N. 368 ORDINANZA 10 - 18 luglio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo   penale   -   Incidente   probatorio   -  Preclusione  alla
  possibilita'  di farne richiesta dopo la scadenza dei termini delle
  indagini  preliminari - Lamentata irragionevolezza, con lesione del
  diritto  alla  prova,  dei  diritti  di  azione  e  di difesa e del
  principio  di  parita'  tra  le  parti  nel  processo  -  Manifesta
  infondatezza della questione.
- Cod. proc. pen., artt. 392, 393.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.29 del 24-7-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco
BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano
VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 392 e 393 del
codice  di procedura penale, promosso, nell'ambito di un procedimento
penale,  dal  giudice  per  le  indagini preliminari del Tribunale di
Ancona  con  ordinanza  del  2 agosto  2001,  iscritta  al n. 933 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 47, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 19 giugno 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  con  ordinanza del 2 agosto 2001 il giudice per le
indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Ancona  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 392  e  393  del codice di
procedura  penale,  nella parte in cui non prevedono che la richiesta
di  incidente  probatorio  possa  essere  presentata nella fase delle
indagini  preliminari  anche  quando  i  relativi  termini  sono gia'
scaduti;
        che il rimettente premette che aveva accolto una richiesta di
incidente  probatorio  presentata da persone sottoposte alle indagini
sul  presupposto  che  si  trattava  di  perizia che, se disposta nel
dibattimento, ne avrebbe potuto determinare una sospensione superiore
a   sessanta  giorni,  e  che  nel  corso  dell'udienza  fissata  per
l'espletamento  dell'incidente probatorio il pubblico ministero, dopo
aver chiesto la proroga del termine delle indagini preliminari, aveva
comunicato che il termine era gia' scaduto da tempo;
        che   il  giudice  a  quo  rileva  che  il  provvedimento  di
ammissione  dell'incidente  probatorio  dovrebbe  essere revocato, in
quanto  a  norma degli artt. 392, comma 1, e 393, comma 1, cod. proc.
pen. l'incidente  puo'  essere  chiesto  solo "nel corso" ed "entro i
termini" delle indagini preliminari;
        che  ad  avviso  del  rimettente  la  situazione in esame non
rientra  nella  sfera  di  operativita'  della  sentenza  della Corte
costituzionale  n. 77  del 1994, che ha esteso alla fase dell'udienza
preliminare  la  possibilita'  di  chiedere  ed  eseguire l'incidente
probatorio, ma nel caso di specie sussisterebbero le medesime ragioni
che  avevano  allora  indotto  la Corte ad accogliere la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 392 e 393 cod. proc. pen;
        che  il giudice a quo ritiene violati gli artt. 3 e 24 Cost.,
in quanto i termini di decadenza stabiliti dalla disciplina censurata
sarebbero  "privi  di  ogni  ragionevole giustificazione e lesivi del
diritto alla prova e, quindi, dei diritti di azione e difesa";
        che,   in   particolare,   dopo   l'intervento   della  Corte
costituzionale sarebbe irragionevole che l'incidente probatorio possa
essere   chiesto   sia  in  pendenza  dei  termini  per  le  indagini
preliminari, sia dopo la richiesta di rinvio a giudizio, ma non nella
fase intermedia;
        che  la  disciplina  censurata sarebbe in contrasto anche con
l'art. 111,  terzo  comma,  Cost.,  nella parte in cui prevede che la
persona  accusata  di  un reato disponga del tempo e delle condizioni
necessari  per  preparare  la  sua  difesa, in quanto l'indagato, ove
venga  "tardivamente  a  conoscenza  delle  indagini, e' costretto ad
attendere  la  richiesta di rinvio a giudizio prima di poter avanzare
quella di incidente probatorio";
        che  sarebbero  inoltre  violati  gli  artt. 3 e 111, secondo
comma,  Cost.,  sotto  il  profilo  della disparita' di trattamento e
della  lesione  del  principio  di  parita'  tra le parti, in quanto,
mentre  il  pubblico ministero, conoscendo lo sviluppo delle indagini
preliminari,  puo'  presentare in ogni momento richiesta di incidente
probatorio, per la persona sottoposta alle indagini il termine per la
richiesta  verrebbe  a  dipendere  dal momento della conoscenza della
pendenza  del procedimento, con il rischio di perdere la possibilita'
di   ricorrere   a   un   mezzo   istruttorio   "indispensabile   per
l'acquisizione  al  processo  di  elementi  -  in  tesi  -  necessari
all'accertamento dei fatti e per garantire l'effettivita' del diritto
delle  parti  alla  prova,  che  sarebbe altrimenti irrimediabilmente
perduta" (sentenza n. 77 del 1994);
        che  tale preclusione non potrebbe ritenersi compensata dalle
facolta' riconosciute all'indagato dall'art. 415-bis cod. proc. pen.,
dal  momento  che  tale  norma non prevede alcun obbligo del pubblico
ministero   di   compiere   le   indagini   eventualmente   richieste
dall'imputato e di acquisire prove utilizzabili in dibattimento;
        che  la  possibilita'  di  chiedere l'incidente probatorio in
udienza  preliminare  non  eliminerebbe  l'interesse  dell'indagato a
presentare  anticipatamente  la  relativa  richiesta  per  dimostrare
subito la propria innocenza;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
        che l'Avvocatura rileva, in particolare, che, anche a seguito
degli  interventi  della  Corte costituzionale, il sistema offre gia'
rimedi  adeguati  per  i  casi di assoluta "urgenza", dal momento che
l'incidente   probatorio  puo'  essere  espletato  anche  nella  fase
dell'udienza  preliminare  e  nel  predibattimento ex artt. 467 o 554
cod. proc. pen;
        che  con  successiva memoria l'Avvocatura insiste sul rilievo
che,   "se   la   funzione   dell'incidente   probatorio   e'  quella
dell'acquisizione  cautelare e anticipata della prova [...], non v'e'
ragione  nel  caso all'esame [...] per temere una lesione del diritto
dell'imputato   a   far  acquisire  al  processo  le  prove  ritenute
opportune,  atteso  che  tutte le prove sono previste dal legislatore
come normalmente acquisibili dinanzi al giudice del dibattimento".
