N. 466 SENTENZA 20 novembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Rilevanza   delle   questioni   -  Motivazione  addotta  dal  giudice
  rimettente   -   Plausibilita'   -   Rigetto   delle  eccezioni  di
  inammissibilita'  prospettate  ex  adverso - Ininfluenza di aspetti
  estranei al giudizio introdotto.
Radiotelevisione  -  Emittenti private - Radiodiffusione su frequenze
  terrestri  analogiche  in  ambito  nazionale - Divieto di irradiare
  piu'  del  20%  dei programmi televisivi - Reti eccedenti il limite
  prescritto  -  Cessazione  del  regime  transitorio, con obbligo di
  trasmettere  i  programmi esclusivamente via satellite o via cavo -
  Mancata  previsione  di  un  termine finale certo e non prorogabile
  (non  oltre  il  31 dicembre 2003) - Contrasto con il principio del
  pluralismo    dei    mezzi   di   informazione   -   Illegittimita'
  costituzionale in parte qua.
- Legge 31 luglio 1997, n. 249, art. 3, comma 7.
- Costituzione, artt. 3 e 21.
Radiotelevisione  -  Emittenti private - Radiodiffusione su frequenze
  terrestri  analogiche  in ambito nazionale - Periodo transitorio in
  deroga   al   prescritto   limite  di  irradiazione  dei  programmi
  televisivi  -  Determinazione  da parte dell'Autorita' indipendente
  preposta  a  garanzia del settore delle comunicazioni - Prospettato
  contrasto  con  i principi di ragionevolezza, del pluralismo, della
  liberta'  di iniziativa economica e con il giudicato costituzionale
  - Non fondatezza della questione.
- Legge 31 luglio 1997, n. 249, artt. 2, comma 6, e 3, comma 6.
- Costituzione, artt. 3, 21, 41 e 136.
(GU n.47 del 27-11-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, e
dell'art. 3,  commi  6  e  7,  della  legge  31 luglio  1997,  n. 249
(Istituzione  dell'Autorita'  per  le  garanzie nelle comunicazioni e
norme   sui   sistemi  delle  telecomunicazioni  e  radiotelevisivo),
promosso  con  ordinanza  emessa  il  31 gennaio  2001  dal Tribunale
amministrativo   regionale   del   Lazio   sul  ricorso  proposto  da
Adusbef-Associazione   utenti   e  consumatori  ed  altri  contro  la
Presidenza  del  Consiglio  dei ministri ed altri, iscritta al n. 374
del  registro  ordinanze  2001  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 21, 1a serie speciale, dell'anno 2001.
    Visti  gli  atti  di  costituzione di Adusbef, di Centro Europa 7
S.r.l.,  di  Rete  A S.r.l., di TV Internazionale S.p.a. ed altra, di
Prima TV S.p.a. ed altra, di R.T.I.-Reti Televisive Italiane S.p.a. e
della   Rai-Radiotelevisione   Italiana  S.p.a.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'8 ottobre  2002  il  giudice
relatore Riccardo Chieppa;
    Uditi  gli  avvocati  Massimo  Cerniglia  per  Adusbef,  Giuseppe
Oneglia,  Renzo Vistarini e Raffaele Izzo per Centro Europa 7 S.r.l.,
Federico  Sorrentino  per  Rete  A  S.r.l.,  Piero  D'Amelio  per  TV
Internazionale  S.p.a. ed altra, Felice Vaccaro e Giuseppe Morbidelli
per  Prima  TV  S.p.a.  ed  altra, Aldo Bonomo, Aldo Frignani e Luigi
Medugno per R.T.I.-Reti Televisive Italiane S.p.a., Filippo Satta per
la  RAI-Radiotelevisione  Italiana  S.p.a.  e  l'Avvocato dello Stato
Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  del  25 ottobre  1999 l'Adusbef-Associazione
utenti  e  consumatori, la Tbs-Television Broadcasting System S.p.A.,
il Cnt-Coordinamento nazionale televisioni, il Comitato per la tutela
dei diritti della libera manifestazione del pensiero e del pluralismo
e    l'Associazione    utenti   televisivi   adivano   il   Tribunale
amministrativo regionale del Lazio chiedendo l'annullamento:
        1) dei provvedimenti, emessi in data 30 luglio 1999 (rectius:
28 luglio  1999),  dal Ministro delle comunicazioni di rilascio delle
concessioni  ed  autorizzazioni  per  la  radiodiffusione  televisiva
privata in ambito nazionale su frequenze terrestri;
        2)   del   regolamento   per   il   rilascio  delle  suddette
concessioni,    approvato   con   deliberazione   1   dicembre   1998
dall'Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom);
        3)  del  regolamento  e del disciplinare per il funzionamento
della  Commissione  per  la  determinazione degli aventi diritto alle
concessioni;
        4) dei provvedimenti di negazione del diritto di accesso.
    Nel  corso  di  tale  giudizio,  il  Tar  adito ha sollevato, con
ordinanza  31 gennaio  2001,  questione  incidentale  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 2,  comma  6,  e  dell'art. 3, commi 6 e 7,
della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita' per le
garanzie    nelle   comunicazioni   e   norme   sui   sistemi   delle
telecomunicazioni  e  radiotelevisivo),  in riferimento agli artt. 3,
21,   136,   nonche',   nella  sola  motivazione,  all'art. 41  della
Costituzione.
    2.  - Osserva il Tribunale rimettente che le norme impugnate, pur
prescrivendo,   in   ossequio   a   quanto   statuito   dalla   Corte
costituzionale con la sentenza n. 420 del 1994, che non e' consentito
ad  uno  stesso  soggetto  di  irradiare  piu'  del 20% dei programmi
televisivi  su  frequenze  terrestri  in  ambito nazionale, hanno poi
demandato  all'Autorita'  per  le  garanzie  nelle  comunicazioni  di
"stabilire  un  periodo transitorio nel quale non vengono applicati i
limiti"  suddetti (art. 2, comma 6); piu' in particolare, continua il
giudice a quo l'art. 3, comma 6, consentirebbe l'esercizio delle reti
eccedenti   "a   condizione  che  le  trasmissioni  siano  effettuate
contemporaneamente  su  frequenze  terrestri  e  via  satellite o via
cavo",  nonche'  "esclusivamente  via  cavo o via satellite", dopo lo
spirare  del  termine che l'Autorita' - "in relazione all'effettivo e
congruo   sviluppo  dell'utenza  dei  programmi  radiotelevisivi  via
satellite e via cavo" - avrebbe indicato (art. 3, comma 7).
    Il  descritto  assetto  normativo avrebbe determinato, secondo il
Tar,  una  evidente violazione dei principi della ragionevolezza, del
pluralismo  nella  manifestazione  del  pensiero  e della liberta' di
iniziativa  economica,  cosi'  come  affermati  dalla citata sentenza
n. 420  del  1994, il cui contenuto risulterebbe, quindi, palesemente
eluso,  con  l'ulteriore violazione dell'art. 136 della Costituzione.
Le   disposizioni   legislative   denunciate,  attribuendo,  infatti,
all'Autorita'  per  le  garanzie  nelle  comunicazioni  un potere non
delimitato  nel  tempo,  consentirebbero l'indefinita protrazione del
regime televisivo giudicato incostituzionale.
    3.  -  Il  Tar ritiene che le questioni sollevate siano rilevanti
per   la  definizione  del  giudizio  instaurato,  sottolineando  che
l'insieme  degli  atti impugnati sarebbe stato adottato nella vigenza
del  predetto  regime  transitorio.  Il  rilascio  delle  concessioni
sarebbe avvenuto, pertanto, utilizzando "le risorse quali risultavano
disponibili  dopo  aver  assicurato,  in applicazione della normativa
impugnata,  la continuita' della gestione alle imprese che superavano
il  predetto  limite",  con  la  conseguenza che, ove il detto regime
transitorio   venisse   caducato,   "risulterebbe   incrementata   la
disponibilita'  di  frequenze  da  assegnare  ad altri aspiranti, con
evidente beneficio del pluralismo nella manifestazione del pensiero e
nell'informazione".
    4.  - Le questioni di costituzionalita' sono ritenute dal giudice
a  quo non manifestamente infondate in riferimento agli artt. 3, 21 e
136  della  Costituzione,  nonche'  in riferimento al principio della
liberta'  di  iniziativa economica, richiamato nella sola motivazione
dell'ordinanza.
    Il  collegio  rimettente  sottolinea,  a  tal  proposito,  che la
richiamata sentenza n. 420 del 1994 avrebbe consentito la protrazione
-  limitatamente  al  periodo  transitorio indicato dal decreto-legge
27 agosto    1993,   n. 323   (Provvedimenti   urgenti   in   materia
radiotelevisiva)  -  del regime previsto dall'art. 15, comma 4, della
legge  6 agosto  1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo
pubblico    e    privato),    dalla    stessa    sentenza   giudicato
incostituzionale,   nonche'   la   provvisoria   legittimazione   dei
concessionari  a  proseguire  nell'attivita'  di  trasmissione, cosi'
escludendosi un "vuoto" normativo.
    Tale periodo, che non avrebbe dovuto superare la data dell'agosto
del  1996,  e'  stato  prorogato  fino  al  31 luglio  del  1997  dal
decreto-legge  23 ottobre  1996,  n. 545  (Disposizioni  urgenti  per
l'esercizio    dell'attivita'   radiotelevisiva),   convertito,   con
modificazioni,  nella legge 23 dicembre 1996, n. 650. La legge n. 249
del  1997,  anziche'  sancire  - prosegue il collegio rimettente - il
definitivo  superamento  del  precedente assetto normativo dichiarato
incostituzionale,   avrebbe   rinviato   ad   una   data  imprecisata
l'efficacia  dei  limiti anticoncentrativi dalla stessa previsti, con
consequenziale  violazione  degli  artt. 3  e  21 della Costituzione,
nonche'  dell'art. 136  per  elusione del giudicato costituzionale di
cui alla citata sentenza n. 420 del 1994.
    Il  collegio  rimettente  conclude  ritenendo non condivisibili i
rilievi  prospettati  dai  controinteressati,  secondo i quali, da un
lato,    il   legislatore   conserverebbe   un   ampio   margine   di
discrezionalita'  nel  graduare nel tempo trasformazioni coinvolgenti
rilevanti  interessi,  dall'altro  sarebbe  pienamente  legittimo  il
conferimento  di  poteri  regolatori  ad  un'Autorita' amministrativa
indipendente, al fine di determinare il momento piu' opportuno per la
transizione  dal  regime  provvisorio  a  quello definitivo. Osserva,
infatti,  il  Tar  del Lazio che "la sentenza n. 420 del 1994 ha gia'
accordato al legislatore una moratoria di circa due anni, inutilmente
decorsa ed illegittimamente dilatata", e che "degli istituti invocati
dalle  parti  resistenti  non  puo'  farsi un uso strumentale, che si
risolva  nella  grave  lesione  del  giudicato costituzionale e nella
plateale violazione dei principi in esso affermati".
    5.  -  E'  intervenuto  il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura generale dello Stato, nella
persona dell'avvocato Giorgio D'Amato, deducendo l'inammissibilita' e
l'infondatezza della questione sollevata.
    In  particolare,  si  sostiene  l'inammissibilita' per difetto di
rilevanza sulla base del seguente ordine di motivi:
        a)  l'ordinanza  di  rimessione  fonderebbe  il  giudizio  di
rilevanza   sull'erroneo   presupposto  dell'impugnazione  del  piano
nazionale  di  assegnazione  delle  frequenze  per la radiodiffusione
televisiva,  rimasto,  invece,  "estraneo" all'oggetto del giudizio a
quo;
        b)   il  Tar  assumerebbe  erroneamente  che  le  concessioni
sarebbero state rilasciate utilizzando le risorse disponibili rimaste
libere  dopo aver assicurato la continuita' della gestione alle "reti
eccedenti".  L'affermazione  sarebbe, secondo la difesa erariale, non
corretta,  in  quanto  tutte  le  frequenze  destinate al servizio di
radiodiffusione  televisiva dal piano nazionale di ripartizione delle
frequenze  adottato  dal  Ministro  delle  comunicazioni  sono  state
assegnate  dal  piano  elaborato dall'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni.   L'eventuale   caducazione   del  regime  transitorio
censurato  non  potrebbe  comportare,  pertanto,  l'incremento  della
disponibilita'  di  frequenze  da attribuire ad altri aspiranti, come
ritenuto, invece, dal giudice rimettente;
        c)  quest'ultimo,  inoltre,  considererebbe  applicabile alla
fattispecie  oggetto  del giudizio il comma 6 dell'art. 2 della legge
n. 249  del  1997.  La predetta disposizione, rileva l'Avvocatura, si
indirizza,  viceversa,  ai  soli  programmi  in  tecnica  digitale (o
numerica)  e  non  anche a quelli trasmessi in tecnica analogica, che
sono  gli  unici  ad essere presi in considerazione dai provvedimenti
impugnati.
    Inoltre,   il  medesimo  art. 2,  comma  6,  quando  menziona  le
"autorizzazioni   si   riferirebbe  esclusivamente  ai  provvedimenti
autorizzatori  rilasciati  sia  per  la  ripetizione  di  segnali  di
emittenti estere o della concessionaria pubblica di cui agli artt. 38
e  43  della  legge 14 aprile 1975, n. 103 (Nuove norme in materia di
diffusione  radiofonica  e  televisiva),  sia  per i trasferimenti di
proprieta'  di  societa' esercenti l'attivita' radiotelevisiva di cui
all'art. 1, comma 6, lettera c), numero 13, della stessa legge n. 249
del  1997.  La norma, dunque, non disciplinerebbe la situazione delle
reti  eccedenti,  per l'esercizio delle quali non occorrerebbe alcuna
autorizzazione ministeriale.
    L'Avvocatura   generale   dello   Stato   conclude   le   proprie
argomentazioni   difensive,  in  punto  di  rilevanza,  ritenendo  la
questione  sollevata  astratta  perche'  non  strumentale alla tutela
delle posizioni soggettive azionate nel giudizio.
    Sotto    altro    profilo,   la   difesa   dello   Stato   deduce
l'inammissibilita'  della  questione  sollevata,  in  quanto  il  suo
accoglimento  inciderebbe  sulla scelta legislativa di determinare le
modalita'  di  messa  a  regime  del sistema misto disciplinato dalla
legge censurata.
    6.  -  Nel  merito,  l'Avvocatura  sostiene  l'infondatezza delle
censure con riferimento a tutti i parametri costituzionali evocati.
