N. 79 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 ottobre 2002

Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
cancelleria il 30 ottobre 2002 (della Regione Toscana)

Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Disciplina  delle  procedure di valutazione di impatto ambientale e
  delle  modalita'  di  localizzazione  e  realizzazione delle grandi
  opere  nonche'  di  quelle di interesse regionale "concorrente" con
  l'interesse   nazionale   -  Denunciata  invasione  della  potesta'
  legislativa  esclusiva  spettante alle regioni in materia di lavori
  pubblici  e  privati  di  interesse pubblico, e di appalti - In via
  subordinata: preclusione alla normazione regionale per il carattere
  dettagliato   della   disciplina  statale  -  Non  configurabilita'
  dell'interesse  nazionale  quale  limite  alle potesta' legislative
  regionali  -  Inosservanza  dei  criteri imposti dalla Costituzione
  nella  allocazione  delle  funzioni  amministrative - Lesione delle
  attribuzioni  regionali per mancato rispetto delle fonti competenti
  a distribuire le funzioni amministrative.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10,
  11,  13,  15, 16, commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo, 17,
  18, 19 e 20.
- Costituzione, artt. 76, 117, 118 e 120.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Programma  delle opere strategiche - Individuazione mediante intese
  generali  quadro  tra  Governo  e  singole  regioni delle opere non
  aventi  carattere  interregionale  o  internazionale,  per le quali
  l'interesse   regionale   concorre   con  il  preminente  interesse
  nazionale  -  Conseguente introduzione di un regime derogatorio per
  le  opere  di  interesse regionale - Denunciato eccesso di delega -
  Lesione   delle  competenze  legislative  ed  amministrative  della
  regione  -  Incidenza  degli  accordi  o  delle  intese sull'ordine
  costituzionale  delle competenze legislative - Mancata salvaguardia
  della   legislazione   regionale  esistente  in  materia  di  opere
  pubbliche.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 1.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Provvedimenti  ed atti di qualsiasi natura necessari alla sollecita
  progettazione, istruttoria, affidamento e realizzazione delle opere
  -  Prevista  adozione, in sostituzione dei soggetti competenti, con
  poteri  derogatori  della normativa vigente, da parte di Commissari
  straordinari nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, su
  proposta  del  Ministro  competente,  sentiti  i  Presidenti  delle
  Regioni  -  Applicabilita'  della  disposizione  anche  alle  opere
  regionali  -  Denunciata violazione delle competenze legislative ed
  amministrative    regionali    -   Inosservanza   dei   presupposti
  tassativamente  indicati  dalla  Costituzione  per  l'esercizio dei
  poteri sostitutivi.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 2.
- Costituzione, artt. 117, 118 e 120.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Progetto  preliminare  dell'opera  - Approvazione da parte del CIPE
  con  il  consenso,  ai  fini  dell'intesa sulla localizzazione, dei
  presidenti  delle  regioni  Sottoposizione,  in  caso  di  motivato
  dissenso  regionale,  del  progetto  alla valutazione del Consiglio
  superiore  dei  lavori pubblici e successiva formulazione di parere
  al  CIPE  per le definitive determinazioni - Prevista approvazione,
  in  caso  di  permanenza  di  dissenso  regionale,  con decreto del
  Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei
  ministri  -  Denunciata  invasione  delle attribuzioni regionali in
  materia  di  governo del territorio - Inosservanza del principio di
  leale  collaborazione  -  Lesione  delle  competenze  regionali per
  l'applicabilita'  della  procedura  anche  alle  opere  regionali -
  Denunciato  eccesso  di  delega  per la disposta soppressione della
  Conferenza dei servizi.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 3.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Procedura  di  approvazione  del  progetto  definitivo dell'opera -
  Applicabilita'   anche   alle   opere   di  interesse  regionale  -
  Approvazione  del  progetto, in caso di dissenso regionale, secondo
  le modalita' previste per l'approvazione del progetto preliminare -
  Denunciata  lesione delle attribuzioni regionali - Ritenuto eccesso
  di   delega  anche  per  la  omessa  previsione  del  parere  della
  Conferenza unificata.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 4.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Previste  modificazioni  alla  disciplina  degli  appalti  e  delle
  concessioni  dei  lavori - Prevista pubblicazione della lista delle
  infrastrutture  per  le  quali il soggetto aggiudicatore ritiene di
  sollecitare  la  presentazione di proposte da parte dei promotori -
  Denunciata  violazione  della  potesta' legislativa residuale delle
  regioni  - In via subordinata: invasione della potesta' legislativa
  concorrente  spettante  alle regioni - Denunciata possibilita', per
  mancata chiarezza del disposto normativo, di pubblicare nelle liste
  infrastrutture non inserite nel programma delle opere strategiche -
  Conseguente    violazione    delle    competenze   legislative   ed
  amministrative regionali nonche' asserito eccesso di delega.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 6, 7, 8, 9, 10, e 11.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Procedure   previste  per  la  localizzazione,  l'approvazione  dei
  progetti,   la   V.I.A.   degli  insediamenti  produttivi  e  delle
  infrastrutture    private   strategiche   per   l'approvigionamento
  energetico   -   Denunciato  eccesso  di  delega  -  Lesione  delle
  competenze legislative ed amministrative regionali.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 13.
- Costituzione, artt. 76, 117 e 118.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Previsione  di  regolamenti,  di  modificazione ed integrazione dei
  regolamenti   di   attuazione   della   legge  quadro  n. 109/1994,
  abrogativi o derogatori delle norme di diverso contenuto vigenti in
  materia  di  lavori  pubblici  -  Denunciato  eccesso di delega con
  lesione   dell'autonomia  regionale  -  Violazione  della  potesta'
  regolamentare spettante alle Regioni.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 15.
- Costituzione, artt. 76 e 117, comma sesto.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse regionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Prevista  applicazione della normativa anche ai progetti in corso -
  Denunciata    violazione    delle    competenze    legislative   ed
  amministrative regionali.
- D.Lgs.  20  agosto  2002,  n. 190,  art.  16, commi primo, secondo,
  terzo, sesto e settimo.
- Costituzione, art.117 e 118.
Opere   pubbliche   -   Infrastrutture   ed  insediamenti  produttivi
  strategici  di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in
  attuazione   della  legge  n. 443/2001  (c.d.  legge  obiettivo)  -
  Procedura  applicabile  alle  infrastrutture  ed  agli insediamenti
  soggetti  a  screening e a V.I.A. regionale - Prevista adozione, da
  parte  del  CIPE,  del  provvedimento di compatibilita' ambientale,
  previa  valutazione  delle  Regioni  -  Istituzione e compiti della
  Commissione   speciale  di  valutazione  di  impatto  ambientale  -
  Denunciata lesione delle competenze regionali in materia di governo
  del  territorio - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale
  n. 407/2002.
- D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 17, 18, 19 e 20.
- Costituzione, art. 117.
(GU n.48 del 4-12-2002 )
    Ricorso  per  la  Regione  Toscana, in persona del presidente pro
tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1071
del  7 ottobre  2002, rappresentato e difeso, per mandato in calce al
presente  atto,  dagli  avvocati  Vito  Vacchi,  Lucia  Bora  e Fabio
Lorenzoni, presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato
in Roma, via del Viminale n. 43;
    Contro  il  Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per
la  dichiarazione  di illegittimita' costituzionale degli articoli 1,
2,  3,  4,  5,  6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16 (commi primo, secondo,
terzo,  sesto  e  settimo),  17,  18, 19 e 20 del decreto legislativo
20 agosto  2002  n. 190, per violazione degli articoli 76, 117, 118 e
120 della Costituzione.
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 199  del  26  agosto 2002 e' stato
pubblicato  il  decreto  legislativo  20 agosto 2002, n. 190, recante
"Attuazione   della   legge   21   dicembre   2001,  n. 443,  per  la
realizzazione  delle  infrastrutture  e degli insediamenti produttivi
strategici di interesse nazionale".
    La Regione Toscana ha gia' impugnato alla Corte costituzionale la
suddetta  legge n. 443/2001 (reg. ric. n. 11/2002), nonche' l'art. 13
della  legge  n. 166/2002  che  ha modificato la legge delega, per la
violazione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite.
    Anche  il  decreto  delegato  n. 190/2002 e' illegittimo e lesivo
dell'autonomia   costituzionalmente  riconosciuta  e  garantita  alla
regione ricorrente per le seguenti ragioni di

                            D i r i t t o

    A)  Illegittimita'  degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10,
11,  13,  15,  16 (commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo), 17,
18, 19 e 20 per violazione degli artt. 117 e 118 Cost.
