l'art. 13, cit., sarebbe in contrasto con una "consuetudine
internazionale  invalsa  nell'applicazione"  del  citato art. 3 della
convenzione  di  Strasburgo,  violando cosi' indirettamente l'art. 10
della  Costituzione;  gli artt. 12 e 13, cit., sarebbero in contrasto
sia con il principio del contraddittorio in condizioni di parita' tra
le  parti,  sia  con  quello della ragionevole durata del processo ed
infine l'art. 18, cit., oltre ad essere contrastante con quest'ultimo
principio,  non  sarebbe  conforme,  in  quanto  deroga al canone del
tempus regit actum a criteri di ragionevolezza;
        che  secondo  il  rimettente,  la  questione,  oltre  che non
manifestamente infondata, sarebbe anche rilevante, in quanto gli atti
privi  della  specifica  attestazione  di conformita' in virtu' delle
nuove  norme,  e  percio'  "inutilizzabili"  ai fini della decisione,
rappresenterebbero   gli   elementi   su   cui  "si  fonda  l'ipotesi
accusatoria".
    Considerato  che  il  giudice  a  quo  dubita in riferimento agli
artt. 3,   10   e   111   della  Costituzione  -  della  legittimita'
costituzionale   degli  articoli  727,  comma  5-bis  e  729  [recte:
art. 729,  commi  1  e  1-bis] cod. proc. pen., come modificati dagli
articoli  12  e  13  della  legge 5 ottobre 2001, n. 367 (Ratifica ed
esecuzione  dell'Accordo  tra  Italia  e  Svizzera  che  completa  la
convenzione  europea  di assistenza giudiziaria in materia penale del
20  aprile  1959  e  ne  agevola  l'applicazione,  fatto a Roma il 10
settembre  1998, nonche' conseguenti modifiche al codice penale ed al
codice  di  procedura  penale), ed altresi' dell'art. 18 della stessa
legge  5  ottobre  2001,  n. 367,  nella  parte  in  cui stabiliscono
l'inutilizzabilita'  degli  atti  acquisiti o trasmessi in violazione
delle  norme  convenzionali  in  materia  di  assistenza giudiziaria,
riguardanti  l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri
mezzi  di  prova a seguito di rogatoria e, in deroga al principio del
tempus  regit  actum dispongono l'applicabilita' delle nuove norme ai
processi in corso;
        che  secondo il giudice a quo in virtu' dell'espresso rinvio,
che  risulterebbe  dagli  articoli 729, comma 1, e 696, comma 1, cod.
proc.  pen.,  alle  regole  della  "convenzione europea di assistenza
giudiziaria in materia penale firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959"
dovrebbe  conseguire  l'inutilizzabilita'  dei  documenti privi della
certificazione   di   autenticita',  perche'  trasmessi  dallo  Stato
richiesto  in  violazione  dell'art. 3 della predetta convenzione del
1959,  che imporrebbe la trasmissione dei documenti "in originale" o,
in mancanza, in copia munita di "certificato di conformita'";
        che  il  giudice  a  quo  dopo avere denunciato "l'esasperato
rigore  formale",  non sorretto da "apprezzabili esigenze sostanziali
della  tutela  giurisdizionale",  del  nuovo sistema, sostiene, da un
lato,    che   la   nuova   disciplina   avrebbe   ripristinato   una
"interpretazione restrittiva" dell'art. 3, comma 3, della convenzione
di  Strasburgo  del 1959 e, dall'altro lato, che tale interpretazione
"appare  superata  da  quella  consuetudinaria", basata sulla "prassi
consolidata di tutti gli Stati che aderiscono alla convenzione";
        che   il   giudice  rimettente  prospetta  essenzialmente  un
conflitto   interpretativo   tra   gli   enunciati   testuali   delle
disposizioni legislative censurate e l'asserita prassi internazionale
consolidata,   ponendo   cosi'  in  realta'  una  questione  di  mera
interpretazione,  per  risolvere  la  quale  non puo' rivolgersi alla
Corte  costituzionale,  ma  deve  avvalersi  di  tutti  gli strumenti
ermeneutici  applicabili, tra i quali, trattandosi nella specie di un
accordo  internazionale, anche i principi della convenzione di Vienna
del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati;
        che, d'altronde, il giudice a quo non ha verificato, prima di
sollevare  la  questione di legittimita' costituzionale, se potessero
adottarsi  differenti  interpretazioni  delle  norme  censurate, gia'
emerse  nella  giurisprudenza di merito, le quali fossero in grado di
risolvere la proposta questione interpretativa;
        che, secondo un principio consolidato nella giurisprudenza di
questa Corte, la questione di legittimita' costituzionale deve essere
dichiarata  manifestamente  inammissibile,  non  avendo il rimettente
assolto "l'onere di verificare la concreta possibilita' di attribuire
alla  norma  denunciata  un significato diverso da quello censurato e
tale  da superare i prospettati dubbi di legittimita' costituzionale"
(ex plurimis ordinanza n. 322 del 2001);
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  articoli  727, comma 5-bis e 729
[recte:  art.  729, commi 1 e 1-bis] cod. proc. pen., come modificati
dagli  articoli  12 e 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367 (Ratifica
ed  esecuzione  dell'Accordo  tra  Italia  e Svizzera che completa la
convenzione  europea  di assistenza giudiziaria in materia penale del
20  aprile  1959  e  ne  agevola  l'applicazione,  fatto a Roma il 10
settembre  1998, nonche' conseguenti modifiche al codice penale ed al
codice  di  procedura  penale), ed altresi' dell'art. 18 della stessa
legge  5  ottobre  2001,  n. 367, sollevata dal Tribunale di Roma, in
riferimento   agli   artt. 3,   10  e  111  della  Costituzione,  con
l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 luglio 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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