    Il   rimettente   non   avrebbe,  infatti,  spiegato  le  ragioni
dell'asserita   violazione   dei   principi   del   pluralismo  e  di
ragionevolezza,    limitandosi    a    richiamare    l'ordine   delle
argomentazioni sviluppato nella sentenza n. 420 del 1994.
    Il  richiamo sarebbe non corretto, nella prospettiva della difesa
erariale, secondo la quale l'attuale giudizio si svolgerebbe sotto la
vigenza  di  un  diverso  assetto  normativo  che,  in  ossequio alle
prescrizioni  contenute nella predetta decisione, avrebbe limitato il
numero  delle  reti  assentibili  ad  uno  stesso  operatore  privato
(art. 2, comma 6).
    Ad  avviso  dell'Avvocatura  la disciplina contenuta nell'art. 3,
commi  6 e 7, non potrebbe protrarre, senza soluzione di continuita',
il   regime  transitorio  precedente  il  1997.  La  norma,  infatti,
risponderebbe  ad  una  logica  coerente  con  il differente scenario
normativo  e  tecnico (legato alla rivoluzione digitale e al processo
di convergenza in atto) nel quale si applicherebbe.
    La  rapida  evoluzione  tecnologica,  conclude  l'Avvocatura,  ha
portato  di  recente  il  legislatore  a differire, con decreto-legge
23 gennaio  2001,  n. 5  (Disposizioni urgenti per il differimento di
termini  in  materia  di  trasmissioni  radiotelevisive  analogiche e
digitali,  nonche'  per  il risanamento di impianti radiotelevisivi),
convertito,  con  modificazioni,  nella legge 20 marzo 2001, n. 66, i
termini  per  il  rilascio  delle  concessioni per la radiodiffusione
televisiva privata in ambito locale su frequenze terrestri in tecnica
analogica.   Cio'  al  fine  di  favorire,  senza  gravosi  oneri  di
riconversione e ristrutturazione, il migliore e piu' rapido passaggio
ad un sistema di trasmissione in tecnica digitale.
    7.  - E' intervenuta nel giudizio l'Adusbef-Associazione utenti e
consumatori,  rappresentata e difesa dall'avvocato Massimo Cerniglia,
chiedendo  l'accoglimento  della  sollevata questione di legittimita'
costituzionale,  con  richiamo  alle  argomentazioni  gia'  contenute
nell'ordinanza del Tar.
    8.  -  Si  e' costituita la RAI-Radiotelevisione Italiana S.p.a.,
rappresentata e difesa dall'avvocato Filippo Satta, sostenendo che la
questione,  nei termini prospettati dall'ordinanza di rimessione, non
e' fondata.
    In  particolare,  la  societa'  deducente  ha  contestato  che la
disciplina  contenuta  nella  legge  n. 249  del  1997  possa  essere
qualificata  quale  proroga  pura  e  semplice del regime transitorio
instaurato  con  il  decreto-legge  n. 323 del 1993, e proseguito con
l'emanazione  del  decreto-legge  n. 545  del 1996. La suddetta legge
avendo  introdotto,  infatti, una nuova e piu' restrittiva disciplina
antitrust  con  fissazione  al  20%  del limite anticoncentrativo, si
sarebbe  adeguata  ai  principi  affermati  dalla sentenza n. 420 del
1994.
    La  previsione,  poi,  di  un  regime  transitorio  di  deroga al
suddetto  limite  risponderebbe,  secondo  la  difesa della RAI, alla
profonda e coerente razionalita' di consentire agli operatori privati
"eccedenti" di continuare in questa fase di transizione a trasmettere
in  simulcast,  in  attesa che la maturazione del mercato satellitare
consenta di riversare sullo stesso l'intera attivita' radiodiffusiva,
con  conseguente  possibilita'  di  cedere  a  terzi  la  concessione
terrestre  eccedentaria "in maniera industrialmente ed economicamente
indolore".
    Quanto all'assunta violazione dell'art. 21 della Costituzione, la
difesa  della  RAI  sottolinea  che  la  riduzione di un operatore in
eccedenza   non   sarebbe   da  sola  sufficiente  ad  assicurare  il
pluralismo. Una disciplina antimonopolistica che intenda garantire il
pluralismo  esterno  non  potrebbe  prescindere,  si  sostiene, dalla
concreta  situazione  del mercato assoggettato a controllo. In questa
prospettiva  assumerebbe  valenza  determinante  la  valutazione  del
bacino  di utenza coperto dal gestore, a prescindere dal numero delle
reti televisive possedute.
    La  difesa  della  concessionaria  del servizio pubblico conclude
affermando  che  le  condizioni  per  la  trasformazione  del settore
radiotelevisivo  sarebbero  ormai  mature.  L'innovazione tecnologica
numerica   terrestre   consentira'   un   aumento   illimitato  della
disponibilita'   di   radiofrequenze   assegnabili,  con  conseguente
accentuazione del pluralismo informativo.
    La  stessa  Autorita' per le garanzie nelle comunicazioni avrebbe
confermato,  secondo  la difesa della RAI, l'avvenuto mutamento della
situazione  del  mercato, affermando, con deliberazione 13 giugno del
2000,  n. 365,  che  l'istruttoria  volta ad accertare la sussistenza
delle condizioni per l'adozione della misura anticoncentrativa di cui
all'art. 3, commi 6 e 7, e' oramai pressoche' conclusa.
    9.  -  Si  e'  costituita  in giudizio la societa' Rete A S.r.l.,
rappresentata  e  difesa dall'avvocato Federico Sorrentino, chiedendo
l'accoglimento della questione sollevata.
    In via preliminare, viene ribadita la sussistenza della rilevanza
delle  sollevate  questioni  atteso  che  l'accoglimento delle stesse
condurrebbe non solo all'annullamento delle autorizzazioni rilasciate
alle  reti  eccedenti,  ma  finirebbe  anche per incidere sui criteri
seguiti  dall'Agcom  nell'assegnazione delle frequenze e nella stessa
determinazione del numero delle reti a copertura nazionale.
    Nel  merito,  la societa' deducente osserva, innanzitutto, che la
normativa  impugnata, non rispettando le prescrizioni contenute nella
sentenza n. 420 del 1994, violerebbe l'art. 136 della Costituzione.
    In  ordine  all'inosservanza  dell'art. 21 della Costituzione, la
difesa  della parte sostiene che la disciplina censurata, consentendo
il  superamento  dei limiti anticoncentrativi per un periodo di tempo
indeterminato,  si  porrebbe  in netto contrasto con il principio del
pluralismo   informativo.  Ne'  varrebbe  l'obiezione  relativa  alla
valenza  temporanea  delle disposizioni in esame. Rileva la difesa di
Rete  A  che gia' in altre occasioni la Corte ha salvato la normativa
radiotelevisiva  da  una  declaratoria di incostituzionalita' facendo
leva  sulla  assunta  transitorieta'  della  stessa,  cui, pero', non
sarebbe   mai   seguita  una  disciplina  conforme  alle  indicazioni
costituzionali.
    La  durata  del  periodo  transitorio - legata ad una valutazione
discrezionale  dell'Autorita'  per  le garanzie nelle comunicazioni -
sarebbe,  nella prospettiva della esponente, guidata dall'esigenza di
assicurare  il  passaggio  al  sistema  satellitare  o via cavo senza
alcuna  perdita  economica  per  il  soggetto interessato, al fine di
tutelare   le   imprese   operanti   in   violazione   delle   regole
anticoncentrazione,  relegando  sullo  sfondo l'esigenza - in realta'
primaria  -  di  garantire  il  rispetto del principio del pluralismo
informativo.
    La   societa'   conclude   le  proprie  argomentazioni  difensive
sottolineando   la   necessita'   che   la   Corte  estenda,  in  via
consequenziale,  la  dichiarazione  di  illegittimita' costituzionale
anche  all'art. 3,  comma  11, quarto periodo, della legge n. 249 del
1997.  Tale  disposizione  attribuirebbe,  infatti,  all'Autorita' lo
stesso  potere  discrezionale  nella  determinazione  del  periodo di
permanenza   nell'etere   anche   della  seconda  emittente  criptata
(Tele+Nero).
    10.  -  Si  e'  costituita  la  societa'  R.T.I.-Reti  Televisive
Italiane  S.p.a.,  rappresentata e difesa dagli avvocati Aldo Bonomo,
Aldo  Frignani,  Luigi  Medugno  e Avilio Presutti, eccependo, in via
preliminare,   l'inammissibilita'  per  irrilevanza  delle  sollevate
questioni per le stesse motivazioni illustrate dalla difesa erariale.
La deducente, sul punto, aggiunge che, allo stato, nessuna delle reti
in  esercizio  e' assegnataria di frequenze, che verranno determinate
nell'ulteriore   fase  di  progettazione,  rinviata,  secondo  quanto
previsto  negli  atti  di  concessione,  al  termine  di  24 mesi dal
31 luglio 1999, con possibilita' di proroga.
    Il problema dell'uso e della giusta distribuzione della provvista
di  frequenze disponibili potra', pertanto, divenire attuale soltanto
alla  scadenza  del  predetto  termine;  anche se - sempre secondo la
difesa  di  R.T.i. il sopravvenuto accantonamento del piano analogico
per  effetto dell'art. 2-bis della legge n. 66 del 2001 rendera' vana
qualunque attesa.
    Nel merito, si sostiene la manifesta infondatezza della questione
di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2,  comma  6, della legge
n. 249  del  1997,  che fissando il limite anticoncentrativo del 20%,
avrebbe  recepito  puntualmente  il dettato della sentenza n. 420 del
1994.
    Ad  avviso  della  societa'  R.T.I.,  la prospettata questione di
incostituzionalita'  dell'art. 3,  commi  6  e  7,  sarebbe anch'essa
manifestamente infondata.
    La disciplina transitoria, infatti, risulterebbe legittima per un
duplice  ordine  di  motivi.  Innanzitutto,  perche'  garantirebbe il
principio  del  pluralismo informativo, impedendo l'estinzione di una
emittente  nazionale,  cui  non potrebbe seguire il subingresso di un
nuovo  operatore  privato. In secondo luogo, perche' alla stessa rete
"eccedente"  il  legislatore  avrebbe  attribuito  un ruolo di traino
verso   la maggiore   diversificazione  dei  mezzi  di  trasmissione,
funzionale al piu' rapido sviluppo della tecnologia digitale.
    La  normativa  transitoria,  conclude  l'esponente,  non potrebbe
essere  considerata  come  mera  prosecuzione  temporale  del  regime
giuridico esistente prima della sentenza n. 420 del 1994. L'emittente
"fuori  limite"  (identificata  in Retequattro) svolgerebbe, infatti,
rispetto al passato, la sua attivita' di trasmissione via etere sulla
base  di  un  titolo  non  stabile,  con consequenziali ripercussioni
sull'intera fisionomia dell'attivita' di impresa dalla stessa svolta.
    La societa' sottolinea, infine, che la preoccupazione manifestata
dal  giudice  rimettente  di  una indefinita protrazione dell'attuale
sistema   regolamentare  per  lo  stato  dell'evoluzione  tecnologica
sarebbe  sconfessata dall'attivita' posta in essere dall'Autorita' di
settore e dalle recenti novita' normative.
    Nella  deliberazione  n. 365  del 2000 (sopra citata) l'Autorita'
ha,  infatti, ritenuto pressoche' conclusa l'istruttoria sulla misura
anticoncentrativa  ad essa demandata dal legislatore ex art. 3, commi
6 e 7.
    Il  decreto-legge  n. 5  del  2001  ha previsto il rilascio delle
licenze  e  delle  autorizzazioni  per  le trasmissioni digitali - da
parte  del Ministero per le comunicazioni - in base ad un regolamento
da  adottarsi,  dall'Autorita'  per  le garanzie nelle comunicazioni,
entro il 30 giugno 2001.
    11.  -  Si  sono costituite le societa' TV Internazionale S.p.a e
Beta   Television  S.r.l.,  rappresentate  e  difese  dagli  avvocati
Alessandro  Pace,  Piero  D'Amelio  e  Ottavio Grandinetti, chiedendo
l'accoglimento    delle    sollevate    questioni   di   legittimita'
costituzionale.
    Le  disposizioni  impugnate  - evidenzia la difesa delle predette
societa'   -  realizzerebbero  una  protrazione,  con  aggravio,  del
precedente   assetto   normativo   giudicato  incostituzionale  dalla
sentenza  n. 420  del  1994.  L'attuale  piano  di assegnazione delle
frequenze  consentirebbe,  infatti,  la  concentrazione in capo ad un
unico  operatore privato di tre reti sulle undici (e non piu' dodici)
complessivamente pianificate.
    L'occupazione  illegittima  da  parte delle tre reti R.T.I. di un
cospicuo  numero di radiofrequenze terrestri impedirebbe, inoltre, di
ridurre  l'attuale  disparita'  di  trattamento  esistente tra queste
ultime e le altre reti nazionali nella copertura televisiva via etere
terrestre.
    La  difesa delle societa' afferma che la mancanza di un parametro
normativamente  stabilito, secondo i principi propri della riserva di
legge,  nella  definizione del potere attribuito all'Autorita' per le
garanzie  nelle  comunicazioni  confermerebbe la illegittimita' delle
norme denunciate.
    I  deducenti  sostengono,  infine, che dovrebbe essere dichiarata
l'incostituzionalita'  consequenziale  dell'art. 3,  comma  11, della
stessa  legge n. 249 del 1997, il quale, pur prescrivendo che "nessun
soggetto   puo'  essere  destinatario  di  piu'  di  una  concessione
televisiva   su  frequenze  terrestri  in  ambito  nazionale  per  la
trasmissione  di  programmi in forma codificata", vanificherebbe tale
divieto   consentendo  il  permanente  utilizzo  della  seconda  rete
criptata,  sia  pure  in  via  provvisoria, "alle stesse condizioni e
termini previsti dai commi 6 e 7" dello stesso articolo.
    Nello  svolgimento  delle successive argomentazioni difensive sul
punto,  le societa' assumono l'incostituzionalita' non soltanto della
disciplina  "provvisoria"  delle trasmissioni codificate, ma anche di
quella  "a  regime".  La  ragione  sarebbe insita nella stessa natura
limitata  delle  frequenze  radioelettriche,  che  non potrebbero, in
quanto   tali,   essere   assegnate   ad   emittenti  criptate.  Tale
assegnazione  ridurrebbe,  infatti,  inevitabilmente  il numero delle
opzioni   informative   disponibili   per   quei  cittadini  che  non
intendessero sottoscrivere un abbonamento ad una pay-tv.
