N. 79 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 ottobre 2002
Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 ottobre 2002 (della Regione Toscana) Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Disciplina delle procedure di valutazione di impatto ambientale e delle modalita' di localizzazione e realizzazione delle grandi opere nonche' di quelle di interesse regionale "concorrente" con l'interesse nazionale - Denunciata invasione della potesta' legislativa esclusiva spettante alle regioni in materia di lavori pubblici e privati di interesse pubblico, e di appalti - In via subordinata: preclusione alla normazione regionale per il carattere dettagliato della disciplina statale - Non configurabilita' dell'interesse nazionale quale limite alle potesta' legislative regionali - Inosservanza dei criteri imposti dalla Costituzione nella allocazione delle funzioni amministrative - Lesione delle attribuzioni regionali per mancato rispetto delle fonti competenti a distribuire le funzioni amministrative. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16, commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo, 17, 18, 19 e 20. - Costituzione, artt. 76, 117, 118 e 120. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Programma delle opere strategiche - Individuazione mediante intese generali quadro tra Governo e singole regioni delle opere non aventi carattere interregionale o internazionale, per le quali l'interesse regionale concorre con il preminente interesse nazionale - Conseguente introduzione di un regime derogatorio per le opere di interesse regionale - Denunciato eccesso di delega - Lesione delle competenze legislative ed amministrative della regione - Incidenza degli accordi o delle intese sull'ordine costituzionale delle competenze legislative - Mancata salvaguardia della legislazione regionale esistente in materia di opere pubbliche. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 1. - Costituzione, artt. 76, 117 e 118. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Provvedimenti ed atti di qualsiasi natura necessari alla sollecita progettazione, istruttoria, affidamento e realizzazione delle opere - Prevista adozione, in sostituzione dei soggetti competenti, con poteri derogatori della normativa vigente, da parte di Commissari straordinari nominati dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, sentiti i Presidenti delle Regioni - Applicabilita' della disposizione anche alle opere regionali - Denunciata violazione delle competenze legislative ed amministrative regionali - Inosservanza dei presupposti tassativamente indicati dalla Costituzione per l'esercizio dei poteri sostitutivi. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 2. - Costituzione, artt. 117, 118 e 120. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Progetto preliminare dell'opera - Approvazione da parte del CIPE con il consenso, ai fini dell'intesa sulla localizzazione, dei presidenti delle regioni Sottoposizione, in caso di motivato dissenso regionale, del progetto alla valutazione del Consiglio superiore dei lavori pubblici e successiva formulazione di parere al CIPE per le definitive determinazioni - Prevista approvazione, in caso di permanenza di dissenso regionale, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri - Denunciata invasione delle attribuzioni regionali in materia di governo del territorio - Inosservanza del principio di leale collaborazione - Lesione delle competenze regionali per l'applicabilita' della procedura anche alle opere regionali - Denunciato eccesso di delega per la disposta soppressione della Conferenza dei servizi. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 3. - Costituzione, artt. 76, 117 e 118. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Procedura di approvazione del progetto definitivo dell'opera - Applicabilita' anche alle opere di interesse regionale - Approvazione del progetto, in caso di dissenso regionale, secondo le modalita' previste per l'approvazione del progetto preliminare - Denunciata lesione delle attribuzioni regionali - Ritenuto eccesso di delega anche per la omessa previsione del parere della Conferenza unificata. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 4. - Costituzione, artt. 76, 117 e 118. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Previste modificazioni alla disciplina degli appalti e delle concessioni dei lavori - Prevista pubblicazione della lista delle infrastrutture per le quali il soggetto aggiudicatore ritiene di sollecitare la presentazione di proposte da parte dei promotori - Denunciata violazione della potesta' legislativa residuale delle regioni - In via subordinata: invasione della potesta' legislativa concorrente spettante alle regioni - Denunciata possibilita', per mancata chiarezza del disposto normativo, di pubblicare nelle liste infrastrutture non inserite nel programma delle opere strategiche - Conseguente violazione delle competenze legislative ed amministrative regionali nonche' asserito eccesso di delega. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 6, 7, 8, 9, 10, e 11. - Costituzione, artt. 76, 117 e 118. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Procedure previste per la localizzazione, l'approvazione dei progetti, la V.I.A. degli insediamenti produttivi e delle infrastrutture private strategiche per l'approvigionamento energetico - Denunciato eccesso di delega - Lesione delle competenze legislative ed amministrative regionali. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 13. - Costituzione, artt. 76, 117 e 118. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Previsione di regolamenti, di modificazione ed integrazione dei regolamenti di attuazione della legge quadro n. 109/1994, abrogativi o derogatori delle norme di diverso contenuto vigenti in materia di lavori pubblici - Denunciato eccesso di delega con lesione dell'autonomia regionale - Violazione della potesta' regolamentare spettante alle Regioni. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 15. - Costituzione, artt. 76 e 117, comma sesto. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse regionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Prevista applicazione della normativa anche ai progetti in corso - Denunciata violazione delle competenze legislative ed amministrative regionali. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, art. 16, commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo. - Costituzione, art.117 e 118. Opere pubbliche - Infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale - Norme per la realizzazione, in attuazione della legge n. 443/2001 (c.d. legge obiettivo) - Procedura applicabile alle infrastrutture ed agli insediamenti soggetti a screening e a V.I.A. regionale - Prevista adozione, da parte del CIPE, del provvedimento di compatibilita' ambientale, previa valutazione delle Regioni - Istituzione e compiti della Commissione speciale di valutazione di impatto ambientale - Denunciata lesione delle competenze regionali in materia di governo del territorio - Richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 407/2002. - D.Lgs. 20 agosto 2002, n. 190, artt. 17, 18, 19 e 20. - Costituzione, art. 117.(GU n.48 del 4-12-2002 )
