N. 375 SENTENZA 10 - 23 luglio 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte e tasse - Imposte complementari e suppletive - Accertamento e
  riscossione - Sospensione dei termini di prescrizione e decadenza -
  Applicabilita'  anche  nelle  ipotesi di situazioni non condonabili
  ratione  temporis  Prospettata  irragionevolezza  con  lesione  del
  principio   di   eguaglianza,   per  contraddizione  rispetto  alla
  finalita'  del  condono  fiscale  e  per differenziato regime delle
  imposte - Non fondatezza della questione.
- Legge 30 dicembre 1991, n. 413, art. 57, comma 2, secondo periodo.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.30 del 31-7-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 57, comma 2,
secondo  periodo,  della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni
per  ampliare  le  basi  imponibili, per razionalizzare, facilitare e
potenziare   l'attivita'   di   accertamento;   disposizioni  per  la
rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili delle imprese, nonche'
per  riformare  il  contenzioso  e  per  la definizione agevolata dei
rapporti  tributari  pendenti;  delega al Presidente della Repubblica
per  la  concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei
centri  di  assistenza  fiscale  e  del  conto fiscale), promosso con
ordinanza  emessa  il  25 gennaio  2001  dalla Commissione tributaria
regionale  di  Milano sul ricorso proposto da Finanziaria TEMA s.p.a.
contro  l'Ufficio  del  registro  di  Brescia, iscritta al n. 566 del
registro  ordinanze  2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 32, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 22 maggio 2002 il Giudice
relatore Franco Bile.

