N. 404 ORDINANZA 10 - 25 luglio 2002
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Elezioni - Contenzioso elettorale - Cause di incompatibilita' - Incompatibilita' alla carica di sindaco, per lite pendente tra il sindaco e il Comune, promossa con azione popolare - Prospettata violazione del diritto di accesso alle cariche elettive, del principio di buon andamento amministrativo e del diritto di difesa - Sopravvenuta modifica della disposizione oggetto delle censure - Necessita' di una nuova valutazione della rilevanza, anche con riguardo alla prospettata questione delle norme sopravvenute - Restituzione degli atti al giudice rimettente. - D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, art. 63, comma 1, numero 4. - Costituzione, artt. 24, primo e secondo comma, 51, primo comma, e 97, primo comma.(GU n.30 del 31-7-2002 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare RUPERTO; Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 63, comma 1, numero 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), in relazione all'articolo 9 dello stesso decreto legislativo, promosso con ordinanza del 19 ottobre 2001 dal Tribunale di Rimini, iscritta al n. 967 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, 1a serie speciale, n. 2, dell'anno 2002. Visti gli atti di costituzione di Tommaso Ferri ed altra, Alberto Ravaioli e del Comune di Rimini, nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 3 luglio 2002 il Giudice relatore Valerio Onida. Ritenuto che, con ordinanza del 19 ottobre 2001, pervenuta a questa Corte il 10 dicembre 2001, il Tribunale di Rimini ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli articoli 24, primo e secondo comma, 51, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dell'articolo 63, comma 1, numero 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), in relazione all'articolo 9 dello stesso decreto legislativo; che il remittente premette di essere chiamato a giudicare su un ricorso di attori popolari i quali chiedono di dichiarare la decadenza dalla carica del Sindaco di Rimini, eletto il 27 maggio 2001, in relazione a due ipotesi di incompatibilita', di cui la prima (prevista dall'art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico citato) concerne la pendenza di una lite fra il Sindaco ed il comune: lite che deriverebbe, nella specie, dalla azione popolare promossa dagli stessi ricorrenti contro il Sindaco, ai sensi dell'art. 9 del predetto testo unico, per far valere l'asserito diritto del comune alla restituzione degli emolumenti percepiti dallo stesso Sindaco nel periodo di carica succeduto alla sua elezione nel luglio 1999, fino alla decadenza pronunciata per incompatibilita' dalla Corte di cassazione con sentenza n. 16205 del 2000, nonche' al risarcimento dei danni subiti dal comune per l'organizzazione delle nuove elezioni amministrative del maggio 2001; che, secondo il remittente, l'esperimento di quest'ultima azione popolare comporterebbe la pendenza di una lite fra il Sindaco ed il comune, ancorche' "versante in una fase che, allo stato, non consente neppure di apprezzare l'atteggiamento processuale del comune, non ancora costituitosi"; che il remittente, pur dando atto dell'esistenza, nella giurisprudenza di legittimita', di diversi orientamenti circa la possibilita' che il giudice del contenzioso elettorale non arresti la sua indagine alla semplice constatazione della pendenza di un giudizio fra l'amministratore ed il Comune, ma valuti anche l'eventuale manifesta infondatezza o il carattere pretestuoso della lite, afferma che la valutazione circa "l'effettivita' di una controversia" resta preclusa nei casi, come il presente, in cui, non essendo ancora intervenuta una presa di posizione del Comune, sarebbe "impossibile anche solo delibare l'interesse dello stesso"; e cio' a tacere della possibilita' che quest'ultimo, dopo essersi associato alla posizione del Sindaco, muti atteggiamento processuale, anche solo domandando la compensazione delle spese di lite, con cio' determinando la sussistenza di una domanda contro il Sindaco; che, a giudizio del remittente, l'art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (che prevede l'incompatibilita' per lite pendente), in correlazione con l'art. 9 dello stesso testo unico (che prevede l'azione popolare per far valere in giudizio "le azioni e i ricorsi che spettano al Comune e alla Provincia"), sarebbe di dubbia legittimita' costituzionale in riferimento all'art. 51, primo comma, della Costituzione, in quanto pregiudicherebbe il diritto di accedere all'ufficio di Sindaco per effetto della mera proposizione di una azione giudiziaria "sulla quale non e' compiuta alcuna delibazione ne' dall'autorita' giurisdizionale, ne' da autorita' amministrative"; all'art. 97, primo comma, della Costituzione, poiche' lederebbe il buon andamento dell'azione amministrativa del comune, consentendo in sostanza di provocare "una decadenza ad nutum del Sindaco"; all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione, poiche' nella sede del contenzioso elettorale il Sindaco non potrebbe difendersi, dovendo l'autorita' giudiziaria limitarsi a prendere atto della sussistenza della lite pendente; che si sono costituiti gli attori popolari nel processo a quo, sostenendo anzitutto che la questione sarebbe inammissibile per irrilevanza, perche' il giudice remittente avrebbe omesso di motivare in ordine ad altra causa di incompatibilita' del Sindaco, pure fatta valere dagli attori popolari medesimi; e sarebbe altresi' inammissibile perche' il giudice remittente contesterebbe la irragionevolezza di una tesi interpretativa e non di una norma, prospetterebbe dubbi interpretativi, chiedendo alla Corte di scegliere fra due indirizzi interpretativi, non preciserebbe il "petitum perseguito", e solleverebbe la questione in modo generico e contraddittorio; che