    La  scelta  legislativa  risulterebbe,  pertanto, ad avviso delle
esponenti, irrazionale e lesiva del pluralismo, nonche' "in contrasto
con  i  limiti  dell'utilita'  sociale  e  dell'interesse generale, i
quali,  ai  sensi  degli  artt. 41  e 42, primo comma, seconda parte,
della  Costituzione,  devono  caratterizzare  la  disciplina dei beni
(come l'etere) assoggettati al governo dello Stato".
    Ancora   secondo   la   difesa   della   societa'   la   gravita'
dell'espediente   legislativo   volto   a   neutralizzare  i  divieti
contenuti,  rispettivamente,  nell'art. 2,  comma  6,  e nell'art. 3,
comma  11,  si  misurerebbe  alla  luce  della  previsione, contenuta
nell'art. 17,   comma  2,  del  regolamento  per  il  rilascio  delle
concessioni,  dell'eventuale "subentro" di un terzo interessato nella
posizione  "utile"  occupata  in  graduatoria  da  "Retequattro" e da
"Tele+  Nero",  qualora  "entro  il  termine  di  cui  ai commi 6 e 7
dell'art. 3  della  legge  risultino  rimosse  le condizioni ostative
all'esercizio,  sulle frequenze terrestri in tecnica analogica, delle
reti  eccedenti".  Il  che  dovrebbe consentire la possibilita' di un
eventuale subentro "in soprannumero" da parte di un terzo acquirente,
con  la  grave conseguenza di impedire l'attuazione delle concessioni
rilasciate  nel luglio  del  1999.  Non  si  potrebbe, infatti, cosi'
trasferire  alle  altre  emittenti  le  frequenze "necessarie" per la
copertura del territorio.
    12. - Si sono costituite le societa' Prima TV S.p.a. ed Europa TV
S.p.a.,  rappresentate  e  difese  dagli  avvocati  Roberto Afeltra e
Felice  Vaccaro,  le quali, in via preliminare, chiedono che la Corte
dichiari  inammissibili  le  questioni  per  difetto di rilevanza. La
sopravvivenza  transitoria  delle  due  reti  eccedenti  non avrebbe,
infatti,  causato una minore disponibilita' di frequenze assegnabili.
Sul punto vengono sviluppate argomentazioni difensive analoghe svolte
dall'Avvocatura generale dello Stato e dalla societa' R.T.I.
    Nel  merito,  le  predette societa' deducono l'infondatezza della
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 6, della
legge  n. 249  del  1997,  atteso  che  le  Tele+  non  avrebbero mai
debordato dal limite anticoncentrativo del 20%.
    Quanto  alla  violazione  dell'art. 3,  commi 6 e 7, della stessa
legge, le esponenti evidenziano, con argomentazioni analoghe a quelle
esposte  dalla  societa'  R.T.I.,  il  pericolo  di estinzione di una
emittente   nazionale   senza   contestuale  aumento  del  pluralismo
informativo.
    13.  -  Si  e'  costituita  la  societa'  Centro Europa 7 S.r.l.,
rappresentata   e  difesa  dagli  avvocati  Giuseppe  Oneglia,  Renzo
Vistarini   e   Raffaele  Izzo,  ripercorrendo  l'iter  motivazionale
dell'ordinanza    del    Tar    e    condividendo   le   censure   di
incostituzionalita'  sollevate.  La  societa'  aggiunge che l'attuale
normativa  di  settore  le impedirebbe di utilizzare concretamente le
frequenze che le sono state assegnate nella fase di pianificazione, e
conclude per l'accoglimento delle questioni sollevate.
    14.  -  Nell'imminenza dell'udienza pubblica del 6 novembre 2001,
sono state depositate ulteriori memorie difensive.
    L'Avvocatura generale dello Stato ribadisce l'erronea valutazione
della  rilevanza  effettuata  dal giudice rimettente, aggiungendo che
esula  dall'oggetto  della  questione  sollevata  dal  Tar  qualunque
valutazione  attinente  alla non equivalente copertura del territorio
nazionale  da  parte  delle reti, cosi' come eventuali illegittimita'
dei provvedimenti amministrativi adottati.
    Si precisa, ad ogni modo, che l'eventuale caducazione delle norme
impugnate  non  determinerebbe  un incremento della disponibilita' di
frequenze per gli altri concessionari, atteso che:
        a) le frequenze occupate dalla rete "eccedente" non sarebbero
corrispondenti a quelle di una rete configurata nel piano;
        b) non si potrebbe effettuare una assegnazione provvisoria in
mancanza di specifica indicazione del piano stesso.
    La difesa erariale evidenzia, inoltre, che una eventuale sentenza
di  accoglimento inciderebbe negativamente sul c.d. piano di "disarmo
bilanciato"  predisposto  dal  legislatore del 1997, che vorrebbe una
contestuale attuazione delle norme di cui all'art. 3, commi 6, 7 e 9,
della  legge  n. 249  del  1997  (quest'ultimo  comma  e' relativo al
programma  di  ristrutturazione  di  una  delle reti della RAI in una
emittente che non puo' avvalersi di risorse pubblicitarie).
    Nel  merito,  l'Avvocatura  si  sofferma  ampiamente  sulla nuova
tecnica  di  trasmissione  digitale per evidenziare che l'aumento del
numero  dei programmi irradiabili non puo' non avere una ricaduta sui
criteri di adeguamento ai principi costituzionali in materia.
    Il   nuovo  scenario  digitale  ricevera'  completa  definizione,
continua  la  difesa  erariale,  entro  l'anno  2006,  secondo quanto
disposto  dall'art. 2-bis, comma 5, della legge n. 66 del 2001; medio
tempore verra' consentita la sperimentazione della diversa tecnica di
trasmissione  con  obbligo  dei  soggetti  titolari  di  piu'  di una
concessione   di   riservare   almeno   il  40%  della  capacita'  di
trasmissione  di  ciascun  blocco  di  programmi  ad altri operatori.
Riferisce  sempre  l'Avvocatura che l'Autorita' per le garanzie nelle
comunicazioni,  con  deliberazione  del  7 agosto 2001, n. 346, sulla
base  della predetta normativa e all'esito di approfondite analisi di
mercato, ha fissato il termine del 31 dicembre 2003 per il definitivo
abbandono  dell'etere  terrestre  da  parte delle reti eccedenti, con
riserva  di  rivedere  il  termine  stesso  entro il 31 gennaio 2003,
prevedendo  che  alla  data  per  prima indicata, almeno il 50% della
popolazione  sara' in grado di ricevere segnali televisivi digitali e
satellitari.
    Per  le  esposte  ragioni, l'Avvocatura conclude, anche alla luce
delle  menzionate  novita'  legislative  e provvedimentali, nel senso
della inammissibilita' o infondatezza della questione sollevata.
    15.  -  La  difesa  della  RAI  S.p.a.  si  richiama anch'essa al
contenuto  della  legge  n. 66 del 2001 e al provvedimento n. 346 del
2001 dell'Autorita' per evidenziare come la soglia del 50% - ritenuta
dall'Agcom  stessa  un  giusto  "bilanciamento  tra  la necessita' di
procedere  ad  una  rapida  deconcentrazione e le esigenze economiche
delle  imprese"  -  appaia rispondente ai criteri di ragionevolezza e
proporzionalita'.
    Dopo  aver  sottolineato  la  natura  del  tutto eterogenea della
misura   prevista   dall'art. 3,   comma   9,  rispetto  alle  misure
anticoncentrative  disposte  dai  commi 6 e 7 dello stesso art. 3, la
deducente insiste nella dichiarazione di infondatezza della questione
sollevata dal Tar.
    16. - La difesa di Rete A S.r.l. mette in evidenza, nella memoria
depositata,  che  il  termine del 31 dicembre 2003 fissato dall'Agcom
e':
        a)   eccessivamente  lontano  in  relazione  alla  perdurante
situazione di accertata illegittimita';
        b)  non  "credibile"  alla  luce  della  facolta'  di proroga
prevista;
        c)  "smentito"  da altre analisi di mercato, secondo le quali
la  diffusione  digitale  interessera' il 60% delle famiglie italiane
soltanto nel 2017.
    La  deducente  aggiunge,  inoltre,  che  il legislatore e l'Agcom
avrebbero  disegnato  un  circolo  vizioso, attribuendo il compito di
stimolare   e  accelerare  il  passaggio  alle  nuove  tecnologie  ai
principali   operatori  privati,  che  hanno  interesse  a  ritardare
l'attuazione  di  un  sistema  che  portera'  alla perdita della rete
"eccedente".
    La  parte  insiste,  pertanto, per l'accoglimento della questione
sollevata.
    17.  -  La  difesa di R.T.I. S.p.a., rispetto alle argomentazioni
difensive   prospettate  nell'atto  di  costituzione,  sottolinea  la
necessita' di una rinnovata valutazione del requisito della rilevanza
ad opera del giudice a quo, in quanto:
        a)  non  sarebbe stata impugnata, da parte dei ricorrenti, la
deliberazione n. 346 del 2001 dell'Agcom;
        b) tale deliberazione ha fissato il termine finale del regime
transitorio,    con   consequenziale   venuta   meno   della   natura
indeterminata  delle  disposizioni  censurate.  Da qui la prospettata
necessita'  di  una  restituzione  degli  atti al giudice a quo, gia'
altre  volte,  effettuata dalla Corte in presenza di ius superveniens
contenuto  in  atti  non  aventi  forza  di  legge (vengono citate la
sentenza n. 177 del 1991 e l'ordinanza n. 173 del 1973).
    Il  suddetto  provvedimento dell'Autorita' viene richiamato anche
al fine di riaffermare l'infondatezza della questione di legittimita'
costituzionale,  atteso  che non sussisterebbe piu' ne' il rischio di
una   protrazione   indefinita   del   regime  transitorio,  ne'  una
applicazione dello stesso per un periodo ancora eccessivamente lungo.
    In  questo  quadro  si  inserirebbe  la legge n. 66 del 2001, che
avrebbe  integrato  il regime transitorio previsto dalla legge n. 249
del  1997,  rispettando le indicazioni date dalla sentenza n. 420 del
1994.
    Dopo  aver  ricordato  le  disposizioni  piu' rilevanti del nuovo
assetto  televisivo  "imposto"  dal  legislatore, la difesa di R.T.I.
sostiene  che  le  attuali  reti "eccedentarie" dovranno - alla luce,
soprattutto,  di quanto statuito dall'art. 2-bis della legge citata -
svolgere  un  ruolo  trainante del sistema verso la conversione delle
tecniche   di  trasmissione  e  conseguentemente  verso  la  migliore
attuazione del principio del pluralismo informativo.
    La  societa'  deduce, inoltre, che una ipotetica dichiarazione di
illegittimita'  costituzionale  determinerebbe  il crollo dell'intero
sistema televisivo, in quanto:
        a) verrebbe a cadere l'insieme degli atti impugnati;
        b)  le  imprese  sarebbero  private  dei  titoli abilitativi,
tornando ad operare in una situazione di precarieta' ed incertezza;
        c)  non  sarebbe  possibile  assegnare  frequenze  "ad  altri
aspiranti",  atteso che, venute meno le concessioni, tutti i soggetti
diventerebbero soltanto "aspiranti";
        d) non si potrebbe procedere all'assegnazione di frequenze in
presenza di un piano "annullato".
    A  questo, la difesa della parte aggiunge che l'impossibilita' di
assegnazione  delle  frequenze  deriverebbe  anche  dal  fatto che le
stesse  sarebbero  localizzate  in determinati punti di irradiazione,
suscettibili,  in quanto tali, di utilizzazione soltanto mediante gli
impianti  disattivati.  Tutto  questo  evidenzierebbe l'errore in cui
sarebbe   incorso  il  giudice  rimettente;  da  cio'  la  rafforzata
necessita'  di un riesame della rilevanza della questione da parte di
quest'ultimo.
    18.  - La difesa di TV Internazionale S.p.a. e di Beta Television
S.r.l.,  in  ordine  alle  diverse  eccezioni  sollevate  dalle parti
costituite sulla rilevanza della questione, replica che, affinche' la
questione  di  legittimita'  costituzionale possa dirsi rilevante, e'
sufficiente  "una  non  implausibile motivazione sulla applicabilita'
nel  giudizio  a  quo  delle disposizioni" censurate; osserva che, in
ogni caso, nell'ipotesi concreta la rilevanza deriva dal fatto che il
trasferimento  sul  satellite  delle  reti eccedenti consentirebbe di
"recuperare"  un  numero  elevato  di  radiofrequenze suscettibili di
nuova assegnazione.
    Nel merito, le societa' ribadiscono la "consecuzione" temporale e
concettuale esistente tra la disciplina oggetto della sentenza n. 420
del  1994 e la legge n. 249 del 1997, attestata dal fatto che la rete
eccedente di R.T.I. continuerebbe ad operare grazie al rilascio della
concessione avvenuta nel 1992 sulla base dell'art. 15, comma 4, della
legge  n. 223  del  1990,  dichiarato  incostituzionale  con sentenza
n. 420 del 1994.
    Le  deducenti  affermano,  inoltre,  in  risposta  alla sostenuta
assenza  di  effetti  favorevoli  al pluralismo in caso di cessazione
dell'attivita' delle reti eccedenti, che una sentenza di accoglimento
consentirebbe  all'emittente  Centro  Europa 7 di iniziare ad operare
nel mercato e, piu' in generale, agli altri soggetti concessionari di
ottenere le frequenze in concreto assegnate.
    Quanto   alla   dedotta  influenza  dell'innovazione  tecnologica
digitale sulla garanzia del pluralismo osserva che tale influenza non
sarebbe  attuale, tenuto conto che la tecnologia digitale sostituira'
quella  analogica  soltanto  "entro l'anno 2006", quando gia' saranno
scadute le concessioni sessennali rilasciate nel luglio del 1999.
    La  situazione,  ad avviso delle deducenti, non e' mutata ne' con
la  fissazione  del  termine  ad opera della deliberazione dell'Agcom
n. 346  del  2001  (termine  ritenuto inattendibile e suscettibile di
successive  proroghe),  ne'  con  l'emanazione  della legge n. 66 del
2001.  Gli  artt. 1 e 2-bis di detta legge sarebbero, anzi, anch'essi
incostituzionali perche':
        a)  l'art. 1 impedirebbe alle amministrazioni competenti - in
contrasto  con  gli  artt. 3,  21,  41  e  97 della Costituzione - di
esercitare  le funzioni di governo dell'etere, la' dove consente alle
reti  (anche prive di concessioni) di proseguire nell'esercizio delle
loro trasmissioni sino all'attuazione del nuovo piano digitale;
        b)  gli  artt. 1  e  2-bis  perpetuerebbero sino al 2007 - in
contrasto  con gli artt. 3, 21, 41, 97 e 136 della Costituzione - uno
stato  di  fatto  gia'  dichiarato  incostituzionale, consentendo, al
contempo,  che  l'etere  terrestre  continui  -  in contrasto con gli
artt. 3,  21,  41,  42  e  97  - ad essere utilizzato dalle emittenti
criptate di un solo gruppo imprenditoriale.
