N. 511 SENTENZA 20 novembre - 4 dicembre 2002

Giudizio su conflitto di attribuzione tra Stato e Regione.

Ricorso   regionale   -   Eccepita   inammissibilita',  per  ritenuta
  precedente  acquiescenza  a manifestazioni della competenza statale
  nella materia oggetto del giudizio - Reiezione.
Demanio  e  patrimonio  dello Stato - Demanio marittimo - Concessione
  per  la  realizzazione  e gestione del porto turistico di Lavagna -
  Subingresso  nella  concessione  della  s.p.a.  Porto  di Lavagna -
  Autorizzazione  ministeriale  -  Ricorso  della  Regione  Liguria -
  Fondatezza  -  Conferimento  di funzioni per la concessione di beni
  demaniali  alle  Regioni  -  Violazione  delle  attribuzioni  della
  Regione Liguria - Annullamento conseguente dell'atto impugnato.
- Provvedimento del Ministro dei trasporti e della navigazione.
- Costituzione,  artt. 117 e 118; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art.
  59; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 105, comma 2, lettera l).
(GU n.49 del 11-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito della nota
del  Ministero dei trasporti e della navigazione - Unita' di gestione
infrastrutture  per la navigazione e il demanio marittimo, protocollo
Dem  2A-2400 del 16 ottobre 2000, avente ad oggetto: "Porto turistico
di  Lavagna - autorizzazione al subingresso ex art. 46, comma 2, cod.
nav.  a  favore  della Porto di Lavagna S.p.a.", promosso con ricorso
della  Regione  Liguria notificato il 23 novembre 2000, depositato in
cancelleria  il  29  successivo  ed  iscritto  al  n. 53 del registro
conflitti 2000.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  22 ottobre  2002  il  giudice
relatore Valerio Onida;
    Uditi   l'avv.   Gustavo  Romanelli  per  la  Regione  Liguria  e
l'avvocato  dello  Stato  Giuseppe  Albenzio  per  il  Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ricorso  notificato il 23 novembre 2000 e depositato in
cancelleria   il   successivo  29 novembre,  la  Regione  Liguria  ha
sollevato conflitto di attribuzioni nei confronti dello Stato al fine
di ottenere la dichiarazione che non spetta allo Stato, e per esso al
Ministero  dei  trasporti e della navigazione, adottare provvedimenti
in  ordine  ai  rapporti concessori relativi alla gestione delle aree
demaniali  marittime situate nel territorio della Regione Liguria per
utilizzazioni   aventi  finalita'  turistiche  e  ricreative,  ed  in
particolare adottare il provvedimento trasmesso alla Regione con nota
in  data  16 ottobre  2000 (pervenuto il 24 ottobre 2000), con cui si
autorizza,  ai  sensi  dell'art. 46,  secondo comma, del codice della
navigazione,  il  subingresso  della  S.p.a.  Porto  di Lavagna nella
concessione,  a  suo  tempo rilasciata alla S.p.a. Cala dei Genovesi,
per la realizzazione e gestione del porto turistico di Lavagna.
    Ad  avviso  della  ricorrente, l'atto impugnato, presupponendo il
permanere   della   competenza   statale  in  relazione  al  rapporto
concessorio  attinente a questo porto turistico, sarebbe lesivo delle
prerogative  costituzionali della Regione garantite dagli artt. 117 e
118  della  Costituzione,  anche  in relazione all'art. 59 del d.P.R.
24 luglio  1977,  n. 616,  all'art. 6,  comma  1,  del  decreto-legge
5 ottobre  1993,  n. 400  (convertito, con modificazioni, dalla legge
4 dicembre  1993,  n. 494), nonche' all'art. 105, comma 2, lettera l)
del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
    Nel  ricorso si premette che l'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977
aveva  delegato alle Regioni "le funzioni amministrative sul litorale
marittimo,  sulle  aree  demaniali immediatamente prospicienti, sulle
aree  del demanio lacuale e fluviale, quando l'utilizzazione prevista
abbia  finalita' turistiche e ricreative". Dalla delega erano escluse
le  funzioni  esercitate  dagli  organi  dello  Stato  "in materia di
navigazione marittima, di sicurezza nazionale e di polizia doganale".
Era altresi' previsto che la delega non riguardasse i porti e le aree
"di  preminente interesse nazionale in relazione agli interessi della
sicurezza  dello  Stato e alle esigenze della navigazione marittima":
l'identificazione precisa di tale aree avrebbe dovuto avvenire con un
decreto  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, previo parere
delle Regioni interessate, entro il 31 dicembre 1978.
