N. 460 ORDINANZA 4 - 19 novembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo penale - Reati a citazione diretta - Scadenza dei termini di
  indagine  -  Rigetto della richiesta di archiviazione, avanzata dal
  pubblico   ministero   -   Ordine   a   quest'ultimo  di  formulare
  l'imputazione   -   Mancanza   del   previo   invio,  all'indagato,
  dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis
  cod.  proc.  pen.)  (pena  la  nullita'  del decreto di citazione a
  giudizio)  - Prospettata incidenza sul valido esercizio dell'azione
  penale  e  sul  diritto  di  difesa  - Manifesta infondatezza della
  questione.
- Cod.  proc.  pen.,  artt. 409,  comma 5, 415-bis e 552, comma 2 (in
  combinato disposto).
- Costituzione, artt. 24, 101 e 112.
(GU n.47 del 27-11-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale del combinato disposto
degli  artt. 409,  comma  5,  415-bis  e  552, comma 2, del codice di
procedura  penale  promosso  con ordinanza emessa il 10 dicembre 2001
dal  giudice  per  le indagini preliminari del Tribunale di Cuneo nel
procedimento  penale a carico di T.F. ed altra, iscritta al n. 96 del
registro  ordinanze  2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 11, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella camera di consiglio del 25 settembre 2002 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick;
    Ritenuto  che, con ordinanza del 10 dicembre 2001, il giudice per
le  indagini  preliminari  del  Tribunale  di  Cuneo ha sollevato, in
relazione  agli articoli 24, secondo comma, 101, secondo comma, e 112
della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale del
combinato  disposto degli artt. 409, comma 5, 552, comma 2, e 415-bis
del  codice  di procedura penale, nella parte in cui prevede che, nei
reati  a  citazione  diretta - in esito a richiesta di archiviazione,
avanzata  dal  pubblico  ministero  oltre  la scadenza dei termini di
indagine  e  non accolta dal giudice delle indagini preliminari -, il
pubblico ministero, richiesto di formulare dal giudice l'imputazione,
debba  provvedere a tale adempimento ed alla successiva emissione del
decreto  che dispone il giudizio senza il previo invio, all'indagato,
dell'avviso   di   conclusione  delle  indagini  preliminari  di  cui
all'art. 415-bis  cod.proc.pen.,  per l'avvenuta scadenza del termine
delle stesse;
        che   il  giudice  rimettente  -  premesso  di  essere  stato
investito  dal  pubblico ministero di una richiesta di archiviazione,
avanzata  dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari; di
avere  fissato,  in esito all'opposizione proposta dal querelante, la
relativa  udienza  camerale; e di dover comunque respingere, senza la
necessita'  di  ulteriori indagini, la richiesta medesima - muove dal
rilievo   che   l'art. 415-bis   cod.  proc.  pen. "pare,  di  fatto,
precludere  al  giudice  per  le  indagini  preliminari  il  concreto
esercizio  dell'obbligo  conferitogli  dalla  disposizione  di cui al
quinto  comma  dell'art. 409  cod.  proc.  pen." e cioe' l'ordine, al
pubblico ministero, di formulare l'imputazione, nel caso di richiesta
di archiviazione non accolta;
        che  infatti,  secondo  il  giudice  a  quo, il mancato invio
dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini  prima  della  relativa
scadenza   -   adempimento   la   cui   omissione  provoca,  a  norma
dell'art. 552,  comma  2, cod. proc. pen., la nullita' del successivo
decreto  di  citazione  a  giudizio  -  determinerebbe l'esercizio di
un'azione   penale   "geneticamente  viziata",  poiche'  il  pubblico
ministero,  richiesto di formulare dal giudice l'imputazione, sarebbe
tenuto ad emettere il decreto di citazione a giudizio senza aver dato
tempestivamente    all'imputato    l'obbligatorio   avviso   di   cui
all'art. 415-bis cod. proc. pen;
        che    risulterebbe   pertanto   violato   l'art. 112   della
Costituzione,  in  quanto  il pubblico ministero verrebbe determinato
"ad un esercizio dell'azione penale radicalmente nullo";
        che,   inoltre,   la  normativa  denunciata  si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto
l'omissione  dell'avviso  previsto  dall'art. 415-bis cod. proc. pen.
priverebbe   l'indagato   "di   un   momento  difensivo  di  assoluta
rilevanza";  e,  infine,  risulterebbe leso anche l'art. 101, secondo
comma,  della medesima Carta, in quanto il giudice - di fronte ad una
richiesta  di  archiviazione formulata dal pubblico ministero dopo la
scadenza  dei termini di indagine - "non potrebbe adempiere al dovere
di    sollecitare    l'esercizio   dell'azione   penale   validamente
esperibile";
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  il  quale  ha  chiesto  che  la  questione sia dichiarata non
fondata.
