N. 27 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 26 luglio 2002
Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 26 luglio 2002 (della Regione autonoma della Sardegna) Elezioni - Regione Sardegna - Decadenza di consigliere regionale deliberata in data 31 maggio 2001 dal Consiglio regionale per sopravvenuta incompatibilita' (elezione alla Camera dei deputati) - Annullamento della predetta delibera regionale con sentenza del Tribunale di Cagliari in data 15 novembre 2001 - Dichiarazione di decadenza, a seguito di azione popolare, dello stesso consigliere con sentenza del Tribunale di Cagliari n. 257 del 25 marzo 2002 - Dichiarazione di inammissibilita' con sentenza della Corte d'appello di Cagliari del 3 maggio 2002, dell'appello del Consiglio della Regione Sardegna - Conflitto di attribuzioni sollevato dalla Regione Sardegna - Lamentata illegittima disapplicazione, da parte della Corte d'appello di Cagliari, della normativa regionale disciplinante la fattispecie (in primis la legge regionale n. 71/1979) ed applicazione della legge statale n. 154/1981 - Dedotta lesione della sfera di competenza del Consiglio regionale in tema di eleggibilita' ed incompatibilita' dei consiglieri regionali. - Sentenza Corte d'appello di Cagliari in data 3 maggio 2002, n. 165. - Costituzione, art. 122, comma secondo; Statuto Regione Sardegna, art. 17, comma secondo.(GU n.35 del 4-9-2002 )
Ricorso della Regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore on. Mauro Pili, rappresentata e difesa, in virtu' di procura a margine del presente atto, dal prof. avv. Roberto Nania, presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Roma, via Carlo Poma n. 2; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, a seguito e per l'effetto della sentenza n. 165/2002 con cui la Corte d'appello di Cagliari ha esercitato la giurisdizione in materia di incompatibilita' e decadenza di un membro del consiglio regionale sardo. F a t t o Con delibera in data 31 maggio 2001, il consiglio regionale della Sardegna, su proposta della Giunta per le elezioni - in ragione della sopravvenuta incompatibilita' di un proprio componente risultato eletto alla Camera dei deputati e della partecipazione di questi nella detta qualita' alle attivita' deliberative della Camera di appartenenza - ne stabiliva la decadenza da consigliere regionale. Tale delibera consiliare, impugnata dal consigliere decaduto, veniva annullata dal Tribunale civile di Cagliari che, con la sentenza n. 2598/2001, ripristinava il ricorrente nella carica di consigliere. Avverso la decisione del Tribunale, la Regione autonoma della Sardegna sollevava conflitto innanzi a codesta Corte deducendo la illegittima invasione, interferenza e/o menomazione delle attribuzioni costituzionalmente riservate al Consiglio regionale (il relativo ricorso veniva iscritto nel registro conflitti con il numero 4/2002). Nelle more, interveniva la sentenza n. 257/2002 con la quale sempre il medesimo Tribunale di Cagliari - a seguito, questa volta, di azione popolare esercitata da un elettore del Consiglio regionale - affermando la propria giurisdizione, dichiarava decaduto lo stesso Consigliere precedentemente reintegrato. Anche tale ulteriore sentenza, assumendo portata lesiva rispetto alle attribuzioni costituzionali del Consiglio regionale cosi' come dedotto nel precedente conflitto, veniva impugnata innanzi a codesta Corte (il relativo ricorso veniva iscritto nel registro conflitti con il numero 13/2002). Successivamente, interveniva la sentenza n. 165/2002 della Corte d'Appello di Cagliari, impugnata con il presente ricorso, con la quale l'anzidetta Corte d'Appello annullava la sentenza n. 2598/2001, affermando implicitamente, ancora una volta, la propria giurisdizione in merito alla materia delle incompatibilita' e delle relative decadenze dei consiglieri regionali sardi; dichiarando peraltro la carenza di legittimazione del Consiglio regionale, per difetto di interesse, a partecipare al giudizio e ad impugnare le sentenze pronunziate nell'ambito dello stesso. Anche rispetto a tale sentenza di secondo grado - trattandosi di decisione egualmente lesiva rispetto