    La  difesa  delle  societa'  insiste, pertanto, nelle conclusioni
gia'  rassegnate  nell'atto  di  costituzione  e  nella  richiesta di
dichiarazione  di  incostituzionalita'  consequenziale delle norme da
ultimo richiamate.
    19. - La difesa di Prima TV S.p.a. ed Europa TV S.p.a. prospetta,
innanzitutto,  la  violazione  del principio di pari trattamento, per
l'ingiustificato  regime  giuridico  che caratterizza le trasmissioni
criptate rispetto a quelle in chiaro.
    Le  deducenti,  dopo  aver  sottolineato  il  rapporto di stretta
dipendenza  esistente  tra  impianti  e frequenze secondo quanto gia'
riferito  dalla  difesa  di  R.T.I, chiedono che la Corte disponga la
restituzione  degli  atti al giudice a quo a seguito della emanazione
della piu' volte citata deliberazione della Agcom n. 346 del 2001.
    20.  -  La  societa'  Centro  Europa 7 S.r.l. dopo aver sostenuto
l'irrilevanza  ai  fini della decisione della sopravvenuta fissazione
del  termine  da  parte  dell'Agcom  secondo  le linee difensive gia'
tracciate dalla societa' Rete A - sottolinea che tuttavia l'emittente
da  essa gestita e' l'unica ad avere ottenuto regolare concessione ma
che  non  puo' operare per la mancata assegnazione delle frequenze da
utilizzare;  evidenzia  la  gravita'  dell'attuale assetto televisivo
caratterizzato  dalla  presenza di tre reti nazionali di R.T.I. su un
totale di sei effettivamente operanti, delle quali due "Tele+Bianco e
Telemarket  (Elefante) non farebbero informazione, la prima in quanto
pay  tv e la seconda perche' emittente di sole televendite"; insiste,
pertanto, per l'accoglimento della questione.
    21.  -  A  seguito  dell'udienza  pubblica del 6 novembre 2001 la
Corte,  con  ordinanza  istruttoria 3 dicembre 2001, ha disposto, "ai
fini  di  una  piu'  completa  valutazione di tutti gli aspetti della
controversia  e  delle  tesi  contrapposte  illustrate  dalle parti",
l'acquisizione di una serie di elementi di conoscenza circa l'assetto
radiotelevisivo italiano, con particolare riguardo a quello in ambito
nazionale,   la   sua   evoluzione  nel  tempo,  specie  nel  periodo
transitorio,  e i fattori che hanno concorso a determinarlo compresi,
tra  gli  altri,  gli  aspetti  tecnici  (tecnologie di trasmissione,
impianti,  frequenze,  copertura  del  territorio,  ecc.),  economici
(assetti  proprietari,  accordi  tra  emittenti,  ecc.)  e finanziari
(entrate   e   costi,   entita'   e   distribuzione   della  raccolta
pubblicitaria, ecc.).
    La  Corte,  con la predetta ordinanza, ha previsto i termini e le
modalita'  dell'esecuzione  dell'istruttoria,  affidando  al  giudice
relatore,   quale  giudice  per  l'istruzione,  l'acquisizione  degli
elementi sopra indicati e la determinazione dei termini per i singoli
adempimenti.
    22.  -  Il  giudice  per  l'istruzione ha disposto l'acquisizione
degli  elementi  di conoscenza indicati, inoltrando formale richiesta
al  Ministero  delle  comunicazioni  e  all'Autorita' per le garanzie
nelle  comunicazioni (in data 4 febbraio 2002), nonche' all'Autorita'
della concorrenza e del mercato (in data 14 febbraio 2002).
    In relazione alle rispettive competenze tecniche e' stato chiesto
di indicare, con riferimento:
    A.   alle   emittenti   televisive   private   nazionali  e  alla
concessionaria del servizio pubblico:
        gli   impianti   di   radiodiffusione   televisiva  nazionale
esercenti nei seguenti periodi:
            a)   1   ottobre  1984-agosto  1990  (in  riferimento  al
decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807 - legge 6 agosto 1990, n. 223);
            b) agosto    1990-agosto    1993   (in   riferimento   al
decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323);
            c) agosto    1993-agosto    1996   (in   riferimento   al
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 545);
            d) agosto  1996-luglio  1997  (in  riferimento alla legge
31 luglio 1997, n. 249);
            e) luglio  1997- luglio 1999 (in riferimento alla data di
rilascio  delle  concessioni  e delle autorizzazioni per le emittenti
private);
            f) luglio  1999  fino  alla  data  di comunicazione della
richiesta  inoltrata  (con  aggiornamento  alla data dell'adempimento
istruttorio),   con   indicazione   delle   aree   coperte   e  della
localizzazione dei siti di emissione dei segnali televisivi;
    B. all'evoluzione del sistema televisivo dal 1994 ad oggi:
        numero  delle  reti,  livello  di  copertura del territorio e
localizzazione  degli  impianti  esercenti nel dicembre del 1994, con
elencazione  delle  variazioni  intervenute  fino  alla comunicazione
della    richiesta    inoltrata    (con   aggiornamento   alla   data
dell'adempimento  istruttorio)  e delle misure concretamente adottate
"al   fine   di   consentire   e   gradualmente   ridimensionare   le
concentrazioni esistenti";
    C. ai sistemi, alle tecniche e alle modalita' di trasmissione:
        a)   la  quantita'  percentuale  di  servizi  di  televisione
attualmente  offerta  con  qualsiasi  sistema  (ad esempio: via etere
terrestre;  via cavo; via satellite), tecnica (ad esempio: analogica;
digitale)  o  modalita'  (es.  in chiaro; ad accesso condizionato) di
trasmissione,  con  specificazione  delle  rispettive  aree coperte e
della  possibile  integrazione  dei  sistemi  e  delle  modalita'  di
trasmissione sotto il profilo degli impianti riceventi;
        b)  l'andamento  del "mercato degli utenti e degli operatori"
dal  1997  ad  oggi,  con  previsione  sino  al 2006 per ciascuno dei
predetti sistemi, tecniche e modalita' di trasmissione;
    C.1 alla televisione digitale terrestre:
        a)   i   dati   sulla   fase   di   sperimentazione  prevista
dall'art. 2-bis  del  decreto-legge  n. 5  del  2001, con (eventuale)
indicazione  degli operatori privati che hanno intrapreso la suddetta
sperimentazione;
        b)  i  costi  degli apparecchi riceventi e/o degli adattatori
necessari  per la ricezione del segnale televisivo digitale trasmesso
in  chiaro  o  in forma codificata (ad esempio: set top box; decoder;
sistemi  di  antenna  individuali/centralizzati),  con specificazione
delle  possibilita'  di utilizzazione/adattamento di quelli esistenti
ai fini della ricezione del segnale digitale;
        c) i costi di installazione e di utilizzazione degli impianti
di trasmissione in tecnica digitale;
        d)  l'andamento  del  mercato  dei predetti costi dal 1997 ad
oggi, con previsione sino al 2006;
        e)  il  numero  dei  canali e delle reti "disponibili" con un
sistema  di  trasmissione  digitale  a  regime, specificando i limiti
anticoncentrativi in grado di assicurare le regole concorrenziali;
    D. all'attuazione del piano di assegnazione delle frequenze:
        a) gli interventi tecnici e le iniziative comunque intraprese
per  l'attuazione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze
al  fine  di  consentire,  in  particolare, l'effettivo impiego delle
frequenze concretamente assegnate ai singoli concessionari;
        b)  la prevedibile durata del processo di compatibilizzazione
della situazione esistente a quella prefigurata nel piano;
    E.  alla  copertura  del  territorio  nazionale  delle  emittenti
televisive  private  in  chiaro  e  criptate:  l'attuale  livello  di
illuminazione   delle  aree  di  servizio  consentito  alle  stazioni
televisive appartenenti alle emittenti private nazionali cui e' stata
rilasciata l'autorizzazione o la concessione nel luglio del 1999; sul
punto si e' chiesto di specificare, altresi':
        a)   lo   scarto   esistente   tra   tale  livello  e  quello
raggiungibile  mediante  la  concreta  utilizzazione  delle frequenze
oggetto dei titoli abilitativi;
        b)  le  modalita' tecniche di ridistribuzione delle frequenze
necessarie per la configurazione dei siti comuni previsti nel piano;
    E.1. alla copertura del territorio nazionale della concessionaria
del servizio pubblico: l'attuale livello di illuminazione raggiunto;
    F.  alla  convergenza  multimediale:  lo  stadio  di sviluppo del
processo di convergenza multimediale tra il settore radiotelevisivo e
delle telecomunicazioni.
    Con  riferimento  agli  aspetti  economici,  si  e'  richiesto di
indicare, in relazione alle rispettive competenze:
        a)  la  situazione degli assetti proprietari di tutte le reti
televisive private nazionali, nonche' le situazioni di controllo e di
collegamento  comunque  esistenti  tra  le emittenti e tra queste e i
soggetti proprietari in ciascuno dei periodi indicati sub A);
        b)  gli  accordi intercorsi tra le emittenti, compresi quelli
di  interconnessione  o di trasmissione di programmi in contemporanea
eccedenti l'ambito locale.
    Infine,  per  gli  aspetti finanziari, e' stato richiesto, sempre
avuto riguardo agli ambiti di competenza, di specificare:
        a)  le entrate e i costi di ciascuna rete privata e pubblica,
con allegazione degli estratti di bilancio;
        b)  le  quote  di  audience e della raccolta pubblicitaria di
tutte  le  emittenti private e pubbliche operanti a livello nazionale
dal   1994   fino   alla   data  dell'inoltro  della  richiesta  (con
aggiornamento alla data dell'adempimento istruttorio).
    Con  riferimento  a  tutti  gli aspetti sopra riportati, e' stato
chiesto,  inoltre,  di  fornire  elementi  in  ordine  al  livello di
concorrenza  effettivo  e  consentito,  con  previsione fino al 2006,
tenendo  conto,  tra  l'altro,  del  numero  delle imprese televisive
nazionali  pubbliche  e  private  operanti,  delle  risorse  tecniche
disponibili, delle barriere all'ingresso esistenti.
    In  data  23 maggio  2002, il giudice per l'istruzione, a seguito
dell'avvenuto  deposito delle relazioni illustrative e della relativa
documentazione  da  parte  dei soggetti sopra indicati, ha chiesto al
Ministero delle comunicazioni di fornire i seguenti chiarimenti:
        a)  in  ordine alla copertura del territorio nazionale, sulla
base di quali elementi si fosse accertato il superamento della soglia
del  75%  del  territorio  da  parte  di  Canale  5  e  Italia 1 e il
mantenimento  al  di  sotto  di  detta  soglia per le altre emittenti
nazionali;
        b) in ordine al numero dei canali e delle reti disponibili in
tecnica  digitale,  sulla base di quali criteri fosse stato possibile
ipotizzare  -  avendo  la  disponibilita' di 55 canali - un numero di
programmi pari a 220;
        c)  sulle attuali e prevedibili possibilita' di utilizzazione
dei  quattro  canali  previsti  dal  piano  (analogico)  nazionale di
assegnazione  delle  frequenze (66, 67 e 68 della banda V della gamma
UHF ed il canale 9 della banda III della gamma VHF) per la diffusione
digitale terrestre;
        d)   in   ordine   agli   accordi  tra  emittenti,  l'assetto
proprietario  dei  seguenti  soggetti:  Consorzio  Italia  9 Network;
Circuito  Odeon  Tv;  Consorzio  Italia  3,  dal  momento  della loro
costituzione ad oggi;
        e)  l'attuale stato dei giudizi promossi da Rete Mia, Rete A,
Rete Capri, 7 Plus.
    In  pari  data, il giudice per l'istruzione ha chiesto, altresi',
all'Autorita'  per  le  garanzie  nelle comunicazioni chiarimenti sul
punto  c)  sopra  indicato,  nonche'  di specificare in dettaglio, in
ordine  al  numero  dei  canali  e  delle reti disponibili in tecnica
digitale, i criteri che consentirebbero - avendo la disponibilita' di
55 canali - un numero di programmi complessivo pari a 144.
    Infine,  le  due  Autorita'  e il Ministero sono stati invitati a
trasmettere  (entro  il  2 settembre  2002)  ulteriori  ed  eventuali
elementi  di  aggiornamento relativi allo stato della sperimentazione
del digitale terrestre.
    23.  -  Con memoria depositata all'esito dell'istruttoria, Centro
Europa  7 S.r.l. ha sottolineato, quanto al contenuto della relazione
redatta  dall'Autorita'  per  le  garanzie  nelle comunicazioni, come
detta  Autorita'  abbia confermato "con termini chiari ed inequivoci"
che  il  quadro  normativo  delineato  dalla legge n. 249 del 1997 ha
"lasciato  pressoche'  immutato  il  precedente  assetto", attraverso
l'ulteriore  proroga  del periodo transitorio e il rilascio di titoli
abilitativi  alle  reti eccedenti, con conseguente impossibilita' per
la  esponente  di  utilizzare  le frequenze oggetto della concessione
rilasciata  nel luglio  del  1999;  per  quanto riguarda il contenuto
della  relazione  depositata  dal  Ministero  delle comunicazioni, ha
osservato come lo stesso "non abbia potuto fare a meno di confermare"
che  "la  proroga dell'esercizio delle emittenti televisive nazionali
veniva disposta fino al 31 luglio 1999".
    La   difesa  della  societa',  inoltre,  contesta  l'affermazione
ministeriale  secondo  cui  non vi sarebbe "legame tra le concessioni
rilasciate  e  la  disponibilita' delle frequenze transitoriamente in
esercizio",  mediante  il  richiamo  all'art. 5, comma 2, del decreto
ministeriale   8 marzo  1999  (Disciplinare  per  il  rilascio  delle
concessioni  nazionali).  L'esponente conclude, sul punto, affermando
che  l'attuale  situazione  prorogherebbe con aggravio la precedente,
operando  allo  stato,  sul  mercato,  sei reti nazionali, di cui due
(Tele+ Bianco e Telemarket) "non farebbero informazione".