    Siccome  il  termine  originariamente  previsto  dall'art. 59 del
d.P.R. n. 616 del 1977 per l'identificazione delle aree escluse dalla
delega  non  e'  stato  rispettato  e, nella perdurante inerzia dello
Stato,  si  era  consolidato un orientamento giurisprudenziale per il
quale,  fino  alla  individuazione  delle aree sottratte alla delega,
questa  non  sarebbe  stata  operativa,  a  far  salve  le competenze
regionali  e' intervenuto l'art. 6 del decreto-legge n. 400 del 1993,
stabilendo  che  "ove,  entro un anno dalla data di entrata in vigore
della   legge   di   conversione  del  presente  decreto"  -  termine
successivamente  prorogato  al  31 dicembre  1995  con  una  serie di
decreti legge non convertiti, ma i cui effetti sono stati fatti salvi
dalla  legge  23 dicembre  1996,  n. 647  -  "il  Governo  non  abbia
provveduto  agli  adempimenti necessari a rendere effettiva la delega
delle funzioni amministrative alle regioni, ai sensi dell'art. 59 del
decreto  del  Presidente  della  Repubblica  24 luglio  1977, n. 616,
queste sono comunque delegate alle regioni".
    All'incombente  previsto  dall'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977
si  e'  quindi  provveduto  con  il d.P.C.m. 21 dicembre 1995, che ha
appunto  approvato l'elenco delle aree marittime escluse dalla delega
alle Regioni. Per la Regione Liguria, tale d.P.C.m. includeva fra gli
ambiti  sottratti  a  trasferimento  un  gran numero di aree, tra cui
anche  il  porto  turistico  di  Lavagna,  sul  quale  il  Governo si
riservava  la  competenza per "esigenze della navigazione marittima":
ma  il decreto stesso e' stato annullato, con riguardo alla parte che
concerneva aree del territorio della Regione Liguria, con la sentenza
di  questa  Corte  n. 242  del  1997,  per  essere  stato formato con
modalita' non conformi al principio di leale cooperazione.
    Anche  l'art. 105,  comma 2, lett. l) del d.lgs. n. 112 del 1998,
nel  conferire  alle  Regioni  le  funzioni  relative  al rilascio di
concessioni  sui  beni  del  demanio  marittimo,  ha precisato che il
conferimento  non opera nei porti e nelle aree di interesse nazionale
individuate  con il d.P.C.M. 21 dicembre 1995. Tuttavia la Corte, con
la  sentenza  n. 322  del  2000, ha riconosciuto che, con riguardo al
territorio  della  Regione  Liguria,  tale decreto legislativo non ha
proceduto ad una delimitazione delle aree escluse dal conferimento di
funzioni,  per mancanza di un efficace termine di riferimento, atteso
il  precedente  parziale annullamento del d.P.C.m. 21 dicembre 1995 e
stante la mancata successiva emanazione da parte del Governo, che pur
avrebbe potuto provvedervi con il procedimento previsto dall'art. 59,
secondo  comma,  ultimo  periodo,  del  d.P.R. n. 616 del 1977, di un
decreto  modificativo  dell'elenco delle aree di preminente interesse
nazionale;  e  che  pertanto  la  competenza della Regione Liguria in
ordine   ai   beni  del  demanio  marittimo  non  e'  limitata  dalla
individuazione di dette aree escluse.
    In questo quadro, la ricorrente ritiene che le proprie competenze
amministrative  in  ordine  alla  gestione  del demanio marittimo per
finalita'  turistiche  e  ricreative, tra l'altro disciplinate con la
legge  regionale  28 aprile  1999, n. 13, e successive modificazioni,
siano  prive  di  limitazioni  spaziali,  e  si  estendano,  in forza
dell'annullamento  parziale del d.P.C.m. 21 dicembre 1995, a tutte le
aree  demaniali  della  Regione  (con  la  sola esclusione delle aree
affidate  alle  competenze  delle autorita' portuali, nelle quali non
ricade  il  porto  di Lavagna). Ne deriverebbe che l'intervento dello
Stato,  con il quale si provvede in ordine ad un rapporto concessorio
demaniale  per  finalita'  turistiche,  con le modalita' di esercizio
proprie   delle   attribuzioni   statali   esclusive  e  senza  alcun
coinvolgimento  della Regione nel procedimento, sarebbe illegittimo e
configurerebbe  il tentativo di riappropriarsi di competenze ormai di
sicura spettanza della Regione.
