N. 66 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 8 ottobre 2002
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 ottobre 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Sicurezza pubblica - Regione Marche - Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalita' - Enunciazione del principio di necessaria integrazione delle politiche di contrasto della criminalita', di competenza degli organi statali, con "le politiche sociali e territoriali, di competenza della Regione . . . e degli enti locali" - Attribuzione alla Giunta regionale di iniziative nei settori della sicurezza, ivi compresa la sicurezza sul lavoro, ambientale e alimentare - Previsione della "creazione di specifiche professionalita'" e della partecipazione della Regione "ad organismi nazionali ed internazionali operanti nel campo di attivita' della presente legge" - Attribuzione al Consiglio regionale del compito di definire, sentita una Conferenza regionale sulla sicurezza, il piano annuale delle priorita' - Istituzione di un Comitato d'indirizzo composto da 35 membri, con la partecipazione di figure istituzionali statali (prefetti) e di esponenti di organi giurisdizionali (Procuratore generale della Corte d'appello di Ancona e Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Ancona e il Tribunale minorile, e presieduto dal Presidente della Giunta o da "un suo delegato" - Lamentata invasione della sfera di competenza statale in materia di ordine pubblico e sicurezza e di ordinamento penale. - Legge Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11, artt. 1, 2, 3, 4, 7, 8 e 9. - Costituzione art. 117, comma secondo, lett. f), g), h) e l), in relazione all'art. 160, comma 2, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Sicurezza pubblica - Regione Marche - Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalita' - Imposizione a carico degli enti locali di spese coordinate, anche in relazione alla priorita', dalla Regione - Violazione del principio di copertura finanziaria e di coordinamento dell'autonomia finanziaria della Regione con quella dei Comuni e degli enti locali. - Legge Regione Marche 24 luglio 2002, n. 11, art. 5, comma 2. - Costituzione artt. 81 e 119, quarto comma.(GU n.44 del 6-11-2002 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, nei confronti della Regione Marche, in persona del suo Presidente della Giunta, avverso la legge regionale 24 luglio 2002 n. 11, intitolata "Sistema integrato per le politiche di sicurezza e di educazione alla legalita'", pubblicata nel Boll. uff. n. 87 del 1 agosto 2002. La determinazione di proposizione del ricorso e' stata approvata dal Consiglio dei ministri nella riunione del 27 settembre 2002 (si depositera' estratto del relativo verbale). Con la legge in esame la regione in sostanza si autoraffigura come coattributaria con lo Stato di una materia - "ordine pubblico e sicurezza" - riservata alla legislazione esclusiva dello Stato; e, a tal fine, istituisce un complesso apparato amministrativo "parallelo" a quello statale in esso coinvolgendo, come si dira', persino organi della giurisdizione. La legge (eccezione fatta per l'art. 6 di essa) palesemente contrasta con l'art. 117 comma secondo, lettera h), ed anche (per qualche disposizione) lettere f), g) ed l) ("ordinamento penale") Cost., oltre che con l'art. 160, comma 2, del d.lgs. 31 marzo 1998 n. 112. Non si esclude a priori che il legislatore statale possa riconoscere, con propria legge, alle regioni qualche specifico compito anche nella predetta materia; non puo' pero' ammettersi che un legislatore regionale produca disposizioni legislative invasive della competenza esclusiva dello Stato. L'art. 1 della legge in esame proclama che "le politiche di contrasto della criminalita', di competenza degli organi statali" dovrebbero integrarsi con "le politiche sociali e territoriali, di competenza della Regione ... e degli enti locali". Una siffatta enunciazione di principio - a prescindere dalla sua validita' o meno "nel merito" - non puo' essere proclamata, e