N. 370 ORDINANZA 10 - 18 luglio 2002
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Indagini preliminari - Richiesta di archiviazione del pubblico ministero - Opposizione della persona offesa dal reato - Obbligatoria fissazione di un'udienza in camera di consiglio - Lamentata lesione del principio della ragionevole durata del processo, di buon andamento e di imparzialita' della pubblica amministrazione e di soggezione del giudice alla sola legge nonche' disparita' di trattamento, rispetto alla richiesta di proroga delle indagini preliminari - Manifesta infondatezza della questione. - Cod. proc. pen., art. 410, comma 3. - Costituzione, artt. 3, 97, 101, 111 e 112.(GU n.29 del 24-7-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 410, comma 3, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 settembre 2001 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia, iscritta al n. 929 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1a serie speciale, n. 47 dell'anno 2001. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 19 giugno 2002 il giudice relatore Giovanni Maria Flick. Ritenuto che, con ordinanza emessa il 18 settembre 2001, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia - chiamato a delibare una richiesta di archiviazione avanzata in un procedimento penale per i reati di cui agli artt. 612 e 594 cod. pen., nel quale risultava originariamente indagata una "persona da identificare" - ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 410, comma 3, del codice di procedura penale in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione; che, secondo quanto premette il giudice rimettente, la richiesta di archiviazione del pubblico ministero - avanzata "senza svolgere alcuna indagine e senza nemmeno iscrivere nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen. il nominativo della denunziata", e percio' non condivisibile - era stata peraltro oggetto di opposizione del querelante: con conseguente necessita' di procedere alla fissazione di un'apposita udienza in camera di consiglio, ai sensi del combinato disposto degli artt. 410, comma 3, e 409, comma 2, cod. proc. pen., previa richiesta al pubblico ministero di iscrizione del nominativo dell'indagato nel registro di cui all'art. 335 cod. proc. pen., in violazione di numerosi parametri costituzionali; che sarebbe violato, in primo luogo, il principio della ragionevole durata del processo sancito dall'art. 111 Cost., in quanto la fissazione dell'udienza ex art. 410, comma 3, cod. proc. pen., si risolverebbe "in una assolutamente inutile perdita di tempo", essendo scontato il suo esito, e cioe' l'indicazione all'organo dell'accusa di effettuare ulteriori indagini; che sarebbe leso, altresi', l'art. 3 Cost., risultando la fattispecie disciplinata in modo irragionevolmente diverso rispetto all'ipotesi - "sostanzialmente eguale" - della richiesta di proroga delle indagini preliminari avanzata dal pubblico ministero: ipotesi nella quale l'art. 406 cod. proc. pen. non prevederebbe l'obbligatoria fissazione di un'udienza in camera di consiglio, ma solo la notifica della richiesta alle parti interessate, con contestuale avviso della facolta' di presentare memorie, consentendo cosi' al giudice di provvedere "de plano", sulla scorta di un semplice "contraddittorio cartolare"; che risulterebbe inoltre violato, sotto un duplice profilo, l'art. 97 Cost.: da un lato, in quanto l'"inutile lungaggine della procedura lamentata" pregiudicherebbe il buon andamento della pubblica amministrazione; dall'altro lato, poiche', nella pratica impossibilita' di approfondire, con la fissazione di apposita udienza, tutte le richieste di archiviazione avanzate dall'organo della accusa, verrebbero ad essere privilegiati solo taluni procedimenti, ritenuti meritevoli di approfondimento per la loro "importanza", ad insindacabile giudizio del giudice: con conseguente compromissione del principio di imparzialita' dell'amministrazione; che da cio' discenderebbe altresi' la violazione del principio della soggezione del giudice esclusivamente alla legge, di cui all'art. 101, secondo comma, Cost., in quanto - in presenza di un' inerzia investigativa del pubblico ministero - il giudice obbedirebbe "alla convenienza o peggio ancora alla immotivata discrezionalita'" nella trattazione, con udienza, solo di talune richieste di archiviazione: con conseguente lesione anche del principio dell'obbligatorio esercizio dell'azione penale, di cui all'art. 112 Cost., venendo comunque ad affermarsi la volonta' del pubblico ministero di non esercitare l'azione