                          Ritenuto in fatto


    1. - Con  ordinanza  emessa  il  25 gennaio  2001  la Commissione
tributaria  regionale  di Milano, nel corso del giudizio promosso con
ricorso  proposto  da  una  societa'  per azioni contro l'Ufficio del
registro   di   Brescia,   ha  sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 57,  comma  2, secondo periodo, della legge
30 dicembre   1991,   n. 413   (Disposizioni  per  ampliare  le  basi
imponibili,  per  razionalizzare, facilitare e potenziare l'attivita'
di  accertamento;  disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
beni  immobili  delle imprese, nonche' per riformare il contenzioso e
per  la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
al  Presidente  della  Repubblica  per la concessione di amnistia per
reati  tributari;  istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del
conto  fiscale), per violazione dell'art. 3 della Costituzione, nella
parte  in  cui  dispone la proroga (rectius: sospensione) dei termini
degli  accertamenti  tributari  anche  con  riguardo  alle situazioni
escluse  ratione  temporis  dal  condono fiscale previsto dalla legge
medesima.
    La  societa'  ricorrente, nell'impugnare l'avviso di liquidazione
notificatole  il  10 aprile  1996,  recante  la  rettifica del valore
finale  dell'immobile  non censito oggetto dell'atto di trasferimento
registrato  il 2 agosto 1991, aveva dedotto innanzi tutto la nullita'
dell'avviso  di  liquidazione  perche'  non  preceduto  da  avviso di
accertamento  di  valore come previsto dagli artt. 51 e 52 del d.P.R.
26 aprile   1986,   n. 131   (Approvazione   del  testo  unico  delle
disposizioni  concernenti l'imposta di registro), pur riconoscendo di
aver    espressamente    richiesto    nell'atto    di   trasferimento
l'applicazione  dell'art. 12  del decreto-legge 23 gennaio 1993, n.16
(Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di
immobili   di  civile  abitazione,  di  termini  per  la  definizione
agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione
della  ritenuta  sugli  interessi, premi ed altri frutti derivanti da
depositi  e  conti  correnti interbancari, nonche' altre disposizioni
tributarie),  convertito,  con modificazioni, in legge 24 marzo 1993,
n. 75,   risultando  l'unita'  non  ancora  censita  in  catasto  con
attribuzione della rendita catastale.
    La  societa' eccepiva poi la nullita' dell'avviso di liquidazione
per   decorrenza  del  termine  triennale  di  decadenza  dell'azione
accertatrice  decorrente  dalla  richiesta di registrazione (art. 76,
secondo comma, lettera a), del d.P.R. n. 131 del 1986).
    L'Ufficio  del registro resisteva alla impugnazione deducendo che
non  era  tenuto a notificare alcun atto di accertamento, ma soltanto
l'avviso  di liquidazione, entro il triennio dalla registrazione, suo
compito  essendo  solo  quello  di liquidare il tributo eventualmente
risultante   dall'applicazione   della  rivalutazione  delle  rendite
catastali   che   l'UTE   avrebbe   attribuito.  Quanto  all'eccepita
decadenza,   l'Ufficio  rilevava  che  nel  caso  di  specie  trovava
applicazione  la  proroga  dei  termini  per  l'accertamento prevista
dall'impugnato art. 57 della legge n. 413 del 1991.
    La  Commissione  tributaria  provinciale di Brescia, con sentenza
del  27 marzo  1998, riteneva la tardivita' del ricorso introduttivo,
dichiarandolo inammissibile.
    Proposto   appello  dalla  societa',  la  Commissione  tributaria
regionale,    ritenendo   preliminare   l'eccezione   di   tardivita'
dell'azione accertatrice, afferma che nella specie non era necessario
un  previo atto di accertamento prima della liquidazione dell'imposta
a  seguito  dell'intervenuto  classamento  dell'immobile,  e  che  la
proroga  disposta  con il comma 2 dell'art. 57 della legge n. 413 del
1991  e'  applicabile  anche  agli  accertamenti concernenti gli atti
esclusi  ratione  temporis dal condono fiscale consentito dalla legge
medesima.
    Rileva  poi  come rispetto alla finalita' del condono fiscale sia
contraddittoria  una  disposizione che, viceversa, abbia l'effetto di
allungare  i tempi del contenzioso per situazioni e pendenze estranee
all'ambito di applicazione del condono.
    Ne'  -  prosegue  la Commissione - e' coerente che il legislatore
ordinario,  per  un  verso, emani disposizioni intese ad agevolare la
definizione  delle situazioni tributarie pendenti e, al tempo stesso,
introduca una disposizione che abbia l'effetto contrario di allungare
i  tempi  di definizione delle situazioni tributarie non condonabili.
La proroga dei termini di accertamento per le pendenze tributarie non
condonabili  e' destinata a ripercuotersi sul contenzioso tributario,
con  la  conseguenza  che  il  beneficio che il legislatore ha inteso
perseguire con le norme agevolative risulta svilito.
    Il  principio di ragionevolezza sarebbe poi violato dalla proroga
dei  termini  d'accertamento  anche per le situazioni non condonabili
perche', oltre al profilo dell'identica regolamentazione prevista con
riguardo  a situazioni tra loro differenti, un'ingiustizia intrinseca
deriva dall'assoggettamento alla proroga dei termini delle situazioni
tributarie  non  condonabili  sorte  nell'arco di tempo dal 1 gennaio
1992   al   31 dicembre  1993,  rispetto  alle  identiche  situazioni
tributarie anch'esse non condonabili, successive a detto periodo.

    2. - E'  intervenuto  il  Presidente  del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
concludendo  per  la manifesta infondatezza della sollevata questione
di costituzionalita'.
    L'Avvocatura  sostiene  che  la disposizione censurata, letta nel
contesto  normativo  in  cui  e'  inserita,  non viola l'art. 3 della
Costituzione,   considerando   l'impatto   che   l'attuazione   delle
disposizioni  in  materia  di  condono  tributario  avrebbe avuto, in
termini  di  aumento  del  carico  di  lavoro,  per l'amministrazione
finanziaria  dello  Stato  e per i suoi uffici periferici, accentuato
dalla  particolare ampiezza del termine previsto per le dichiarazioni
integrative e per le istanze di definizione (fino al 20 giugno 1993).
    In  tale  contesto  normativo  e'  infatti del tutto ragionevole,
anche   sul   piano   dell'ampia  discrezionalita'  che  caratterizza
l'attivita'  del  legislatore,  presumere  che  gli uffici finanziari
sarebbero  stati  in estrema difficolta' di fronte allo straordinario
carico di lavoro che improvvisamente si sarebbe abbattuto su di essi,
consistente  nella complessa attivita' di controllo e di liquidazione
delle  dichiarazioni  integrative  e  delle  istanze  di  definizione
agevolata.