    Osserva  la  Regione  che  il  bene rispetto al quale lo Stato ha
adottato  i  provvedimenti  concessori oggetto di causa appartiene al
demanio  marittimo,  e che le finalita', cui l'utilizzazione del bene
concesso e' rivolta, sono di carattere turistico-ricreativo (il porto
di  Lavagna,  infatti,  e'  un  porto turistico) e come tali comprese
nell'ambito  della  delega  di  funzioni  operante  anche prima degli
ulteriori  conferimenti  disposti  dal  d.lgs.  n. 112  del  1998.  I
provvedimenti  di  gestione  del rapporto concessorio (rilascio della
concessione    amministrativa,   suo   rinnovo,   autorizzazione   al
subingresso  di  un  nuovo concessionario, ecc.) rientrerebbero nella
nozione  di  funzione  amministrativa  "per  finalita'  turistiche  e
ricreative", cui si riferisce la delega. Deporrebbe in questo senso -
oltre  al  comune  sentire,  per  il quale le funzioni concernenti la
gestione  del  demanio postulano in primo luogo l'esercizio di poteri
concessori, in aggiunta a quelli di polizia e di vigilanza - anche la
lettera  dell'art. 6, comma 1, del decreto-legge n. 400 del 1993 (ove
si  stabilisce che la delega di cui all'art. 59 del d.P.R. n. 616 del
1977  concerne  anche  il  rilascio  ed  il rinnovo delle concessioni
demaniali  marittime)  e  dell'art. 105,  comma 2, lett. l del d.lgs.
n. 122  del  1998 (ove si ribadisce che il conferimento include anche
le competenze "al rilascio di concessioni di beni").
    Conclusivamente, ad avviso della ricorrente, nella fattispecie la
competenza  al  rilascio  della  autorizzazione  al subingresso nella
concessione  amministrativa  di  cui  si  controverte  spettava  alla
Regione,  cosi'  come  spettava  alla Regione adottare tutti gli atti
relativi   al   medesimo  rapporto  concessorio,  con  esclusione  di
qualsiasi    attribuzione    concorrente    in   capo   allo   Stato.
L'amministrazione   statale,   continuando   ad   esercitare   poteri
concessori  relativi  al  porto  turistico di Lavagna, mostrerebbe di
voler  ritenere tuttora operante la riserva di competenza operata dal
d.P.C.m.  21 dicembre  1995:  cio'  in  contrasto  con  il riparto di
competenze,  costituzionalmente  garantito,  e  in  violazione  della
portata  vincolante  delle pronunce di questa Corte intervenute nella
fattispecie.
    2. - Si  e'  costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
chiedendo  che il conflitto sia dichiarato inammissibile e, comunque,
non fondato.
    L'Avvocatura muove da una diversa lettura dell'art. 59 del d.P.R.
n. 616  del  1977: le funzioni in materia di amministrazione dei beni
del   demanio   marittimo   relativamente   ai  porti  turistici  non
rientrerebbero  tra  quelle delegate alle Regioni. Il termine "porti"
andrebbe  letto  nell'accezione  piu'  lata, ricomprendendovi i porti
turistici,  alla  luce  della  prevalenza  dei  profili connessi alle
esigenze  di  sicurezza  della navigazione e alle ulteriori attivita'
portuali  rispetto  ai  profili  ludici e ricreativi; inoltre porti e
aree   sarebbero  due  realta'  disgiunte,  e  l'individuazione,  con
apposito  d.P.C.m.,  di  quelle  di preminente interesse nazionale si
riferirebbe esclusivamente alle seconde.
    La  delega di cui all'art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977, quindi,
riguarderebbe  le  sole  attivita'  prettamente  turistico-ricreative
(stabilimenti   balneari,  strutture  di  ristorazione  e  ricettive,
attivita'  ludiche  e  per  il  tempo  libero),  mentre  su  tutto il
territorio nazionale, compresa la Liguria, le funzioni amministrative
sul   demanio   marittimo   attinenti   alla   portualita'  turistica
spetterebbero  al  Ministero dei trasporti e della navigazione, nella
sua articolazione centrale e periferica. Cio' troverebbe conferma nel
regolamento  approvato con d.P.R. 2 dicembre 1997, n. 509, recante la
disciplina  del  procedimento  di  concessione  di  beni  del demanio
marittimo  per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da
diporto.  Ai  sensi  degli  artt. 1 e 2 di tale d.P.R., la competenza
all'esercizio delle funzioni amministrative in materia di portualita'
turistica  spetta  infatti  all'Amministrazione  statale; solo per le
strutture  di  lievissimo  impatto e destinate alla nautica minore il
relativo regime amministrativo ricade nell'ambito della delega di cui
all'art. 59  del  d.P.R.  n. 616  del  1977, stante la prevalenza, in
questi casi, dell'elemento turistico-ricreativo.
    Osserva  infine  la  difesa  del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri  che,  rientrando la materia nella previsione dell'art. 118,
secondo   comma,   della   Costituzione,   sarebbe   necessario   che
un'eventuale  delega di funzioni fosse stabilita espressamente da una
legge statale. E, trattandosi di funzioni in materia non di spettanza
della Regione ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, l'Avvocatura
afferma  di  non  comprendere  "come si possa rivendicare il possesso
assoluto  ed intangibile di funzioni il cui trasferimento costituisce
materia  di  legislazione  ordinaria  come, in effetti, ha costituito
oggetto della legge n. 59 del 1997 e del d.lgs. n. 112 del 1998".