    Oltre  alle  specifiche censure che si segnaleranno di seguito in
merito  ai  singoli  articoli,  le  impugnate disposizioni sono tutte
lesive  dell'autonomia  regionale in quanto la disciplina dettata dal
decreto  delegato  riguarda  le  procedure  di valutazione di impatto
ambientale e le modalita' di localizzazione e realizzazione di opere,
infrastrutture  ed  insediamenti  produttivi definiti strategici e di
preminente  interesse  nazionale,  nonche'  di  quelle  di  interesse
regionale "concorrente" con l'interesse nazionale medesimo.
    L'art. 117  Cost. attribuisce allo Stato una potesta' legislativa
esclusiva,  nei casi tassativamente indicati nel secondo comma ed una
potesta'  concorrente  con  quella regionale nei casi di cui al terzo
comma della stessa disposizione.
    A.1)   L'individuazione   delle   c.d.  opere  strategiche  e  la
predeterminazione   della  procedura  per  l'approvazione  e  per  la
realizzazione  dei progetti concernenti le opere stesse non rientrano
nell'ambito delle competenze attribuite in via esclusiva allo Stato.
    In  particolare  le  disposizioni  impugnate  non possono trovare
fondamento  nell'art. 117,  secondo comma, lett. e) e lett. m), della
Costituzione  che  riservano allo Stato la tutela della concorrenza e
la   determinazione   dei   livelli   essenziali   delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in
tutto  il  territorio nazionale. E' infatti evidente che la normativa
in esame non ha affatto lo scopo di proteggere la concorrenza, ne' di
garantire  i  livelli  essenziali  delle prestazioni, ma solo quello,
esplicitamente  dichiarato  nella relazione illustrativa, di favorire
la  realizzazione  di  opere  definite  strategiche,  introducendo un
regime    derogatorio,    rispetto    a    quello    ordinario,   per
l'individuazione, la progettazione e la realizzazione delle medesime.
    Ne' la norma impugnata e' riconducibile alla materia della tutela
dell'ambiente  e  dell'ecosistema, di cui alla lettera s) del secondo
comma dell'art. 117 Cost.: infatti tale materia ricomprende la cura e
la  protezione  di valori diversi e spesso antitetici con l'obiettivo
della  normativa  in  questione  che,  si  ripete,  e'  quello  della
realizzazione delle grandi opere strategiche.
    La  materia  che potrebbe legittimare l'intervento legislativo in
esame sarebbe quella dei "lavori pubblici di interesse nazionale": ma
tale  materia  non  e'  prevista  tra quelle riservate allo Stato dal
nuovo  art. 117 Cost. Anzi quest'ultimo ha eliminato ogni riferimento
alla   dimensione   dell'interesse   per   stabilire  il  riparto  di
attribuzioni  tra  Stato  e regioni in materia di lavori pubblici (il
precedente  art. 117 invece attribuiva alla competenza regionale solo
i  lavori  pubblici  di  interesse  regionale)  ed  ha  affidato alla
competenza  concorrente  materie  quali  "porti  e aeroporti civili",
"gandi  reti di trasporto e di navigazione", "produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia": si tratta, con tutta evidenza,
di materie in cui la dimensione nazionale dell'interesse e' implicita
nel  loro  stesso contenuto e cio' costituisce ulteriore conferma del
fatto   che  il  costituente  non  ha  voluto  prevedere  l'interesse
nazionale   come   un  possibile  limite  alla  potesta'  legislativa
regionale.
    A.2) Escluso quindi che le impugnate disposizioni trovino il loro
fondamento  nel  secondo  comma dell'art. 117 Cost., si rileva che le
stesse  non  possono trovare fondamento neppure nel terzo comma della
stessa norma costituzionale.
    Infatti  le  c.d. grandi opere non necessariamente sono collegate
alle  materie di cui al terzo comma citato: solo per fare un esempio,
la  realizzazione di insediamenti produttivi e' connessa alla materia
dell'industria  che  rientra  nelle  piene attribuzioni regionali, ai
sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost.
    Pertanto  e'  precluso allo Stato disciplinare la programmazione,
l'individuazione  e  la  realizzazione  di  opere  connesse a materie
sottratte al potere legislativo statale.
    Tale  conclusione  trova  ulteriore conferma nella considerazione
che,  nel  sistema  delineato  dall'art. 117 Cost., la disciplina dei
lavori  pubblici  e privati di interesse pubblico e degli appalti non
e'  ricompresa  tra  le  materie riservate allo Stato, ne' fra quelle
soggette  alla  legislazione  concorrente;  con la conseguenza che in
tale  materia compete alle regioni legiferare, con l'unico limite del
rispetto  della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento
comunitario.
    A.3)  Ma - in denegata ipotesi - ove si ritenesse sussistente una
competenza  statale a fronte di opere strategiche collegate a materie
contemplate nel terzo comma dell'art. 117 (grandi reti di trasporto e
di  navigazione,  porti  e  aeroporti civili, produzione, trasporto e
distribuzione  nazionale  dell'energia, governo del territorio), tale
competenza  dovrebbe  essere  esercitata  solo  ed esclusivamente nei
limiti ammessi dal citato art. 117, terzo comma Cost.
    E'  infatti  noto che nelle materie a legislazione concorrente il
potere  legislativo  statale  e'  limitato  alla  individuazioni  dei
principi  regolatori. Ed e' altrettanto noto che tali principi devono
"riguardare il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale
e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori della
materia  o  dall'ambito di essa", dovendosi qualificare come principi
fondamentali  "solo  i  nuclei essenziali del contenuto normativo che
quelle  disposizioni  esprimono  per  i  principi enunciati o da esse
desumibili" (Corte cost. sentenza n. 482/1995).
    La  normativa  qui  contestata, invece, non detta i principi alle
regioni  per  disciplinare  l'individuazione e la realizzazione delle
c.d.  grandi  opere,  ma  detta  una  disciplina che, con riferimento
all'approvazione  dei  progetti, alle procedure di aggiudicazione dei
lavori   e   di  valutazione  di  impatto  ambientale,  e'  compiuta,
dettagliata   e   minuziosa   si'  da  eliminare  completamente  ogni
possibilita'  di  intervento per un'autonoma normativa da parte delle
Regioni.
    A.4)  Tale  illegittima  appropriazione  da  parte dello Stato di
potesta'   legislative  regionali  non  puo'  trovare  legittimazione
costituzionale in nome di un non definito interesse nazionale sotteso
alla realizzazione delle opere in oggetto.
    Infatti  il  nuovo  testo  costituzionale non prevede l'interesse
nazionale  come  limite  alla  potesta' legislativa delle regioni (il
riferimento   all'interesse   nazionale   non   e'   piu'   contenuto
nell'art. 117  ne'  nel  successivo  127), e non sancisce un generale
potere   di   indirizzo   e   coordinamento   che  la  giurisprudenza
costituzionale,  nel vigore della preigente titolo V, aveva costruito
come risvolto positivo di quell'interesse.
    Non  e' quindi costituzionalmente ammissibile reintrodurre limiti
alla  potesta'  legislativa  regionale  non espressamente previsti in
Costituzione - ed anzi volutamente esclusi - richiamando la rilevanza
nazionale  di  un'opera:  in  tale modo si vanificherebbe la potesta'
legislativa attribuita alle regioni.
    Come  chiarito  nel  corso delle audizioni effettuate nell'ambito
dell'indagine   conoscitiva   sugli  effetti  nell'ordinamento  delle
revisioni del titolo V della Costituzione presso la prima commissione
permanente  del  Senato, un generico richiamo all'interesse nazionale
non  e'  piu'  previsto  in  Costituzione  e  sarebbe anche difficile
fondarlo  in  via  generale sul principio di unita' di cui all'art. 5
della  Costituzione, anche perche' in tal modo si aprirebbe la strada
alle  incarnazioni piu' imprevedibili di tale interesse nazionale che
diventerebbe  un  grimaldello per intaccare l'autonomia delle regioni
in  tutti  i  settori,  in spregio alla tutela affidata dall'art. 117
Cost.  nuovo  testo alle attribuzioni delle regioni stesse (audizione
del prof. Panunzio - seduta del 20 novembre 2001).
    Questo  non  significa  che  gli  interessi  di  cui  puo' essere
portatore lo Stato non trovino tutela; significa solo che non si puo'
far  rientrare surrettiziamente un concetto indefinito e generico che
si  presta  nella sua applicazione a ledere un'autonomia che il nuovo
costituente ha voluto assicurare in misura maggiore che in passato.