                       Considerato in diritto


    1. - E'   stata   sollevata,   in  riferimento  all'art. 3  della
Costituzione,    la    questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 57, comma 2, secondo periodo, della legge 30 dicembre 1991,
n. 413   (Disposizioni   per   ampliare   le   basi  imponibili,  per
razionalizzare,  facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento;
disposizioni  per  la  rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale),  come  modificato  dall'art. 4 del decreto-legge 23 gennaio
1993,  n. 16  (Disposizioni  in  materia  di imposte sui redditi, sui
trasferimenti  di  immobili  di  civile abitazione, di termini per la
definizione  agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la
soppressione  della  ritenuta  sugli interessi, premi ed altri frutti
derivanti  da  depositi  e conti correnti interbancari, nonche' altre
disposizioni  tributarie),  convertito,  con  modificazioni, in legge
24 marzo 1993, n. 75, nella parte in cui dispone la proroga (rectius:
la  sospensione)  dei  termini degli accertamenti tributari anche con
riguardo alle situazioni escluse ratione temporis dal condono fiscale
previsto dalla legge medesima.
    Tale  disposizione,  nel  contesto  della disciplina del condono,
prevede  che i termini per l'accertamento relativamente ai periodi di
imposta per i quali puo' essere presentata dichiarazione integrativa,
non  scaduti  alla  data del 31 dicembre 1991, siano prorogati di due
anni  nei confronti dei soggetti che non hanno presentato la predetta
dichiarazione.   E   contempla  poi,  parallelamente,  un'ipotesi  di
sospensione  dei termini, prevedendo che, relativamente ai tributi di
cui  al  comma  1  dell'art. 53  della medesima legge n. 413 del 1991
(imposta   di   registro   catastale   e  ipotecaria,  imposta  sulle
successioni e donazioni, l'imposta comunale sull'incremento di valore
degli  immobili), siano altresi' sospesi, sino al 31 dicembre 1993, i
termini  di  prescrizione e di decadenza riguardanti l'accertamento e
la riscossione delle imposte complementari e suppletive (ad eccezione
dei termini di cui all'art. 19 del decreto-legge 2 marzo 1989, n. 69,
convertito,  con  modificazioni, in legge 27 aprile 1989, n. 154, che
nella fattispecie non rilevano).
    In  quest'ultima  parte,  la  norma  censurata  -  che, nella sua
formulazione  originaria,  riguardava  unicamente  i  termini  per la
riscossione  delle  imposte suddette - e' stata novellata dall'art. 4
del    decreto-legge   23 gennaio   1993,   n.16,   convertito,   con
modificazioni,  in  legge  24 marzo  1993,  n. 75,  che  ha esteso la
sospensione  anche  ai  termini  per  l'accertamento  delle  medesime
imposte.  Tale  sospensione  e'  appunto  censurata dalla Commissione
tributaria  rimettente,  la  quale  ipotizza  la  violazione  sia del
principio   di  ragionevolezza  (perche'  la  normativa  impugnata  -
producendo   l'effetto   di   allungare   i   tempi  del  contenzioso
relativamente alle situazioni ed alle pendenze estranee all'ambito di
applicazione  del  condono fiscale - sarebbe contraddittoria rispetto
alla  ratio  del  condono stesso, rivolto ad agevolare la definizione
delle   pendenze  tributarie  esistenti  alle  date  individuate  dal
legislatore in relazione alle varie fattispecie condonabili), sia del
principio  di  eguaglianza  (in  ragione essenzialmente dell'identica
regolamentazione   prevista,  quanto  alla  sospensione  dei  termini
suddetti,  per  situazioni  tra  loro profondamente differenti, quali
sono quelle non condonabili rispetto alle condonabili).