    Considerato   che   il   rimettente   dubita  della  legittimita'
costituzionale  degli  artt. 392  e  393  cod.  proc.  pen. in quanto
prevedono  che  l'incidente  probatorio  non  possa essere chiesto, e
quindi   ammesso,   dopo  la  scadenza  dei  termini  delle  indagini
preliminari;
        che  la disciplina censurata si porrebbe in contrasto con gli
artt. 3,  24  e 111 Cost., in quanto determinerebbe la violazione del
diritto  alla  prova e, quindi, del diritto di difesa e del principio
della parita' tra le parti;
        che  in  particolare,  dopo  che questa Corte con la sentenza
n. 77  del  1994  ha  reso  possibile chiedere l'incidente probatorio
anche  nel  corso  dell'udienza preliminare, ad avviso del rimettente
sarebbe  del  tutto  privo  di  ragionevolezza  che  la  richiesta di
incidente  non  possa  essere presentata nella fase intermedia tra la
scadenza   del   termine   delle   indagini  preliminari  e  l'inizio
dell'udienza preliminare;
        che,  in  relazione ad una questione analoga a quella oggetto
del  presente  giudizio,  la  Corte  ha  avuto occasione di precisare
nell'ordinanza  n. 118  del 2001 che la ratio dell'estensione operata
dalla   sentenza   n. 77  del  1994  va  ricercata  nell'esigenza  di
"garantire  l'effettivita'  del  diritto  delle parti alla prova, che
sarebbe  altrimenti  irrimediabilmente  perduta" ove la necessita' di
assicurare  una prova indifferibile sorga "per la prima volta dopo la
richiesta  di rinvio a giudizio", e che pertanto e' il pericolo della
perdita irrimediabile della prova a imporne l'assunzione anticipata;
        che,  di  conseguenza,  da  un  lato,  ove  tale  esigenza si
presenti  tra  la  conclusione delle indagini e l'inizio dell'udienza
preliminare, "non potrebbe non essere assicurata alle parti, anche in
tale  fase, la facolta' di richiedere l'assunzione della prova in via
di  incidente;  dall'altro sarebbe palesemente incongruo differire la
vocatio  in  ius  per  l'assunzione di una prova per la quale non sia
ravvisabile alcun pericolo nel ritardo";
        che  il  caso  oggi all'esame della Corte si riferisce ad una
perizia  che dovrebbe essere assunta ex art. 392, comma 2, cod. proc.
pen.,  in  quanto,  se  disposta  nel dibattimento, ne determinerebbe
presumibilmente una sospensione superiore a sessanta giorni;
        che   la  prova  che  il  rimettente  vorrebbe  assumere  con
incidente probatorio non e' tra quelle suscettibili di essere esposte
al  rischio di irrimediabile dispersione, mentre e' esclusivamente in
considerazione   di  tale  rischio  che  questa  Corte  ha  ravvisato
l'esigenza  di "garantire l'effettivita' del diritto delle parti alla
prova", a sua volta espressione del diritto di difesa;
        che  consentire l'assunzione mediante incidente probatorio di
prove  non esposte al rischio di irrimediabile dispersione anche dopo
la scadenza del termine per le indagini preliminari comporterebbe una
profonda  alterazione  dei rapporti tra tale fase e il giudizio e una
irragionevole  dilatazione della durata delle indagini e, quindi, dei
tempi del procedimento;
        che,  in  assenza del pericolo di perdita irrimediabile della
prova,  anche  le  censure  prospettate dal rimettente in riferimento
agli artt. 3 e 111 Cost. si rivelano prive di fondamento;
        che   la  questione  va  pertanto  dichiarata  manifestamente
infondata in riferimento a tutti i parametri evocati dal rimettente.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 392  e  393  del codice di
procedura  penale,  sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111
della  Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini preliminari del
Tribunale di Ancona, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 18 luglio 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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