    Riferisce  inoltre  l'Avvocatura  che "proprio relativamente alla
vicenda  del  porto  turistico di Lavagna, solo poche settimane prima
dell'adozione  del  provvedimento all'origine del presente conflitto,
alla  Regione  era  stata data notizia di un precedente provvedimento
similare  adottato  dal  Ministero  e  non  ne  era  scaturita alcuna
reazione,  neanche  informale";  e  che  "perfino dopo l'adozione del
provvedimento  di  cui si chiede l'annullamento, si e' svolta, presso
il  comune  di  Diano  Marina,  una conferenza di servizi relativa al
locale porto turistico, nel corso della quale il rappresentante della
Regione  non  ha  posto  in  discussione  le  competenze  statali  in
materia".  Secondo  l'Avvocatura,  questo comportamento della Regione
Liguria   rileverebbe,   oltre   che   come   manifestazione  di  una
contraddittorieta'  di  intenti,  ai fini della stessa ammissibilita'
del  presente  ricorso,  "anche sotto il profilo della sua tardivita'
rispetto  alla effettiva conoscenza delle modalita' applicative delle
norme  in  materia  da  parte dell'Amministrazione statale e dei suoi
intendimenti nella gestione delle aree portuali della Regione".
    3. - Nella   memoria   depositata  in  prossimita'  dell'udienza,
replicando  all'eccezione  preliminare  di inammissibilita' sollevata
dall'Avvocatura,  la  ricorrente - con riguardo all'obiezione secondo
cui,  prima  dell'adozione  dell'atto impugnato, alla Regione sarebbe
stato  trasmesso  un  provvedimento  ministeriale "similare" a quello
oggetto  del  presente giudizio, dal quale si sarebbe potuto desumere
l'intenzione  governativa  di esercitare effettivamente le competenze
in materia di porti turistici - osserva che trattasi di deduzione del
tutto    generica:    rilevante   nel   presente   giudizio   sarebbe
esclusivamente  il provvedimento che ne costituisce oggetto, rispetto
al  quale  non  potrebbe essere revocato in dubbio che l'impugnazione
regionale sia stata notificata nei modi e nei termini prescritti.
    Analogamente,  per quel che attiene al fatto che la Regione abbia
partecipato  con  atteggiamento  collaborativo  ad  una conferenza di
servizi  indetta  dal  Ministero  per  il  porto  di Diano Marina, si
tratterebbe  di  circostanza priva di rilievo, non essendo conferente
l'atteggiamento  tenuto  dalla Regione in una questione (gestione del
porto  di  Diano  Marina) diversa da quella oggetto dell'impugnazione
proposta  dalla  Regione (gestione del porto di Lavagna). Ma se anche
la  conferenza  di  servizi avesse riguardato il porto di Lavagna, la
partecipazione  regionale  non  avrebbe  rappresentato  altro  che il
riflesso  dell'efficacia  del  provvedimento  ministeriale impugnato:
esso,  fino  al  suo  eventuale  annullamento  da  parte della Corte,
rimarrebbe  efficace  al  pari della rivendicazione di competenza ivi
sottesa,   e  la  Regione  (al  pari  di  tutti  gli  altri  soggetti
dell'ordinamento)   non  potrebbe  che  comportarsi  di  conseguenza,
partecipando  ai  processi  decisionali  in  cui  tale  competenza si
esplica,  anche  se  svolgentesi  in  una  sede  procedimentale dalla
ricorrente ritenuta impropria.
    In   ogni   caso,  l'atteggiamento  collaborativo  della  Regione
rappresenterebbe   adempimento   di   un  dovere  costituzionale  (il
principio  di  leale  cooperazione):  e  dall'attivita'  prestata per
assolvere  ad  un  obbligo  di tale natura non potrebbe trarsi alcuna
presunzione relativamente ad un'ipotetica rinuncia della ricorrente a
tutelare le proprie attribuzioni costituzionali.
    La  Regione  ricorda  infine  l'orientamento, piu' volte ribadito
dalla Corte, circa la non applicabilita' nei giudizi per conflitto di
attribuzione dell'istituto dell'acquiescenza.
    Nel  merito  la  ricorrente,  escluso  che  la gestione dei porti
turistici possa essere considerata come materia di semplice delega di
funzioni   amministrative   ai   sensi   della  vecchia  formulazione
dell'art. 118  della  Costituzione,  afferma  di  non  condividere la
distinzione,  proposta  dall'Avvocatura, fra "porti" ed "aree". Da un
lato, infatti, i porti sono per loro natura inclusi in aree demaniali
marittime   e,  dall'altro,  tale  ultimo  termine  ("aree  demaniali
marittime")  e'  connotato da un'ampiezza di significato che lo rende
idoneo  ad abbracciare concettualmente anche le "strutture portuali":
con  la  conseguente necessita' di ritenere il riferimento alle "aree
demaniali  marittime"  comprensivo  anche  dei  "porti".  L'argomento
difensivo  dell'Avvocatura  sarebbe  del  resto smentito dallo stesso
d.P.C.m.  21 dicembre  1995,  che  ha  inserito  negli  elenchi delle
porzioni  di demanio marittimo sottratte al trasferimento tanto porti
e  approdi marittimi quanto aree prive di vocazione portuale in senso
proprio  (stabilimenti  balneari,  cantieri  navali,  ecc.). Se fosse
corretto  l'assunto della difesa erariale, il d.P.C.m. avrebbe dovuto
rimanere  del  tutto  silente  sui  porti,  per  i quali un'esplicita
sottrazione   dall'ambito  coperto  dalla  competenza  amministrativa
regionale non sarebbe stata neppure necessaria.
