N. 77 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 22 ottobre 2002
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 ottobre 2002 (del Presidente del Consiglio dei ministri) Consiglio regionale - Regione Molise - Gruppi consiliari - Contributi mensili per il relativo funzionamento - Aggiornamento, a decorrere dall'anno 1991, mediante applicazione delle variazioni dei prezzi al consumo accertati dall'ISTAT - Denunciata equivocita' di interpretazione della norma nel senso di una possibile applicazione retroattiva - Conseguente contrasto con i principi di certezza del diritto e di unita' dell'ordinamento giuridico, evocati dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 368/1991) nei riguardi di leggi regionali retroattive - Incidenza sui principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di copertura finanziaria. - Legge Regione Molise 2 agosto 2002, n. 17, art. 1. - Costituzione, artt. 3, 81, 97 e 117.(GU n.47 del 27-11-2002 )
Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi n. 12, Roma, nei confronti della Regione Molise in persona del presidente della giunta regionale, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge regionale 2 agosto 2002, n. 17 (B.U.R n. 18 del 16 agosto 2002) - Modifiche ed integrazioni alla legge regionale n. 20 del 4 novembre 1991, ad oggetto: "Testo unico delle norme in materia di funzionamento e di assegnazione di personale ai gruppi consiliari", nella parte in cui modifica l'art. 3.2 della legge regionale n. 20 del 1991. La legge impugnata, dopo aver modificato il primo comma dell'art. 3 della legge regionale n. 20/1991 aggiornando i contributi ai Gruppi consiliari per il loro funzionamento, ha disposto, modificando anche il secondo comma, che "le quote di cui alle lettera a), b) e c) del comma 1 dovranno essere aggiornate a decorrere dall'anno 1991 mediante l'applicazione delle variazioni dei prezzi al consumo accertati dall'ISTAT. Le quote stesse saranno poi aggiornate annualmente in base alle medesime variazioni. La portata della norma non e' chiara. Di conseguenza l'impugnativa viene proposta sul presupposto di una delle interpretazioni che la Regione potrebbe seguire in sede applicativa. I contributi mensili, in misura aggiornata, previsti nel primo comma, in mancanza di una diversa previsione debbono ritenersi applicabili dall'entrata in vigore della legge. In altre parole, dal 17 agosto 2002 ai gruppi consiliari i contributi dovranno essere erogati nella nuova misura. Se questo e' il senso della norma, diventa ambiguo il significato del comma 2. Se ne prevede l'aggiornamento a decorrere dal 1991. Se la norma fosse applicabile ai contributi dovuti a partire dalla sua entrata in vigore (17 agosto 2002 in poi), la cui misura era stata gia' aggiornata dalla stessa legge, che per questo aveva modificato la legge precedente, e' sicuramente irragionevole aver disposto l'aggiornamento di contributi gia' aggiornati. La norma potrebbe essere interpretata anche nel senso che restano fissati nelle misure indicate nel primo comma i contributi da erogare a decorrere dall'entrata in vigore della legge, senza sottoporli alla rivalutazione prevista nel comma 2, mentre andrebbero aggiornati in via retroattiva quelli per gli anni precedenti, a decorrere dal 1991, anno di entrata in vigore della legge modificata; per fare un esempio, per l'anno 1991 si dovrebbero prendere come base di riferimento i contributi fissati nel primo comma, rivalutandoli secondo l'indice ISTAT. Per le ragioni gia' esposte, cosi' interpretata la norma risulterebbe ancora piu' illegittima, se cosi' si potesse dire, che nella interpretazione precedente. Se il legislatore regionale avesse inteso dare alla norma efficacia retroattiva con un minimo di ragionevolezza, almeno sotto il profilo che si sta esaminando, commisurando l'integrazione dei contributi precedenti agli importi fissati nel primo comma, avrebbe dovuto prevedere che per ciascuno degli anni precedenti i contributi andavano integrati in base alla diffrenza tra quanto fissato nel primo comma e quanto in effetti erogato, con la rivalutazione solo per la differenza. Sempre sul presupposto della efficacia retroattiva, l'interpretazione potrebbe essere anche nel senso che il riferimento al primo comma andrebbe limitato alla natura delle quote e non alla loro misura. Le quote, espresse in moneta diversa, andrebbero, dunque, integrate prendendo come base di rivalutazione gli ammontari liquidati di anno in anno. Se cosi' fosse, la norma sarebbe ugualmente illegittima. Trattandosi di spese gia' sostenute dai gruppi consiliari, dando alla nuova disciplina effetto retroattivo non si sarebbe disposto un contributo alle spese di esercizio dei gruppi consiliari, ma un contributo