    La   nuova   Costituzione  assicura  la  tutela  degli  interessi
ultraregionali  con  l'elencazione tassativa contenuta nell'art. 117,
secondo  comma,  e  quindi riservando a priori allo Stato determinati
compiti.  A  tale  proposito la dottrina ha lucidamente rilevato: "Va
escluso  che  le potesta' statali possano essere direttamente dedotte
da  principi  di  ordine  generalissimo,  quali il carattere unitario
dello  Stato, o il concetto di sovranita' o l'interesse nazionale. Il
riparto  di  attribuzioni  previsto  dall'art. 117 deve invece essere
inteso  come  la  specifica  attuazione che la Costituzione ha voluto
dare  a  tali  principi  generali,  i quali dunque non possono essere
contrapposti  ad  esso.  Non si puo' dunque affermare che lo Stato ha
potesta'  legislativa  ordinaria nelle materie dell'art. 117, secondo
comma,  e  in piu' su tutto cio' che e' di interesse nazionale, ma si
deve  affermare  che cio' che il costituente ha ritenuto di interesse
nazionale  si  manifesta  attraverso  le  materie e i compiti statali
previsti  dall'art. 117"  (G. Falcon, Modello e transizione nel nuovo
titolo  V  della  parte  seconda  della  Costituzione  in  Le Regioni
n. 6/2001,  1251  ss.;  nello  stesso  senso:  C.  Pinelli,  I limiti
generali  alla  potesta' legislativa statale e regionale e i rapporti
con  l'ordinamento internazionale e con l'ordinamento comunitario, in
Foro  it.  2001,  V,  194  ss.;  P.  Cavalieri,  La  nuova  autonomia
legislativa delle Regioni, in Foro it. 2001, V, 202).
    Nel   caso   in  esame,  tuttavia,  la  ravvisata  lesione  delle
attribuzioni  regionali  non puo' essere giustificata con il richiamo
al  suddetto art. 117, secondo comma, Cost., per i motivi evidenziati
al precedente punto A.1).
    A.5)   Le  impugnate  disposizioni  si  presentano  lesive  anche
dell'art. 118, primo comma, Cost. L'effettivo rispetto dei criteri di
sussidiarieta',  differenziazione  ed  adeguatezza  impone  che  ogni
scelta  legislativa  di  allocazione  delle  funzioni sia previamente
supportata  dall'analisi  e dalla verifica del livello di governo che
maggiormente risponda ai tre criteri costituzionalizzati dalla norma:
che   si   tratti   infatti  di  criteri  e  di  parametri  elastici,
utilizzabili  quindi con un margine di discrezionalita', e' indubbio,
ma  e'  altrettanto  indubbio  che  i  motivi  della  scelta e quindi
dell'esercizio in concreto di tale potere discrezionale devono essere
estrinsecati  e  resi  conoscibili  -  il che non avviene nel caso in
esame   -   pena,   altrimenti,  una  violazione  delle  attribuzioni
costituzionali riservate agli enti regionali e locali.
    Ma  la  violazione  dell'art. 118  Cost.,  con  riferimento  alle
attribuzioni regionali, sussiste anche per un ulteriore e consistente
motivo.
    L'art. 118  e' chiaro nel determinare le regole ed i principi che
devono  presiedere  alla distribuzione delle funzioni amministrative,
ma   non   disciplina   quale  sia  la  fonte  cui  e'  rimessa  tale
distribuzione.
    In merito deve osservarsi che il profilo relativo alla disciplina
della  materia  non  e' scindibile da quello relativo all'allocazione
delle  funzioni, con la conseguenza che spetta alle regioni intestare
le  funzioni  nelle  materie  in cui e' loro riconosciuta la potesta'
legislativa  regionale sia esclusiva che concorrente (in tal caso nel
rispetto dei principi regolatori dettati dalla legge statale).
    La  validita'  di  tale  conclusione  e' stata riconosciuta dalla
dottrina che si e' occupata del problema, la quale ha evidenziato che
l'art. 118  non contiene un riparto di funzioni legislative ulteriore
rispetto  a  quello  gia'  stabilito  dall'art. 117 e, in merito alla
possibilita'  per lo Stato di attribuire funzioni amministrative a se
stesso,  ha  rilevato  che tale "conferimento di funzioni allo Stato,
previsto  dal primo comma dell'art. 118, in relazione ai tre principi
indicati,  dovra'  essere  disposto con legge statale, e va anch'esso
inteso   nel  quadro  del  riparto  di  competenze  legislative  come
stabilito  dall'art. 117.  Esso  dovra' avvenire per il tramite delle
materie  o  per il tramite dei compiti in relazione ai quali lo Stato
ha  potesta' legislativa esclusiva" (G. Falcon, Modello e transizione
nel  nuovo  titolo  V  della  parte  seconda della Costituzione in Le
Regioni n. 6/2001, pag. 1260) e, ancora, va escluso che "un titolo di
legittimazione  di  potesta'  legislativa  statale  sia  il principio
espresso dall'art. 118 di conferimento delle funzioni amministrative,
secondo   i   principi   di   sussidiarieta',   differenziazione   ed
adeguatezza.  Questo  testo  va  a  mio  avviso letto all'interno del
riparto di potesta' legislative per materia, nel quale il legislatore
costituente  non  ha  voluto  aggiungere  come  compito statale a se'
stante  (come  pure  sarebbe stato semplice fare) l'individuazione di
funzioni  amministrative  statali  in  materia  regionale:  queste vi
potranno  essere  indubbiamente,  ma  sulla  base  delle  clausole di
competenza  di  cui  all'art. 117,  secondo  comma,  e delle relative
implicazioni,   e   non   sulla   base   di  un  generico  potere  di
individuazione  di funzioni statali basate su astratte considerazioni
di  interesse  nazionale.  Cio' a maggior ragione se si considera che
l'oggetto  proprio  della  competenza  regionale e' in primo luogo la
disciplina   dei   rapporti   amministrativi".   (G.  Falcon,  citato
pag. 1253).
    Sempre   nello   stesso  senso  e'  stato  ancora  affermato  che
"costituendo  la  allocazione  delle  funzioni  una  componente della
disciplina   delle   materie  cui  esse  attengono,  la  fonte  della
distribuzione  non  puo'  che  essere  la legge che quelle materie e'
deputata  a  regolare.  Sicche', fermo rimanendo che l'individuazione
delle   funzioni   fondamentali   di   comuni,   province   e  citta'
metropolitane  e' comunque rimessa alla legislazione statale in forza
della   previsione   di   cui  alla  lettera  p)  del  secondo  comma
dell' art. 117,  per  il  resto  la  legge  statale  ovvero  la legge
regionale,   secondo   le  rispettive  competenze,  provvederanno  ad
intestare  le  competenze  in applicazione delle regole e principi di
cui  all'art. 118,  primo  comma"  (A. Corpaci Revisione del titolo V
della  parte  seconda della Costituzione e sistema amministrativo, in
Le  Regioni  n. 6/2001,  pag.  1311);  e, ancora che "ritenere che il
legislatore statale possa attribuire esso stesso a se medesimo e alla
propria  amministrazione  competenze  e  funzioni anche nelle materie
assegnate  comunque  al  legislatore  regionale (quelle di competenza
concorrente)  o  addirittura  ad esso riservate (quelle di competenza
esclusiva)  eventualmente  motivando questa convinzione in nome di un
principio  di  difesa dell'unita' complessiva, collegato magari anche
al  dettato  stesso  dell'art. 118,  secondo comma, la' dove parla di
"esigenze  di  carattere unitario significherebbe radicare una nuova,
vastissima  competenza  di  carattere  "trasversale  del  legislatore
statale.  Competenza  di carattere trasversale che sarebbe analoga ad
alcune  delle competenze previste nel seconda comma dell'art. 117, ad
esempio  in  materia  di "determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti  su  tutto  il territorio nazionale , ma che in questo caso
avrebbe  la duplice caratteristica di essere ricavata "implicitamente
dal  sistema  (e  non  esplicitamente  ricompresa  nell'elenco  delle
competenze esclusive dello Stato, dove, invece, e significativamente,
e'  contenuta  la  competenza  in  materia  di definizione dei poteri
fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane), e di essere
di  carattere davvero vastissimo e potenzialmente espandibile in ogni
settore  e  in  ogni  contesto"  (F.  Pizzetti,  Le nuove esigenze di
governance  in  un  sistema  policentrico  "esploso  ,  in Le Regioni
n. 6/2001, pag. 1180, ss. e nota n. 37).