    La  conseguenza  sarebbe  che  non esistono al momento in Liguria
strutture  portuali rispetto alle quali, ove si tratti di funzioni in
materia  turistica  e  fatte  salve  le  attribuzioni delle autorita'
portuali  di  cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, sia operante una
riserva  di competenza amministrativa a favore dello Stato e dei suoi
organi.
    Non  potrebbe  indurre a diversa soluzione il riconoscimento, nel
nuovo  testo  dell'art. 105, comma 2, lettera l del d.lgs. n. 112 del
1998  (come  risultante  a  seguito  delle  modifiche  apportate  con
l'art. 9   della   legge  16 marzo  2001,  n. 88),  delle  competenze
spettanti  alle  Regioni,  ma  solo a partire dal 1 gennaio 2002, con
riguardo  ai porti di rilevanza economica regionale o interregionale,
perche'  tale riferimento non significherebbe che tali competenze non
sarebbero   state   ancora   di   pertinenza   regionale  al  momento
dell'adozione  del  provvedimento controverso. La novella legislativa
del  2001,  correggendo l'eccessiva centralizzazione che continuava a
contraddistinguere  l'impostazione  seguita  dal Governo col d.P.C.m.
21 dicembre    1995,   affiderebbe   alle   Regioni   la   competenza
amministrativa  su tutti i porti di minore rilevanza economica, anche
se  compresi  negli  allegati  approvati  con il d.P.C.m. 21 dicembre
1995.  La  legge  n. 88  del  2001,  in sostanza, non potrebbe essere
ritenuta  fonte  di  reali innovazioni per quei porti che, al momento
della  sua  entrata  in  vigore,  erano  gia'  estranei all'ambito di
competenza   statale,   per   non   essere  menzionati  nel  d.P.C.m.
21 dicembre 1995.
    4. - Anche   nella   memoria  depositata  in  vista  dell'udienza
l'Avvocatura  ribadisce  che  i  porti erano esclusi di per se' dalla
delega,  senza necessita' di una successiva individuazione a mezzo di
apposito  d.P.C.m.,  sicche'  l'annullamento  parziale  del  d.P.C.m.
21 dicembre 1995 non produrrebbe alcun effetto per quanto riguarda la
permanenza  in  capo  allo Stato delle competenze sui porti. Soltanto
con  la riforma portuale (avvenuta con la legge n. 84 del 1994) per i
porti  di  interesse  turistico  sarebbe stata prevista la competenza
delle Regioni per le sole funzioni amministrative relative alle opere
marittime  nei porti classificati nella II categoria, classi II e III
(art. 5):  ma  tale  riclassificazione  sarebbe  rimasta  a tutt'oggi
inattuata, cosi' che continuerebbe ad avere tuttora vigore la vecchia
classificazione che non prevede alcuna competenza regionale.
    Per  effettuare  il  conferimento  alle  Regioni  delle  funzioni
amministrative  in  materia  di  gestione  dei  porti  sarebbe  stata
necessaria una espressa previsione normativa: e tale sarebbe l'art. 9
della  legge  n. 88 del 2001, che ha modificato l'art. 105 del d.lgs.
n. 112  del  1998,  prevedendo che alle Regioni siano conferite dette
funzioni, ma a decorrere dal 1 gennaio 2002 - quindi, successivamente
all'emanazione  dell'atto in contestazione - e limitatamente ai porti
di "rilevanza economica regionale ed interregionale".
    Infine,  ad avviso dell'Avvocatura, il comportamento tenuto dalla
Regione   Liguria,   in  occasione  di  altri  provvedimenti  assunti
dall'amministrazione  statale  competente in relazione ad altri porti
liguri,   evidenzierebbe   una   assoluta  acquiescenza  agli  stessi
provvedimenti  ed  atti  di  gestione  (del tutto simili a quello ora
censurato):  il  che  contrasterebbe  con  la  posizione  assunta nel
presente   giudizio   fino   a  rendere  inammissibile  il  conflitto
sollevato.