Ricorso per la Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 1071 del 7 ottobre 2002, rappresentato e difeso, per mandato in calce al presente atto, dagli avvocati Vito Vacchi, Lucia Bora e Fabio Lorenzoni, presso lo studio di quest'ultimo elettivamente domiciliato in Roma, via del Viminale n. 43; Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16 (commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo), 17, 18, 19 e 20 del decreto legislativo 20 agosto 2002 n. 190, per violazione degli articoli 76, 117, 118 e 120 della Costituzione. Nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 26 agosto 2002 e' stato pubblicato il decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, recante "Attuazione della legge 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici di interesse nazionale". La Regione Toscana ha gia' impugnato alla Corte costituzionale la suddetta legge n. 443/2001 (reg. ric. n. 11/2002), nonche' l'art. 13 della legge n. 166/2002 che ha modificato la legge delega, per la violazione delle attribuzioni regionali costituzionalmente garantite. Anche il decreto delegato n. 190/2002 e' illegittimo e lesivo dell'autonomia costituzionalmente riconosciuta e garantita alla regione ricorrente per le seguenti ragioni di D i r i t t o A) Illegittimita' degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16 (commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo), 17, 18, 19 e 20 per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. Oltre alle specifiche censure che si segnaleranno di seguito in merito ai singoli articoli, le impugnate disposizioni sono tutte lesive dell'autonomia regionale in quanto la disciplina dettata dal decreto delegato riguarda le procedure di valutazione di impatto ambientale e le modalita' di localizzazione e realizzazione di opere, infrastrutture ed insediamenti produttivi definiti strategici e di preminente interesse nazionale, nonche' di quelle di interesse regionale "concorrente" con l'interesse nazionale medesimo. L'art. 117 Cost. attribuisce allo Stato una potesta' legislativa esclusiva, nei casi tassativamente indicati nel secondo comma ed una potesta' concorrente con quella regionale nei casi di cui al terzo comma della stessa disposizione. A.1) L'individuazione delle c.d. opere strategiche e la predeterminazione della procedura per l'approvazione e per la realizzazione dei progetti concernenti le opere stesse non rientrano nell'ambito delle competenze attribuite in via esclusiva allo Stato. In particolare le disposizioni impugnate non possono trovare fondamento nell'art. 117, secondo comma, lett. e) e lett. m), della Costituzione che riservano allo Stato la tutela della concorrenza e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale. E' infatti evidente che la normativa in esame non ha affatto lo scopo di proteggere la concorrenza, ne' di garantire i livelli essenziali delle prestazioni, ma solo quello, esplicitamente dichiarato nella relazione illustrativa, di favorire la realizzazione di opere definite strategiche, introducendo un regime derogatorio, rispetto a quello ordinario, per l'individuazione, la progettazione e la realizzazione delle medesime. Ne' la norma impugnata e' riconducibile alla materia della tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui alla lettera s) del secondo comma dell'art. 117 Cost.: infatti tale materia ricomprende la cura e la protezione di valori diversi e spesso antitetici con l'obiettivo della normativa in questione che, si ripete, e' quello della realizzazione delle grandi opere strategiche. La materia che potrebbe legittimare l'intervento legislativo in esame sarebbe quella dei "lavori pubblici di interesse nazionale": ma tale materia non e' prevista tra quelle riservate allo Stato dal nuovo art. 117 Cost. Anzi quest'ultimo ha eliminato ogni riferimento alla dimensione dell'interesse per stabilire il riparto di attribuzioni tra Stato e regioni in materia di lavori pubblici (il precedente art. 117 invece attribuiva alla competenza regionale solo i lavori pubblici di interesse regionale) ed ha affidato alla competenza concorrente materie quali "porti e aeroporti civili", "gandi reti di trasporto e di navigazione", "produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia": si tratta, con tutta evidenza, di materie in cui la dimensione nazionale dell'interesse e' implicita nel loro stesso contenuto e cio' costituisce ulteriore conferma del fatto che il costituente non ha voluto prevedere l'interesse nazionale come un possibile limite alla potesta' legislativa regionale. A.2) Escluso quindi che le impugnate disposizioni trovino il loro fondamento nel secondo comma dell'art. 117 Cost., si rileva che le stesse non possono trovare fondamento neppure nel terzo comma della stessa norma costituzionale. Infatti le c.d. grandi opere non necessariamente sono collegate alle materie di cui al terzo comma citato: solo per fare un esempio, la realizzazione di insediamenti produttivi e' connessa alla materia dell'industria che rientra nelle piene attribuzioni regionali, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. Pertanto e' precluso allo Stato disciplinare la programmazione, l'individuazione e la realizzazione di opere connesse a materie sottratte al potere legislativo statale. Tale conclusione trova ulteriore conferma nella considerazione che, nel sistema delineato dall'art. 117 Cost., la disciplina dei lavori pubblici e privati di interesse pubblico e degli appalti non e' ricompresa tra le materie riservate allo Stato, ne' fra quelle soggette alla legislazione concorrente; con la conseguenza che in tale materia compete alle regioni legiferare, con l'unico limite del rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. A.3) Ma - in denegata ipotesi - ove si ritenesse sussistente una competenza statale a fronte di opere strategiche collegate a materie contemplate nel terzo comma dell'art. 117 (grandi reti di trasporto e di navigazione, porti e aeroporti civili, produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, governo del territorio), tale competenza dovrebbe essere esercitata solo ed esclusivamente nei limiti ammessi dal citato art. 117, terzo comma Cost. E' infatti noto che nelle materie a legislazione concorrente il potere legislativo statale e' limitato alla individuazioni dei principi regolatori. Ed e' altrettanto noto che tali principi devono "riguardare il modo di esercizio della potesta' legislativa regionale e non comportare l'inclusione o l'esclusione di singoli settori della materia o dall'ambito di essa", dovendosi qualificare come principi fondamentali "solo i nuclei essenziali del contenuto normativo che quelle disposizioni esprimono per i principi enunciati o da esse desumibili" (Corte cost. sentenza n. 482/1995). La normativa qui contestata, invece, non detta i principi alle regioni per disciplinare l'individuazione e la realizzazione delle c.d. grandi opere, ma detta una disciplina che, con riferimento all'approvazione dei progetti, alle procedure di aggiudicazione dei lavori e di valutazione di impatto ambientale, e' compiuta, dettagliata e minuziosa si' da eliminare completamente ogni possibilita' di intervento per un'autonoma normativa da parte delle Regioni. A.4) Tale illegittima appropriazione da parte dello Stato di potesta' legislative regionali non puo' trovare legittimazione costituzionale in nome di un non definito interesse nazionale sotteso alla realizzazione delle opere in oggetto. Infatti il nuovo testo costituzionale non prevede l'interesse nazionale come limite alla potesta' legislativa delle regioni (il riferimento all'interesse nazionale non e' piu' contenuto nell'art. 117 ne' nel successivo 127), e non sancisce un generale potere di indirizzo e coordinamento che la giurisprudenza costituzionale, nel vigore della preigente titolo V, aveva costruito come risvolto positivo di quell'interesse. Non e' quindi costituzionalmente ammissibile reintrodurre limiti alla potesta' legislativa regionale non espressamente previsti in Costituzione - ed anzi volutamente esclusi - richiamando la rilevanza nazionale di un'opera: in tale modo si vanificherebbe la potesta' legislativa attribuita alle regioni. Come chiarito nel corso delle audizioni effettuate nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli effetti nell'ordinamento delle revisioni del titolo V della