    Risulta  percio'  che  l'art. 118,  primo comma, e le esigenze di
esercizio  unitario  ivi  richiamate non possono costituire un titolo
autonomo  legittimante  l'intervento  del  legislatore  statale, come
avviene nel caso in esame con le contestate disposizioni. L'art. 118,
primo   comma,   si   ripete,  e'  norma  che  fissa  i  criteri  per
l'allocazione  delle funzioni, ma non disciplina le fonti deputate ad
allocare  le stesse, e pertanto non rappresenta il presupposto su cui
fondare  variazioni  e  spostamenti  rispetto  alla titolarita' della
potesta' legislativa, come stabilita dall'art. 117 Cost.
    B)  Le  suddette  osservazioni  riguardano  tutte le disposizioni
impugnate;  specificatamente  poi si eccepiscono i seguenti ulteriori
profili  di  illegittimita'  costituzionale  relativi  a  determinate
disposizioni.
    B.1)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1, per violazione
degli artt. 76, 117 e 118 Cost.
    L'art. 1, nell'individuare l'oggetto della normativa, dispone che
nell'ambito  del  programma  che  indica  le  opere  strategiche sono
altresi' individuate con intese generali quadro tra il Governo e ogni
singola  regione  le  opere  per  le  quali  l'interesse regionale e'
concorrente  con il preminente interesse nazionale. Per tali opere le
regioni  partecipano  con  le  modalita'  indicate  nelle intese alle
attivita' di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio.
    Lo  stesso  art. 1,  al  comma  settimo, lett. e), afferma che le
opere  per  le quali l'interesse regionale concorre con il preminente
interesse  nazionale sono le infrastrutture individuate nel programma
non  aventi carattere interregionale o internazionale, specificandosi
altresi'  che queste ultime sono quelle da realizzarsi sul territorio
di  piu'  regioni o Stati ovvero collegate funzionalmente ad una rete
interregionale o internazionale.
    Da  tale  definizione  si  ricava  che  le  opere  per  le  quali
l'interesse  regionale concorre con il preminente interesse nazionale
sono  quelle  che ricadono nel territorio di una determinata regione.
Ne  deriva  che  un'opera  regionale  puo'  venire  assoggettata allo
speciale  regime  derogatorio  introdotto  dal decreto legislativo in
questione,  fortemente  lesivo  delle  attribuzioni  regionali,  solo
perche'   e'  stato  ritenuto  che  le  stesse  "concorrano"  con  il
preminente interesse nazionale.
    Questa valutazione di "concorrenza" degli interessi e' effettuata
con  intese  generali  tra  il governo ed ogni singola regione e sono
queste  stesse  intese  che dovranno indicare le modalita' con cui le
regioni  in  tali  casi  partecipano alle attivita' di progettazione,
affidamento dei lavori e monitoraggio.
    La disposizione e' in primo luogo incostituzionale per eccesso di
delega e quindi per violazione dell'art. 76 Cost.
    Infatti  la  legge  n. 443/2001  non  prevedeva, quale criterio e
direttiva  per  il  Governo,  la  possibilita' di prevedere un regime
derogatorio  anche  per  le  opere di interesse regionale. Il decreto
delegato invece introduce una categoria nuova che collega a quelle di
interesse   strategico   oggetto  della  delega  di  cui  alla  legge
n. 443/2001,   consentendo   cosi'   un  totale  sovvertimento  della
legislazione  regionale  e  delle  competenze  regionali anche per le
opere  che  ricadono  solo nel territorio di una regione. E' evidente
che la "concorrenza" dell'interesse regionale con quello nazionale e'
concetto  talmente  vago  ed indefinito, da poter essere ravvisato in
ogni opera che abbia una certa rilevanza economica, industriale; cio'
determina  percio'  una vanificazione delle competenze legislative ed
amministrative della regione nelle materie che sono interessate dalla
localizzazione  e dalla realizzazione delle opere pubbliche e private
di  interesse  pubblico  e precisamente: il governo del territorio, i
lavori  pubblici, l'industria, la valorizzazione dei beni ambientali,
le grandi reti di trasporto e di navigazione.
    La violazione dell'art. 76 Cost. - che legittimamente puo' essere
invocata  dalla  regione  ove la sua inosservanza determini, come nel
caso  in  esame,  la  lesione  delle attribuzioni regionali (C. cost.
n. 560/1988) - rende illegittima la disposizione.
    A  cio'  non  puo'  obiettarsi  che  la  verifica  della suddetta
concorrenza   tra   l'interesse   regionale  e  quello  nazionale  e'
effettuata con intese generali Governo-Regioni.
    Infatti da un lato la norma non specifica cosa accada qualora non
vi  sia  concordanza  tra  lo  Stato  e  la  regione  sulla  presunta
"concorrenza" di interessi e quindi la regione non ha alcuna garanzia
rispetto all'eventualita' che, pur a fronte di un dissenso sul punto,
l'opera  venga  ugualmente  inserita  nel programma e, per cio' solo,
automaticamente assoggettata al regime derogatorio in questione.
    In    secondo   luogo   tali   intese,   anche   ove   raggiunte,
determinerebbero  l'inserimento  nel  programma  e quindi, si ripete,
l'applicazione   della   procedura   derogatoria  di  localizzazione,
progettazione  e  realizzazione  dell'opera  stabilita nel decreto in
oggetto  anziche'  di  quella  prevista  dalla legislazione regionale
ordinaria.  Ma  cio'  non e' costituzionalmente legittimo perche' gli
accordi  e le intese non possono limitare, vincolare ed esautorare il
legislatore,   ne'   statale   ne'   regionale,  in  quanto  l'ordine
costituzionale  delle  competenze legislative, e' indisponibile e non
puo'  dipendere  da accordi (in tal senso Corte cost. 24 aprile 1996,
n. 126; n. 437/2001).
    Ancora   non  puo'  ritenersi  che  l'eccezione  prospettata  sia
superata  dalla previsione contenuta nell'art. 1, primo comma, ove si
afferma   che  le  intese  in  questione  indicano  le  modalita'  di
partecipazione regionale alle attivita' di progettazione, affidamento
dei  lavori  e  monitoraggio  delle  opere regionali "in accordo alle
eventuali leggi regionali allo scopo emanate".
    In  realta'  la  legislazione  regionale e' salvaguardata in modo
puramente fittizio, perche' la progettazione e l'aggiudicazione delle
opere  in  questione  sono disciplinate dal presente decreto, secondo
quanto disposto dai successivi secondo e terzo comma dell'art. 1.
    Questo  e'  ribadito  dal  quinto  comma  ai  sensi  del quale la
progettazione,  approvazione  e  realizzazione  di tutte le opere del
comma  1  sono  disciplinate  dal  presente decreto: lo spazio per la
normativa  regionale viene espressamente limitato solo alle attivita'
contrattuali ed organizzative diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3
che  riguardano,  appunto,  la progettazione e la realizzazione delle
opere.  Ma viene da chiedersi che cosa rimanga da disciplinare quando
tutte le fasi della progettazione, approvazione e realizzazione delle
opere sono rimesse alla disciplina del legislatore nazionale. Inoltre
anche per il marginale ed incerto spazio rimesso alla legge regionale
(attivita' contrattuali ed organizzative), si stabilisce che le norme
del  decreto  si  applicano sino all'entrata in vigore di una diversa
normativa  regionale  emanata  in attuazione dei principi della legge
n. 443/2001. Ma - come fatto gia' presente - detta legge non contiene
principi,  ma solo una normativa puntuale di dettaglio che non lascia
spazio alcuno all'autonomia regionale costituzionalmente garantita.
    La  disposizione  in  esame  poi non salvaguarda in alcun modo la
legislazione  regionale  esistente  in  materia  di opere pubbliche e
anche per tale profilo appare incostituzionale.
    Appare   quindi   puramente   "di   facciata"  il  richiamo  alla
legislazione  regionale  contenuto nel quinto e nel sesto comma della
norma in esame.
    Il   sesto   comma   richiama   poi  l'applicabilita'  anche  dei
regolamenti;  la  disposizione  e'  incostituzionale - come meglio si
chiarira'   affrontando   l'esame   dell'art. 15   -  per  violazione
dell'art. 117, sesto comma, Cost.
    B.2)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 2  per violazione
degli artt. 117, 118 e 120 Cost.
