N. 464 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 luglio 2002

Ordinanza del 3 luglio emessa dal Tribunale di Catanzaro sull'appello
proposto da Martorelli Angelo
Processo  penale  - Rogatorie all'estero - Documenti o altri mezzi di
  prova  acquisiti o trasmessi, a seguito di rogatoria, in violazione
  delle  norme  di  cui  all'art.  696,  comma  1,  cod. proc. pen. -
  Inutilizzabilita'   -   Contrasto   con  la  norma  consuetudinaria
  internazionale  invalsa  nell'applicazione  dell'art.  3,  comma 3,
  della  Convenzione  di  Strasburgo  del  20  aprile  1959  e con le
  convenzioni  internazionali  successive  - Violazione del principio
  del  contraddittorio,  per  la disparita' tra i poteri riconosciuti
  alla  difesa  dell'imputato  ed  i  poteri del pubblico ministero -
  Lesione del principio del giusto processo.
- Cod.  proc.  pen.,  art. 729, comma 1, prima parte, come modificato
  dall'art. 13 della legge 5 ottobre 2001, n. 367.
- Costituzione, artt. 10, primo comma, 111, primo e secondo comma.
(GU n.42 del 23-10-2002 )
                            IL TRIBUNALE

    Decidendo  sull'appello  avanzato  nell'interesse  di  Martorelli
Angelo,  nato  il  18  gennaio 1968 a Buonvicino, avverso l'ordinanza
emessa  il  25  marzo  2002,  con la quale il g.i.p. del Tribunale di
Paola  rigettava  la richiesta di revoca della misura cautelare della
custodia in carcere;
    Vagliate le ragioni della difesa;
    Letti   gli   atti   e   udito  il  giudice  relatore,  all'esito
dell'udienza camerale del 18 giugno 2002;
ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Martorelli  Angelo,  cl.  68, e' sottoposto alla misura cautelare
della custodia in carcere, in ordine al reato concorsuale di illecita
detenzione  e  spaccio  di  sostanza  stupefacente,  ai  sensi  degli
artt. 110, 81 comma 2 c.p. e 73 commi 1 e 2 del d.P.R. n. 309/1990.
    All'udienza  del 18 giugno 2002, la difesa si riportava ai motivi
di   gravame,   illustrandoli   ulteriormente,   ed   insisteva   per
l'accoglimento dell'appello.

                          Osserva e rileva

    Con  l'istanza  reietta  e  con  gli odierni motivi di gravame si
assume:
        1) innanzitutto, l'estensibilita', nei confronti dell'odierno
appellante, della decisione con la quale questo Tribunale, in data 19
novembre   2001,   pronunciandosi   in   sede   di  riesame  avanzato
nell'interesse  dei coindagati Martorelli Angelo cl. 71 e Cauteruccio
Michelina,  ha  dichiarato, d'ufficio, rilevante e non manifestamente
infondata,  in  relazione  agli  artt. 10  comma  1 e 111 commi 1 e 2
Cost.,  la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 729
comma  1,  prima  parte, c.p.p., come modificato dall'art. 13 legge 5
ottobre  2001,  n. 367,  sospendendo  il  procedimento  ed  ordinando
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
        2)   in  secondo  luogo,  l'inutilizzabilita'  del  materiale
probatorio su cui e' fondata l'applicazione della misura cautelare in
corso di esecuzione, per violazione dell'art. 729 comma 1 c.p.p.
    In  ordine  al primo motivo di gravame, non puo' essere condiviso
il  rilievo  difensivo concernente l'asserita "automatica estensione"
all'odierno appellante della decisione emessa da questo Tribunale, in
data 19 novembre 2001, in sede di riesame avanzato nell'interesse dei
coindagati Martorelli Angelo cl. 71 e Cauteruccio Michelina.