    Nella   memoria,  infine,  la  parte  analizza  la  questione  di
legittimita' costituzionale alla luce del previsto sistema televisivo
digitale,  sottolineando come tutte le parti in causa, nonche' le due
Autorita'  e  il  Ministero,  direttamente  o indirettamente, abbiano
ritenuto   non  realizzabile  il  passaggio  alla  nuova  tecnica  di
trasmissione  entro  la  data  prefissata  della fine dell'anno 2006.
Vengono  riportati,  a  tal  proposito,  alcuni passi della relazione
dell'Autorita'  garante  della  concorrenza  e del mercato, in cui si
manifesta   la   conseguente   preoccupazione   di   una  protrazione
dell'attuale   situazione  di  sostanziale  duopolio  con  "rilevanti
barriere  all'ingresso"  e "fenomeni collusivi a carattere escludente
nei  confronti  di  altri  operatori  in  violazione  delle regole di
concorrenza".
    La  difesa di Centro Europa 7 S.r.l. indica quale data realistica
del  passaggio  al  digitale  l'anno  2017,  precisando,  pero', come
l'attuale  questione  di legittimita' costituzionale abbia ad oggetto
il  sistema  di  trasmissioni  televisive  in tecnica analogica e non
digitale,  considerato anche che le concessioni rilasciate nel luglio
del   1999  scadranno  nel luglio  del  2005  e  quindi  prima  della
programmata data di cessazione della tecnica analogica del 2006.
    La  societa'  deducente  afferma  di condividere quanto sostenuto
dalla   difesa   delle  societa'  TV  Internazionale  S.p.a.  e  Beta
Television  S.r.l.,  secondo  cui  alcune norme della legge n. 66 del
2001   "concorrono   anch'esse   a   perpetuare   la   situazione  di
incostituzionalita'  denunciata  dal  Tar  Lazio,  con  richiesta  di
dichiarazione  di illegittimita' costituzionale in via consequenziale
degli  artt. 1  e  2-bis del decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, per
contrasto con gli artt. 3, 21, 41, 42, 97 e 136 della Costituzione".
    Infine,  la  difesa  della  parte  deduce  che l'Autorita' per le
garanzie  nelle comunicazioni nella propria relazione "si dimentica",
nel  descrivere  il  panorama  dell'emittenza nazionale, che il piano
nazionale   di   assegnazione  delle  frequenze  del  1998  e'  stato
accantonato,  con  la  conseguente  oggettiva  impossibilita'  per la
stessa   Centro  Europa  7  S.r.l.  di  utilizzare  concretamente  le
frequenze   oggetto  di  concessione.  La  parte  richiama,  inoltre,
l'affermazione  contenuta  nella  "relazione  aggiuntiva" predisposta
dall'Autorita'  citata,  secondo  cui  "la  nuova  assegnazione delle
frequenze  ha  consentito una copertura di oltre l'80% del territorio
nazionale  e  di  tutti  i  capoluoghi  di  provincia. La popolazione
servita  e'  pari  ad  oltre  il  92  % (...)"; tale asserzione viene
contestata  in  quanto  la  stessa rischierebbe di creare "pericolosi
equivoci",  atteso  che nessuna "nuova frequenza" e' stata assegnata,
come, del resto, ammette lo stesso Ministero, laddove nella relazione
fa riferimento all'accantonamento del piano.
    L'esponente,    pertanto,    chiede    che   vengano   dichiarate
incostituzionali le norme censurate, compreso l'art. 3, commi 6 e 7 -
qualora  non  si  ritenga che detto articolo sia stato implicitamente
abrogato  dalla successiva legge 29 marzo 1999, n. 78 (Conversione in
legge,  con  modificazioni, del decreto-legge 30 gennaio 1999, n. 15,
recante   "Disposizioni   urgenti   per   lo   sviluppo   equilibrato
dell'emittenza   televisiva  e  per  evitare  la  costituzione  o  il
mantenimento  di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo") -,
e le altre norme sopra indicate.
    24.    -    Con    memoria    anch'essa    depositata   all'esito
dell'istruttoria,  l'Adusbef contesta, innanzitutto, la ricostruzione
dell'assetto televisivo pubblico e privato svolta dal Ministero nella
relazione  depositata  agli atti, in quanto la stessa farebbe pensare
"che  lo  sviluppo  dell'etere  sia  stato  sotto  il controllo dello
Stato". La difesa della parte ripercorre l'evoluzione legislativa che
ha  caratterizzato  il settore al fine di dimostrare, di converso, la
carenza   di   una   normativa   organica,  rispettosa  dei  principi
costituzionali,   sottolineando  la  nascita  di  fatto  dell'attuale
situazione  del  mercato  televisivo e illustrando il contenuto delle
sentenze    ritenute   piu'   significative   emanate   dalla   Corte
costituzionale  fino  alla  sentenza n. 420 del 1994, cui non sarebbe
stata  data  "esecuzione".  Viene,  inoltre, riportato un passo della
relazione  dell'Autorita'  garante della concorrenza e del mercato in
cui  verrebbe fotografata, secondo l'Adusbef, l'attuale situazione in
contrasto  con  il principio della concorrenza e del pluralismo. Allo
stesso modo, l'esponente richiama parte del contenuto delle relazioni
annuali  al  Parlamento dell'Agcom del 2000 e 2001, in cui si sarebbe
rilevata la presenza di un sostanziale duopolio (Rai e Mediaset).
    La  difesa  della  parte  si  sofferma,  poi,  sulla  televisione
digitale  terrestre,  ribadendo  l'impossibilita' dell'avvio di detto
sistema entro la data programmata del 2006 e dando atto che lo stesso
si  trova  in  uno stadio di sperimentazione che, tra l'altro, la RAI
starebbe   effettuando   esclusivamente   sul  piano  tecnico,  senza
diffusione al pubblico, in tre localita'.
    Nell'ultima  parte della memoria, l'Adusbef illustra "il concetto
di  pluralismo" in tutte le sue manifestazioni, anche alla luce delle
esperienze  degli altri Paesi, sottolineando lo stato di inattuazione
di  detto principio nel nostro Paese. La parte da' atto, inoltre, che
"l'Autorita'  Antitrust Europea ha aperto una procedura nei confronti
del  Governo  italiano  per  la questione ben nota di Centro Europa 7
S.r.l.,  che  ha  ottenuto  da  tre anni la concessione, ma non ha le
frequenze in quanto occupate da Rete Quattro".
    25.   -   Con   memoria  depositata  all'esito  dell'istruttoria,
l'Avvocatura   generale  dello  Stato  ha  ripreso,  ampliandole,  le
argomentazioni gia' contenute nel precedente atto di intervento ed ha
sottolineato, inoltre, quanto segue.
    Descrivendo  il  contesto televisivo digitale alla luce di quanto
previsto  dal decreto-legge n. 5 del 2001, la difesa erariale ritiene
che   i  tempi  non  brevi  di  attuazione  del  piano  analogico  di
assegnazione delle frequenze finirebbero con il sovrapporsi a "quelli
dell'imprescindibile  introduzione  del  digitale"  (ritardandone  il
passaggio),  con  pesanti  ricadute  in  termini  economici  per  gli
operatori,  a causa della necessaria duplicazione degli investimenti,
e  per  la  stessa utenza, costretta a "risintonizzare gli apparecchi
riceventi  ed a riorientare le antenne e, successivamente, nuovamente
costretta  a risintonizzare gli apparecchi e ad acquisire set top box
o  nuovi televisori digitali". L'Avvocatura aggiunge, inoltre, che la
caducazione    delle    norme   censurate   non   potrebbe   condurre
all'attuazione  del  piano  analogico  di  assegnazione,  stante  "il
congelamento   della   situazione   di   detenzione   attuale"   sino
all'attuazione  del piano digitale di assegnazione delle frequenze di
cui al citato decreto-legge n. 5 del 2001.
    La  difesa  erariale ribadisce, inoltre, che la questione sarebbe
inammissibile in quanto inciderebbe sulla definizione delle modalita'
di  attuazione  e  di  messa  a regime del sistema misto previste dal
legislatore,    nell'esercizio    non    arbitrario   della   propria
discrezionalita',  mediante  la  correlazione  tra  la  fissazione di
limiti  di  cumulo  delle  concessioni  (art. 2, comma 6, della legge
n. 249 del 1997) e la ristrutturazione della concessionaria pubblica,
in  modo che la stessa non possa avvalersi di piu' di due reti per la
trasmissione  di  pubblicita'  (art. 3, comma 9, della legge citata).
L'Avvocatura  dello  Stato  afferma  testualmente:  "nel concreto, le
parallele  misure  rispettivamente  previste per il settore privato e
per  la  concessionaria del servizio pubblico rientrano in un disegno
unitario  ed  inscindibile  del  legislatore, che intende intervenire
sulla     struttura     del     mercato    pubblicitario    incidendo
contemporaneamente   su  entrambi  i maggiori  soggetti,  pubblico  e
privato,  ad  evitare alterazione e squilibri ulteriori. Le censurate
disposizioni  dell'art. 3,  commi  6  e  7,  risultano per tale verso
intimamente  collegate  a  quelle  del  comma 9 dello stesso articolo
(nonche'   a  quelle  del  comma  11  concernenti  le  emittenti  che
trasmettono in forma codificata via etere terrestre)".
    In  ordine  agli  evocati  parametri costituzionali, l'Avvocatura
sottolinea  l'infondatezza  della censura riferita all'art. 136 della
Costituzione,  per  essere  diverso  il  regime  transitorio  in atto
rispetto a quello giudicato con sentenza n. 420 del 1994.
    Per  quanto  attiene  all'art. 21  della  Costituzione, la difesa
erariale  ritiene  l'inammissibilita'  della  questione, in quanto la
stessa non si fonda "su di una valutazione diretta del rapporto tra i
principi  dell'art. 21  (quali  enucleati  dalla giurisprudenza) e la
normativa  censurata, ma si risolve essenzialmente in una denuncia di
violazione dell'art. 136 della Costituzione". In ogni caso - aggiunge
l'Avvocatura  -  anche  con  riguardo al parametro dell'art. 21 della
Costituzione   direttamente   investito,  la  inammissibilita'  della
censura   permarrebbe,   in  quanto  "il  rimettente  avrebbe  dovuto
necessariamente  darsi carico di ricostruire sia il concreto contesto
fattuale  e  normativo  caratterizzante  la situazione attuale sia la
platea    complessiva    degli    operatori    comunque   legittimati
all'esercizio".
    Nel  presente  giudizio,  precisa la difesa erariale, il rispetto
del  principio del pluralismo dovrebbe essere valutato esclusivamente
con   riferimento   all'art. 21   e   non   anche  all'art. 41  della
Costituzione,  con  consequenziale  ininfluenza  delle considerazioni
espresse  sul  versante  della  concorrenza  da  parte dell'Autorita'
garante della concorrenza e del mercato.
    L'Avvocatura  ritiene,  inoltre,  che,  rispetto  alla situazione
considerata  nella  citata  sentenza  n. 420  del 1994, il pluralismo
delle voci sarebbe aumentato per il seguente ordine di motivi:
        a)  possibilita'  attribuita  alle  emittenti  nazionali  con
copertura   inferiore  al  75%  del  territorio  di  acquisire  dalle
emittenti  locali  impianti  e rami di azienda (art. 1, comma 13, del
decreto-legge   23 ottobre   1996,   n. 545;  art. 1,  comma  1,  del
decreto-legge n. 5 del 2001);
        b)  assegnazione  provvisoria di frequenze di cui all'art. 3,
commi 8 e 11, della legge n. 249 del 1997;
        c)  diminuzione  degli impianti delle reti R.T.I. (-39 Canale
5;  -94  Italia 1; -76 Rete a) e aumento degli impianti di TMC (+83),
di  TMC2  (+101),  di  Rete A (+46), di Elefante Telemarket (+67), di
Rete Capri (+22);
        d)  presenza  sul  mercato  delle c.d. syndications o network
nazionali,  "costituiti  da  un  insieme  di emittenti in possesso di
concessione per la radiodiffusione televisiva in ambito locale che si
accordano   per   irradiare   lo   stesso  programma  sul  territorio
complessivamente  servito,  cosi'  realizzando,  nella  sostanza, nel
trasmettere  con tale modalita', una rete nazionale"; detti circuiti,
tenendo conto esclusivamente di quelli che servono singolarmente piu'
di dieci regioni, sarebbero, secondo l'Avvocatura, quattro: Fox Kids,
Italia 9, Odeon tv, Super six;
        e)  la  ricca  offerta  di  canali  televisivi da parte delle
emittenti locali.
    La  difesa  erariale  si  sofferma,  infine,  sul  principio  del
pluralismo cosi' come inteso nella sentenza n. 155 del 2002 di questa
Corte e nelle direttive 2002/19/CE e 2002/21/CE del 7 marzo 2002.
    In ordine all'asserita violazione dell'art. 3 della Costituzione,
l'Avvocatura afferma che il parametro e' evocato in modo generico dal
rimettente  "senza  specificazione  dei  canoni  riconducibili a tale
norma ritenuti violati e senza alcun supporto motivazionale"; in ogni
caso,   rileva   come   non   contrasterebbe   con  il  principio  di
ragionevolezza l'adozione di un criterio di gradualita' nel passaggio
al nuovo sistema.
    26.  -  La  societa'  Rete  A  S.r.l.  evidenzia,  nella  memoria
depositata,   la   incompletezza   delle   risposte   rese  all'esito
dell'istruttoria.  In  particolare,  ritiene  che  l'Autorita' per le
garanzie   nelle  comunicazioni  abbia  fornito,  relativamente  agli
assetti  proprietari di TV Internazionale e di Tele+, dati parziali e
non  aggiornati  (risalenti  rispettivamente  al  9 agosto  1995 e al
28 aprile  1995).  La  difesa  della  societa'  osserva, inoltre, che
mancherebbero  del  tutto i dati relativi a Tele+3 Omega TV (la sesta
televisione  nazionale  controllata, si ritiene, dalla Fininvest fino
al   1994).  La  parte  contesta,  infine,  l'omesso  riferimento  al
provvedimento    adottato   nell'ottobre   del   1996   dal   Garante
dell'editoria,  con  cui era stata accertata la mancanza di controllo
di  Tele+  da  parte  della  Fininvest,  ancorche'  una situazione di
controllo  venisse riconosciuta esistente per il periodo antecedente;
la deducente sostiene che, a tutt'oggi, persisterebbe detto controllo
societario  tramite  il  possesso  e  la gestione delle postazioni di
trasmissione  di  Tele+ da parte di Elettronica Industriale, societa'
di R.T.I.