comunque, secondo i detti attori popolari, la questione sarebbe infondata; che si e' costituito il Comune di Rimini, il quale conclude chiedendo, in via principale, che la Corte sollevi davanti a se', per poi accoglierla, questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, nella parte in cui non estende a qualsiasi lite il trattamento previsto per le liti tributarie - la pendenza delle quali "non determina incompatibilita'", - per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sotto i profili della irragionevolezza e della disparita' di trattamento rispetto all'ipotesi della lite tributaria, nonche' per contrasto con gli artt. 24 e 113 della Costituzione; in subordine, che la Corte dichiari la questione non fondata, in quanto il giudice del contenzioso elettorale ha gia' i poteri che gli consentono l'esame della fondatezza della lite e della sua non pretestuosita' al fine della pronuncia sulla sussistenza della incompatibilita' per lite pendente; in ulteriore subordine, che la Corte dichiari l'illegittimita' costituzionale della norma denunciata, nella parte in cui non consente al giudice del contenzioso elettorale l'esame della fondatezza della lite e della sua non pretestuosita' ai fini dell'accertamento della incompatibilita'; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, in quanto l'interpretazione della norma conforme a Costituzione, vale a dire nel senso che al giudice elettorale e' consentito un sindacato delibatorio sulla pretestuosita' o artificiosita' della lite, conduce a ritenere non violati i parametri evocati; che, all'udienza del 23 aprile 2002, le parti costituite hanno preso atto dell'approvazione da parte del Parlamento, in sede di conversione in legge del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 13 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita' degli enti locali), di una modifica della disposizione denunciata, in quel momento peraltro non ancora entrata in vigore, concludendo anche in relazione ad essa; che la questione e' stata, quindi, rinviata a nuovo ruolo; che, a seguito della successiva pubblicazione e dell'entrata in vigore della legge 24 aprile 2002, n. 75, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 13 del 2002, il cui art. 3-ter ha modificato l'impugnata disposizione dell'art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico sull'ordinamento degli enti locali, la causa era nuovamente fissata nella camera di consiglio del 3 luglio 2002; che, con atto depositato il 4 maggio 2002, le parti ricorrenti, attori popolari nel giudizio a quo, avevano intanto chiesto che la Corte, previa fissazione di nuova udienza, sollevasse davanti a se' questione di legittimita' costituzionale del nuovo testo dell'art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, nelle parti modificate e aggiunte dalla legge n. 75 del 2002, per contrasto con gli articoli 3, 24, 25, secondo comma, 97, 101, secondo comma, e 113 della Costituzione; che ha depositato altresi' memoria il Comune di Rimini, contestando l'ammissibilita' e la fondatezza della eccezione di legittimita' costituzionale delle norme sopravvenute. Considerato che, successivamente all'udienza del 23 aprile 2002, e prima della nuova camera di consiglio fissata per il 3 luglio 2002, e' entrata in vigore la legge 24 aprile 2002, n. 75, di conversione del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 13 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalita' degli enti locali), la quale ha introdotto nel decreto-legge convertito un articolo 3-ter, modificativo dell'art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, vale a dire della disposizione oggetto della presente questione di legittimita' costituzionale; che, a seguito delle modifiche cosi' introdotte, il nuovo testo del citato art. 63, comma 1, numero 4, prevede fra l'altro che "la pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell'art. 9 del presente decreto [vale a dire di una lite promossa in via di azione popolare per far valere azioni o ricorsi spettanti al comune, come nel caso di cui si discute nel giudizio a quo] non determina incompatibilita'" (secondo periodo); che "la lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determina incompatibilita' soltanto in caso di affermazione di responsabilita' con sentenza passata in giudicato" (settimo periodo); e che "la presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso" (ultimo periodo: disposizione che, pur essendo inserita nel testo dell'art. 63 del testo unico, si riferisce, evidentemente, ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della predetta modifica); che si rende pertanto necessaria una nuova valutazione della rilevanza della questione ad opera del remittente, in relazione alla sopravvenuta modifica della norma oggetto della questione medesima; che anche i dubbi di costituzionalita', che una delle parti solleva riguardo alle norme sopravvenute, rientrano nell'ambito delle valutazioni che devono essere rimesse al medesimo giudice a quo, al quale spetta vagliarne la eventuale rilevanza ai fini del giudizio davanti ad esso pendente, nonche' la non manifesta infondatezza; che non puo' essere, invece, questa Corte a sostituirsi al remittente in tali valutazioni, come chiede la parte ricorrente nel giudizio a quo, poiche' anche l'eventuale rilevanza della nuova questione ai fini del giudizio gia' rimesso a questa Corte in relazione al precedente testo dell'art. 63, comma 1, numero 4, del testo unico presuppone il previo esame, spettante al giudice a quo, della permanente rilevanza della questione originariamente sollevata.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Rimini. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2002. Il Presidente: Ruperto Il redattore: Onida Il cancelliere: Fruscella Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2002. Il cancelliere: Fruscella 02C0808