                       Considerato in diritto

    1. - La  Regione  Liguria  ha  promosso conflitto di attribuzioni
contro  lo  Stato  in  relazione  al  provvedimento del Ministero dei
trasporti  e  della  navigazione,  trasmesso alla Regione con nota in
data  16 ottobre  2000,  con cui si autorizza, ai sensi dell'art. 46,
secondo  comma,  del  codice  della navigazione, il subingresso della
s.p.a.  Porto  di Lavagna, per il residuo periodo di efficacia, nella
concessione  per  la  realizzazione e gestione del porto turistico di
Lavagna,  assentita  alla  s.p.a.  Cala  dei  Genovesi  con  atto del
22 giugno  1974,  approvato  con  decreto  del  Ministro della marina
mercantile in data 13 luglio 1974.
    2. - Non  puo' essere accolta l'eccezione di inammissibilita' del
ricorso,  avanzata  dall'Avvocatura  dello  Stato,  sulla  base della
circostanza  che  la  Regione  Liguria,  in  precedenti  e successive
occasioni,  non  avrebbe  contestato la competenza statale in tema di
porti  turistici. Nei giudizi per conflitto di attribuzione, infatti,
non  trova  applicazione  l'istituto dell'acquiescenza (cfr. sentenze
n. 191 del 1994 e n. 389 del 1995).
    Ancor  meno puo' attribuirsi rilievo, a tal fine, a comportamenti
della  Regione  ricorrente  estranei alla vicenda giuridica in cui si
inserisce il provvedimento qui impugnato.
    3. - La   ricorrente  rivendica  la  competenza  al  rilascio  di
concessioni di beni demaniali relative al porto turistico di Lavagna,
e quindi anche del provvedimento impugnato, in forza dell'articolo 59
del  d.P.R. n. 616 del 1997, che ha delegato alle Regioni le funzioni
amministrative   sul   litorale  marittimo  e  sulle  aree  demaniali
immediatamente  prospicienti  quando  la utilizzazione prevista abbia
finalita'  turistiche e ricreative, escludendosi l'applicazione della
delega  solo  "ai porti e alle aree di preminente interesse nazionale
in  relazione  agli  interessi  della  sicurezza  dello  Stato e alle
esigenze  della  navigazione  marittima",  aree  da  identificare con
apposito  decreto  del Presidente del Consiglio dei ministri; nonche'
in forza dell'articolo 105, comma 2, lettera l) del d.lgs. n. 112 del
1998,  che,  nel  suo  testo originario, ha stabilito il conferimento
alle Regioni delle funzioni (escluse quelle attribuite alle autorita'
portuali)  relative  al  rilascio  di concessioni di beni del demanio
(fra   l'altro)   marittimo  "per  finalita'  diverse  da  quelle  di
approvvigionamento di fonti di energia", salvo che "nei porti e nelle
aree di interesse nazionale individuate con il decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 1995".
    Tale  ultimo  decreto  -  emanato ai sensi e per i fini di cui al
citato art. 59 del d.P.R. n. 616 del 1977 - aveva bensi' identificato
numerose aree portuali o di altra natura, e fra di esse anche proprio
quella  del  porto turistico di Lavagna, come escluse dalla delega in
quanto riconosciute di preminente interesse nazionale, in particolare
in relazione alle esigenze della navigazione marittima: ma il decreto
stesso  era  stato  annullato, con riguardo alla parte che concerneva
aree  del territorio della Regione Liguria, con la sentenza di questa
Corte  n. 242  del  1997,  per essere stato formato con modalita' non
conformi  al principio di leale cooperazione; ne' successivamente era
stato  integrato  con  riguardo  al  territorio della stessa Liguria.
Cosi'  che  la  successiva  sentenza  di questa Corte n. 322 del 2000
aveva  riconosciuto  che  anche  l'articolo 105 del d.lgs. n. 112 del
1998,  la'  dove  faceva  rinvio,  per  la  individuazione delle aree
escluse  dal  conferimento  di  funzioni  alle  Regioni,  al d.P.C.m.
21 dicembre  1995,  non  poteva  operare  nei confronti della Regione
Liguria,  la  cui  competenza in ordine ai beni del demanio marittimo
non  e'  dunque  limitata dalla individuazione di dette aree escluse,
stante   l'intervenuto  annullamento  della  parte  del  decreto  che
riguardava il suo territorio.
    4. - Dalla  descritta  situazione normativa la Regione ricorrente
trae  la  conseguenza  che  l'atto  impugnato,  che e' relativo ad un
"porto  turistico"  e  dunque  ad un'area esplicitamente destinata ad
utilizzazione  per  fini  turistici, a suo tempo elencata fra le aree
escluse  dalla  delega,  ma  con  atto  che,  rispetto  alla  Regione
ricorrente,  non  produce  effetto  in  quanto  pro  parte annullato,
rientrava nella competenza regionale.
    Il  resistente  Presidente  del Consiglio da' delle norme evocate
dalla  Regione una diversa lettura: a suo avviso l'art. 59 del d.P.R.
n. 616  del  1977  escludeva  dalla  delega tutti i "porti" in quanto
tali,  mentre  la  successiva individuazione delle aree di preminente
interesse nazionale avrebbe riguardato solo le aree diverse da quelle
portuali.   In   tal   modo   l'annullamento  parziale  del  d.P.C.m.