    In  relazione  alla  raccolta  delle  risorse  pubblicitarie,  la
societa'  Rete  A  pone  in  evidenza l'illegittimita' dell'attivita'
realizzata    dalla    societa'   Publitalia,   la   quale,   essendo
concessionaria esclusiva della raccolta pubblicitaria per le tre reti
R.T.I.,   supererebbe   il  limite  anticoncentrativo  del  20%,  non
applicandosi  ad  essa,  sempre  secondo  l'esponente,  la disciplina
transitoria prevista per le reti eccedenti.
    Sui  tempi  del  passaggio  alla televisione in tecnica digitale,
nonche'  sul  merito  della  questione  sollevata,  la  difesa  della
societa' ribadisce quanto sostenuto nei precedenti scritti difensivi,
che  avrebbe  trovato conferma negli esiti dell'istruttoria svolta da
questa Corte.
    La predetta societa', pertanto, conclude per l'accoglimento della
prospettata  questione,  chiedendo,  altresi', la declaratoria in via
consequenziale  della illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della
legge  n. 66  del 2001, per aver sancito il definitivo accantonamento
del piano analogico.
    27. - La societa' R.T.I. S.p.a., con memoria depositata all'esito
dell'istruttoria,  sostiene che il giudice rimettente avrebbe dovuto,
seguendo   criteri   di   consequenzialita'   logico-giuridica  nella
risoluzione della controversia sottoposta al suo esame, alla luce dei
motivi del ricorso, accertare in via principale la legittimita' delle
procedure di rilascio dei titoli concessori e (a monte) degli atti di
contenuto  normativo.  La  conseguenza  sarebbe  stata  -  una  volta
caducate giudizialmente le concessioni assentite - l'automatico venir
meno  della  base di calcolo dalla quale dipenderebbe la collocazione
in  posizione  eccedentaria  delle  emittenti  che  superano i limiti
anticoncentrativi  fissati  dalla  legge. Con l'ulteriore conseguenza
della perdita di qualsiasi rilevanza della questione sollevata, cosi'
da imporre alla Corte la restituzione degli atti al giudice a quo.
    Nella  memoria  vengono  ribaditi  gli  errori  nei quali sarebbe
incorso  il giudice rimettente. Al riguardo, la difesa della societa'
riporta  gli  esiti  di uno studio tecnico, depositato agli atti, che
avrebbe  accertato  che  gli impianti censiti non coinciderebbero con
quelli    pianificati.   Cio'   dimostrerebbe   che   la   temporanea
sopravvivenza delle reti eccedenti non avrebbe intaccato la provvista
di    frequenze   pianificate.   Una   eventuale   dichiarazione   di
illegittimita'   costituzionale   provocherebbe,  pertanto,  la  mera
disattivazione  delle  reti  eccedenti,  "non  assegnabili  ad  altri
aspiranti  e  non  utilizzabili  ai fini (peraltro ormai accantonati)
dell'adeguamento delle reti al piano".
    Viene  ribadita,  infine, la necessita' di una restituzione degli
atti  al  giudice  a quo, a seguito della sopravvenuta fissazione del
dies  ad  quem  del regime transitorio da parte dell'Autorita' per le
garanzie  nelle  comunicazioni,  nonche'  della legge n. 66 del 2001.
Quest'ultima, sottolinea la difesa delle societa', avrebbe consentito
che  la sperimentazione avvenga direttamente sugli impianti analogici
censiti,  senza  previo  adattamento  degli  impianti stessi al piano
analogico,  per  evitare investimenti vanificati dalla sopravvenienza
del piano digitale.
    Nel  merito, la societa' deducente insiste nella dichiarazione di
infondatezza della questione sollevata, ritenendo che l'attuale grado
di  pluralismo  del  sistema  televisivo  italiano sia rispettoso dei
principi  costituzionali. L'istruttoria avrebbe, infatti, dimostrato,
secondo  l'esponente,  che  in  ciascun  capoluogo  di provincia ogni
utente  dispone  di  almeno  quindici  programmazioni  nazionali e 10
locali.  L'importanza  del "pluralismo locale" sarebbe stata ribadita
dallo  stesso processo in atto di "trasformazione" di una rete RAI in
una rete a prevalente vocazione regionalistica.
    In  relazione  alla  posizione  di  Centro  Europa 7, la societa'
R.T.I.  sottolinea  come  la  posizione  di  detta concessionaria sia
uguale a quella delle altre, in quanto nessuna di esse ha ottenuto le
frequenze   "promesse  nelle  concessioni  (pianificate)";  l'attuale
situazione  di  Centro  Europa  7  dipenderebbe  esclusivamente dalla
mancanza di impianti in esercizio censiti "sufficienti al momento del
rilascio   della   concessione".  La  parte  evidenzia,  inoltre,  la
"inspiegabile"  mancanza  di  domanda  di assegnazione provvisoria di
frequenze  (ex  art. 3, commi 8 e 11, della legge n. 249 del 1997) da
parte  della  predetta concessionaria. Ai fini della sperimentazione,
quest'ultima  potrebbe  comunque  avvalersi, ad avviso della societa'
esponente, della possibilita' di accedere con i propri programmi alle
reti  dei  soggetti  titolari  di  piu'  di  una concessione su scala
nazionale.
    Nell'ultima parte della memoria, la difesa della societa' R.T.I.,
oltre  a  ribadire  la  "discontinuita'"  tra la situazione attuale e
quella  esistente  all'epoca  della  sentenza  n. 420  del  1994,  si
sofferma  sulla  "svolta  digitale", evidenziando la irreversibilita'
della  scelta  "a  pena  di pericolo di grave ritardo tecnologico del
Paese".
    28.  -  La  societa'  TV  Internazionale S.p.a. e Beta Television
S.r.l., nella memoria depositata - in relazione a parte del contenuto
delle  relazioni  predisposte all'esito dell'istruttoria - sostengono
quanto segue:
        a)  l'Autorita'  Garante della concorrenza e del mercato e lo
stesso Ministero delle comunicazioni - affermando rispettivamente che
"la struttura del mercato continua come al tempo della sentenza della
Corte  costituzionale n. 420 del 1994", e che le frequenze allo stato
utilizzate sono "quelle censite ai sensi dell'articolo 32 della legge
n. 223   del  1990"  -  avrebbero  confermato  la  continuita'  della
disciplina contenuta nella legge n. 249 del 1997 rispetto alla quella
dichiarata incostituzionale con la citata sentenza n. 420 del 1994;
        b)  l'Autorita'  Garante  della  concorrenza  e  del  mercato
avrebbe,   altresi',   attestato  che  la  liberazione  di  frequenze
terrestri  potrebbe  comportare la loro ricollocazione a vantaggio di
operatori  televisivi  destinatari di concessione. Sul punto, vengono
ritenute  non condivisibili le affermazioni contenute nella relazione
"istruttoria"  del  Ministero  delle comunicazioni, in cui si ritiene
che  le  principali  ragioni della non attuazione del piano nazionale
delle frequenze risiederebbero:
            1)  nel  fatto  che  "i  soggetti che hanno ricevuto [nel
1999]   il   decreto   di  diniego  della  concessione  continuano  a
trasmettere  sulla  base  di  pronunce giurisdizionali"; le esponenti
replicano  che  dette  pronunce  altro  non  sarebbero  che ordinanze
cautelari in relazione alle quali non sarebbe ancora conclusa la fase
di  merito  e,  in  ogni  caso, la copertura del territorio delle tre
emittenti nazionali che ancora "sopravvivono" (Rete Capri, Rete Mia e
Rete a) sarebbe assolutamente "risibile e disomogenea";
            2)  nella  disciplina  introdotta  con la legge n. 66 del
2001,  che  avrebbe  autorizzato la prosecuzione dell'esercizio della
radiodiffusione  anche  da  parte  delle emittenti locali prive delle
nuove  concessioni  (rilasciate  nel  2001),  purche'  in possesso di
alcuni  requisiti  per  l'ottenimento  della concessione; la societa'
replica  sul  punto  che dette emittenti sarebbero soltanto 151 su un
totale  di  2019  reti  locali  e  che, comunque, e' stata chiesta la
dichiarazione  di  incostituzionalita'  in  via  consequenziale delle
disposizioni normative citate.
    La difesa delle societa' ribadisce 1'ininfluenza dell'innovazione
tecnologica   digitale   sulla   attuale  esigenza  di  garanzia  del
pluralismo  nel settore radiotelevisivo, attesi i tempi lunghi per la
diffusione delle nuove tecnologie, gli elevati costi di investimento,
la  mancanza  di  interesse  delle  imprese  dominanti.  Il quadro di
riferimento   non   sarebbe  neanche  influenzato  dalla  convergenza
multimediale,  trattandosi,  secondo quanto riferito dall'Agcom nella
relazione   istruttoria,  di  "un  fenomeno  ancora  complessivamente
marginale".
    Nell'ultima   parte   della   memoria   si  richiamano,  ai  fini
ricostruttivi  della  attuale  concezione  e necessita' di tutela del
pluralismo  informativo,  quanto contenuto: nella sentenza n. 155 del
2002  di  questa Corte; nel messaggio del Presidente della Repubblica
indirizzato   alle   Camere   il   23 luglio  2002;  nelle  direttive
2002/19/CE; 2002/20/CE; 2002/21/CE; 2002/22/CE del 7 marzo 2002.
    29.   -   Le  societa'  Prima  TV  S.p.a.  e  Europa  TV  S.p.a.,
rappresentate  e  difese  dagli  avvocati  Felice  Vaccaro,  Giuseppe
Morbidelli e Roberto Afeltra, hanno depositato due memorie.
    Nella  prima  memoria  le  esponenti,  dopo  avere illustrato "la
vicenda  Tele+  nel  sistema  normativo", sottolineano "l'equivalenza
delle  trasmissioni  in  chiaro e in codice" (confermata dall'art. 27
del d.P.R. 27 marzo 1992, n. 255, recante: "Regolamento di attuazione
della  legge  6 agosto  1990,  n. 223,  sulla  disciplina del sistema
radiotelevisivo   pubblico  e  privato"  e  dall'art. 2  della  legge
5 ottobre  1991,  n. 327,  recante:  "Ratifica  ed  esecuzione  della
convenzione  europea sulla televisione transfrontaliera, con annesso,
fatta  a  Strasburgo  il  5 maggio 1989 , nonche' dalle direttive del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio del 7 marzo 2002), con l'unico
elemento  di differenziazione rappresentato dal rapporto contrattuale
intercorrente,  nel  primo  caso, tra emittente e sponsor nel secondo
tra  emittente  e  abbonato.  Da  qui,  l'assunta  illegittimita' del
diverso regime antitrust previsto dalla legge n. 249 del 1997.
    La  difesa  delle  societa'  sostiene  che le misure adottate dal
legislatore  del  1997,  nel regime transitorio, abbiano dato "tutela
complessiva   al  sistema"  mediante:  la  previsione  del  piano  di
ristrutturazione  di  RAI tre, ex art. 3, comma 9, della legge n. 249
del   1997;   il   meccanismo   dell'assegnazione  provvisoria  delle
frequenze,  in  base all'art. 3, commi 8 e 11, che dovrebbe tendere a
garantire la pari illuminazione dell'area di servizio e di bacino, ma
che  di  fatto  sarebbe  stato utilizzato illegittimamente attraverso
l'assegnazione   delle  frequenze  non  indispensabili  e  di  quelle
provenienti  dalla  terza  rete  terrestre  Tele+3  esclusivamente in
favore di Beta Television, Rete A e TV Internazionale.
    La  parte  aggiunge,  inoltre, che l'art. 2, comma 4, della legge
14 gennaio  2000,  n. 5, di conversione del decreto-legge 18 novembre
1999,   n. 433   (Disposizioni   urgenti   in  materia  di  esercizio
dell'attivita'  radiotelevisiva  locale  e  di  termini  relativi  al
rilascio  delle concessioni per la radiodiffusione televisiva privata
su  frequenze  terrestri  in  ambito  locale),  avrebbe consentito la
prosecuzione  delle trasmissioni delle reti eccedenti anche in ambito
locale.
    La difesa delle predette societa' chiede, inoltre, un supplemento
istruttorio    per   accertare   il   numero   degli   impianti   non
indispensabili,  ex art. 3, comma 8, citato, e di quelli dismessi, ex
art. 32 della legge n. 223 del 1990.
    La  difesa  delle  medesime  societa', poi, ribadisce quanto gia'
sostenuto  nei  precedenti  scritti  difensivi,  riprendendo l'ordine
delle considerazioni svolte anche dalla societa' R.T.I. relativamente
alla   sopravvenuta   irrilevanza   della  questione  per  l'avvenuto
accantonamento   del   piano  di  assegnazione  analogico  a  seguito
dell'emanazione   della  legge  n. 66  del  2001,  nonche'  alla  non
fungibilita'  degli  impianti  "censiti"  con  quelli  analogicamente
"pianificati".
    A   tal  proposito,  la  stessa  difesa  ritiene  che  il  numero
complessivo  degli  impianti  esercenti  sul  piano nazionale sarebbe
sufficiente  ad  escludere  che  la  concentrazione di tre reti in un
unico soggetto superi il limite del 20%. Dall'entrata in vigore della
legge  n. 249  del 1997 ad oggi, detti impianti sarebbero i seguenti:
Canale  5, Italia 1, Europa TV, Tele+Bianco, TV Internazionale (TMC),
Beta  Television (TMC2), Centro Europa 7, Elefante Telemarket; le due
reti  eccedenti:  Rete  4,  Prima  TV-Tele+Nero; le quattro emittenti
autorizzate dal giudice amministrativo: Rete Capri, Rete Mia, Rete A,
7  Plus;  i ripetitori di programmi esteri (individuati dal Ministero
nel  solo  Telecentro  Toscana);  i  consorzi  ex art. 21 della legge
n. 223  del  1990 individuati dal Ministero nel numero di tre; le tre
reti RAI.
    La  mancata  attuazione  del  piano  di assegnazione, continua la
difesa  delle  due  societa',  non  sarebbe  dipesa  dalla permanenza
nell'etere  delle  reti eccedenti ma dalla presenza di oltre seicento
emittenti  locali;  dalla  mancata emanazione da parte dei comuni del
"regolamento  sull'installazione  degli  apparati  di ricezione delle
trasmissioni  radiotelevisive  satellitari  nei  centri storici"; dai
numerosi  provvedimenti  che,  in  tempi recenti, regioni, province e
comuni   hanno   emanato   in   materia  di  tutela  della  salute  e
dell'ambiente dal c.d. inquinamento radioelettrico.