penale; che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha concluso per l'inammissibilita' e, comunque, per l'infondatezza della questione. Considerato che il giudice rimettente, nel dubitare della legittimita' costituzionale dell'art. 410, comma 3, cod. proc. pen. in riferimento ai vari parametri costituzionali evocati, prospetta censure sostanzialmente identiche a quelle gia' in precedenza scrutinate da questa Corte con la ordinanza n. 408 del 2001; che, in particolare, il giudice a quo fonda i propri dubbi sull'assunto della superfluita' della fissazione di un'apposita udienza in camera di consiglio, prevista dalla norma impugnata nell'ipotesi di opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla persona offesa: udienza che, ad avviso del rimettente, si risolverebbe in un intollerabile aggravio nell'organizzazione degli uffici giudiziari ed in un fattore di dilatazione dei tempi di definizione dei procedimenti, anche in rapporto ai conseguenti avvisi ed adempimenti; che tuttavia, come gia' evidenziato da questa Corte (v. la richiamata ordinanza n. 408 del 2001), tale premessa fondante appare "centrata piu' che su di una intrinseca incompatibilita' costituzionale del dispositivo processuale censurato, sulle conseguenze di mero fatto che esso e' in grado di generare, sul piano dell'organizzazione del lavoro"; che, in tale prospettiva, si rivela dunque insussistente la pretesa violazione del principio della ragionevole durata del processo di cui all'art. 111 Cost., in quanto essa viene collegata alla peculiare e contingente situazione dell'ufficio giudiziario in cui opera il rimettente - situazione che impedirebbe la sollecita fissazione dell'udienza in questione - piuttosto che essere dedotta quale conseguenza astratta e generale dell'applicazione della norma impugnata; che, del pari, si rivelano manifestamente insussistenti le dedotte violazioni dell'art. 97 Cost., posto che il principio di buon andamento della pubblica amministrazione - pur concernendo anche gli organi dell'amministrazione della giustizia - secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (v. ordinanze n. 204 del 2001 e n. 490 del 2000), si riferisce esclusivamente alle leggi relative all'ordinamento degli uffici giudiziari ed al funzionamento di questi ultimi sotto l'aspetto amministrativo, risultando del tutto estraneo all'esercizio della funzione giurisdizionale; che appare priva di fondamento altresi' la dedotta violazione dell'art. 101 Cost., considerato che il meccanismo procedurale conseguente al mancato accoglimento della richiesta di archiviazione - soprattutto in caso di opposizione della persona offesa - non implica, in se', alcuna elusione del principio di soggezione del giudice solo alla legge, risultandone, anzi, piena espressione; che, infine, appare infondata la denuncia di violazione dell'art. 3 Cost., avuto riguardo non solo alla palese eterogeneita' dei due moduli posti a confronto, ma anche e soprattutto alla mancanza di quelle "divergenze" sulle quali il rimettente fonda le proprie doglianze; che - come gia' evidenziato nella piu' volte richiamata ordinanza n. 408 del 2001 - "quanto al primo aspetto, basta infatti osservare che, mentre nella procedura della proroga delle indagini preliminari la verifica del giudice, concentrandosi sul tema della durata delle indagini, e' limitata ad un riscontro di legittimita' dei presupposti per autorizzare la proroga stessa; nel procedimento di archiviazione il giudice, attraverso l'esame di profili di merito, e' invece chiamato ad una declaratoria che, previo controllo della richiesta dell'accusa, chiude la fase delle indagini e lo stesso procedimento, "evitando il processo superfluo senza eludere il principio di obbligatorieta'" (v. sentenza n. 88 del 1991)"; che, quanto al secondo profilo, occorre rammentare come - nel caso in cui il giudice ritenga, allo stato degli atti, di non poter concedere la proroga richiesta - il modello evocato quale tertium comparationis divenga del tutto coincidente con quello oggetto della censura, essendo ugualmente previste la fissazione dell'udienza camerale e l'effettuazione degli avvisi a norma dell'art. 406, comma 5, cod. proc. pen; che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 410, comma 3, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 111 e 112 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Venezia con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Flick Il cancelliere:Di Paola Depositata in cancelleria il 18 luglio 2002. Il direttore della cancelleria:Di Paola 02C0755