    Considerato  che  la questione fonda la propria consistenza sulla
premessa  interpretativa secondo cui l'invio all'indagato dell'avviso
di conclusione delle indagini preliminari, previsto dall'art. 415-bis
cod.  proc.  pen., configuri un obbligo in capo al pubblico ministero
che  prescinde dalle determinazioni che il suddetto organo ritiene di
dover assumere in ordine all'esercizio dell'azione penale;
        che,   viceversa,   la   lettera   della   legge   e'  chiara
nell'affermare  che  l'avviso  in  questione  deve  essere notificato
soltanto   nell'ipotesi  in  cui  il  pubblico  ministero  non  debba
"formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli artt. 408 e 411"
del codice di rito;
        che, d'altra parte - posto che la funzione dell'avviso di cui
al  richiamato  articolo  415-bis appare essere chiaramente quella di
assicurare  una  fase  di  "contraddittorio"  tra indagato e pubblico
ministero,  in  ordine alla completezza delle indagini - consegue che
l'espletamento  di  quella fase e la garanzia di uno specifico ius ad
loquendum  dell'indagato  in  tanto  si  giustificano,  in  quanto il
pubblico  ministero  intenda  coltivare  una prospettiva di esercizio
dell'azione penale; altrimenti, infatti, si determinerebbe un anomalo
"controllo"  dell'indagato  in  vista  di  un'eventuale  richiesta di
archiviazione,  non  soltanto  del  tutto  superfluo nel quadro delle
garanzie  che il sistema deve approntare, ma addirittura "anticipato"
rispetto  allo  specifico  scrutinio  riservato  al  giudice  per  le
indagini preliminari;
        che  quando  -  come  nel  procedimento  a  quo - ricorre una
ipotesi  di  esercizio  dell'azione  penale conseguente all'ordine di
formulare  l'imputazione  a seguito di richiesta di archiviazione non
accolta,  il  contraddittorio  sulla  eventuale  incompletezza  delle
indagini  trova  necessariamente  sede  nella  udienza  in  camera di
consiglio,  che  il  giudice  e'  tenuto  a fissare ove la domanda di
"inazione" del pubblico ministero non possa trovare accoglimento;
        che,  pertanto, appare insussistente il preteso contrasto con
l'art. 112  della  Costituzione,  in quanto nessuna nullita' - per il
mancato  avviso  di conclusione delle indagini ex art. 415-bis - puo'
conseguire  ove  la  citazione  diretta  sia  imposta dal giudice; e,
parimenti,  nessuna lesione al diritto di difesa puo' prospettarsi in
tale   situazione,   in   quanto   tale  diritto  e',  nella  specie,
congruamente  assicurato  nella sede camerale che precede l'ordine di
formulare l'imputazione;
        che  neppure  e'  violato, infine, l'art. 101, secondo comma,
della   Costituzione,   poiche'   tale   censura  muove  dall'erroneo
presupposto  di  ritenere  che  la  citazione  diretta  del  pubblico
ministero,  emanata  a seguito dell'ordine del giudice, sia nulla ove
non  preceduta  dall'avviso  di  cui  all'art. 415-bis  cod.proc.pen;
sicche',  venendo  meno  tale  premessa,  si  dissolve alla radice la
fondatezza  della  tesi  del  rimettente, secondo la quale il giudice
sarebbe  indotto  all'accoglimento  della richiesta di archiviazione,
per non imporre al pubblico ministero l'esercizio di un'azione penale
radicalmente nulla;
        che  la  questione  deve,  pertanto, ritenersi manifestamente
infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  del  combinato  disposto degli articoli
409, comma 5, 415-bis e 552, comma 2, del codice di procedura penale,
sollevata,   in   riferimento   agli   artt. 24,   101  e  112  della
Costituzione,  dal  giudice per le indagini preliminari del Tribunale
di Cuneo con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 4 novembre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Flick
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 19 novembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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