    L'art. 2,  oltre  ai  motivi  di  cui al punto A), e' illegittimo
anche  per  il  disposto  contenuto nel settimo comma che consente al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su  proposta del ministro
competente,   sentiti   i   presidenti  delle  regioni,  di  nominare
commissari straordinari, in sostituzioni dei soggetti competenti, per
adottare   con   poteri   derogatori   della   vigente   normativa  i
provvedimenti e gli atti di qualsiasi natura necessari alla sollecita
progettazione,   istruttoria,   affidamento   e  realizzazione  delle
inftastrutture   e   degli   insediamenti  produttivi  oggetto  della
normativa.
    La  disposizione  si  applica  anche  alle opere regionali e puo'
quindi  riguardare  i  provvedimenti  che  dovrebbero essere adottati
legittimamente  in base alla legislazione regionale, nonche' da parte
di organi e strutture regionali; e cio' determina la violazione degli
artt. 117 e 118 Cost.
    La  disposizione oggi appare altresi' in contrasto con l'art. 120
Cost.,  che  ammette  l'esercizio  di poteri sostitutivi da parte del
Governo  nei  confronti di organi regionali solo ed esclusivamente in
presenza  dei  presupposti tassativamente indicati dalla norma stessa
(invece  non  previsti dal settimo comma in esame) e solo in presenza
di  una  legge  che detti le procedure idonee a garantire comunque il
rispetto dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione.
    Anche   tali   principi   non   sono   osservati   dall'impugnata
disposizione che invece rimette al solo Presidente del Consiglio ogni
decisione  in  merito,  sulla  base  di un mero parere del presidente
della regione che puo' essere disatteso senza previste conseguenze.
    B.3)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3  per violazione
degli artt. 76, 117 e 118 Cost.
    L'art. 3  disciplina  la  procedura  di approvazione del progetto
preliminare,   che   e'   particolarmente   rilevante,  perche'  tale
approvazione determina l'accertamento della compatibilita' ambientale
dell'opera;  perfeziona ad ogni fine urbanistico ed edilizio l'intesa
Stato-Regione   sulla  sua  localizzazione  e  comporta  l'automatica
variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati.
    Il  quinto comma dispone che il progetto preliminare e' approvato
dal   CIPE  che  decide  a  maggioranza  con  il  consenso,  ai  fini
dell'intesa sulla localizzazione, dei Presidenti delle Regioni che si
pronunciano sentiti i comuni.
    Il comma sesto disciplina i casi in cui l'intesa non si realizza,
prevedendo,  alla  lettera  a) - concernente il motivato dissenso sul
progetto  preliminare  relativo  ad  infrastrutture  interregionali o
internazionali  -  che  il  progetto  preliminare sia sottoposto alla
valutazione  del  consiglio  superiore  dei lavori pubblici, alla cui
attivita'  istruttoria  partecipano  i  rappresentanti  delle regioni
interessate.  Il  consiglio  superiore  dei  lavori pubblici valuta i
motivi  del  dissenso  e l'eventuale proposta alternativa regionale e
formula   il   proprio  parere  al  CIPE  che  assume  le  definitive
determinazioni.  Se il dissenso regionale permane anche in tale sede,
il  progetto  preliminare  (e  quindi  la  definitiva  localizzazione
dell'opera) e' approvato con decreto del Presidente della Repubblica,
previa  deliberazione  del  Consiglio  dei  ministri, su proposta del
ministro   delle   infrastrutture   e   dei   trasporti   e,  per  le
infrastrutture  di  competenza di altri ministeri, di concerto con il
ministro  per le attivita' produttive o altro ministro competente per
materia,   sentita  la  commissione  parlamentare  per  le  questioni
regionali.
    In   sostanza,  quindi,  in  caso  di  dissenso  regionale  sulla
localizzazione   dell'opera  si  procede  secondo  la  procedura  che
l'art. 81  del  d.P.R. n. 616/1977 ed il d.P.R. n. 383/1994 dettavano
per la localizzazione delle opere di interesse statale.
    Ma  il  d.P.R.  616 e il d.P.R. 383 sono stati emanati nel vigore
della  precedente  Costituzione  in  cui  diverso  era il ruolo delle
regioni,  minori  le  competenze  legislative  loro  riconosciute  ed
espressamente  limitate,  per  quanto  qui rileva, alle sole opere di
interesse  regionale.  Oggi  il nuovo assetto istituzionale delineato
dal  titolo  V impone un maggiore riconoscimento del ruolo regionale,
cio'  considerando  che l'approvazione del progetto - con la suddetta
procedura  -  determina  comunque l'accertamento della compatibilita'
ambientale  dell'opera  e  perfeziona  ad  ogni  fine  urbanistico ed
edilizio  l'intesa  Stato-Regione  sulla  localizzazione,  componando
l'automatica   variazione  degli  strumenti  urbanistici  vigenti  ed
adottati:  e'  quindi evidente che vi e' una interferenza pesante con
le attribuzioni regionali in materia di governo del territorio in cui
lo  Stato  dovrebbe  limitarsi  a  dettare solo i principi regolatori
della  materia.  E' vero che qui siamo di fronte alle grandi opere di
interesse  nazionale: tuttavia, come e' stato gia' sopra evidenziato,
l'interesse  nazionale  non  puo'  piu'  costituire  un  limite  alle
potesta' regionali, perche' non previsto nel nuovo titolo V.
    Il  rispetto delle attribuzioni regionali di cui agli artt. 117 e
118  Cost.  avrebbe  richiesto  che l'intesa sulla localizzazione non
fosse recessiva rispetto al potere statale di provvedere ugualmente a
fronte   del  motivato  dissenso  regionale,  ma  si  sarebbe  dovuto
configurare  tale  intesa  come  una  reale  forma  di  coordinamento
paritario tale da porre i soggetti partecipanti sullo stesso piano in
relazione  alla  decisione  da adottare. Cio' nell'effettivo rispetto
del   principio  della  leale  cooperazione  che,  in  considerazione
dell'incidenza   della  individuazione  delle  grandi  opere  con  le
attribuzioni   costituzionalmente   affidate  alle  regioni,  avrebbe
imposto  una  effettiva  codeterminazione  del  contenuto  dell'atto.
Invece  la  procedura  di  localizzazione  delle  opere,  configurata
esattamente  come  era  nel previgente assetto costituzionale, non e'
sufficiente  a  superare  i  profili di illegittimita' costituzionale
sopra  denunciati, perche' l'intesa non puo' costituire un meccanismo
attraverso  il quale lo Stato si appropria di potesta' legislative ad
esso non riservate dalla Costituzione.
    Inoltre la prevista procedura puo' trovare applicazione anche per
la   localizzazione   delle  opere  che  non  sono  interregionali  e
internazionali,  e  quindi  per  le  opere regionali ove inserite nel
programma.
    Infatti  il  comma  sesto,  lett. b),  dell'articolo  3  in esame
prevede  che  per  tali  opere,  a  fronte  del motivato e permanente
dissenso  regionale, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti
propone al CIPE la sospensione dell'opera ovvero l'avvio della stessa
procedura  prevista  in  caso  di  dissenso  sulle  infrastrutture  o
insediamenti produttivi di carattere interregionale o internazionale.
Quindi anche la localizzazione di un'opera che insiste nel territorio
di  una  determinata  ed  unica regione puo' essere disposta senza il
consenso della regione medesima.
    In  tal  caso  e'  ancora  piu' evidente e grave la lesione delle
competenze  regionali  in  materia  di  governo  del territorio e dei
connessi  aspetti  concernenti la tutela idrogeologica, la difesa del
suolo,  la  disciplina  antisismica,  la  definizione  delle misure a
favore dello sviluppo sostenibile: temi, tutti, oggi disciplinati con
leggi  approvate dalla regione ricorrente che verranno travolte dalla
normativa  in  questione.  La  lesione  e' aggravata dal fatto che la
decisione  se  sospendere  l'opera  ovvero  proseguire  nonostante il
dissenso  regionale  e'  assunta  su  proposta  di  un ministro e con
decisione  del  CIPE  in  cui  il presidente regionale non potra' che
esprimere un mero parere.
    Oltre  alla  ravvisata violazione degli artt. 117 e 118 Cost., la
procedura  delineata dai commi quinto e sesto dell'art. 3 in esame e'
illegittima per violazione dell'art. 76 Cost. in quanto:
        il  quinto  comma  dispone che il progetto preliminare non e'
sottoposto  a  conferenza  di  servizi.  La legge delega n. 443/2001,
all'art. 1,   comma  secondo,  lett. d),  stabiliva,  quale  criterio
direttivo  per  l'esercizio  della  delega  da parte del Governo, una
modificazione della disciplina in materia di conferenza dei servizi e
non   gia'   la   sua   totale  soppressione  invece  disposta  dalla
disposizione  qui  contestata.  Tanto  e' vero che la citata lett. d)
dell'art. 1  della  legge  443  stabiliva  che  avrebbe dovuto essere
prevista la facolta' da parte delle amministrazioni di proporre nella
conferenza stessa prescrizioni e varianti migliorative del progetto;
        come  gia'  rilevato la legge 443 non ha conferito al Governo
la  delega  per  disciplinare  anche  la  localizzazione  delle opere
regionali,  con  cio'  rendendo  sicuramente  viziato  per eccesso di
delega  il  procedimento  indicato  dalla  lettera b) del sesto comma
dell'art. 3.