straordinario in conto capitale. Codesta Corte in materia di retroattivita' delle leggi regionali, avendo come parametro costituzionale gli artt. 3 e 117 della Costituzione, dopo aver precisato la portata del principio di unita', richiamato ripetutamente nella sua giurisprudenza, ha chiarito che ad esso va attribuito "il significato di garantire coerenza e ragionevolezza del sistema, piu' che la sua continuita' temporale" cosicche' il divieto di retroattivita' "rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preferiti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillita' dei cittadini" (sent. n. 368/1991). Nel caso in esame la norma regionale contrasta sotto diversi profili con quella ragionevolezza che codesta Corte ha ritenuto indispensabile, ragionevolezza richiesta anche dal principio del buon andamento richiamato dall'art. 97 della Costituzione. Prima di tutto, per la equivocita' del suo testo che ne rende possibile l'applicazione retroattiva, lasciandone l'iniziativa a chi dovra' provvedere alla sua applicazione. In secondo luogo, perche', sempre per l'ambiguita' del testo, consente che, applicandola retroattivamente, si pratichi la svalutazione con decorrenza dal 1991 ad integrazione di contributi la cui base e' stata aggiornata dalla legge impugnata. In terzo luogo, perche' ad un contributo in conto capitale da' la veste di un contributo alle spese di funzionamento gia' sostenute, senza prendere in alcuna considerazione l'ammontare effettivo di queste. In quarto luogo perche' dalla legge, a giustificarne la ragionevolezza di fronte a codesta Corte chiamata al controllo di legittimita', non si desumono, nemmeno per implicito, le ragioni che rendevano se non necessario, almeno opportuno un intervento retroattivo. Una effettiva causa giustificatrice, secondo la formulazione adottata da codesta Corte, era tanto piu' necessaria nel caso in esame in cui il legislatore regionale smentiva se stesso. La legge regionale n. 20/1991, infatti, non prevedeva l'aggiornamento del contributo, ritenendolo evidentemente non compatibile con le esigenze regionali di bilancio. La legge impugnata, facendo retroagire le sue disposizioni sino all'anno di entrata in vigore della legge precedente (qualora questa fosse l'interpretazione da seguire), avrebbe dovuto far emergere le ragioni sopravvenute, una volta cambiato orientamento, che giustificavano l'applicazione per tutto il periodo di vigore della legge precedente. La Regione, infine, non ha tenuto nemmeno conto delle innovazioni che in materia ha apportato la legge costituzionale n. 3 del 2001. Come noto, la perequazione delle risorse finanziarie rientra oggi nella legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, Cost.). Alla legislazione concorrente delle Regioni e' attribuita la armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica (art. 117, terzo comma), nel rispetto dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato. Una norma cosi' ambigua avrebbe richiesto una base di ragionevolezza particolarmente chiara per verificare come si potesse coordinare con i principi fondamentali della finanza pubblica, oggi orientata nel senso del massimo rigore, ampiamente riscontrabile in tutta la legislazione di questi ultimi anni, sia per ragioni contingenti, legate alla situazione economica attuale, che a vincoli di origine comunitaria, fondati su situazioni strutturali. Una volta che alla norma fosse riconosciuta efficacia retroattiva, la sua illegittimita' costituzionale emergerebbe anche da un ulteriore punto di vista. La integrazione per i dieci anni anteriori di contributi, gia' erogati sui bilanci rispettivi, comporta che la spesa complessiva andra' a gravare sul bilancio regionale 2002, effetto questo del tutto coerente con la natura di un contributo straordinario ai gruppi consiliari, che ha la misura, e non di integrazione di contributi gia' versati. L'art. 17 Cost., al primo comma, impone espressamente alle Regioni di esercitare la loro potesta' legislativa nel rispetto della Costituzione. La norma non indica nessuna copertura finanziaria, in violazione palese dell'art. 81 Cost., violazione tanto piu' grave in presenza di quel rigore finanziario che si e' gia' richiamato. La norma impugnata e', dunque, costituzionalmente illegittima per violazione degli artt. 3, 81, 97 e 117 Cost.
P. Q. M. Si conclude perche' sia dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 1 della legge della Regione Molise 2 agosto 2002, n. 17, nella parte in cui ha introdotto il nuovo testo dell'art. 3.2 della legge regionale n. 20 del 4 novembre 1991. Si produce estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 11 ottobre 2002. Roma, addi' 14 ottobre 2002. Avvocato dello Stato: Glauco Nori 02C0988