    Invero,  deve ritenersi che - in conseguenza della natura propria
del   procedimento   di   riesame   delle   misure  cautelari,  quale
procedimento  incidentale  ed  autonomo,  e  della  non  operativita'
dell'istituto  della  "automatica  estensione"  ai  coindagati  degli
effetti  della decisione adottata in sede di riesame - la sospensione
del   procedimento   incidentale   de   libertate  (a  seguito  della
declaratoria  di  rilevanza  e  di  non  manifesta  infondatezza,  in
relazione  agli  artt. 10  comma  1  e  111  commi 1 e 2 Cost., della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 729 comma 1, prima
parte,  c.p.p.,  come  modificato  dall'art. 13 legge 5 ottobre 2001,
n. 367)  operi  esclusivamente  nell'ambito  di  quest'ultimo  e  nei
confronti  dell'indagato  che  ha  proposto  richiesta di riesame. Ed
infatti  "Ai  procedimenti incidentali de libertate non e' riferibile
l'istituto dell'effetto estensivo della decisione se non nell'ipotesi
di  procedimento incidentale che sorga e si svolga in modo unitario e
cumulativo, giacche' la frammentazione e l'autonomia dei procedimenti
incidentali  permettono,  per  il  margine  di  discrezionalita'  del
giudice  nella valutazione delle singole posizioni, una diversita' di
valutazioni   e  di  decisioni,  che,  avendo  natura  provvisoria  e
strumentale,  impedisce  l'applicabilita'  dell'art. 587  cod.  proc.
pen."  (Cass. Pen. Sez. IV, 24 ottobre 1996, n. 2116). Peraltro, "Nei
procedimenti  de libertate che si instaurano a norma degli artt. 309,
310   e   311   cod.  proc.  pen.,  e'  escluso  l'effetto  estensivo
dell'impugnazione  proposta  dal  coindagato  diligente ai coindagati
rimasti estranei al procedimento" (Cass. Pen. Sez. I, 12 agosto 1996,
n. 4484).
    In  ogni  caso,  quand'anche  si  operasse  a favore dell'odierno
appellante l'invocata estensione, mai ne deriverebbe, in questa sede,
la  revoca della misura cautelare in corso di esecuzione, dal momento
che  la  perdita  di  efficacia  della  misura  cautelare applicata a
Martorelli  Angelo cl. 71 e a Cauteruccio Michelina, e la conseguente
scarcerazione  dei  suddetti indagati, e' stata determinata, ai sensi
dell'art. 309   comma   10   c.p.p.,  dalla  perenzione  del  termine
prescritto   dal   cennato  articolo  di  legge,  e  non  dalla  mera
sospensione  del procedimento di riesame. Cio' in quanto, "Il termine
di  venti  giorni  entro  il  quale,  ai sensi dell'art. 310, secondo
comma,  cod.  proc.  pen.,  il  tribunale deve decidere sull' appello
proposto avverso i provvedimenti de libertate, non e' perentorio e la
sua inosservanza non determina, come e' invece espressamente previsto
con riferimento alla decisione di risame dall'art. 309, decimo comma,
cod.  proc.  pen.,  la  perdita  di efficacia della misura impugnata"
(Cass. Pen. Sez. II, 30 aprile 1996, n. 4586).
    Pertanto, il rilevo in disamina va respinto.
    Per  quanto  attiene, invece, alla eccepita inutilizzabilita' del
compendio  indiziario  posto  a fondamento dell'ordinanza applicativa
della  misura  cautelare  in  atto  [eccezione sollevata sia sotto il
profilo dell'inutilizzabilita' delle registrazioni (nastri) trasmesse
dall'Autorita'  giudiziaria  tedesca,  perche'  pervenute al di fuori
della    procedura   di   rogatoria,   e   sia   sotto   il   profilo
dell'inutilizzabilita'   delle  trascrizioni  (delle  intercettazioni
telefoniche eseguite in Germania) inviate dalla stessa Autorita', per
mancanza  della richiesta attestazione di conformita' all'originale],
deve  rilevarsi  che  le  eccezioni sollevate dalla Difesa impongono,
all'evidenza,   l'interpretazione  e  la  conseguente  applicabilita'
dell'art. 729  comma  1  c.p.p., come modificato dall'art. 13 legge 5
ottobre 2001, n. 367.