    In  relazione  alla  posizione della societa' Centro Europa 7, le
predette  societa'  sottolineano,  cosi' come rilevato dalla societa'
R.T.I.,   la  "inspiegabile"  mancanza  di  domanda  di  assegnazione
provvisoria (ex art. 3, commi 8 e 11) di frequenze da parte di Centro
Europa  7,  cosi'  come  la  mancata  impugnazione  della "previsione
contenuta  all'art. 1  p.  3 del titolo concessorio rilasciatogli, di
assentimento  della  rete  pianifica  dopo due anni". La difesa delle
societa'  aggiunge che detta emittente, contrariamente a quanto dalla
stessa  assunto,  trasmetterebbe  dal  19 febbraio 1996 in consorzio,
operante in almeno otto regioni per il periodo giugno-dicembre 2002.
    In  relazione  alla  posizione  di  TV  Internazionale S.p.a., le
predette  societa'  ritengono  che la stessa non avrebbe mai avuto il
legittimo  esercizio di impianti richiesti dalla normativa di settore
e,  in  particolare,  dalla legge n. 249 del 1997 e dalla legge n. 78
del  1999.  Sarebbe  stato, infatti, accertato che tale emittente non
avrebbe  mai operato come impresa di ripetizione di programma estero,
unica   attivita'  radiotelevisiva  alla  stessa  consentita,  avendo
diffuso  programmi  in  lingua italiana privi dei connotati richiesti
per  la "reale esterita'" del programma, dal punto di vista nazionale
interno,  e  della  "normalita'" del programma dal punto di vista del
Paese   di   provenienza.   Da   qui  l'assunto  secondo  cui,  dalla
prosecuzione  del  regime  transitorio,  essa  nessun danno puo' aver
subito.
    Le  societa'  Prima  TV  S.p.a.  e  Europa  TV  S.p.a. concludono
chiedendo    nell'ordine:    che   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  venga  respinta;  che  venga  espletato,  se ritenuto
opportuno,   il   supplemento   istruttorio  richiesto;  che  vengano
restituiti  gli  atti  al  giudice  rimettente  per  un riesame della
rilevanza delle questioni sollevate.
    30.  - Nella seconda memoria le societa' Prima TV S.p.a. e Europa
TV  S.p.a.  contestano la possibilita' di una eventuale estensione in
via   consequenziale   del  presente  giudizio  di  costituzionalita'
all'art. 3, comma 11, attesa la "diversita'" del regime transitorio -
derivante dal differente limite antitrust - previsto per le emittenti
in chiaro e criptate.
    31.  -  La  Societa'  Centro  Europa  7  S.r.l. ha depositato una
ulteriore  memoria  con  la quale, oltre a ribadire le argomentazioni
svolte  nei  precedenti scritti difensivi, si sofferma sul disegno di
legge   presentato  dal  Ministro  delle  comunicazioni  al  fine  di
criticarne,  in  particolare:  l'art. 22 con cui si obbliga la RAI (e
non  Mediaset) a realizzare due reti digitali terrestri "con un costo
pesantissimo  (a  carico  dello  Stato  e  quindi dei contribuenti)";
l'art. 21, "in virtu' del quale "anche" Retequattro potra' continuare
a  trasmettere  sostanzialmente  sine  die  in  totale  dispregio dei
principi sanciti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 420 del
1994".

                       Considerato in diritto

    1.  -  Le  questioni  sottoposte all'esame della Corte riguardano
l'art. 2,  comma  6,  e  l'art. 3, commi 6 e 7, della legge 31 luglio
1997,  n. 249  (Istituzione  dell'Autorita'  per  le  garanzie  nelle
comunicazioni   e   norme   sui  sistemi  delle  telecomunicazioni  e
radiotelevisivo).
    Secondo l'ordinanza del Tar del Lazio le predette norme:
        a)   nel   demandare  all'Autorita'  per  le  garanzie  nelle
comunicazioni di stabilire un periodo transitorio nel quale non venga
applicato  il limite imposto ad uno stesso soggetto di irradiare piu'
del  20%  dei  programmi  televisivi su frequenze terrestri in ambito
nazionale;
        b) nel consentire l'esercizio delle reti eccedenti i predetti
limiti successivamente alla data del 30 aprile 1998, a condizione che
"le  trasmissioni  siano  effettuate  contemporaneamente su frequenze
terrestri  e  via  satellite o via cavo", nonche' "esclusivamente via
cavo   o   via   satellite"   alla   scadenza  del  termine  indicato
dall'Autorita'  per  le  garanzie  nelle comunicazioni, "in relazione
all'effettivo   e   congruo   sviluppo   dell'utenza   dei  programmi
radiotelevisivi via satellite e via cavo";
        conferirebbero   alla   detta   Autorita'  una  facolta'  non
delimitata  nel  tempo  e consentirebbero che la regolamentazione del
settore,  colpito dalla pronuncia di illegittimita' costituzionale di
questa  Corte  (sentenza  n. 420  del 1994), sia ancora in atto, e si
perpetui indefinitivamente, rinviando la nuova disciplina ad una data
imprecisata,  con  violazione del principio di ragionevolezza (art. 3
della Costituzione), dei principi del pluralismo nella manifestazione
del  pensiero  (art. 21  della  Costituzione)  e  della  liberta'  di
iniziativa   economica  (art. 41  della  Costituzione),  nonche'  del
giudicato costituzionale (art. 136 della Costituzione).
    2.  -  Preliminarmente  devono  essere  esaminate le eccezioni di
inammissibilita'  variamente  prospettate dalla difesa del Presidente
del Consiglio dei ministri e di alcune parti costituite.
    Le eccezioni sono infondate.
    Va   premesso  che,  ai  fini  della  rilevanza  delle  questioni
sollevate,  la  motivazione  del  rimettente  appare complessivamente
plausibile.
    Il   punto   essenziale   delle   ragioni   giustificative  della
proposizione  delle  questioni di legittimita' costituzionale e della
loro  rilevanza  nel  giudizio  sulla  domanda  di  annullamento  dei
provvedimenti,  emessi  in data 28 luglio 1999, di attribuzione delle
concessioni  ed  autorizzazioni  per  la  radiodiffusione  televisiva
privata   su  frequenze  terrestri  in  ambito  nazionale,  e'  stato
evidenziato  nell'ordinanza  di rimessione. In quest'ultima, infatti,
si sottolinea che la caducazione del regime transitorio comporterebbe
che  sia "incrementata la disponibilita' delle frequenze da assegnare
ad  altri  aspiranti,  con  evidente  beneficio  del pluralismo nella
manifestazione del pensiero e nell'informazione".
    Nel  contempo,  il  collegio  rimettente  precisa che l'obiettivo
della  sottoposizione delle questioni all'esame della Corte e' quello
di  impedire  la  continuazione  in modo indefinito - attraverso "una
facolta'   non   delimitata   nel  tempo"  -  dell'assetto  giudicato
incostituzionale  dalla  sentenza  n. 420  del  1994, con conseguenze
sulla  disponibilita'  delle frequenze, sul pluralismo informativo e,
quindi,   sulla   legittimita'   delle   impugnate   concessioni   ed
autorizzazioni, nonche' delle relative clausole.
    3.  -  E'  ininfluente  la  circostanza  che  la  rete  analogica
terrestre  eccedente (in ambito nazionale) occupi frequenze terrestri
non  rispondenti  (in tutto o in parte) ad una rete configurabile nel
piano delle frequenze.
    Infatti,  vi  sarebbero  sempre frequenze che verrebbero liberate
con  la  cessazione  del  periodo  transitorio e l'avvio, per le reti
eccedenti,  del  trasferimento  delle trasmissioni esclusivamente sul
cavo  o  sul  satellite (combinato disposto dell'art. 3, commi 6 e 7,
della legge n. 249 del 1997).
    Allo   stesso   modo,  una  caducazione  totale  o  parziale  del
denunciato  art. 3,  comma  7, della citata legge sarebbe in grado di
produrre  effetti  indiretti  sulle  disposizioni,  di cui ai commi 9
(terza rete Rai senza pubblicita) e 11 (rete eccedente di televisione
a  pagamento) che richiamano lo stesso comma 7 per fissare il termine
di  connessi ed interdipendenti periodi transitori (coincidenti anche
nella  data fissata dalla deliberazione Agcom 7 agosto 2001, n. 346).
La  conseguenza  sarebbe  sempre  quella  di  consentire  una diversa
distribuzione  delle  risorse economiche derivanti dalla pubblicita',
nonche',  relativamente  alla rete criptata eccedente, la liberazione
di frequenze.
    4.  -  Ai  fini  della  rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale  della  norma  che  attribuisce  all'Autorita'  per le
garanzie nelle comunicazioni il potere di stabilire il termine per la
fine del regime transitorio, e' ugualmente ininfluente la circostanza
che,  con  deliberazione  n. 346 del 2001 della stessa Autorita', sia
sopravvenuta   una   prima  (e  non  definitiva)  fissazione  in  via
amministrativa  di  detto  termine.  Ne'  puo', tantomeno, profilarsi
l'ipotesi  di  una restituzione degli atti al giudice a quo in quanto
trattasi di atto amministrativo, che non puo' incidere sulla presente
questione  di legittimita' costituzionale della norma che lo prevede,
se non per confermare - attraverso l'attuazione concreta della stessa
norma  denunciata  -  il  contenuto  e i relativi dubbi sollevati sul
comma 7 dell'art. 3 della legge n. 249 del 1997.
    Infatti,   il  termine  del  31 dicembre  2003,  fissato  in  via
amministrativa,  e'  accompagnato  -  proprio  in  adempimento  della
previsione  normativa  relativa  al raggiungimento di un "effettivo e
congruo   sviluppo  dell'utenza  dei  programmi  radiotelevisivi  via
satellite  e  via  cavo"  -  da  una  espressa  e motivata riserva di
rivedere   il   termine   stesso  entro  il  31 gennaio  2003.  Nella
motivazione  e'  chiarita  la  ragione  di  tale riserva, ritenendosi
opportuno  "effettuare  in  data  antecedente  una  verifica circa lo
sviluppo dei sistemi alternativi di diffusione in modo da controllare
se,  all'avvicinarsi  della  data  indicata, le previsioni assunte si
rivelino corrette".
    In  altre  parole,  e'  prevista  una  nuova  valutazione - in un
momento in cui e' possibile disporre di un quadro di riferimento piu'
certo  -  con  il  fine  di  variare  il  termine,  posticipandolo  o
anticipandolo,   all'esito   della   verifica   del   raggiungimento,
rispettivamente,  di un limite di quota inferiore al 35%, o superiore
al 45%, delle "famiglie digitali" raggiunto al 31 dicembre 2002.
    Giova  subito  sottolineare  che  -  sulla  base  delle esaustive
risultanze  istruttorie e delle relative proiezioni, secondo i dati e
le  valutazioni  di  stima  offerti  dagli  stessi organi preposti al
settore delle comunicazioni, anche alla luce delle emerse difficolta'
economiche e di sviluppo (sopravvenute ed imprevedibili alla data del
7 agosto  2001)  -  deve  escludersi  la realizzabilita' in Italia in
tempi  congrui della soglia minima prevista di diffusione dei sistemi
di  trasmissione  televisiva alternativi alla via terrestre analogica
(cavo, satellite, digitale terrestre).
    Segnatamente,  infatti,  il  sistema  di trasmissione via cavo si
trova "a uno stato poco piu' che embrionale".
    Il sistema di trasmissione via satellite, come risulta dagli atti
acquisiti, raggiunge un modesto numero di utenti.
    Infine,  la televisione digitale terrestre si trova ancora in una
fase di mera sperimentazione.
    Pertanto,  il  regime  transitorio,  agganciato al criterio dello
sviluppo    effettivo    e    congruo   dell'utenza   dei   programmi
radiotelevisivi  via  satellite  e  via  cavo (art. 3, comma 7, della
legge  n. 249  del  1997),  non  e'  destinato a concludersi in tempi
ragionevolmente  brevi.  Tutti gli elementi raccolti dall'istruttoria
conducono,  anzi,  a  ritenere  irrealizzabile, in periodi prossimi o
almeno  ragionevolmente susseguenti in maniera certa e definitiva, il
rispetto  del  termine  previsto in via amministrativa sulla base dei
criteri fissati dal citato comma 7 dell'art. 3.
    5.  -  Del  tutto ininfluente, ai fini delle questioni sollevate,
deve  ritenersi  anche l'invocato decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5
(Disposizioni  urgenti  per  il differimento di termini in materia di
trasmissioni  radiotelevisive  analogiche  e digitali, nonche' per il
risanamento    di    impianti   radiotelevisivi),   convertito,   con
modificazioni, nella legge 20 marzo 2001, n. 66.
    Il   predetto   decreto   contiene  disposizioni  riguardanti  la
televisione   privata   in   ambito  locale  (art. 1,  comma  1);  la
radiodiffusione sonora in tecnica digitale e anche analogica (art. 1,
commi  2,  2-bis  2-ter  e 2-quater); la riduzione di inquinamenti da
emissioni  di  radiodiffusione sonora e televisiva (art. 2, comma 1);
le  antenne  per  la  telefonia  mobile  (art. 2,  comma  1-bis);  la
sperimentazione   e  le  agevolazioni  per  l'avvio  dei  mercati  di
programmi  televisivi  digitali  su  frequenze  terrestri (art. 2-bis
commi  1  e  2);  l'indicazione  dell'anno  2006  entro  il quale "le
trasmissioni  televisive  di  programmi e dei servizi multimediali su
frequenze terrestri devono essere irradiati esclusivamente in tecnica
digitale"  (art. 2-bis, comma 5); e altri punti, infine, di interesse
scientifico e di propulsione di nuove tecnologie.
    Si  tratta  di  aspetti  estranei al presente giudizio e privi di
riflesso  sulle  sollevate  questioni di legittimita' costituzionale,
che investono l'attuazione del sistema delle misure anticoncentrative
e  il  termine  del  relativo  regime  transitorio,  incentrato sulle
trasmissioni  in  ambito nazionale su frequenze terrestri con tecnica
analogica.