Costituzione presso la prima commissione permanente del Senato, un generico richiamo all'interesse nazionale non e' piu' previsto in Costituzione e sarebbe anche difficile fondarlo in via generale sul principio di unita' di cui all'art. 5 della Costituzione, anche perche' in tal modo si aprirebbe la strada alle incarnazioni piu' imprevedibili di tale interesse nazionale che diventerebbe un grimaldello per intaccare l'autonomia delle regioni in tutti i settori, in spregio alla tutela affidata dall'art. 117 Cost. nuovo testo alle attribuzioni delle regioni stesse (audizione del prof. Panunzio - seduta del 20 novembre 2001). Questo non significa che gli interessi di cui puo' essere portatore lo Stato non trovino tutela; significa solo che non si puo' far rientrare surrettiziamente un concetto indefinito e generico che si presta nella sua applicazione a ledere un'autonomia che il nuovo costituente ha voluto assicurare in misura maggiore che in passato. La nuova Costituzione assicura la tutela degli interessi ultraregionali con l'elencazione tassativa contenuta nell'art. 117, secondo comma, e quindi riservando a priori allo Stato determinati compiti. A tale proposito la dottrina ha lucidamente rilevato: "Va escluso che le potesta' statali possano essere direttamente dedotte da principi di ordine generalissimo, quali il carattere unitario dello Stato, o il concetto di sovranita' o l'interesse nazionale. Il riparto di attribuzioni previsto dall'art. 117 deve invece essere inteso come la specifica attuazione che la Costituzione ha voluto dare a tali principi generali, i quali dunque non possono essere contrapposti ad esso. Non si puo' dunque affermare che lo Stato ha potesta' legislativa ordinaria nelle materie dell'art. 117, secondo comma, e in piu' su tutto cio' che e' di interesse nazionale, ma si deve affermare che cio' che il costituente ha ritenuto di interesse nazionale si manifesta attraverso le materie e i compiti statali previsti dall'art. 117" (G. Falcon, Modello e transizione nel nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione in Le Regioni n. 6/2001, 1251 ss.; nello stesso senso: C. Pinelli, I limiti generali alla potesta' legislativa statale e regionale e i rapporti con l'ordinamento internazionale e con l'ordinamento comunitario, in Foro it. 2001, V, 194 ss.; P. Cavalieri, La nuova autonomia legislativa delle Regioni, in Foro it. 2001, V, 202). Nel caso in esame, tuttavia, la ravvisata lesione delle attribuzioni regionali non puo' essere giustificata con il richiamo al suddetto art. 117, secondo comma, Cost., per i motivi evidenziati al precedente punto A.1). A.5) Le impugnate disposizioni si presentano lesive anche dell'art. 118, primo comma, Cost. L'effettivo rispetto dei criteri di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza impone che ogni scelta legislativa di allocazione delle funzioni sia previamente supportata dall'analisi e dalla verifica del livello di governo che maggiormente risponda ai tre criteri costituzionalizzati dalla norma: che si tratti infatti di criteri e di parametri elastici, utilizzabili quindi con un margine di discrezionalita', e' indubbio, ma e' altrettanto indubbio che i motivi della scelta e quindi dell'esercizio in concreto di tale potere discrezionale devono essere estrinsecati e resi conoscibili - il che non avviene nel caso in esame - pena, altrimenti, una violazione delle attribuzioni costituzionali riservate agli enti regionali e locali. Ma la violazione dell'art. 118 Cost., con riferimento alle attribuzioni regionali, sussiste anche per un ulteriore e consistente motivo. L'art. 118 e' chiaro nel determinare le regole ed i principi che devono presiedere alla distribuzione delle funzioni amministrative, ma non disciplina quale sia la fonte cui e' rimessa tale distribuzione. In merito deve osservarsi che il profilo relativo alla disciplina della materia non e' scindibile da quello relativo all'allocazione delle funzioni, con la conseguenza che spetta alle regioni intestare le funzioni nelle materie in cui e' loro riconosciuta la potesta' legislativa regionale sia esclusiva che concorrente (in tal caso nel rispetto dei principi regolatori dettati dalla legge statale). La validita' di tale conclusione e' stata riconosciuta dalla dottrina che si e' occupata del problema, la quale ha evidenziato che l'art. 118 non contiene un riparto di funzioni legislative ulteriore rispetto a quello gia' stabilito dall'art. 117 e, in merito alla possibilita' per lo Stato di attribuire funzioni amministrative a se stesso, ha rilevato che tale "conferimento di funzioni allo Stato, previsto dal primo comma dell'art. 118, in relazione ai tre principi indicati, dovra' essere disposto con legge statale, e va anch'esso inteso nel quadro del riparto di competenze legislative come stabilito dall'art. 117. Esso dovra' avvenire per il tramite delle materie o per il tramite dei compiti in relazione ai quali lo Stato ha potesta' legislativa esclusiva" (G. Falcon, Modello e transizione nel nuovo titolo V della parte seconda della Costituzione in Le Regioni n. 6/2001, pag. 1260) e, ancora, va escluso che "un titolo di legittimazione di potesta' legislativa statale sia il principio espresso dall'art. 118 di conferimento delle funzioni amministrative, secondo i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. Questo testo va a mio avviso letto all'interno del riparto di potesta' legislative per materia, nel quale il legislatore costituente non ha voluto aggiungere come compito statale a se' stante (come pure sarebbe stato semplice fare) l'individuazione di funzioni amministrative statali in materia regionale: queste vi potranno essere indubbiamente, ma sulla base delle clausole di competenza di cui all'art. 117, secondo comma, e delle relative implicazioni, e non sulla base di un generico potere di individuazione di funzioni statali basate su astratte considerazioni di interesse nazionale. Cio' a maggior ragione se si considera che l'oggetto proprio della competenza regionale e' in primo luogo la disciplina dei rapporti amministrativi". (G. Falcon, citato pag. 1253). Sempre nello stesso senso e' stato ancora affermato che "costituendo la allocazione delle funzioni una componente della disciplina delle materie cui esse attengono, la fonte della distribuzione non puo' che essere la legge che quelle materie e' deputata a regolare. Sicche', fermo rimanendo che l'individuazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane e' comunque rimessa alla legislazione statale in forza della previsione di cui alla lettera p) del secondo comma dell' art. 117, per il resto la legge statale ovvero la legge regionale, secondo le rispettive competenze, provvederanno ad intestare le competenze in applicazione delle regole e principi di cui all'art. 118, primo comma" (A. Corpaci Revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione e sistema amministrativo, in Le Regioni n. 6/2001, pag. 1311); e, ancora che "ritenere che il legislatore statale possa attribuire esso stesso a se medesimo e alla propria amministrazione competenze e funzioni anche nelle materie assegnate comunque al legislatore regionale (quelle di competenza concorrente) o addirittura ad esso riservate (quelle di competenza esclusiva) eventualmente motivando questa convinzione in nome di un principio di difesa dell'unita' complessiva, collegato magari anche al dettato stesso dell'art. 118, secondo comma, la' dove parla di "esigenze di carattere unitario significherebbe radicare una nuova, vastissima competenza di carattere "trasversale del legislatore statale. Competenza di carattere trasversale che sarebbe analoga ad alcune delle competenze previste nel seconda comma dell'art. 117, ad esempio in materia di "determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale , ma che in