    B.4)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 4  per violazione
degli artt. 76, 117 e 118 Cost.
    Oltre   alle   censure  di  cui  al  punto  A),  l'art. 4  appare
particolarmente  lesivo  delle  attribuzioni  regionali  di  cui agli
artt. 117  e  118  Cost.  in  quanto viene ad applicarsi la procedura
derogatoria  ivi  prevista,  concernente  l'approvazione del progetto
definitivo, anche alle opere di interesse regionale.
    Valgono  quindi i rilievi esposti al precedente punto B.3), anche
per   quanto   attiene   alla  violazione  dell'art. 76  Cost.  e  al
conseguente eccesso di delega.
    Tale  vizio  si  riscontra, ulteriormente, anche nel quinto comma
dell'art. 4,  ove  si  stabilisce  che, in caso di dissenso regionale
sull'approvazione  del progetto definitivo, si procede secondo quanto
disposto dall'art. 3, sesto comma, sopra censurato.
    Ma la legge 443, all'art. 1, comma 3-bis, (introdotto dalla legge
n. 166/2002)  ha previsto che, in alternativa alla procedura prevista
al  comma  2 per l'approvazione del progetto preliminare e definitivo
(cioe'  approvazione  da  parte  del CIPE integrato con il presidente
della    regione   ai   fini   dell'intesa   sulla   localizzazione),
l'approvazione  del  progetto  definitivo  possa  essere disposta con
decreto   del   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,  previa
deliberazione del CIPE integrato dai presidenti regionali, sentita la
Conferenza  unificata  di  cui  all'art. 8  del  decreto  legislativo
n. 281/1997    e   previo   parere   delle   competenti   commissioni
parlamentari.  Il  decreto  delegato ha invece introdotto una diversa
procedura, che, tra l'altro, non contempla il parere della conferenza
unificata. Cio' determina una ulteriore violazione dell'art. 76 Cost.
    B.5) Illegittimita' costituzionale degli artt 6, 7, 8, 9, 10 e 11
per  violazione  dell'art. 117  Cost.  Illegittimita'  costituzionale
dell'art. 8 anche per violazione dell'art. 76 Cost.
    Gli  articoli  6,  7,  8,  9,  10  e  11  disciplinano  il regime
derogatorio  da  applicarsi  per  la  realizzazione  delle opere, con
incisive  modifiche alla disciplina degli appalti e delle concessioni
dei lavori.
    Dette disposizioni si pongono in contrasto con l'art. 117 Cost.
    Com'e'  noto,  infatti,  il  quarto  comma del novellato articolo
costituzionale   dispone   che   spetta   alle  Regioni  la  potesta'
legislativa   in   riferimento  ad  ogni  materia  non  espressamente
riservata  alla  legislazione dello Stato. Percio' se una materia non
e'   ricompresa   nell'elenco  di  cui  all'art. 117,  secondo  comma
(legislazione   esclusiva   dello  Stato),  ne'  in  quello  indicato
nell'art. 117,  terzo comma (legislazione concorrente), rientra nella
competenza legislativa regionale riservata alle regioni.
    La disciplina dei lavori pubblici e privati di interesse pubblico
e  degli appalti ricade appunto nella competenza delle regioni di cui
al  citato  art. 117,  quarto comma, perche' non e' ricompresa tra le
materie   riservate   allo   Stato,  ne'  tra  quelle  soggette  alla
legislazione    concorrente.   D'altra   parte   anche   la   materia
dell'industria  -  rilevante ai fini in esame per quanto attiene alla
realizzazione  degli  impianti  -  rientra nella residuale competenza
legislativa regionale.
    Percio'  nella materia dei lavori pubblici e privati di interesse
pubblico  e  degli appalti, le regioni possono legiferare con l'unico
limite   di   rispettare  la  Costituzione  ed  i  vincoli  derivanti
dall'ordinamento  comunitario e dagli obblighi internazionali, mentre
lo  Stato  non ha in materia potesta' legislativa, nemmeno per quanto
attiene all'ambito dei principi fondamentali.
    Ne  deriva che le indicate disposizioni, prevedendo la disciplina
normativa  derogatoria  per  gli  appalti e le concessioni di lavori,
volti  alla  realizzazione  delle  c.d.  opere  strategiche, viola la
richiamata potesta' legislativa residuale delle regioni in materia di
appalti e lavori pubblici e cio' e' tanto piu' lesivo in quanto, come
sopra  rilevato,  la disciplina derogatoria viene ad applicarsi anche
alle opere regionali.
    La  circostanza  poi  che  in  tale  materia  vanno  recepite  ed
applicate normative comunitarie non limita l'esercizio della suddetta
potesta'  legislativa  regionale,  perche'  l'attuazione  delle norme
comunitarie  nelle materie di competenza regionale e' attribuita alle
regioni medesime.
    Ne' puo' sostenersi che nel caso in esame venga in considerazione
una  potesta' legislativa concorrente, trattandosi di lavori pubblici
connessi  a  settori  inclusi  nel terzo comma dell'art. 117, quali i
porti  e  gli  aeroporti  civili;  le  grandi  reti di trasporto e di
comunicazione;  la  produzione,  trasporto  e distribuzione nazionale
dell'energia.
    In  primo  luogo  tale  tesi  non  e'  condivisibile,  perche' il
novellato  art. 117,  avendo  eliminato  ogni riferimento alla natura
regionale  dei  lavori  pubblici  -  presente  invece  nel precedente
art. 117  Cost.  -  non  consente di limitare la potesta' legislativa
regionale  in  base  alla  tipologia  e  alla  natura  delle opere da
realizzare.
    In ogni caso, pur nella denegata ipotesi in cui volesse accedersi
alla  suddetta  tesi,  sussisterebbe  comunque  la  violazione  delle
competenze regionali.
    Nelle  materie  a  legislazione  concorrente,  infatti, il potere
legislativo  statale  e'  ora  limitato  alla mera individuazione dei
principi  fondamentali,  con  esclusione  quindi  di  ogni  normativa
direttamente regolante la materia. La normativa qui contestata invece
non  detta  i  principi,  ma  contiene  una  disciplina compiuta e di
dettaglio   dell'intero   settore,   senza  che  cio'  possa  trovare
giustificazione  con il richiamo al suddetto art. 117, secondo comma,
Cost.
    La  normativa  in  questione - come sopra evidenziato - nasce per
raggiungere  grandi  obiettivi  di modernizzazione strutturale: a tal
fine,  posto  il  principio  e  l'obiettivo,  nulla  impedisce che il
legislatore  regionale sia chiamato, nelle materie ad esso riservate,
a  dettare  la  normativa  concretamente  applicabile  finalizzata al
suddetto risultato. Non vengono quindi in rilievo i profili di tutela
della  concorrenza  e  di determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni  concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti  sul  territorio  nazionale,  tanto e' vero che nessuno dei
principi dettati al legislatore delegato contenuti nelle disposizioni
impugnate e' giustificabile in nome dei suddetti compiti riservati al
legislatore nazionale.
    L'art. 8,  poi,  presenta  un ulteriore profilo di illegittimita'
costituzionale.  Si prevede che il Ministero pubblichi la lista delle
infrastrutture  per  le  quali  il  soggetto aggiudicatore ritiene di
sollecitare la presentazione di proposte da parte di promotori. Se la
proposta  e'  presentata,  il  soggetto  aggiudicatore, ove valuti la
stessa  di  pubblico  interesse,  promuove  la  procedura  di  VIA se
necessaria  e la procedura di localizzazione urbanistica ai sensi del
precedente  articolo  3.  Il  CIPE  valuta  la proposta del promotore
unitamente  al  progetto preliminare e, se ritenga di non approvarla,
la  rimette al soggetto aggiudicatore per una nuova istruttoria o per
la realizzazione dell'opera con diversa procedura.