    6.  -  Nessuno  ostacolo  ad  un esame del merito delle questioni
sollevate  puo',  inoltre,  derivare  dalla  mancanza di assegnazione
delle  frequenze;  dal  preteso  accantonamento  del piano analogico;
dalla  attuale  parziale  localizzazione  delle emittenti in siti non
pianificati;   dalle  difficolta'  pratiche  di  futura  assegnazione
provvisoria  di  frequenze; dalle esigenze di un ulteriore intervento
legislativo per le modalita' di messa a regime del sistema in seguito
ad un eventuale superamento della fase transitoria.
    Gli  anzidetti  profili  attengono,  invero,  alle  modalita'  di
successiva  attuazione  di  una eventuale pronuncia di illegittimita'
costituzionale  delle norme denunciate, nonche', in alcuni casi, alle
esigenze  di  un  ulteriore  intervento legislativo. Come tali, detti
aspetti  possono  incidere  non  sulla ammissibilita' delle questioni
sollevate, ma, semmai, sulla tipologia di decisione della Corte.
    7.  -  Sul  merito delle questioni di legittimita' costituzionale
proposte, occorre anzitutto sottolineare i seguenti punti.
    A)  Le  questioni  sollevate  riguardano  solo la radiodiffusione
televisiva  privata  nazionale  in  chiaro su frequenze terrestri con
tecnica analogica.
    Tuttavia  la  sorte del censurato comma 7 dell'art. 3 della legge
n. 249  del 1997 si riflette evidentemente sulle collegate previsioni
di termine contenute nel comma 9 dello stesso articolo (relativo alla
realizzazione  da parte della RAI della terza rete senza pubblicita),
e  nel  comma 11 (relativo alla rete eccedente che trasmette in forma
codificata, c.d. televisione a pagamento).
    B)  La  formazione  dell'esistente  sistema  televisivo  italiano
privato  in  ambito nazionale ed in tecnica analogica trae origine da
situazioni di mera occupazione di fatto delle frequenze (esercizio di
impianti senza rilascio di concessioni e autorizzazioni), al di fuori
di ogni logica di incremento del pluralismo nella distribuzione delle
frequenze e di pianificazione effettiva dell'etere.
    Detta occupazione di fatto e' stata, peraltro, in varie occasioni
per  lunghi  periodi  temporali,  legittimata ex post e sanata con il
consentire  "la  prosecuzione delle attivita' delle singole emittenti
radiotelevisive  private  con  gli  impianti in funzione al 1 ottobre
1984"  (decreto-legge 6 dicembre 1984, n. 807, recante: "Disposizioni
urgenti  in materia di trasmissioni radiotelevisive", convertito, con
modificazioni,  nella  legge  4 febbraio  1985,  n.10,  prorogato con
decreto-legge  1 giugno 1985, n. 223, recante: "Proroga di termini in
materia  di  trasmissioni  radiotelevisive",  convertito  nella legge
2 agosto 1985, n. 397).
    Anche  per  gli impianti in esercizio all'entrata in vigore della
legge   6 agosto  1990,  n. 223,  recante:  "Disciplina  del  sistema
radiotelevisivo pubblico e privato", e' stata data l'autorizzazione a
"proseguire  nell'esercizio  a  condizione di avere inoltrato domanda
per il rilascio della concessione" e fino ad un termine di 730 giorni
(art. 32,  comma  1;  v.  sentenza  n. 408  del  1996), prorogato dal
decreto-legge  19 ottobre 1992, n.407 (Proroga dei termini in materia
di impianti di radiodiffusione), convertito, con modificazioni, nella
legge 17 dicembre 1992, n. 482.
    I termini di prosecuzione sono stati, ulteriormente prorogati dai
seguenti   atti   normativi:   decreto-legge  27 agosto  1993  n. 323
(Provvedimenti  urgenti  in materia radiotelevisiva), convertito, con
modificazioni,  nella  legge  27 ottobre  1993, n. 422; decreto-legge
23 ottobre   1996,   n. 545  (Disposizioni  urgenti  per  l'esercizio
dell'attivita'    radiotelevisiva    e    delle   telecomunicazioni),
convertito,  con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1996, n. 650;
legge   31 luglio   1997,   n. 249;   legge  30 aprile  1998,  n. 122
(Differimento  di termini previsti dalla legge 31 luglio 1997, n. 249
relativi  all'Autorita'  per le garanzie nelle comunicazioni, nonche'
norme  in  materia  di programmazione e di interruzioni pubblicitarie
televisive);   decreto-legge   30 gennaio  1999,  n.15  (Disposizioni
urgenti  per  lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per
evitare  la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel
settore  radiotelevisivo), convertito, con modificazioni, nella legge
29 marzo   1999,  n.78;  decreto  del  ministro  delle  comunicazioni
28 luglio 1999.
    La  protrazione  del  termine  e'  stata motivata: fino al luglio
1997,    dall'attesa    della   riforma   complessiva   del   sistema
radiotelevisivo   e   della   predisposizione   del  nuovo  piano  di
assegnazione  delle  frequenze;  fino al luglio 1999, dall'attesa del
rilascio  delle  concessioni;  in  epoca successiva, dall'esigenza di
attendere  i  tempi  di  attuazione  del  piano di assegnazione delle
frequenze (approvato con deliberazione 30 ottobre 1998 dell'Autorita'
per le garanzie nelle comunicazioni).
    C)  L'attuale  sistema di radiodiffusione televisiva su frequenze
terrestri  con  tecnica analogica mantiene immutata la caratteristica
di  ristrettezza  delle  frequenze  e quindi di assai limitato numero
delle reti realizzabili a copertura nazionale.
    Il  piano  nazionale di assegnazione delle frequenze - sulla base
di 51 canali pianificati (3 per ciascuna rete) - ha previsto 17 reti,
di  cui  11  assegnate  alla  radiodiffusione  televisiva  in  ambito
nazionale  (3 utilizzate dalla televisione pubblica-RAI e 8 destinate
a  quella privata, sempre in ambito nazionale) e le rimanenti 6 reti,
pari   al   35,3%,  riservate  alle  esigenze  della  radiodiffusione
televisiva in ambito locale.
    Rispetto  a  quella  esaminata dalla sentenza n. 420 del 1994, la
situazione   di  ristrettezza  delle  frequenze  disponibili  per  la
televisione   in  ambito  nazionale  con  tecnica  analogica  si  e',
pertanto, accentuata, con effetti ulteriormente negativi sul rispetto
dei  principi  del  pluralismo e della concorrenza e con aggravamento
delle concentrazioni. Si e' passati, infatti, da una previsione di 12
reti  nazionali  (9  private,  3 pubbliche), ad 11 reti (8 private, 3
pubbliche),   oltre  alle  televisioni  criptate  a  pagamento.  Alle
televisioni  private  sono  state rilasciate, in data 28 luglio 1999,
soltanto sette concessioni, peraltro senza attribuzione di frequenze,
mentre  nella  fase transitoria sono state mantenute in esercizio con
le  frequenze  gia'  utilizzate  anche  le tre reti private nazionali
riconducibili ad unico soggetto.
    8.  -  La descritta situazione di fatto non garantisce, pertanto,
l'attuazione  del  principio  del pluralismo informativo esterno, che
rappresenta   uno  degli  "imperativi"  ineludibili  emergenti  dalla
giurisprudenza  costituzionale  in materia. Questa Corte ha, infatti,
costantemente  affermato  la  necessita'  di  assicurare l'accesso al
sistema   radiotelevisivo  del  "massimo  numero  possibile  di  voci
diverse"   (sentenza   n. 112   del   1993),   ed   ha   sottolineato
l'insufficienza  del  mero  concorso  fra  un polo pubblico e un polo
privato   ai   fini   del   rispetto   delle   evidenziate   esigenze
costituzionali  connesse all'informazione (sentenze n. 826 del 1988 e
n. 155 del 2002).
    L'obiettivo di garantire, tra l'altro, il pluralismo dei mezzi di
informazione  e'  stato  sottolineato, in una prospettiva piu' ampia,
anche   a   livello   comunitario  in  recenti  direttive:  direttiva
2002/19/CE,   relativa   all'accesso   alle   reti  di  comunicazione
elettronica,  alle  risorse  correlate  e  all'interconnessione delle
medesime  (direttiva di accesso); direttiva 2002/20/CE, relativa alle
autorizzazioni  per  le reti e i servizi di comunicazione elettronica
(direttiva  autorizzazioni);  direttiva 2002/21/CE, che istituisce un
quadro  normativo  comune  per  le reti ed i servizi di comunicazione
elettronica  (direttiva  quadro);  direttiva  2002/22/CE, relativa al
servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di
servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale).
    In  questo  quadro  la  protrazione  della  situazione  (peraltro
aggravata)  gia'  ritenuta illegittima dalla sentenza n. 420 del 1994
ed  il  mantenimento  delle  reti  considerate ancora "eccedenti" dal
legislatore  del  1997  esigono,  ai  fini della compatibilita' con i
principi   costituzionali,   che   sia  previsto  un  termine  finale
assolutamente certo, definitivo e dunque non eludibile.
    9. - Tanto ritenuto e', tuttavia, da precisare che la esigenza di
un equilibrato passaggio di riconversione del sistema di trasmissione
delle  reti  eccedenti  i  limiti  anticoncentrativi  non  esclude la
legittimita' sul piano costituzionale di un regime transitorio in cui
si  dilazioni  temporaneamente  l'applicazione, rispetto a situazioni
preesistenti, dei limiti anzidetti.
    Del  resto,  l'esistenza  di  un regime transitorio e' stata gia'
ritenuta  legittima  da  questa  Corte (sentenza n. 420 del 1994), la
quale  gia' in precedenza aveva precisato che la fase transitoria non
poteva  assumere  "di fatto carattere definitivo", senza che la Corte
stessa   effettuasse   "una   diversa  valutazione  con  le  relative
conseguenze" (sentenza n. 826 del 1988).
    La   illegittimita'   costituzionale   non   investe   il  regime
transitorio  in  deroga  e  nemmeno  l'attuale  prosecuzione, purche'
temporaneamente limitata, dell'esercizio delle emittenti in eccedenza
rispetto  ai  limiti anzidetti (combinato disposto dell'art. 2, comma
6, e dell'art. 3, commi 6, 9 e 11).
    10.  -  Non  sussiste, inoltre, il vizio denunciato derivante dal
coinvolgimento,  in  funzione  garantistica,  dell'Autorita'  per  le
garanzie  delle  comunicazioni.  Non e', infatti, l'affidamento della
concreta  determinazione  del termine ad una Autorita' amministrativa
indipendente  a  comportare  vizi  di legittimita' costituzionale del
termine  stesso, bensi' il suo aggancio a criteri e modalita' fissati
dal legislatore, non idonei ad assicurare - legati come sono ai tempi
di  realizzazione  dei  sistemi  alternativi di trasmissione - alcuna
certezza  di  cessazione  della  fase  transitoria  entro  un termine
congruo e definitivo.
    11. - L'individuazione di un termine finale, entro il quale possa
avvenire la cessazione definitiva del regime transitorio dell'art. 3,
comma  7,  e  delle collegate previsioni dei commi 9 e 11 della legge
n. 249 del 1997, puo' essere ricavata dalla valutazione di congruita'
tecnica  dei tempi di passaggio al regime definitivo effettuata dalla
Autorita'  per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 346
del  2001. L'Autorita' ha indicato la data del 31 dicembre 2003 quale
termine   ritenuto   sufficiente   per   le  semplici  operazioni  di
trasferimento delle reti analogiche eccedenti, tanto in chiaro che in
forma codificata.
    In  altre  parole,  una  volta  esclusa  la tollerabilita' di una
protrazione dell'anzidetto regime transitorio fino alla realizzazione
di un congruo sviluppo della utenza satellitare e via cavo e di altri
sistemi  alternativi  alla diffusione terrestre in tecnica analogica,
puo'  essere  assunto  quale termine di chiusura quello gia' ritenuto
tecnicamente  utilizzabile  dall'Autorita'.  Cio'  a  prescindere dal
raggiungimento  della  prevista  quota  di  "famiglie  digitali", che
rimane  indipendente dalle operazioni tecniche di trasferimento verso
sistemi alternativi a quello analogico su frequenze terrestri.
    D'altro  canto,  la  data  del  31 dicembre  2003  offre  margini
temporali all'intervento del legislatore per determinare le modalita'
della  definitiva cessazione del regime transitorio di cui al comma 7
dell'art. 3 della legge n. 249 del 1997.
    E'  appena  il  caso  di  precisare  che  la  presente decisione,
concernente  le  trasmissioni  radiotelevisive in ambito nazionale su
frequenze  terrestri  analogiche,  non  pregiudica  il diverso futuro
assetto  che  potrebbe  derivare  dallo  sviluppo  della  tecnica  di
trasmissione   digitale  terrestre,  con  conseguente  aumento  delle
risorse tecniche disponibili.
    12.  -  Sulla base delle esposte considerazioni, deve dichiararsi
l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 3,  comma  7, della legge
31 luglio  1997, n. 249, nella parte in cui non prevede la fissazione
di  un  termine  finale  certo,  e  non prorogabile, che comunque non
oltrepassi il 31 dicembre 2003, entro il quale i programmi, irradiati
dalle  emittenti  eccedenti  i  limiti di cui al comma 6 dello stesso
art. 3,  devono  essere  trasmessi esclusivamente via satellite o via
cavo.  Ovviamente  cio'  e' destinato a riflettersi sulla portata dei
commi  9  e  11  dell'art. 3  della  legge  n. 249  del 1997 in forza
dell'evidenziato  collegamento  con  il  comma 7 dello stesso art. 3,
quale risultante dalla presente decisione.
    Vanno,   invece,   dichiarate   non   fondate   le  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 2,  comma  6,  e dell'art. 3,
comma 6, della citata legge n. 249 del 1997, sollevate in riferimento
agli artt. 3, 21, 41 e 136 della Costituzione.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  la  illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 7,
della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorita' per le
garanzie    nelle   comunicazioni   e   norme   sui   sistemi   delle
telecomunicazioni  e radiotelevisivo), nella parte in cui non prevede
la  fissazione  di  un  termine  finale certo, e non prorogabile, che
comunque  non  oltrepassi  il  31 dicembre  2003,  entro  il  quale i
programmi,  irradiati  dalle  emittenti  eccedenti i limiti di cui al
comma  6  dello stesso art. 3, devono essere trasmessi esclusivamente
via satellite o via cavo;
    Dichiara  non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 2,  comma  6, e dell'art. 3, comma 6, della legge 31 luglio
1997,  n. 249,  sollevate,  in riferimento agli artt. 3, 21, 41 e 136
della  Costituzione,  con  l'ordinanza  del  Tribunale amministrativo
regionale del Lazio indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Chieppa
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 20 novembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
02C1069