questo caso avrebbe la duplice caratteristica di essere ricavata "implicitamente dal sistema (e non esplicitamente ricompresa nell'elenco delle competenze esclusive dello Stato, dove, invece, e significativamente, e' contenuta la competenza in materia di definizione dei poteri fondamentali di comuni, province e citta' metropolitane), e di essere di carattere davvero vastissimo e potenzialmente espandibile in ogni settore e in ogni contesto" (F. Pizzetti, Le nuove esigenze di governance in un sistema policentrico "esploso , in Le Regioni n. 6/2001, pag. 1180, ss. e nota n. 37). Risulta percio' che l'art. 118, primo comma, e le esigenze di esercizio unitario ivi richiamate non possono costituire un titolo autonomo legittimante l'intervento del legislatore statale, come avviene nel caso in esame con le contestate disposizioni. L'art. 118, primo comma, si ripete, e' norma che fissa i criteri per l'allocazione delle funzioni, ma non disciplina le fonti deputate ad allocare le stesse, e pertanto non rappresenta il presupposto su cui fondare variazioni e spostamenti rispetto alla titolarita' della potesta' legislativa, come stabilita dall'art. 117 Cost. B) Le suddette osservazioni riguardano tutte le disposizioni impugnate; specificatamente poi si eccepiscono i seguenti ulteriori profili di illegittimita' costituzionale relativi a determinate disposizioni. B.1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. L'art. 1, nell'individuare l'oggetto della normativa, dispone che nell'ambito del programma che indica le opere strategiche sono altresi' individuate con intese generali quadro tra il Governo e ogni singola regione le opere per le quali l'interesse regionale e' concorrente con il preminente interesse nazionale. Per tali opere le regioni partecipano con le modalita' indicate nelle intese alle attivita' di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio. Lo stesso art. 1, al comma settimo, lett. e), afferma che le opere per le quali l'interesse regionale concorre con il preminente interesse nazionale sono le infrastrutture individuate nel programma non aventi carattere interregionale o internazionale, specificandosi altresi' che queste ultime sono quelle da realizzarsi sul territorio di piu' regioni o Stati ovvero collegate funzionalmente ad una rete interregionale o internazionale. Da tale definizione si ricava che le opere per le quali l'interesse regionale concorre con il preminente interesse nazionale sono quelle che ricadono nel territorio di una determinata regione. Ne deriva che un'opera regionale puo' venire assoggettata allo speciale regime derogatorio introdotto dal decreto legislativo in questione, fortemente lesivo delle attribuzioni regionali, solo perche' e' stato ritenuto che le stesse "concorrano" con il preminente interesse nazionale. Questa valutazione di "concorrenza" degli interessi e' effettuata con intese generali tra il governo ed ogni singola regione e sono queste stesse intese che dovranno indicare le modalita' con cui le regioni in tali casi partecipano alle attivita' di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio. La disposizione e' in primo luogo incostituzionale per eccesso di delega e quindi per violazione dell'art. 76 Cost. Infatti la legge n. 443/2001 non prevedeva, quale criterio e direttiva per il Governo, la possibilita' di prevedere un regime derogatorio anche per le opere di interesse regionale. Il decreto delegato invece introduce una categoria nuova che collega a quelle di interesse strategico oggetto della delega di cui alla legge n. 443/2001, consentendo cosi' un totale sovvertimento della legislazione regionale e delle competenze regionali anche per le opere che ricadono solo nel territorio di una regione. E' evidente che la "concorrenza" dell'interesse regionale con quello nazionale e' concetto talmente vago ed indefinito, da poter essere ravvisato in ogni opera che abbia una certa rilevanza economica, industriale; cio' determina percio' una vanificazione delle competenze legislative ed amministrative della regione nelle materie che sono interessate dalla localizzazione e dalla realizzazione delle opere pubbliche e private di interesse pubblico e precisamente: il governo del territorio, i lavori pubblici, l'industria, la valorizzazione dei beni ambientali, le grandi reti di trasporto e di navigazione. La violazione dell'art. 76 Cost. - che legittimamente puo' essere invocata dalla regione ove la sua inosservanza determini, come nel caso in esame, la lesione delle attribuzioni regionali (C. cost. n. 560/1988) - rende illegittima la disposizione. A cio' non puo' obiettarsi che la verifica della suddetta concorrenza tra l'interesse regionale e quello nazionale e' effettuata con intese generali Governo-Regioni. Infatti da un lato la norma non specifica cosa accada qualora non vi sia concordanza tra lo Stato e la regione sulla presunta "concorrenza" di interessi e quindi la regione non ha alcuna garanzia rispetto all'eventualita' che, pur a fronte di un dissenso sul punto, l'opera venga ugualmente inserita nel programma e, per cio' solo, automaticamente assoggettata al regime derogatorio in questione. In secondo luogo tali intese, anche ove raggiunte, determinerebbero l'inserimento nel programma e quindi, si ripete, l'applicazione della procedura derogatoria di localizzazione, progettazione e realizzazione dell'opera stabilita nel decreto in oggetto anziche' di quella prevista dalla legislazione regionale ordinaria. Ma cio' non e' costituzionalmente legittimo perche' gli accordi e le intese non possono limitare, vincolare ed esautorare il legislatore, ne' statale ne' regionale, in quanto l'ordine costituzionale delle competenze legislative, e' indisponibile e non puo' dipendere da accordi (in tal senso Corte cost. 24 aprile 1996, n. 126; n. 437/2001). Ancora non puo' ritenersi che l'eccezione prospettata sia superata dalla previsione contenuta nell'art. 1, primo comma, ove si afferma che le intese in questione indicano le modalita' di partecipazione regionale alle attivita' di progettazione, affidamento dei lavori e monitoraggio delle opere regionali "in accordo alle eventuali leggi regionali allo scopo emanate". In realta' la legislazione regionale e' salvaguardata in modo puramente fittizio, perche' la progettazione e l'aggiudicazione delle opere in questione sono disciplinate dal presente decreto, secondo quanto disposto dai successivi secondo e terzo comma dell'art. 1. Questo e' ribadito dal quinto comma ai sensi del quale la progettazione, approvazione e realizzazione di tutte le opere del comma 1 sono disciplinate dal presente decreto: lo spazio per la normativa regionale viene espressamente limitato solo alle attivita' contrattuali ed organizzative diverse da quelle di cui ai commi 2 e 3 che riguardano, appunto, la progettazione e la realizzazione delle opere. Ma viene da chiedersi che cosa rimanga da disciplinare quando tutte le fasi della progettazione, approvazione e realizzazione delle opere sono rimesse alla disciplina del legislatore nazionale. Inoltre anche per il marginale ed incerto spazio rimesso alla legge regionale (attivita' contrattuali ed organizzative), si stabilisce che le norme del decreto si applicano sino all'entrata in vigore di una diversa normativa regionale emanata in attuazione dei principi della legge n. 443/2001. Ma - come fatto gia' presente - detta legge non contiene principi, ma solo una normativa puntuale di dettaglio che non lascia spazio alcuno all'autonomia regionale costituzionalmente garantita. La disposizione in esame poi non salvaguarda in alcun modo la legislazione regionale esistente in materia di opere pubbliche e anche per tale profilo appare incostituzionale. Appare quindi puramente "di facciata" il richiamo alla legislazione regionale contenuto nel quinto e nel