    Si ritiene, pertanto, di dover sollevare, d'ufficio, questione di
legittimita'  costituzionale  del  surriferito articolo del codice di
rito,  dal  momento che, quanto alla rilevanza, l'ipotesi accusatoria
si  fonda,  esclusivamente, su atti pervenuti in copia dalla Germania
(in esecuzione di rogatoria internazionale) e sprovvisti di specifica
attestazione  di conformita' all'originale, e che la questione non e'
manifestamente  infondata,  in  relazione agli artt. 10 comma 1 e 111
commi 1 e 2 Cost., per le considerazioni che seguono:
        Con  riferimento  al  primo  profilo  di  illegittimita',  va
osservato   che   l'art. 3  comma  3  della  Convenzione  europea  di
assistenza  giudiziaria  in materia penale (Convenzione di Strasburgo
del  20  aprile  1959)  -  secondo  cui  lo  Stato destinatario della
rogatoria  e'  tenuto  a  trasmettere "semplici copie o fotocopie dei
fascicoli   o   documenti  richiesti,  munite  di  certificazioni  di
conformita'"  (e  gli  originali,  se  richiesto,  solo  se  cio' sia
possibile)  -  e'  stato  interpretato, nel corso degli anni, in modo
difforme  dall'enunciato  testuale,  giacche' sia per l'affermarsi di
nuovi  mezzi di trasmissione sempre piu' affidabili e veloci, sia per
la  continua  ed inarrestabile trasformazione della criminalita', che
si e' evoluta tecnologicamente e ramificata a livello internazionale,
i  Paesi  aderenti  alla  Convenzione  hanno  dovuto  aggiornare  gli
strumenti  di  cui  disponevano  all'epoca  della stessa, adottandone
altri  che  assicurano  veloci e riservati scambi di informazioni (si
pensi alla e-mail e al fax).
    E'  evidente, dunque, come i predetti Stati siano stati indotti a
disattendere  talune  formalita'  previste  dall'art. 3  cit., che ha
pertanto subito, attraverso il costante comportamento consapevolmente
osservato     nell'esecuzione    delle    rogatorie,    un'evoluzione
interpretativa   in   tali   sensi.  In  particolare,  con  specifico
riferimento  all'acquisizione e alla trasmissione di documenti, si e'
instaurata  fra  gli  Stati  firmatari  una prassi in base alla quale
l'obbligo  di  cooperazione  sancito  dalla  disposizione, secondo un
principio cosi' generalmente ricevuto, viene ormai ritenuto adempiuto
mediante  l'invio  degli atti con una formale nota di trasmissione da
parte   dell'Autorita'   giudiziaria  remittente,  la  quale  ha  per
consuetudine sostituito l'attestato di conformita' dei singoli atti.
    Venendo   all'esame   delle   singole  disposizioni  della  legge
n. 367/2001, va sottolineato che l'art. 9, modificando solo su questo
punto  l'originaria  formulazione  dell'art. 696,  comma  1,  c.p.p.,
enuncia  esplicitamente  la Convenzione di Strasburgo tra le fonti di
diritto  internazionale  che  disciplinano  gli  atti di cooperazione
internazionale,  tra  i  quali  rientrano  le  rogatorie,  ed impone,
quindi,  l'osservanza, anche, dell'art. 3, comma 3, in conformita' al
suo  enunciato  testuale; questo precetto e' specificamente reiterato
nel   successivo   art. 13  legge  n. 367/2001,  che  introduce,  per
qualsiasi  "violazione  delle  norme  di  cui  all'art. 696, comma 1,
riguardanti  l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri
mezzi  di prova a seguito di rogatoria all'estero", la grave sanzione
dell'inutilizzabilita',  la  quale  e' assoluta, in quanto rilevabile
anche  di  ufficio in ogni stato e grado del procedimento, e sanabile
solo  mediante rinnovazione dell'atto (laddove possibile), stabilendo
la norma che non si puo' tener conto delle dichiarazioni, da chiunque
rese,   che   riguardino   il   contenuto   degli   atti  considerati
inutilizzabili   (vedi   art. 729,  comma  1-ter  c.p.p,  cosi'  come
modificato dall'art. 13 legge n. 367/2001).