per di piu' unilateralmente, da un legislatore regionale. Il successivo art. 2, al comma 1, attribuisce alla Giunta regionale una serie di compiti, la piu' parte dei quali forse non meriterebbe una esplicita specifica menzione, se non fosse per l'essere essi rivolti alle "finalita' di cui all'art. 1". In particolare, alla lettera b) si ipotizzano "iniziative di rilievo regionale nei settori della sicurezza, ivi comprese la sicurezza sul lavoro, la sicurezza ambientale e la sicurezza alimentare"; peraltro i "settori della sicurezza" cui l'art. 1 si riferisce sono quelli (per cosi' dire centrali) per il "contrasto della criminalita'". Nella successiva lettera g) si programma "la creazione di specifiche professionalita'", ossia, se ben si e' compreso, la formazione di strutture regionali di pubblica sicurezza. E poi, alla lettera i), il comma in esame addirittura impone alla Giunta di assicurare la partecipazione della regione "ad organismi nazionali ed internazionali operanti nel campo di attivita' della presente legge". Nel complesso il comma 1 non tiene distinti il piano di una generica analisi politica (per quanto doveroso informata circa la consistenza dei fenomeni) dal piano della concreta gestione amministrazione ed operativa delle attivita' di pubblica sicurezza. I commi 2 e 3 dell'art. 2 attribuiscono al Consiglio regionale il compito di definire, sentita una conferenza regionale sulla sicurezza (convocata e forse anche formata dal Presidente della Giunta), il "piano (annuale) delle priorita'"; non chiaro e' cosa possa essere inserito in un siffatto piano, e come commi 2 e 3 si coordinino con l'art. 5, comma 1, della legge. L'intero art. 2, per come e' formulato, puo' ingenerare conflittualita' tra organi regionali ed organi statali, e comunque invade in molti sue disposizioni l'ambito riservato alla legislazione esclusiva dello Stato. La rilevata illegittimita' costituzionale si estende necessariamente alle disposizioni organizzatorie e strumentali contenute negli artt. 3 e 4 della legge in esame. In particolare, il Comitato di indirizzo (art. 3 comma 3), incardinato "presso la Presidenza della Giunta regionale", appare un duplicato di organi di raccordo da tempo esistenti, collocati in ambito statale, e che possono vantare un patrimonio di esperienze e di capacita' operative. L'art. 3 potrebbe anche essere letto come un tentativo di simbolica delocalizzazione di attivita' giustamente svolte in palazzo statale e sotto coordinamento statale. Specifiche ulteriori censure devono essere mosse alla composizione del Comitato di indirizzo, come definita dall'art. 3, comma 3: I) una disposizione legislativa regionale la quale preveda la partecipazione di figure istituzionali statali (a cominciare dai prefetti) e persino di esponenti di organi giurisdizionali (il Procuratore generale della Corte di appello di Ancona, ed i Procuratori della Repubblica presso il Tribunale di Ancona e presso il Tribunale minorile, ad un organo collegiale della regione, per di piu' composto da 35 persone e presieduto dal Presidente della Giunta "o da un suo delegato", oltre ad essere possibile fonte di incomprensioni anche sul piano del cerimoniale, contrasta con l'art. 117, comma secondo, lettere f) g) ed l); II) Il legislatore regionale il quale, con sue molto opinabili scelte, immette nel circuito delle informazioni riservate rilevanti per la pubblica sicurezza un elevato numero di persone invade l'ambito della legislazione esclusiva dello Stato. L'art. 5, comma 2, della legge in esame contrasta con gli art. 81 e 119, comma quarto, Cost., laddove lascia a carico degli enti locali spese "coordinate", anche quanto a priorita', dalla regione.
P. Q. M. Si chiede che sia dichiarata la illegittimita' costituzionale della legge sottoposta a giudizio, eccettuato l'art. 6 di essa, con ogni consequenziale pronuncia e con invito alla regione a non procedere alla attuazione della legge stessa in pendenza del giudizio. Roma, addi' 27 settembre 2002 Il vice Avvocato generale: Franco Fava 02C0951