    La  norma  non  chiarisce  se  le  infrastrutture che il ministro
inserisce nella lista per sollecitare le proposte dei promotori siano
individuate  tra  quelle  gia'  ricomprese  nel programma delle opere
strategiche  predisposto  d'intesa con le regioni e con la conferenza
unificata  ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge n. 443/2001. La
risposta  non  dovrebbe  che essere positiva, in quanto, se cosi' non
fosse, non dovrebbe trovare applicazione la normativa in esame, posto
che  la  stessa  riguarda le opere strategiche inserite nel programma
medesimo.
    Tuttavia i dubbi sorgono perche':
        innanzitutto    l'art. 8,    primo   comma,   non   chiarisce
espressamente  che la lista pubblicata e' quella delle infrastrutture
gia' inserite nel programma delle opere strategiche (si noti, invece,
che  l'art. 37-bis  della  legge  109/1994  consente  ai promotori di
presentare  alle amministrazioni proposte relative alla realizzazione
di  lavori  pubblici  o  di  lavori  di  pubblica  utilita' che siano
inseriti nella programmazione triennale);
        il  quarto comma dell'art. 8 prevede che, ove il CIPE ritenga
di  non  approvare  la proposta, la rimette all'aggiudicatore per una
nuova  istruttoria  o  per  la  realizzazione  dell'opera con diversa
procedura.  Tale  prevista  possibilita'  avvalora la tesi per cui le
infrastrutture  inserite  nella  lista  al  fine  di  sollecitare  le
proposte  dei promotori non sono necessariamente quelle gia' inserite
nel programma, perche' altrimenti non sarebbe possibile, in virtu' di
quanto  stabilito  all'art. 1  del  decreto  in oggetto, adottare una
procedura diversa da quella fissata nel decreto stesso.
    Se  quindi la norma dovesse intendersi nel senso di consentire la
pubblicazione  di  infrastrutture  e  la  successiva presentazione di
proposte  dei promotori anche per opere che non siano preventivamente
inserite  nel  programma di cui all'art. 1, comma 1, della legge 443,
la disposizione sarebbe ulteriormente incostituzionale per violazione
degli artt. 76, 117 e 118 Cost.
    Cosi'  facendo,  infatti,  si  dilaterebbe  oltre misura e a mero
arbitrio del soggetto aggiudicatore il numero delle opere soggette al
particolare  regime derogatorio dettato dal decreto, con possibilita'
di  localizzare  con  il  procedimento dell'art. 3 anche le opere non
preventivamente  inserite  nel programma e su cui quindi non e' stata
raggiunta,   ne'   ricercata   l'intesa  con  la  regione  che  sara'
interessata  dall'opera,  come  invece prevede l'art. 1, primo comma,
della   legge  n. 443.  Cio',  oltre  tutto,  in  assenza  di  delega
legislativa conferita a tal fine dalla legge 443 al Governo.
    B.6)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 13 per violazione
degli artt. 76, 117 e 118 Cost.
    L'art. 13    detta    le   procedure   per   la   localizzazione,
l'approvazione  dei progetti, la V.I.A. degli insediamenti produttivi
e  delle  infrastrutture private strategiche per l'approvvigionamento
energetico, richiamando l'applicazione dei precedenti artt. 3 e 4 del
decreto.
    Anche  tale  disposizione  si  presenta dunque costituzionalmente
illegittima,  per  violazione  degli artt. 76, 117 e 118 Cost., per i
motivi esposti ai precedenti punti B.3 e B.4, cui si rinvia.
    B.7)  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 15 per violazione
degli artt. 76 e 177, sesto comma, Cost.
    L'art. 15  dispone  che  il  Governo  provvede  a  modificare  ed
integrare  il  regolamento  di  attuazione  della  legge n. 109/1994,
approvato con il d.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, in materia di lavori
pubblici,  nonche'  gli  altri regolamenti emessi in base alla stessa
legge  quadro, con l'emanazione di norme regolamentari necessarie per
la  migliore  realizzazione  delle  infrastrutture;  tali regolamenti
abrogano  o derogano dalla loro entrata in vigore le norme di diverso
contenuto  vigenti  in  materia.  In particolare con tali regolamenti
possono    essere    disciplinate    le   modalita'   di   compimento
dell'istruttoria del progetto definitivo a mezzo della conferenza dei
servizi;  le  modalita'  di  approvazione  delle varianti al progetto
definitivo  approvato, assicurando la possibilita' per la regione, le
province autonome ed i ministri partecipanti al CIPE di verificare la
natura  e  l'impatto delle stesse senza pregiudizi per la continuita'
dei  lavori;  le  ulteriori  norme transitorie per l'applicazione del
decreto in oggetto; l'istituzione di un sistema di qualificazione dei
contraenti   generali;   gli   elaborati   tecnici   necessari   alla
integrazione del progetto preliminare.
    In   sostanza   il  decreto  delegato  autorizza  il  governo  ad
intervenire  con regolamenti ad integrare, completare e modificare la
normativa di realizzazione dei lavori.
    La   norma   e'   incostituzionale  innanzitutto  per  violazione
dell'art. 76 della Costituzione.
    Infatti l'art. 1, terzo comma, della legge n. 443/2001 - peraltro
oggetto di censura nel ricorso proposto dalla Regione Toscana avverso
la  stessa legge - delegava il Governo solo ad integrare e modificare
il  regolamento  n. 554/1999  per  gli adeguamenti necessari rispetto
alla nuova normativa introdotta. L'art. 15 in esame, invece, contiene
una  disposizione di portata molto piu' estesa, perche' prevede che i
regolamenti  governativi potranno integrare e completare la normativa
in  materia  di realizzazione delle opere, anche con la disciplina di
aspetti  rilevanti  e  totalmente  non  disciplinati  dal  decreto in
oggetto,   come   ad   esempio  quello  delle  varianti  al  progetto
definitivo,  ove,  addirittura, si stabilisce che le regioni potranno
verificare   la  natura  e  l'impatto  delle  varianti,  senza  pero'
pregiudicare la continuita' dei lavori.
    Vi  e'  quindi  un  evidente  eccesso  di  delega legislativa che
determina  una lesione dell'autonomia regionale, perche' i successivi
regolamenti  vengono  delegati (dal decreto legislativo) a completare
la normativa del settore delle c.d. opere strategiche.
    La  disposizione  e'  altresi'  incostituzionale  per  violazione
dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione.
    Com'e'  noto,  la  riforma  costituzionale  ha  stabilito  che la
potesta'  regolamentare  spetta  allo Stato solo nelle materie di sua
legislazione  esclusiva,  mentre  compete  alle regioni in ogni altro
caso.
    Percio' il regolamento statale non e' fonte idonea ad integrare e
modificare  -  come dispone la censurata disposizione - la materia di
realizzazione  dei lavori pubblici e delle opere private di interesse
pubblico, posto che tale materia non rientra, come gia' rilevato, tra
quelle riservate alla legislazione esclusiva statale.
    Ne' la rilevata incostituzionalita' puo' ritenersi superata dalla
previsione   contenuta   nella   seconda   parte   del   primo  comma
dell'art. 15,  per cui i futuri regolamenti si applicano alle regioni
per  le  procedure  di  intesa  per l'approvazione dei progetti e per
l'aggiudicazione   delle   infrastrutture,   mentre  per  quanto  non
pertinente  a queste procedure si applicano sino alla data di entrata
in vigore di diversa normativa regionale.
    Infatti tale previsione presuppone che le procedure di intesa per
l'approvazione  dei  progetti  e le procedure di aggiudicazione delle
infrastrutture rientrino nelle materie di competenza statale; ma cio'
non  e' conforme all'art. 117 Cost. il quale non prevede tali materie
nell'ambito  della  riserva  statale, come gia' piu' dettagliatamente
rilevato al precedente punto A.
    Quindi  la fonte regolamentare statale non e' abilitata dal nuovo
art. 117  Cost.  a  disciplinare  la  materia.  Inoltre  ai  suddetti
regolamenti  e'  attribuita  l'idoneita' di abrogare e derogare dalla
loro entrata in vigore le diverse norme vigenti in materia e, dunque,
anche   quelle   regionali.   Ne  deriva  che  una  legge  regionale,
legittimamente  approvata  in materia di lavori pubblici, puo' venire
abrogata  da  un  regolamento  governativo,  in totale violazione del
citato  art. 117,  sesto  comma,  Cost.  A  tale  proposito, gia' nel
previgente   assetto   costituzionale,  la  Corte  costituzionale  ha
affermato  che  i regolamenti statali con la capacita' abrogativa del
cd.   regolamenti   delegati,   pur  se  autorizzati  da  un'apposita
disposizione  di  legge  a disciplinare innovativamente uno specifico
settore,  non  riguardano  la  sfera  di  diretta spettanza regionale
(sentenza n. 482/1995).