alle attribuzioni costituzionali del Consiglio regionale - devono essere riproposte le medesime censure avanzate con i precedenti conflitti. D i r i t t o 1. - In primo luogo, si eccepisce la insussistenza del potere giurisdizionale (quale che ne possa essere l'organo giudicante che se ne arroghi l'esercizio) di conoscere ricorsi aventi ad oggetto la materia delle incompatibilita' e delle relative decadenze dei consiglieri regionali sardi, e segnatamente quelli che, come nella specie, si attengano alla specifica fattispecie di incompatibilita' concernente la contemporanea posizione di parlamentare ai sensi dell'art. 17, comma 2, dello Statuto della Regione Sardegna e dell'art. 122, comma 2, della Costituzione. Che si tratti di materia sottratta alla cognizione del potere giurisdizionale dello Stato, siccome attribuita in via esclusiva al Consiglio nel quadro dell'ordinamento costituzionale della Regione Sardegna, e' comprovato - ad avviso della ricorrente - sia dall'assenza in tale ordinamento di una qualunque disposizione di legge che riconosca, appunto, agli organi della giurisdizione la cognizione di gravami in tale materia, sia dalla pluralita' delle disposizioni regionali che al riguardo deferiscono ogni potere cognitivo al Consiglio regionale sardo. Sotto il primo profilo, e' da rammentare che codesta Corte costituzionale, con la sentenza n. 85/1988, ha escluso in termini univoci che la normativa in tema di ineleggibilita' ed incompatibilita' di cui alla legge n. 154/1981, riguardante i consiglieri delle Regioni ad autonomia ordinaria, fosse mai applicabile all'ordinamento sardo (essendo all'uopo indispensabile, in forza dello Statuto, l'intervento di apposita legge statale, ed oggi regionale a seguito della legge costituzionale n. 2/2001). Ne deriva la conferma di quanto sopra dedotto, posto che egualmente inapplicabile all'ordinamento sardo deve ritenersi l'art. 7, della menzionata legge n. 154 (la' dove fosse ancora in vigore, nonostante la intervenuta abrogazione di tale legge da parte dell'art. 274 della legge n. 267/2000), con il quale e' disciplinato il procedimento in sede giurisdizionale per l'impugnativa delle deliberazioni degli organi consiliari in punto di ineleggibilita' e di incompatibilita'. A fronte di cio' - passando ora al secondo degli elementi probatori preannunciati - l'art. 82 della legge regionale n. 7/1979 statuisce puntualmente che "al Consiglio regionale e' riservata la convalida della elezione dei propri componenti. Esso pronuncia giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e, in generale, su tutti i reclami"; per di piu', l'art. 17 del regolamento del Consiglio regionale sardo sancisce che "alla Giunta delle elezioni competono la verifica dei titoli di ammissione dei consiglieri e l'esame delle cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', comprese quelle sopraggiunte nel corso della legislatura". Attesa la stretta correlazione sussistente tra le disposizioni appena menzionate e gli articoli 116, Cost., 17, comma 2, e 19, Statuto, nonche' attesa la prassi consuetudinaria del tutto uniforme nel senso della intangibilita' delle decisioni consiliari in ordine alla incompatibilita' tra la posizione di parlamentare e di consigliere, ne viene comprovato che nell'ambito dell'ordinamento sardo si e' affermata, ed e' operativa, una garanzia di grado autenticamente costituzionale deducibile dalle citate disposizioni, a mente della quale garanzia il carattere definitivo delle decisioni consiliari preclude ogni ulteriore intervento giurisdizionale in merito. Peraltro, gia' da tempo era stato messo efficacemente in luce in sede dottrinale tale dato di caratterizzazione dell'ordinamento sardo, un dato che rimane tuttora salvo ed impregiudicato, almeno con riferimento alle decisioni assembleari in tema di incompatibilita' tra l'assolvimento del mandato parlamentare e di quello consiliare (cfr. T. Martines, Il Consiglio regionale, Milano, 1981, pagg. 24 e 26-27). Ne' sarebbe opponibile a quanto svolto che nel caso della Regione Sardegna (cosi' come delle Regioni nel loro insieme, sia ad autonomia ordinaria che ad autonomia speciale) farebbe difetto