sesto comma della norma in esame. Il sesto comma richiama poi l'applicabilita' anche dei regolamenti; la disposizione e' incostituzionale - come meglio si chiarira' affrontando l'esame dell'art. 15 - per violazione dell'art. 117, sesto comma, Cost. B.2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 2 per violazione degli artt. 117, 118 e 120 Cost. L'art. 2, oltre ai motivi di cui al punto A), e' illegittimo anche per il disposto contenuto nel settimo comma che consente al Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, sentiti i presidenti delle regioni, di nominare commissari straordinari, in sostituzioni dei soggetti competenti, per adottare con poteri derogatori della vigente normativa i provvedimenti e gli atti di qualsiasi natura necessari alla sollecita progettazione, istruttoria, affidamento e realizzazione delle inftastrutture e degli insediamenti produttivi oggetto della normativa. La disposizione si applica anche alle opere regionali e puo' quindi riguardare i provvedimenti che dovrebbero essere adottati legittimamente in base alla legislazione regionale, nonche' da parte di organi e strutture regionali; e cio' determina la violazione degli artt. 117 e 118 Cost. La disposizione oggi appare altresi' in contrasto con l'art. 120 Cost., che ammette l'esercizio di poteri sostitutivi da parte del Governo nei confronti di organi regionali solo ed esclusivamente in presenza dei presupposti tassativamente indicati dalla norma stessa (invece non previsti dal settimo comma in esame) e solo in presenza di una legge che detti le procedure idonee a garantire comunque il rispetto dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione. Anche tali principi non sono osservati dall'impugnata disposizione che invece rimette al solo Presidente del Consiglio ogni decisione in merito, sulla base di un mero parere del presidente della regione che puo' essere disatteso senza previste conseguenze. B.3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 3 per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. L'art. 3 disciplina la procedura di approvazione del progetto preliminare, che e' particolarmente rilevante, perche' tale approvazione determina l'accertamento della compatibilita' ambientale dell'opera; perfeziona ad ogni fine urbanistico ed edilizio l'intesa Stato-Regione sulla sua localizzazione e comporta l'automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati. Il quinto comma dispone che il progetto preliminare e' approvato dal CIPE che decide a maggioranza con il consenso, ai fini dell'intesa sulla localizzazione, dei Presidenti delle Regioni che si pronunciano sentiti i comuni. Il comma sesto disciplina i casi in cui l'intesa non si realizza, prevedendo, alla lettera a) - concernente il motivato dissenso sul progetto preliminare relativo ad infrastrutture interregionali o internazionali - che il progetto preliminare sia sottoposto alla valutazione del consiglio superiore dei lavori pubblici, alla cui attivita' istruttoria partecipano i rappresentanti delle regioni interessate. Il consiglio superiore dei lavori pubblici valuta i motivi del dissenso e l'eventuale proposta alternativa regionale e formula il proprio parere al CIPE che assume le definitive determinazioni. Se il dissenso regionale permane anche in tale sede, il progetto preliminare (e quindi la definitiva localizzazione dell'opera) e' approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro delle infrastrutture e dei trasporti e, per le infrastrutture di competenza di altri ministeri, di concerto con il ministro per le attivita' produttive o altro ministro competente per materia, sentita la commissione parlamentare per le questioni regionali. In sostanza, quindi, in caso di dissenso regionale sulla localizzazione dell'opera si procede secondo la procedura che l'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977 ed il d.P.R. n. 383/1994 dettavano per la localizzazione delle opere di interesse statale. Ma il d.P.R. 616 e il d.P.R. 383 sono stati emanati nel vigore della precedente Costituzione in cui diverso era il ruolo delle regioni, minori le competenze legislative loro riconosciute ed espressamente limitate, per quanto qui rileva, alle sole opere di interesse regionale. Oggi il nuovo assetto istituzionale delineato dal titolo V impone un maggiore riconoscimento del ruolo regionale, cio' considerando che l'approvazione del progetto - con la suddetta procedura - determina comunque l'accertamento della compatibilita' ambientale dell'opera e perfeziona ad ogni fine urbanistico ed edilizio l'intesa Stato-Regione sulla localizzazione, componando l'automatica variazione degli strumenti urbanistici vigenti ed adottati: e' quindi evidente che vi e' una interferenza pesante con le attribuzioni regionali in materia di governo del territorio in cui lo Stato dovrebbe limitarsi a dettare solo i principi regolatori della materia. E' vero che qui siamo di fronte alle grandi opere di interesse nazionale: tuttavia, come e' stato gia' sopra evidenziato, l'interesse nazionale non puo' piu' costituire un limite alle potesta' regionali, perche' non previsto nel nuovo titolo V. Il rispetto delle attribuzioni regionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost. avrebbe richiesto che l'intesa sulla localizzazione non fosse recessiva rispetto al potere statale di provvedere ugualmente a fronte del motivato dissenso regionale, ma si sarebbe dovuto configurare tale intesa come una reale forma di coordinamento paritario tale da porre i soggetti partecipanti sullo stesso piano in relazione alla decisione da adottare. Cio' nell'effettivo rispetto del principio della leale cooperazione che, in considerazione dell'incidenza della individuazione delle grandi opere con le attribuzioni costituzionalmente affidate alle regioni, avrebbe imposto una effettiva codeterminazione del contenuto dell'atto. Invece la procedura di localizzazione delle opere, configurata esattamente come era nel previgente assetto costituzionale, non e' sufficiente a superare i profili di illegittimita' costituzionale sopra denunciati, perche' l'intesa non puo' costituire un meccanismo attraverso il quale lo Stato si appropria di potesta' legislative ad esso non riservate dalla Costituzione. Inoltre la prevista procedura puo' trovare applicazione anche per la localizzazione delle opere che non sono interregionali e internazionali, e quindi per le opere regionali ove inserite nel programma. Infatti il comma sesto, lett. b), dell'articolo 3 in esame prevede che per tali opere, a fronte del motivato e permanente dissenso regionale, il ministro delle infrastrutture e dei trasporti propone al CIPE la sospensione dell'opera ovvero l'avvio della stessa procedura prevista in caso di dissenso sulle infrastrutture o insediamenti produttivi di carattere interregionale o internazionale. Quindi anche la localizzazione di un'opera che insiste nel territorio di una determinata ed unica regione puo' essere disposta senza il consenso della regione medesima. In tal caso e' ancora piu' evidente e grave la lesione delle competenze regionali in materia di governo del territorio e dei connessi aspetti concernenti la tutela idrogeologica, la difesa del suolo, la disciplina antisismica, la definizione delle misure a favore dello sviluppo sostenibile: temi, tutti, oggi disciplinati con leggi approvate dalla regione ricorrente che verranno travolte dalla normativa in questione. La lesione e' aggravata dal fatto che la decisione se sospendere l'opera ovvero proseguire nonostante il dissenso regionale e' assunta su proposta di un ministro e con decisione del CIPE in cui il presidente regionale non potra' che esprimere un mero parere. Oltre alla ravvisata violazione degli artt. 117 e 118 Cost., la procedura delineata dai commi quinto e sesto dell'art. 3 