    B.8)  Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, primo, secondo,
terzo,  sesto  e  settimo comma, per violazione degli artt. 117 e 118
Cost.
    L'art. 16,  primo,  secondo,  terzo, sesto e settimo comma, viola
gli  artt. 117  e 118, per i motivi sopra esposti, in quanto anticipa
la normativa qui contestata anche ai progetti gia' in corso.
    B.9) Illegittimita' costituzionale degli articoli 17, 18, 19 e 20
per violazione dell'art. 117 Cost.
    Gli  artt. 17  e  18 aprono il capo II del decreto concernente le
procedure  per  la  valutazione  di  impatto  ambientale delle grandi
opere.
    Il primo comma dell'art. 17 dispone che la disciplina riguarda la
procedura  di valutazione di impatto ambientale e dell'autorizzazione
integrata  ambientale  (quest'ultima in realta' non e' dettata, ma e'
rinviata ad un successivo decreto legislativo dall'ultimo comma della
norma) per le infrastrutture e gli insediamenti produttivi soggetti a
tale  procedure  a  norma  delle  disposizioni  vigenti relative alla
V.I.A. statale.
    In realta', poi, il quarto comma dell'art. 17 dispone che "per le
infrastrutture  ed  insediamenti  produttivi  soggetti  a screening o
valutazione  di  impatto  ambientale  regionale,  il provvedimento di
compatibilita'  ambientale  e' emesso dal CIPE, previa valutazione da
esprimersi dalle regioni nei modi e nei tempi stabiliti dall'art. 3".
L'art. 18  detta  la  procedura  senza  prevedere  alcuna particolare
partecipazione regionale.
    Quindi  se  la  sopra  rilevata  contraddizione tra il primo e il
quarto comma dell'art. 17 va risolta - com'e' probabile, considerando
l'impostazione complessiva del decreto legislativo - nel senso che la
procedura  si  applica anche alle infrastrutture ed agli insediamenti
soggetti  a  screening  e  a  V.I.A.  regionale,  gli  artt. 17  e 18
determinano  una  rilevante  lesione  delle  competenze regionali. Si
prevede  infatti  una  procedura  in cui ogni decisione e' rimessa al
CIPE  e  in  cui  il  ruolo regionale e' degradato a quello puramente
consultivo,  facilmente  superabile,  considerando  che  le norme non
attribuiscono  alcun valore ad una eventuale valutazione non positiva
della  regione.  Anche in tal caso l'interferenza con le attribuzioni
regionali  in  materia  di governo del territorio e' rilevante, posto
che  la  V.I.A.  ha ad oggetto l'incidenza e l'impatto sul territorio
delle  opere  e  tende  a  verificare  e ad individuare le misure per
mitigare  l'impatto  stesso.  La  disposizione  vanifica cosi' per un
numero rilevante ed indefinito di opere la stessa normativa regionale
concernente  la  valutazione  di  impatto  ambientale approvata dalla
regione   ricorrente   (l.r.   3  novembre  1998,  n. 79  "Norme  per
l'applicazione   della  V.I.A.).  L'interferenza  e'  particolarmente
incisiva anche perche' la procedura di V.I.A. dettata dalle norme del
decreto  190  in  esame,  si  caratterizza,  oltre  che per i termini
alquanto  ristretti,  anche per una "semplficazione" dell'istruttoria
e,  quindi,  della  ponderazione  degli  interessi pubblici e privati
coinvolti   e   per   la   sua  concentrazione  presso  il  Ministero
dell'ambiente. La nuova disciplina quindi deroga alle disposizioni in
tema  di  conferenza  dei  servizi,  nell'ambito del procedimento per
l'autorizzazione di opere soggette a V.I.A. di cui agli artt. 14-bis,
ter  e  quater  della legge n. 241/1990, nonche' a tutta la normativa
regionale emanata in attuazione di tali principi.
    Ne'  puo'  obiettarsi che i suddetti rilievi non sono fondati per
la  competenza  statale  in materia di tutela ambientale riconosciuta
allo  Stato  dall'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.: in merito
infatti  la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 407/2002,
ha  chiarito  che l'ambiente e' un valore costituzionalmente protetto
che,  in  quanto  tale,  delinea  una sorta di materia trasversale in
ordine  alla  quale si manifestano competenza diverse che ben possono
essere regionali e che in quanto tali devono essere salvaguardate.
    La  valutazione ambientale delle opere che, come quelle in esame,
hanno  un  notevole  impatto sul territorio incide senza dubbio sulla
materia  regionale  del  governo  del  territorio e sugli aspetti con
questa  connessi,  quali  la  tutela idrogeologica del territorio, la
difesa del suolo, la definizione delle misure a favore dello sviluppo
sostenibile.  E'  percio'  particolarmente  lesiva delle attribuzioni
regionali  la  totale  estromissione delle regioni dalla procedura di
V.I.A. delineata dalle norme in oggetto.
    Le stesse censure valgono anche nei confronti degli artt. 19 e 20
che  istituiscono  la  commissione speciale di valutazione di impatto
ambientale  e ne disciplinano i compiti. La commissione, nominata dal
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  su  proposta del ministro
dell'ambiente  e  della  tutela  del territorio, e' composta da venti
membri,  oltre  il  presidente,  scelti tra professori universitari e
professionisti  particolarmente  qualificati  in materie progettuali,
ambientali,  economiche  e  giuridiche,  nonche'  tra dirigenti della
pubblica  amministrazione.  La  commissione  provvede all'istruttoria
tecnica  ai fini della V.I.A., esprime il proprio parere sul progetto
ed  ha  anche  il  compito  di verificare l'ottemperanza del progetto
definitivo  alle  prescrizioni  del  provvedimento  di  V.I.A.  e  di
effettuare  i controlli sull'esatto adempimento dei contenuti e delle
prescrizioni indicate nel provvedimento di compatibilita' ambientale.
    Nella   commissione   non   e'   istituzionalmente   prevista  la
partecipazione delle amministrazioni regionali e cio' rappresenta una
ulteriore  lesione  delle  attribuzioni  delle regioni anche perche',
come   sopra   rilevato,   la  citata  commissione  valuta  anche  le
infrastrutture  e  gli  insediamenti  soggetti a screening o a V.I.A.
regionale.
    In  conclusione, il particolare regime derogatorio introdotto dal
decreto  legislativo  in oggetto sia per la localizzazione che per la
realizzazione delle opere c.d. strategiche, tra cui possono rientrare
anche  opere di interesse regionale, non lascia spazio per alcun tipo
di   autonomo  intervento  legislativo  regionale  nelle  materie  di
competenza  e  limita  fortemente  anche  l'esercizio  delle funzioni
amministrative   delle   regioni  nonche'  di  quelle  dalla  regione
attribuite agli enti locali nelle materie stesse.
    Ne  consegue  che  le  regioni  saranno  costrette  a  subire  la
localizzazione  delle opere determinata dallo Stato (perche' la legge
non  garantisce  che il dissenso regionale sulla localizzazione delle
stesse   costituisca   motivo   per  individuare  una  localizzazione
concordata  con  l'amministrazione regionale), nonche' a dare un mero
parere  sugli  aspetti di compatibilita' ambientale ed idrogeologica,
che  comunque  puo'  benissimo  essere  disatteso dal CIPE ovvero dal
decreto  del  Presidente del Consiglio dei ministri che sostituisce a
tutti  gli effetti ogni atto autorizzatorio normalmente necessario in
base alla procedura ordinaria.
    Appare  fortemente riduttivo della riforma introdotta dalla legge
costituzionale   n. 3/2001   ritenere  che  l'etichetta  "strategico"
apposta  ad  un'opera  sia  di per se' sufficiente per legittimare la
riappropriazione  in  capo  allo  Stato  di  funzioni  legislative ed
amministrative  in  materie  non ricomprese tra quelle che l'art. 117
Cost. riserva in via esclusiva allo Stato stesso.
    Da  tutte  le  argomentazioni  esposte  discende l'illegittimita'
costituzionale delle disposizioni impugnate.
                              P. Q. M.
    Si  confida che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita'
costituzionale  degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13,
15,  16  (commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo), 17, 18, 19 e
20  del  decreto  legislativo  20 agosto 2002, n. 190, per violazione
degli articoli 76, 117, 118 e 120 della Costituzione.
    Si deposita la delibera della giunta regionale n. 1071/2002.
        Firenze-Roma, addi' 23 ottobre 2002
      Avv. Lucia Bora - Avv. Vito Vacchi - Avv. Fabio Lorenzoni
02C1005