una disposizione costituzionale altrettanto esplicita quanto quella contenuta nell'art. 66, Cost., il cui tenore rende pacifica ed incontrovertibile la regola fondamentale della insindacabilita' in sede giudiziaria delle decisioni assunte dalle Camere del Parlamento relativamente, oltre che ai titoli di ammissione dei suoi componenti, alle cause sopraggiunte di ineleggibilita' e di incompatibilita'. Ed invero, occorre considerare che comunque cio' non puo' impedire il riconoscimento in capo al Consiglio regionale di una siffatta guarentigia costituzionale, quando essa scaturisca - com'e' nella specie - in modo lineare ed automatico dal sistema, in virtu' di una piena convergenza di fattori normativi e di tradizione applicativa che ne testimoniano, appunto, la esistenza e la operativita'. D'altro canto, ne rappresenta riprova il fatto che non sarebbe neppure sufficiente, allo scopo di affermare una pretesa sussistenza di potere giurisdizionale in materia, richiamarsi al principio generale della tutela giurisdizionale dei diritti. E' risaputo, infatti, che quando si tratti di fondare il potere giurisdizionale di emettere sentenze costitutive, ossia sentenze che abbiano la forza di modificare la preesistente situazione giuridica - come fa, nella sostanza, la sentenza impugnata in violazione dell'art. 101, Cost., in relazione all'art. 2908, c.c., che ridonda in lesione delle attribuzioni statutariamente riservate al Consiglio - occorre che vi sia una specifica disposizione di legge attributiva al giudice di tale potere conformativo: ma di una simile attribuzione, come si e' detto, non vi e' traccia nell'ordinamento sardo. Da quanto svolto, deriva inoltre la lesione delle attribuzioni regionali, con riferimento all'autonomia regolamentare del Consiglio regionale della Sardegna, quale risulta codificata dall'art. 19 dello Statuto (nonche' dell'art. 17 del regolamento consiliare e dell'art. 15 del regolamento della Giunta delle elezioni), che individua l'unica modalita' ammissibile ai fini della decadenza del consigliere incompatibile. Per di piu', la Corte d'Appello ha ritenuto il Consiglio regionale della Sardegna organo non legittimato a contraddire nel giudizio sia di primo che di secondo grado. Si tratta dunque di un'ulteriore violazione delle attribuzioni consiliari - che assume naturalmente carattere del tutto subordinato nella prospettazione della Regione ricorrente - atteso che la negazione, in capo al Consiglio regionale, del diritto di azione in materia di incompatibilita' e decadenza dei propri consiglieri, non puo' che tradursi in conseguente menomazione della relativa prerogativa costituzionale. 2. - A questa difesa e' noto, secondo quanto e' stato sopra ricordato, lo schema, che talvolta sembra adottato nelle pronunzie della Corte, del carattere pretesamente chiuso ed enumerato che avrebbero le garanzie di cui dispongono in via costituzionale le assemblee regionali. A riguardo - ferme restando le argomentazioni di cui al punto precedente, relative alla specifica ricostruzione dell'ordinamento costituzionale sardo - occorre nondimeno avanzare un duplice ordine di considerazioni. La prima considerazione e' che non sembra che tale schema, a parte ogni altra notazione critica, possa comunque escludere la operativita' in favore delle assemblee regionali di una guarentigia che - come quella di cui si parla, prescindendo dunque da altre ipotesi di autodichia, e segnatamente da quella concernente i rapporti con i dipendenti - costituisce un requisito minimo ed indispensabile ai fini della tutela degli organi rappresentativi da interferenze e condizionamenti esterni: e' indubitabile difatti che il sindacato giurisdizionale in materia di incompatibilita' sarebbe suscettibile di incidere in via diretta sulla composizione e sugli stessi interna corporis dell'organo assembleare. Detto in altre parole, nella tradizione costituzionale italiana quello che si trae dall'art. 66 Cost. e' un principio di natura istituzionale che, indipendentemente da apposite codificazioni, e' destinato ad assistere gli organi che, come i Consigli regionali, siano qualificati dalla loro natura politico rappresentativa