21 dicembre 1995 (che, in verita', a quanto risulta, individuava come
esclusi  dalla  delega  pressoche'  tutti i porti esistenti, compresi
quelli  turistici)  non produrrebbe alcun effetto per quanto riguarda
la  permanenza  in  capo  allo  Stato  delle  competenze  sui  porti.
Parimenti,   il   conferimento   delle  funzioni  di  rilascio  delle
concessioni,  di  cui  all'art. 105  del  d.lgs. n. 112 del 1998, non
opererebbe  nei porti in quanto tali, mentre il rinvio al decreto del
21 dicembre   1995   varrebbe   solo   a   delimitare   ulteriormente
l'operativita'  del  conferimento  di funzioni, escludendone le altre
aree  individuate  come di interesse nazionale attraverso il predetto
decreto.
    5. - La  tesi  del  Presidente del Consiglio trova effettivamente
qualche   conforto   testuale   nelle  disposizioni  interessate.  La
limitazione  della  delega  di  cui  all'art. 59,  secondo comma, del
d.P.R.  n. 616  del  1977,  con  riferimento al "preminente interesse
nazionale  in  relazione agli interessi della sicurezza dello Stato e
alle  esigenze  della  navigazione  marittima",  potrebbe agevolmente
riferirsi  sia  ai  "porti"  che  alle  altre  "aree":  ma il periodo
successivo  del  medesimo comma prevede la identificazione delle sole
"aree"  (che  peraltro  potrebbero anche essere sia le aree portuali,
sia  quelle ulteriori). Cosi' pure la lettera l) dell'art. 105, comma
2,  del  d.lgs.  n. 112  del  1998  offre  un  sia pur esile elemento
testuale  nel  senso  indicato  dalla difesa statale la' dove esclude
l'operativita'  del conferimento "nei porti e nelle aree di interesse
nazionale  individuate"  (al femminile) con il decreto del Presidente
del  Consiglio.  Infine  la  modifica  di  recente  apportata a detto
articolo  105  con  l'art. 9  della  legge  6 marzo  2001, n. 88 (non
direttamente rilevante nel presente giudizio, trattandosi di modifica
sopravvenuta  dopo  l'emanazione  dell'atto impugnato) parrebbe a sua
volta  muovere dalla interpretazione sostenuta dallo Stato, in quanto
dispone  che  il  conferimento  di  funzioni  non  operi  "nei  porti
finalizzati  alla  difesa militare ed alla sicurezza dello Stato, nei
porti  di  rilevanza  economica  internazionale  e nazionale, nonche'
nelle  aree  di  preminente  interesse  nazionale  individuate con il
decreto del Presidente del Consiglio 21 dicembre 1995" - distinguendo
stavolta chiaramente fra i porti e le altre aree -, e che negli altri
porti  ("di  rilevanza  economica  regionale  ed interregionale") "il
conferimento  decorre  dal  1  gennaio 2002": supponendosi dunque che
prima esso non operasse.
    A fronte di questi elementi testuali, sta pero' il fatto che, dal
punto  di  vista  della  ratio  normativa,  una  delega  come  quella
conferita  con  l'art. 59  del  d.P.R.  n. 616 del 1977, disposta nel
quadro  della  identificazione di funzioni accessorie e complementari
rispetto  a  quelle  spettanti  alle Regioni in materia di turismo, e
modellata sul criterio funzionale, in quanto limitata alla ipotesi in
cui  "la  utilizzazione  prevista"  - dei beni del demanio marittimo,
comprensivi  del  litorale  e  delle  aree  demaniali  immediatamente
prospicienti   (art. 59   cit.,   primo  comma)  -  "abbia  finalita'
turistiche e ricreative", mal si concilierebbe con una aprioristica e
totale esclusione dalla operativita' della delega medesima di tutti i
porti: e, specificamente, non tanto dei porti "di rilevanza economica
regionale e interregionale" (secondo la classificazione gia' prevista
dall'art. 4,  comma 1, lettera d della legge 28 gennaio 1994, n. 84),
quanto  di quelli fra di essi che hanno solo funzione "turistica e da
diporto"  (art. 4,  comma 3, lettera e della predetta legge n. 84 del
1994),   cioe'   dei   porti   turistici.   Questi  ultimi,  infatti,
rappresentano   una   tipica  utilizzazione  di  aree  demaniali  per
finalita' "turistiche e ricreative". Cio' tanto piu', in quanto dalla
stessa  delega  erano  escluse  "le  funzioni esercitate dagli organi
dello  Stato  in  materia  di  navigazione  marittima,  di  sicurezza
nazionale  e di polizia doganale" (art. 59 cit., primo comma, secondo
periodo),   passando  dunque  in  capo  alle  Regioni  solo  funzioni
attinenti  alla  utilizzazione  dei  beni  per finalita' turistiche e
ricreative.