    2. - La questione e' rilevante, attesa la non implausibilita' del
duplice  presupposto  interpretativo  da  cui  muove  la  Commissione
tributaria   rimettente,   aderendo  all'iniziale  giurisprudenza  di
legittimita'  in  materia,  seppur  non ancora consolidata in diritto
vivente.
    In primo luogo, la Commissione ritiene che non occorra un atto di
accertamento  del  valore  degli  immobili  non  ancora  censiti  ove
l'acquirente  abbia  dichiarato nell'atto di trasferimento di volersi
avvalere  delle  disposizioni  di  cui  all'art. 12 del decreto-legge
14 marzo   1988,  n. 70,  convertito,  con  modificazioni,  in  legge
13 maggio  1988,  n. 154,  sicche'  l'esercizio di tale opzione rende
applicabile  il  quarto comma dell'art. 52 del d.P.R. 26 aprile 1986,
n. 131,   per   cui   l'ufficio   non   puo'  rettificare  il  valore
dell'immobile   per  un  importo  superiore  alla  rendita  catastale
attribuita  moltiplicata  per  un determinato coefficiente al fine di
capitalizzarne  il  valore,  ma  puo'  solo  procedere  a  recuperare
l'imposta  complementare  mediante  mero  atto di liquidazione, quale
quello oggetto di impugnazione nel giudizio a quo.
    Inoltre,  la  Commissione  ritiene che la sospensione dei termini
(fino  al 31 dicembre 1993), prevista dal comma 2 del citato art. 57,
concerna  (tra l'altro) l'imposta di registro, ipotecaria e catastale
a  prescindere  dalla  contestuale possibilita' di beneficiare, o no,
del  condono,  cosi'  dichiaratamente  accogliendo  l'interpretazione
letterale secondo cui tale sospensione dei termini per l'accertamento
e  la  riscossione  delle  imposte  complementari e suppletive non e'
limitata ai soli atti condonabili.