e dalla titolarita' di funzione legislativa e di indirizzo (dovendo restare ovviamente ininfluente, da questa angolazione, il dato puramente quantitativo, ma non qualitativo, della circoscritta efficacia territoriale dei relativi atti). D'altro canto, la Corte ha gia' mostrato di voler dare l'adeguato risalto al valore della tutela della autonomia e della indipendenza degli organi rappresentativi regionali, muovendo proprio da un criterio di parallelismo con la posizione del Parlamento e con i principi costituzionali, scritti o non scritti, che sono preordinati a presidiare detta posizione (cfr., tra le altre, sentenza n. 143 del 1968 in tema di sottrazione a riscontri esterni delle spese operate per il funzionamento del Consiglio regionale; sentenza n. 382 del 1998, in tema di insindacabilita' dei consiglieri regionali anche al di la' degli atti tipici posti in essere; sentenza n. 392 del 1999, in tema di autonomia contabile del Consiglio rispetto alla giurisdizione della Corte dei conti, secondo il principio consuetudinario operante in materia per le assemblee parlamentari). Per di piu', e' da rimarcare che nel caso specifico della incompatibilita' tra la carica di consigliere e di parlamentare, si tratta di ipotesi che investe ad un tempo sia le Camere che le Assemblee regionali: sicche' - sempre per quanto riguarda tale fattispecie - sembra plausibile postulare che la materia richieda dal punto di vista costituzionale un trattamento giuridico omogeneo (ossia quello della insindacabilita' delle relative decisioni assembleari) e che tale omogeneita' sia voluta dal sistema, anche in considerazione delle possibili interferenze che nell'autonomia decisionale delle stesse Camere potrebbero derivare dal sindacato giurisdizionale sulle determinazioni regionali. A cio' si aggiunge l'incidenza che non puo' non avere sul tema in esame la riforma del Titolo V della Costituzione di cui alla legge cost. n. 3 del 2001 (applicabile nei sensi di cui all'art. 10 della legge medesima alle Regioni a Statuto speciale), assunta sia nella sua ratio complessiva, officializzata mediante le nuove formulazioni dell'art. 114 Cost., volta a rendere incontrovertibile la consistenza autenticamente politica dell'autonomia regionale e della funzione legislativa in cui essa si esprime in via prioritaria, sia negli specifici aspetti in cui la stessa si manifesta (l'inversione del criterio del riparto delle materie tra Stato e Regioni, la caduta del controllo preventivo sulle leggi regionali, nonche' l'esclusione di una potenzialita' di condizionamento innominato da parte dell'interesse nazionale, ecc.). Si e' dunque in presenza di uno scenario costituzionale davanti al quale non suonerebbero piu' persuasivi i fattori a suo tempo addotti allo scopo di disconoscere talune prerogative a favore delle Assemblee regionali (cfr., l'antica sentenza n. 66/1964): cio' almeno con riguardo a quella fatta valere nel presente ricorso che - per quanto spiaccia ripetersi - tocca proprio l'essenza del ruolo assolto dagli organi rappresentativi regionali, naturalmente nella differenza dei compiti rispettivamente giocati nel complessivo sistema delle assemblee elettive in cui si articola il nostro attuale assetto istituzionale. Ne discende, pertanto, anche sotto tale aspetto la conferma della attribuzione costituzionale in via esclusiva ai Consigli della guarentigia in tema di incompatibilita' racchiusa nell'art. 122 Cost., secondo l'interpretazione che e' resa ineludibile alla luce del nuovo assetto costituzionale.
P. Q. M. La Regione Sardegna, come sopra rappresentata e difesa, chiede che codesta, ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso alla Corte d'Appello di Cagliari, statuire in materia di incompatibilita' e decadenza dalla carica di un Consigliere regionale sardo, dichiarando la relativa attribuzione di esclusiva spettanza della Regione, e per essa del Consiglio regionale; per l'effetto voglia annullare la menzionata sentenza della Corte d'Appello di Cagliari n. 165/2002 e confermare la delibera del Consiglio regionale della Sardegna in data 31 maggio 2001. Roma, addi' 12 luglio 2002 prof. avv. Roberto Nania 02c0817