N. 47 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 7 agosto 2002
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 7 agosto 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Sanita' pubblica - Norme della Regione Piemonte - Disposizioni limitative della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia prefrontale e transorbitale e di altri simili interventi di psicochirurgia - Denunciata esorbitanza dalle competenze regionali in materia di professioni e tutela della salute - Violazione dei fondamentali diritti di personalita' dei cittadini e dei diritti fondamentali della persona "paziente" - Violazione della competenza statale in materia di responsabilita' (anche civilistica) degli esercenti le professioni sanitarie nonche' in materia di definizione delle linee di ricerca degli studiosi della scienza medica - Contrasto con i principi recati dalle norme statali in materia sanitaria - Richiamo alla sent. n. 282/2002 della Corte costituzionale. - Legge della Regione Piemonte 3 giugno 2002, n. 14 (in particolare artt. 4, 5 e 6). - Costituzione, artt. 2, 32, 33, primo comma, e 117, comma terzo; legge 13 maggio 1978, n. 180, artt. 1, 2, 3 e 5; legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 33, 34 e 35; d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, artt. 1 e 14.(GU n.40 del 9-10-2002 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato nei confronti della regione Piemonte, in persona del presidente della giunta regionale, avverso la legge regionale Piemonte 3 giugno 2002 n. 14, pubblicata nel bollettino ufficiale n. 23 del 6 giugno 2002, intitolata "Regolamento sull'applicazione della terapia elettroconvulsivante, della lobotomia prefontale e transorbitale ed altri simili interventi di psicochirurgia". La proposizione del presente ricorso e' stata decisa dal Consiglio dei ministri nella riunione dell'11 luglio 2002 (che si depositera). La legge regionale in esame segue delibera legislativa riapprovata il 29 febbraio 2000, sottoposta al giudizio di codesta Corte (reg. ric. n. 11 del 2000), e promulgata dopo la delibera 11 gennaio 2002 del Consiglio dei ministri di rinuncia - in considerazione della sopravvenuta legge della Costituzione 18 ottobre 2001 n. 3 - a quel precedente ricorso e dopo la declaratoria di estinzione del relativo processo costituzionale. Come noto, a giudizio di codesta Corte e' stata sottoposta (reg. ric. n. 3 del 2002) la legge della regione Marche 13 novembre 2001 n. 26, recante disposizioni simili a quelle contenute nella legge piemontese ora sub judice; e codesta Corte ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della legge marchigiana con sentenza 26 giugno 2002 n. 282. In tale sentenza e' stato affermato che: "la disciplina in esame concerne l'ambito materiale della tutela della salute, (ambito) che ai sensi dell'art. 117 terzo comma della Costituzione costituisce oggetto della potesta' legislativa concorrente delle regioni"; i principi fondamentali della materia devono essere desunti, in assenza di "leggi statali nuove espressamente rivolte a tale scopo", dalla legislazione statale in vigore; "la regola di fondo in questa materia e' costituita dalla autonomia e dalla responsabilita' del medico che, sempre con il consenso del paziente, opera le scelte professionali basandosi sullo stato della conoscenza"; un intervento del legislatore in argomento, ancorche' non precluso a priori, non puo' "nascere da valutazioni di pura discrezionalita' politica", e deve fondarsi sullo stato "delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite tramite istituzioni e organismi - di norma nazionali o sopranazionali - a cio' deputati"; contrasta dunque con i principi fondamentali un intervento legislativo regionale in tema di terapie praticabili che, anziche' fondarsi su acquisizioni tecnico-scientifiche verificate dagli organismi competenti (di norma nazionali o sopranazionali), "si presenta come una scelta legislativa autonoma". Questo autorevole e recente precedente "in termini" conferma che la legge regionale in esame, e segnatamente gli artt. 4, 5 e 6 di essa, eccede la competenza della regione e contrasta con gli artt. 2, 32, 33 comma primo, 117 comma terzo (professioni, tutela della salute) Cost., e con i principi recati dalle norme interposte quali quelle menzionate nel par. 5 della sentenza citata e quelle contenute negli artt. 1, 2, 3 e 5 della legge 13 maggio 1978 n. 180, negli artt. 33, 34 e 35 della legge 23 dicembre 1978 n. 833, negli artt. 1 e 14 (nei testi attualmente vigenti) del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502. Il governo della Repubblica nega che ciascun legislatore regionale possa - senza l'apporto di adeguate Istituzioni tecnico-specialistiche - dare sue indicazioni su singole terapie, e cosi' incidere su fondamentali diritti di personalita' dei cittadini, persino costituzionalmente garantiti. La ammissione iuxta modum, o il divieto di singole terapie per considerazioni di tipo sanitario non puo' dipendere dalla volonta' di questo o quel legislatore regionale, e' decisione che si colloca in un momento logicamente preliminare persino rispetto alla determinazione - di competenza statale - dei "livelli essenziali" (art. 117 comma secondo lettera m) ed uniformi di assistenza sanitaria (art. l comma 2 del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502). Per completezza, si aggiunge che - in particolare - l'art. 5 della legge piemontese palesemente invade l'area concettuale dei diritti fondamentali della persona "paziente" (artt. 2 e 32 Cost.) e nella contigua area delle responsabilita' (anche civilistiche) degli esercenti le professioni sanitarie ed in qualche misura delle linee di ricerca degli studiosi dediti alla scienza medica (art. 33 comma primo Cost.); aree queste che spetta allo Stato sia configurare sia disciplinare.
P. Q. M. Si chiede che sia dichiarata la illegittimita' costituzionale della legge sottoposta a giudizio, con ogni consequenziale pronuncia. Roma, addi' 23 luglio 2002 Il vice avvocato generale: Franco Favara 02C0842