    3. - Nel merito la questione non e' fondata.
    3.1. - Il  regime  differenziato  introdotto  dalla  disposizione
censurata  mira  ad  ovviare  al  sensibile  aggravio  di  lavoro che
prevedibilmente   sarebbe   derivato  agli  uffici  finanziari  dalla
necessita'  di  eseguire  le  operazioni  di verifica richieste dalle
dichiarazioni  integrative  dei contribuenti che si sarebbero avvalsi
del  condono,  con  conseguenti rischi di disservizio e di decorrenza
degli  ordinari  termini di prescrizione e di decadenza della pretesa
fiscale.
    Per  fronteggiare questa eccezionale e transitoria situazione, il
legislatore  e' intervenuto sui termini in questione, perche', per un
limitato  periodo  di  tempo, gli uffici potessero essere sgravati di
alcune  attivita',  tra  cui  quelle connesse all'accertamento e alla
liquidazione  delle  suddette  imposte complementari e suppletive. La
finalita'   della  disposizione  censurata  e'  pertanto  pur  sempre
riconducibile    ad    una    ragione    di   tutela   dell'interesse
dell'Amministrazione   finanziaria   al   regolare   accertamento   e
riscossione delle imposte.
    Ai  fini  della valutazione di bilanciamento di valori, richiesta
dalla  censura  mossa  dal  giudice  rimettente,  e'  determinante il
rilievo  che  la  tutela  della pretesa fiscale dell'Amministrazione,
sottesa al complessivo sistema tributario, trova una precisa garanzia
nell'art. 53, primo comma, della Costituzione, secondo cui tutti sono
tenuti a concorrere alle spese pubbliche.
    In  ragione  del  rango  costituzionale della ricordata garanzia,
questa  Corte  ha  ritenuto  non fondata la questione di legittimita'
costituzionale  della  disciplina  che  prevede  la  possibilita'  di
proroga  dei  termini  di  decadenza  e  di  prescrizione nel caso di
mancato   o   irregolare   funzionamento   degli  uffici  finanziari,
affermando  in  particolare  che  l'attivita'  di  accertamento  e di
riscossione  delle  imposte  ha  carattere di specialita' e natura di
valore  primario, onde e' giustificata la dilatazione di quei termini
qualora una situazione contingente, come il disservizio degli uffici,
possa  comprometterla  (sentenza  n. 177  del  1992;  cfr.  anche  la
sentenza  n. 238  del  1984, relativa ad un'ipotesi di proroga legale
dei  termini  di prescrizione e decadenza correlata alla soppressione
di numerosi uffici del registro ed alla ristrutturazione di altri).
    Pertanto  -  come  si  e' ritenuto che non sia costituzionalmente
illegittima  la  facolta'  di  proroga  dei termini di prescrizione e
decadenza  in caso di accertato disservizio degli uffici finanziari -
analogamente  deve  considerarsi  immune da censure una disposizione,
quale  quella  impugnata,  che  in  via  preventiva  preveda,  per un
limitato  periodo  di  tempo,  la  sospensione di tali termini in una
situazione di effettivo e concreto rischio di disservizio conseguente
alla gestione amministrativa del condono.
    Ne' tale sospensione contraddice la finalita' del condono fiscale
che  mira  anche  a definire le pendenze tributarie (sentenze nn. 361
del  1992  e  n. 321  del  1995);  questa  finalita'  non  e' affatto
compromessa dalla sorte delle pendenze non condonabili o per le quali
in  concreto non sia stata esercitata dal contribuente la facolta' di
avvalersi del condono.
    3.2. - Neppure  e'  violato  il  principio di eguaglianza (art. 3
della  Costituzione),  parimenti evocato dalla Commissione tributaria
rimettente.
    Questa   Corte  ha  piu'  volte  richiamato  il  principio  della
polisistematicita'  dell'ordinamento  tributario (sentenza n. 430 del
1995),  in  ragione  del  quale  per  tributi  diversi possono essere
previste  discipline  diverse  sicche' rientra nella discrezionalita'
del  legislatore  adattare  ai vari tributi istituti comuni, quali la
prescrizione  e la decadenza della pretesa fiscale, per cui eventuali
differenze   di  regolamentazione  non  vulnerano  di  per  se'  sole
l'evocato principio di eguaglianza.
    Nella  fattispecie,  il  legislatore  ha  operato  proprio questa
differenziazione,  prevedendo  per  alcune  imposte  la  proroga  dei
termini  di  accertamento  (primo  periodo del comma 2 dell'impugnato
art. 57  della legge n. 413 del 1991), e per altre la sospensione dei
termini   di   prescrizione  e  decadenza  per  l'accertamento  e  la
riscossione (secondo periodo del medesimo comma 2 dell'art. 57).
    La  gia' evidenziata ratio di tale norma induce a ritenere che il
legislatore  ben  poteva  operare una valutazione differenziata delle
imposte,  e  conseguentemente  dei  relativi  uffici  finanziari, per
liberare   temporaneamente   risorse   umane  e  materiali  in  vista
del maggior carico di lavoro derivante dal condono fiscale.
    Del resto, con riferimento al precedente condono fiscale del 1982
(decreto-legge 10 luglio 1982, n. 429, convertito, con modificazioni,
in  legge  7 agosto  1982, n. 516), questa Corte (sentenza n. 575 del
1988) ha ritenuto non illegittima la proroga dei termini disposta per
la  sola  IVA  e  non  anche  per le imposte dirette, considerando la
diversita'  di  disciplina  fra  l'accertamento della prima imposta e
quello delle altre.

    4. - La  questione e' pertanto infondata sotto entrambi i profili
di censura dedotti dal giudice rimettente.
                          Per questi motivi

                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 57, comma 2, secondo periodo, della legge 30 dicembre 1991,
n. 413   (Disposizioni   per   ampliare   le   basi  imponibili,  per
razionalizzare,  facilitare e potenziare l'attivita' di accertamento;
disposizioni  per  la  rivalutazione  obbligatoria  dei beni immobili
delle  imprese,  nonche'  per  riformare  il  contenzioso  e  per  la
definizione  agevolata  dei  rapporti  tributari  pendenti; delega al
Presidente  della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari;  istituzioni  dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale),  sollevata,  in  riferimento all'art. 3 della Costituzione,
dalla  Commissione  tributaria  regionale  di  Milano con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Bile
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in Cancelleria il 23 luglio 2002.
                      Il cancelliere: Fruscella
02C0761