in esame e' illegittima per violazione dell'art. 76 Cost. in quanto: il quinto comma dispone che il progetto preliminare non e' sottoposto a conferenza di servizi. La legge delega n. 443/2001, all'art. 1, comma secondo, lett. d), stabiliva, quale criterio direttivo per l'esercizio della delega da parte del Governo, una modificazione della disciplina in materia di conferenza dei servizi e non gia' la sua totale soppressione invece disposta dalla disposizione qui contestata. Tanto e' vero che la citata lett. d) dell'art. 1 della legge 443 stabiliva che avrebbe dovuto essere prevista la facolta' da parte delle amministrazioni di proporre nella conferenza stessa prescrizioni e varianti migliorative del progetto; come gia' rilevato la legge 443 non ha conferito al Governo la delega per disciplinare anche la localizzazione delle opere regionali, con cio' rendendo sicuramente viziato per eccesso di delega il procedimento indicato dalla lettera b) del sesto comma dell'art. 3. B.4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 4 per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. Oltre alle censure di cui al punto A), l'art. 4 appare particolarmente lesivo delle attribuzioni regionali di cui agli artt. 117 e 118 Cost. in quanto viene ad applicarsi la procedura derogatoria ivi prevista, concernente l'approvazione del progetto definitivo, anche alle opere di interesse regionale. Valgono quindi i rilievi esposti al precedente punto B.3), anche per quanto attiene alla violazione dell'art. 76 Cost. e al conseguente eccesso di delega. Tale vizio si riscontra, ulteriormente, anche nel quinto comma dell'art. 4, ove si stabilisce che, in caso di dissenso regionale sull'approvazione del progetto definitivo, si procede secondo quanto disposto dall'art. 3, sesto comma, sopra censurato. Ma la legge 443, all'art. 1, comma 3-bis, (introdotto dalla legge n. 166/2002) ha previsto che, in alternativa alla procedura prevista al comma 2 per l'approvazione del progetto preliminare e definitivo (cioe' approvazione da parte del CIPE integrato con il presidente della regione ai fini dell'intesa sulla localizzazione), l'approvazione del progetto definitivo possa essere disposta con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del CIPE integrato dai presidenti regionali, sentita la Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo n. 281/1997 e previo parere delle competenti commissioni parlamentari. Il decreto delegato ha invece introdotto una diversa procedura, che, tra l'altro, non contempla il parere della conferenza unificata. Cio' determina una ulteriore violazione dell'art. 76 Cost. B.5) Illegittimita' costituzionale degli artt 6, 7, 8, 9, 10 e 11 per violazione dell'art. 117 Cost. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8 anche per violazione dell'art. 76 Cost. Gli articoli 6, 7, 8, 9, 10 e 11 disciplinano il regime derogatorio da applicarsi per la realizzazione delle opere, con incisive modifiche alla disciplina degli appalti e delle concessioni dei lavori. Dette disposizioni si pongono in contrasto con l'art. 117 Cost. Com'e' noto, infatti, il quarto comma del novellato articolo costituzionale dispone che spetta alle Regioni la potesta' legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Percio' se una materia non e' ricompresa nell'elenco di cui all'art. 117, secondo comma (legislazione esclusiva dello Stato), ne' in quello indicato nell'art. 117, terzo comma (legislazione concorrente), rientra nella competenza legislativa regionale riservata alle regioni. La disciplina dei lavori pubblici e privati di interesse pubblico e degli appalti ricade appunto nella competenza delle regioni di cui al citato art. 117, quarto comma, perche' non e' ricompresa tra le materie riservate allo Stato, ne' tra quelle soggette alla legislazione concorrente. D'altra parte anche la materia dell'industria - rilevante ai fini in esame per quanto attiene alla realizzazione degli impianti - rientra nella residuale competenza legislativa regionale. Percio' nella materia dei lavori pubblici e privati di interesse pubblico e degli appalti, le regioni possono legiferare con l'unico limite di rispettare la Costituzione ed i vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, mentre lo Stato non ha in materia potesta' legislativa, nemmeno per quanto attiene all'ambito dei principi fondamentali. Ne deriva che le indicate disposizioni, prevedendo la disciplina normativa derogatoria per gli appalti e le concessioni di lavori, volti alla realizzazione delle c.d. opere strategiche, viola la richiamata potesta' legislativa residuale delle regioni in materia di appalti e lavori pubblici e cio' e' tanto piu' lesivo in quanto, come sopra rilevato, la disciplina derogatoria viene ad applicarsi anche alle opere regionali. La circostanza poi che in tale materia vanno recepite ed applicate normative comunitarie non limita l'esercizio della suddetta potesta' legislativa regionale, perche' l'attuazione delle norme comunitarie nelle materie di competenza regionale e' attribuita alle regioni medesime. Ne' puo' sostenersi che nel caso in esame venga in considerazione una potesta' legislativa concorrente, trattandosi di lavori pubblici connessi a settori inclusi nel terzo comma dell'art. 117, quali i porti e gli aeroporti civili; le grandi reti di trasporto e di comunicazione; la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia. In primo luogo tale tesi non e' condivisibile, perche' il novellato art. 117, avendo eliminato ogni riferimento alla natura regionale dei lavori pubblici - presente invece nel precedente art. 117 Cost. - non consente di limitare la potesta' legislativa regionale in base alla tipologia e alla natura delle opere da realizzare. In ogni caso, pur nella denegata ipotesi in cui volesse accedersi alla suddetta tesi, sussisterebbe comunque la violazione delle competenze regionali. Nelle materie a legislazione concorrente, infatti, il potere legislativo statale e' ora limitato alla mera individuazione dei principi fondamentali, con esclusione quindi di ogni normativa direttamente regolante la materia. La normativa qui contestata invece non detta i principi, ma contiene una disciplina compiuta e di dettaglio dell'intero settore, senza che cio' possa trovare giustificazione con il richiamo al suddetto art. 117, secondo comma, Cost. La normativa in questione - come sopra evidenziato - nasce per raggiungere grandi obiettivi di modernizzazione strutturale: a tal fine, posto il principio e l'obiettivo, nulla impedisce che il legislatore regionale sia chiamato, nelle materie ad esso riservate, a dettare la normativa concretamente applicabile finalizzata al suddetto risultato. Non vengono quindi in rilievo i profili di tutela della concorrenza e di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale, tanto e' vero che nessuno dei principi dettati al legislatore delegato contenuti nelle disposizioni impugnate e' giustificabile in nome dei suddetti compiti riservati al legislatore nazionale. L'art. 8, poi, presenta un ulteriore profilo di illegittimita' costituzionale. Si prevede che il Ministero pubblichi la lista delle infrastrutture per le quali il soggetto aggiudicatore ritiene di sollecitare la presentazione di proposte da parte di promotori. Se la proposta e' presentata, il soggetto aggiudicatore, ove valuti la stessa di pubblico interesse, promuove la procedura di VIA se necessaria e la procedura di localizzazione urbanistica ai sensi del precedente articolo 3. Il CIPE valuta la proposta del promotore unitamente al progetto preliminare e, se ritenga di non approvarla, la rimette al soggetto aggiudicatore per una nuova istruttoria o per la realizzazione dell'opera con diversa procedura. La norma non chiarisce se le infrastrutture che il ministro inserisce nella lista per