    Sembra     evidente    che    questo    sistema,    ripristinando
un'interpretazione  restrittiva  dell'art. 3 cit., superata da quella
consuetudinaria, si ponga in contrasto con l'art. 10, comma 1, Cost.,
che  sancisce  il  fondamentale  principio  secondo cui l'ordinamento
giuridico   italiano   deve   conformarsi   alle  norme  del  diritto
internazionale  generalmente  riconosciute.  Non v'e' dubbio, invero,
che   tra   queste   ultime   debbano  comprendersi  le  consuetudini
internazionali,  che  si  formano  in  presenza  di  un comportamento
costante   ed   uniforme   tenuto  dagli  Stati,  accompagnato  dalla
convinzione    dell'obbligatorieta'    del    comportamento    stesso
(diuturnitas  e  opinio  iuris  sive necessitatis) e che assurgono al
rango di norme giuridiche sovraordinate, nella gerarchia delle fonti,
alle disposizioni contenute nelle leggi ordinarie dei singoli Stati.
    Ed invero, allorche' il diritto non scritto - che puo' formarsi a
modifica  o abrogazione delle regole poste da un determinato trattato
-  si  trasforma  in  consuetudine  internazionale  (a  seguito di un
comportamento  che,  con  le caratteristiche anzidette, si e' diffuso
tra  gli  Stati  che  aderiscono al Trattato), si consacra una prassi
modificatrice  delle norme a suo tempo pattuite che si sostituisce ad
esse, ancorche' queste restino formalmente vigenti.
    Ebbene,   in   relazione  all'attuazione  della  norma  contenuta
nell'art. 3,  comma  3,  della  Convenzione  di  Strasburgo,  si deve
prendere atto che:
        nella  prassi  consolidata  di tutti gli Stati che aderiscono
alla convenzione, sovente le domande di rogatoria vengono inviate via
fax;
        gli  atti conseguenti all'esecuzione, quando non sono formati
dall'Autorita'   che   ha   eseguito  la  rogatoria,  vengono  sempre
restituiti   in  fotocopia  senza  autentificazione  e  con  la  sola
attestazione  da parte dell'Autorita' richiesta, contenuta nella nota
di  accompagnamento, che la rogatoria viene restituita "evasa" (cosi'
garantendosi   la   corrispondenza   del   materiale  trasmesso  alla
richiesta);
        che,  frequentemente,  copia degli atti viene consegnata alle
persone   autorizzate  ad  assistere  o  partecipare  alla  rogatoria
all'estero.
    In  definitiva,  oramai,  gli  Stati  firmatari,  uniformemente e
costantemente,  ritengono  sufficiente l'atto formale di trasmissione
per   conferire   agli   atti   e   documenti   inviati   il   crisma
dell'autenticita'   e,   di  conseguenza,  considerano  tali  atti  e
documenti  pienamente  utilizzabili,  anche se non muniti dei singoli
attestati di conformita' all'originale.
    Questi  consolidati principi sono stati, altresi', implicitamente
recepiti da tutti i piu' recenti trattati internazionali, tra i quali
la Convenzione sul riciclaggio del 1990 e la c.d. Joint Action del 29
giugno  1998, che, non a caso, sotto il profilo che qui si considera,
omettono  qualsiasi  indicazione  in  ordine  a  specifiche modalita'
certificative,  non  precisando neppure se gli atti richiesti debbano
essere restituiti in originale o in copia.