    Ne'  e'  senza  significato  che  il  decreto  del Presidente del
Consiglio 21 dicembre 1995, nell'identificare, attraverso l'elenco ad
esso  allegato,  le  "aree  demaniali  marittime  (...) escluse dalla
delega  di  funzioni  di  cui  all'art. 59 del decreto del Presidente
della  Repubblica  24 luglio  1977, n. 616, in quanto riconosciute di
preminente  interesse  nazionale  in  relazione  agli interessi della
sicurezza  dello  Stato  e alle esigenze della navigazione marittima"
(art. 1),  abbia indicato in modo del tutto indifferenziato sia porti
e  ambiti  portuali,  sia altre zone demaniali: nell'elenco, al n. 25
nell'ambito  delle  aree  di pertinenza della Capitaneria di porto di
Genova,  figurava,  insieme  ad  altri  porti,  il porto turistico di
Lavagna,  per  il  quale,  nelle  "note"  dell'elenco,  si invocavano
esigenze   della   navigazione  marittima,  cioe'  uno  degli  indici
dell'assunto   "preminente   interesse  nazionale",  che  secondo  la
disposizione  legislativa  avrebbe  dovuto  essere posto a fondamento
dell'esclusione  di determinate aree dalla delega. Nulla, nel decreto
in  esame,  poteva  far  pensare  che i porti fossero indicati a puro
scopo   ricognitivo,  e  non  al  fine  di  positivamente  escluderli
dall'applicazione della delega.
    L'avvenuto  annullamento  del  decreto,  limitatamente alla parte
concernente  il territorio della Regione Liguria, non avrebbe d'altra
parte  impedito  allo  Stato,  almeno  fino all'entrata in vigore del
d.lgs.  n. 112  del  1998, il cui articolo 105 richiamava il d.P.C.m.
21 dicembre  1995,  di  integrare,  con  riguardo  a quel territorio,
l'elenco  delle  aree escluse dall'applicazione della delega: infatti
l'art. 59,  secondo comma, ultimo periodo, del d.P.R. n. 616 del 1977
espressamente prevedeva che "col medesimo procedimento l'elenco delle
aree  predette puo' essere modificato". Ma nessun nuovo provvedimento
relativo  alle  aree  demaniali  marittime  site nel territorio della
Regione  Liguria  e'  intervenuto  dopo  la  sentenza di questa Corte
n. 242 del 1997 che annullo' pro parte il decreto del 1995.
    A sua volta l'art. 105, comma 2, lettera l) del d.lgs. n. 112 del
1998,  nel  suo  testo originario, si limitava a rinviare al d.P.C.m.
21 dicembre  1995,  e  dunque,  si  direbbe,  all'intero contenuto di
questo,  che  includeva,  come  s'e' visto, anche i porti nell'elenco
delle  aree  sottratte  alla delega. Ma allora, stante l'annullamento
parziale  di  tale  decreto,  se  ne  ricava  che,  con  riguardo  al
territorio della Regione Liguria, il conferimento di funzioni operava
relativamente  a  tutte le aree demaniali, ad eccezione di quelle ove
sono  costituite  autorita'  portuali, le cui attribuzioni sono fatte
salve  dal  medesimo  art. 105,  comma  1.  Tali  autorita',  infatti
(costituite  nei  porti maggiori, riconosciuti di rilevanza economica
internazionale  o  nazionale: cfr. art. 4, comma 1-bis e art. 6 della
legge  n. 84  del  1994),  esercitano  fra l'altro, nell'ambito delle
rispettive  circoscrizioni,  le  funzioni di concessione dei beni del
demanio  (cfr.  art. 8, comma 3, lettera h della medesima legge n. 84
del 1994).
    6. - Poiche'  il  porto  turistico  di Lavagna non fa parte della
circoscrizione  di competenza di un'autorita' portuale, e non risulta
oggetto   di   alcuna   altra  norma  di  esclusione  dall'ambito  di
applicazione  della  delega,  e poi del conferimento di funzioni alla
Regione,  si  deve  concludere  che  l'atto  impugnato  nel  presente
giudizio  e'  stato  emanato  in  violazione delle attribuzioni della
Regione medesima.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara che non spettava allo Stato, e per esso al Ministero dei
trasporti  e  della  navigazione,  autorizzare  il  subingresso della
S.p.a.  Porto  di Lavagna nella concessione per la realizzazione e la
gestione  del porto turistico di Lavagna; conseguentemente annulla il
provvedimento  del  Ministero  dei  trasporti  e  della  navigazione,
protocollo  Dem  2A-2399,  trasmesso alla Regione Liguria con nota in
data  16 ottobre  2000  (protocollo  Dem 2A-2400), e impugnato con il
ricorso in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                         Il redattore: Onida
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
02C1136