sollecitare le proposte dei promotori siano individuate tra quelle gia' ricomprese nel programma delle opere strategiche predisposto d'intesa con le regioni e con la conferenza unificata ai sensi dell'art. 1, comma 1, della legge n. 443/2001. La risposta non dovrebbe che essere positiva, in quanto, se cosi' non fosse, non dovrebbe trovare applicazione la normativa in esame, posto che la stessa riguarda le opere strategiche inserite nel programma medesimo. Tuttavia i dubbi sorgono perche': innanzitutto l'art. 8, primo comma, non chiarisce espressamente che la lista pubblicata e' quella delle infrastrutture gia' inserite nel programma delle opere strategiche (si noti, invece, che l'art. 37-bis della legge 109/1994 consente ai promotori di presentare alle amministrazioni proposte relative alla realizzazione di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilita' che siano inseriti nella programmazione triennale); il quarto comma dell'art. 8 prevede che, ove il CIPE ritenga di non approvare la proposta, la rimette all'aggiudicatore per una nuova istruttoria o per la realizzazione dell'opera con diversa procedura. Tale prevista possibilita' avvalora la tesi per cui le infrastrutture inserite nella lista al fine di sollecitare le proposte dei promotori non sono necessariamente quelle gia' inserite nel programma, perche' altrimenti non sarebbe possibile, in virtu' di quanto stabilito all'art. 1 del decreto in oggetto, adottare una procedura diversa da quella fissata nel decreto stesso. Se quindi la norma dovesse intendersi nel senso di consentire la pubblicazione di infrastrutture e la successiva presentazione di proposte dei promotori anche per opere che non siano preventivamente inserite nel programma di cui all'art. 1, comma 1, della legge 443, la disposizione sarebbe ulteriormente incostituzionale per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. Cosi' facendo, infatti, si dilaterebbe oltre misura e a mero arbitrio del soggetto aggiudicatore il numero delle opere soggette al particolare regime derogatorio dettato dal decreto, con possibilita' di localizzare con il procedimento dell'art. 3 anche le opere non preventivamente inserite nel programma e su cui quindi non e' stata raggiunta, ne' ricercata l'intesa con la regione che sara' interessata dall'opera, come invece prevede l'art. 1, primo comma, della legge n. 443. Cio', oltre tutto, in assenza di delega legislativa conferita a tal fine dalla legge 443 al Governo. B.6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 13 per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost. L'art. 13 detta le procedure per la localizzazione, l'approvazione dei progetti, la V.I.A. degli insediamenti produttivi e delle infrastrutture private strategiche per l'approvvigionamento energetico, richiamando l'applicazione dei precedenti artt. 3 e 4 del decreto. Anche tale disposizione si presenta dunque costituzionalmente illegittima, per violazione degli artt. 76, 117 e 118 Cost., per i motivi esposti ai precedenti punti B.3 e B.4, cui si rinvia. B.7) Illegittimita' costituzionale dell'art. 15 per violazione degli artt. 76 e 177, sesto comma, Cost. L'art. 15 dispone che il Governo provvede a modificare ed integrare il regolamento di attuazione della legge n. 109/1994, approvato con il d.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554, in materia di lavori pubblici, nonche' gli altri regolamenti emessi in base alla stessa legge quadro, con l'emanazione di norme regolamentari necessarie per la migliore realizzazione delle infrastrutture; tali regolamenti abrogano o derogano dalla loro entrata in vigore le norme di diverso contenuto vigenti in materia. In particolare con tali regolamenti possono essere disciplinate le modalita' di compimento dell'istruttoria del progetto definitivo a mezzo della conferenza dei servizi; le modalita' di approvazione delle varianti al progetto definitivo approvato, assicurando la possibilita' per la regione, le province autonome ed i ministri partecipanti al CIPE di verificare la natura e l'impatto delle stesse senza pregiudizi per la continuita' dei lavori; le ulteriori norme transitorie per l'applicazione del decreto in oggetto; l'istituzione di un sistema di qualificazione dei contraenti generali; gli elaborati tecnici necessari alla integrazione del progetto preliminare. In sostanza il decreto delegato autorizza il governo ad intervenire con regolamenti ad integrare, completare e modificare la normativa di realizzazione dei lavori. La norma e' incostituzionale innanzitutto per violazione dell'art. 76 della Costituzione. Infatti l'art. 1, terzo comma, della legge n. 443/2001 - peraltro oggetto di censura nel ricorso proposto dalla Regione Toscana avverso la stessa legge - delegava il Governo solo ad integrare e modificare il regolamento n. 554/1999 per gli adeguamenti necessari rispetto alla nuova normativa introdotta. L'art. 15 in esame, invece, contiene una disposizione di portata molto piu' estesa, perche' prevede che i regolamenti governativi potranno integrare e completare la normativa in materia di realizzazione delle opere, anche con la disciplina di aspetti rilevanti e totalmente non disciplinati dal decreto in oggetto, come ad esempio quello delle varianti al progetto definitivo, ove, addirittura, si stabilisce che le regioni potranno verificare la natura e l'impatto delle varianti, senza pero' pregiudicare la continuita' dei lavori. Vi e' quindi un evidente eccesso di delega legislativa che determina una lesione dell'autonomia regionale, perche' i successivi regolamenti vengono delegati (dal decreto legislativo) a completare la normativa del settore delle c.d. opere strategiche. La disposizione e' altresi' incostituzionale per violazione dell'art. 117, sesto comma, della Costituzione. Com'e' noto, la riforma costituzionale ha stabilito che la potesta' regolamentare spetta allo Stato solo nelle materie di sua legislazione esclusiva, mentre compete alle regioni in ogni altro caso. Percio' il regolamento statale non e' fonte idonea ad integrare e modificare - come dispone la censurata disposizione - la materia di realizzazione dei lavori pubblici e delle opere private di interesse pubblico, posto che tale materia non rientra, come gia' rilevato, tra quelle riservate alla legislazione esclusiva statale. Ne' la rilevata incostituzionalita' puo' ritenersi superata dalla previsione contenuta nella seconda parte del primo comma dell'art. 15, per cui i futuri regolamenti si applicano alle regioni per le procedure di intesa per l'approvazione dei progetti e per l'aggiudicazione delle infrastrutture, mentre per quanto non pertinente a queste procedure si applicano sino alla data di entrata in vigore di diversa normativa regionale. Infatti tale previsione presuppone che le procedure di intesa per l'approvazione dei progetti e le procedure di aggiudicazione delle infrastrutture rientrino nelle materie di competenza statale; ma cio' non e' conforme all'art. 117 Cost. il quale non prevede tali materie nell'ambito della riserva statale, come gia' piu' dettagliatamente rilevato al precedente punto A. Quindi la fonte regolamentare statale non e' abilitata dal nuovo art. 117 Cost. a disciplinare la materia. Inoltre ai suddetti regolamenti e' attribuita l'idoneita' di abrogare e derogare dalla loro entrata in vigore le diverse norme vigenti in materia e, dunque, anche quelle regionali. Ne deriva che una legge regionale, legittimamente approvata in materia di lavori pubblici, puo' venire abrogata da un regolamento governativo, in totale violazione del citato art. 117, sesto comma, Cost. A tale proposito, gia' nel previgente assetto costituzionale, la Corte costituzionale ha affermato che i regolamenti statali con la capacita' abrogativa del cd. regolamenti delegati, pur se autorizzati da un'apposita