    Peraltro,  non  va  sottaciuto  che  una  delle  funzioni  che si
riconoscono     agli    accordi    internazionali    e'    costituita
dall'eliminazione  della  "legalizzazione  di  atti e documenti", nel
senso  che  gli  Stati  contraenti  riconoscono,  reciprocamente,  la
regolarita'   della   provenienza  di  un  atto  o  documento,  senza
pretendere "formalita' di legalizzazione".
    In  conclusione, dunque, l'art. 13 della legge in esame, sancendo
l'inutilizzabilita'  assoluta  degli  atti  acquisiti  o trasmessi in
violazione dell'art. 696, comma 1, c.p.p., si pone in netto contrasto
con  la  consuetudine  internazionale  invalsa  nell'applicazione del
citato  art. 3  della  Convenzione  di Strasburgo e, altresi', con le
convenzioni  internazionali  successive  alla  Convenzione  del 1959,
sicche' indirettamente viola l'art. 10 della Carta costituzionale.
    In  ordine,  poi, al secondo profilo di illegittimita', l'art. 13
della  legge  n. 367/2001  contrasta con l'art. 111 Cost., laddove e'
sancito  il  principio  del  giusto processo e del contraddittorio in
condizioni di parita' tra le parti.
    Appare  evidente,  infatti,  la disparita' che si determina tra i
poteri  riconosciuti  alla  difesa,  che  puo'  -  anche  innanzi  al
Tribunale  della  liberta'  -  introdurre  in  giudizio, senza alcuna
formalita', atti e documenti, ed i poteri del p.m., che per acquisire
prove e documenti formati all'estero deve, necessariamente, avvalersi
degli   strumenti   previsti   dalla   legge  per  la  collaborazione
giudiziaria tra Stati.
    L'art.  237  c.p.p.  dispone  che  "e' consentita l'acquisizione,
anche  di  ufficio  di qualsiasi documento proveniente dall'imputato,
anche  se  sequestrato  presso  altri o da altri prodotto", ancorche'
privi  di  autentica  o non certificati conformi; e cio' comporta che
gli  atti  per  i  quali opera l'art. 13 cit., mentre sono pienamente
utilizzabili  se  prodotti direttamente dall'imputato, non lo sono se
acquisiti   per   rogatoria  dal  p.m.  senza  le  certificazioni  in
questione.
    Il   regime   delle   inutilizzabilita'  introdotto  dalla  nuova
normativa rende, dunque, notevolmente piu' gravosa, rispetto a quella
dell'imputato, la posizione del p.m. e finisce, cosi', per ostacolare
l'esercizio  della  giurisdizione,  fino  a  compromettere, in alcuni
casi,  la  possibilita'  stessa  dell'accertamento  giudiziale.  Cio'
assume,   all'evidenza,   un   particolare  rilievo  nell'ambito  del
procedimento  incidentale  de  libertate,  che,  essendo improntato a
principi  di  snellezza  e celerita' (sia dal momento in cui sorge la
necessita'  di  avanzare una richiesta di misura cautelare al giudice
procedente), mal si concilia con una lenta e farraginosa procedura di
rogatoria,   per  i  prevedibili  e  paralizzanti  effetti  che  essa
determina sotto il cennato profilo.
                              P. Q. M.
    Letti e applicati gli artt. 134 Cost. e 23 legge n. 87/1953;
    Dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata, in
relazione agli artt. 10 comma 1 e 111 commi 1 e 2 Cost., la questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 729 comma 1, prima parte,
c.p.p.,  come  modificato  dall'art. 13 legge 5 ottobre 2001, n. 367,
ove  stabilisce  che  "La violazione delle norme di cui all'art. 696,
comma  1, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o
di  altri  mezzi  di prova a seguito di rogatoria all'estero comporta
l'inutilizzabilita'  dei  documenti  o dei mezzi di prova acquisiti o
trasmessi";
    Sospende   il   presente   procedimento   ed  ordina  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;
    Dispone  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti ed al Presidente del Consiglio dei ministri e
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Catanzaro, addi' 18 giugno 2002.
                        Il Presidente: Reillo
                  Il giudice estensore: Commodaro
02C0946