disposizione di legge a disciplinare innovativamente uno specifico settore, non riguardano la sfera di diretta spettanza regionale (sentenza n. 482/1995). B.8) Illegittimita' costituzionale dell'art. 16, primo, secondo, terzo, sesto e settimo comma, per violazione degli artt. 117 e 118 Cost. L'art. 16, primo, secondo, terzo, sesto e settimo comma, viola gli artt. 117 e 118, per i motivi sopra esposti, in quanto anticipa la normativa qui contestata anche ai progetti gia' in corso. B.9) Illegittimita' costituzionale degli articoli 17, 18, 19 e 20 per violazione dell'art. 117 Cost. Gli artt. 17 e 18 aprono il capo II del decreto concernente le procedure per la valutazione di impatto ambientale delle grandi opere. Il primo comma dell'art. 17 dispone che la disciplina riguarda la procedura di valutazione di impatto ambientale e dell'autorizzazione integrata ambientale (quest'ultima in realta' non e' dettata, ma e' rinviata ad un successivo decreto legislativo dall'ultimo comma della norma) per le infrastrutture e gli insediamenti produttivi soggetti a tale procedure a norma delle disposizioni vigenti relative alla V.I.A. statale. In realta', poi, il quarto comma dell'art. 17 dispone che "per le infrastrutture ed insediamenti produttivi soggetti a screening o valutazione di impatto ambientale regionale, il provvedimento di compatibilita' ambientale e' emesso dal CIPE, previa valutazione da esprimersi dalle regioni nei modi e nei tempi stabiliti dall'art. 3". L'art. 18 detta la procedura senza prevedere alcuna particolare partecipazione regionale. Quindi se la sopra rilevata contraddizione tra il primo e il quarto comma dell'art. 17 va risolta - com'e' probabile, considerando l'impostazione complessiva del decreto legislativo - nel senso che la procedura si applica anche alle infrastrutture ed agli insediamenti soggetti a screening e a V.I.A. regionale, gli artt. 17 e 18 determinano una rilevante lesione delle competenze regionali. Si prevede infatti una procedura in cui ogni decisione e' rimessa al CIPE e in cui il ruolo regionale e' degradato a quello puramente consultivo, facilmente superabile, considerando che le norme non attribuiscono alcun valore ad una eventuale valutazione non positiva della regione. Anche in tal caso l'interferenza con le attribuzioni regionali in materia di governo del territorio e' rilevante, posto che la V.I.A. ha ad oggetto l'incidenza e l'impatto sul territorio delle opere e tende a verificare e ad individuare le misure per mitigare l'impatto stesso. La disposizione vanifica cosi' per un numero rilevante ed indefinito di opere la stessa normativa regionale concernente la valutazione di impatto ambientale approvata dalla regione ricorrente (l.r. 3 novembre 1998, n. 79 "Norme per l'applicazione della V.I.A.). L'interferenza e' particolarmente incisiva anche perche' la procedura di V.I.A. dettata dalle norme del decreto 190 in esame, si caratterizza, oltre che per i termini alquanto ristretti, anche per una "semplficazione" dell'istruttoria e, quindi, della ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti e per la sua concentrazione presso il Ministero dell'ambiente. La nuova disciplina quindi deroga alle disposizioni in tema di conferenza dei servizi, nell'ambito del procedimento per l'autorizzazione di opere soggette a V.I.A. di cui agli artt. 14-bis, ter e quater della legge n. 241/1990, nonche' a tutta la normativa regionale emanata in attuazione di tali principi. Ne' puo' obiettarsi che i suddetti rilievi non sono fondati per la competenza statale in materia di tutela ambientale riconosciuta allo Stato dall'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.: in merito infatti la Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 407/2002, ha chiarito che l'ambiente e' un valore costituzionalmente protetto che, in quanto tale, delinea una sorta di materia trasversale in ordine alla quale si manifestano competenza diverse che ben possono essere regionali e che in quanto tali devono essere salvaguardate. La valutazione ambientale delle opere che, come quelle in esame, hanno un notevole impatto sul territorio incide senza dubbio sulla materia regionale del governo del territorio e sugli aspetti con questa connessi, quali la tutela idrogeologica del territorio, la difesa del suolo, la definizione delle misure a favore dello sviluppo sostenibile. E' percio' particolarmente lesiva delle attribuzioni regionali la totale estromissione delle regioni dalla procedura di V.I.A. delineata dalle norme in oggetto. Le stesse censure valgono anche nei confronti degli artt. 19 e 20 che istituiscono la commissione speciale di valutazione di impatto ambientale e ne disciplinano i compiti. La commissione, nominata dal Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, e' composta da venti membri, oltre il presidente, scelti tra professori universitari e professionisti particolarmente qualificati in materie progettuali, ambientali, economiche e giuridiche, nonche' tra dirigenti della pubblica amministrazione. La commissione provvede all'istruttoria tecnica ai fini della V.I.A., esprime il proprio parere sul progetto ed ha anche il compito di verificare l'ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni del provvedimento di V.I.A. e di effettuare i controlli sull'esatto adempimento dei contenuti e delle prescrizioni indicate nel provvedimento di compatibilita' ambientale. Nella commissione non e' istituzionalmente prevista la partecipazione delle amministrazioni regionali e cio' rappresenta una ulteriore lesione delle attribuzioni delle regioni anche perche', come sopra rilevato, la citata commissione valuta anche le infrastrutture e gli insediamenti soggetti a screening o a V.I.A. regionale. In conclusione, il particolare regime derogatorio introdotto dal decreto legislativo in oggetto sia per la localizzazione che per la realizzazione delle opere c.d. strategiche, tra cui possono rientrare anche opere di interesse regionale, non lascia spazio per alcun tipo di autonomo intervento legislativo regionale nelle materie di competenza e limita fortemente anche l'esercizio delle funzioni amministrative delle regioni nonche' di quelle dalla regione attribuite agli enti locali nelle materie stesse. Ne consegue che le regioni saranno costrette a subire la localizzazione delle opere determinata dallo Stato (perche' la legge non garantisce che il dissenso regionale sulla localizzazione delle stesse costituisca motivo per individuare una localizzazione concordata con l'amministrazione regionale), nonche' a dare un mero parere sugli aspetti di compatibilita' ambientale ed idrogeologica, che comunque puo' benissimo essere disatteso dal CIPE ovvero dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che sostituisce a tutti gli effetti ogni atto autorizzatorio normalmente necessario in base alla procedura ordinaria. Appare fortemente riduttivo della riforma introdotta dalla legge costituzionale n. 3/2001 ritenere che l'etichetta "strategico" apposta ad un'opera sia di per se' sufficiente per legittimare la riappropriazione in capo allo Stato di funzioni legislative ed amministrative in materie non ricomprese tra quelle che l'art. 117 Cost. riserva in via esclusiva allo Stato stesso. Da tutte le argomentazioni esposte discende l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate.
P. Q. M. Si confida che la Corte costituzionale dichiari l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 13, 15, 16 (commi primo, secondo, terzo, sesto e settimo), 17, 18, 19 e 20 del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, per violazione degli articoli 76, 117, 118 e 120 della Costituzione. Si deposita la delibera della giunta regionale n. 1071/2002. Firenze-Roma, addi' 23 ottobre 2002 Avv. Lucia Bora - Avv. Vito Vacchi - Avv. Fabio Lorenzoni 02C1005