N. 512 SENTENZA 20 novembre - 4 dicembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Liberta' personale - Provvedimenti restrittivi - Divieto di accesso a
  competizioni  sportive  - Obbligo di comparizione presso gli uffici
  di  polizia  -  Lamentata  mancanza  della possibilita' di verifica
  della   sussistenza   dei   presupposti  di  necessita'  e  urgenza
  all'adozione della misura - Non fondatezza della questione.
- Legge 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6, comma 2.
- Costituzione, art. 13, terzo comma.
(GU n.49 del 11-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE,  Fernanda  CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA, Annibale
MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE
SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 6, comma 2,
della  legge  13 dicembre  1989,  n. 401  (Interventi nel settore del
giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello
svolgimento  di  manifestazioni  sportive),  promosso  con  ordinanza
emessa  il  28 gennaio  2002  dalla  Corte  di cassazione sul ricorso
proposto   da  Franchi  Claudio,  iscritta  al  n. 214  del  registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 20, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 23 ottobre 2002 il giudice
relatore Ugo De Siervo.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Con  ordinanza  depositata  il  28 gennaio  2002,  la  terza
sezione  penale  della  Corte  di  cassazione  ha  rimesso alla Corte
costituzionale  la  questione  di  costituzionalita' dell'articolo 6,
comma 2, della legge 13 dicembre 1989, n. 401 (Interventi nel settore
del  giuoco  e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza
nello  svolgimento  di  manifestazioni sportive), nella parte in cui,
disciplinando   una   misura  restrittiva  della  liberta'  personale
applicabile dalla autorita' di pubblica sicurezza, oltre a prevederne
la  successiva  convalida da parte dell'autorita' giudiziaria, non ne
subordina  l'adozione al presupposto della "eccezionale necessita' ed
urgenza" richiesto dall'art. 13, terzo comma, della Costituzione.
    2. - La  questione  trae  origine  dal ricorso presentato avverso
l'ordinanza  emessa  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari del
Tribunale  di  Udine  che  convalidava  il  provvedimento  con cui il
questore  di Udine - ai sensi dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989
-  aveva  disposto  a  carico di Franchi Claudio, oltre al divieto di
accesso agli stadi ove si svolgono partite della squadra del Brescia,
anche l'obbligo di presentarsi presso la Questura di Brescia mezz'ora
dopo  l'inizio  di  ogni  incontro di calcio disputato dalla medesima
squadra;  il  provvedimento  - notificato in data 28 maggio 2001 - si
riferiva  ai  fatti  commessi  da  Franchi Claudio durante la partita
Brescia Udinese giocata il 1 ottobre 2000.
    Rispetto  ai diversi motivi di gravame prospettati dal ricorrente
- tra i quali la violazione della stessa norma impugnata - il giudice
remittente  ritiene  logicamente  prioritaria la prospettazione della
questione  di  costituzionalita'  dell'art. 6,  comma  2, della legge
n. 401 del 1989, questione che ritiene rilevante e non manifestamente
infondata per le ragioni che seguono.
    3. - In  primo  luogo,  il  giudice a quo richiama l'orientamento
univoco   della   giurisprudenza   costituzionale  ed  ordinaria  nel
configurare  il  provvedimento  di  cui  al comma 2 dell'art. 6 della
legge n. 401 del 1989 come misura limitativa della liberta' personale
(a  differenza  della  misura  prevista dal primo comma dell'articolo
impugnato);  in  base  a tale qualificazione, il provvedimento con il
quale  il  questore dispone l'obbligo di presentarsi presso l'ufficio
di  polizia dovrebbe rispettare le norme previste dall'art. 13, terzo
comma, della Costituzione.
    Cio'  non  e',  in quanto, ai sensi del comma 2 dell'art. 6 della
legge  n. 401  del  1989,  il  questore  puo'  disporre  l'obbligo di
comparizione  personale  del  "tifoso  pericoloso"  a  prescindere da
qualsiasi urgenza.
    Infine, in punto di rilevanza, la Corte di cassazione osserva che
se   la   norma   impugnata  avesse  previsto  il  presupposto  della
"eccezionale  necessita'  ed  urgenza",  il provvedimento convalidato
risulterebbe  chiaramente  illegittimo,  in  quanto disposto fuori da
ogni  urgenza (i fatti contestati risalgono al 1 ottobre 2000, mentre
il provvedimento del questore e' del 28 maggio 2001).
    4. - E'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita'  od
infondatezza della questione, sostenendo che, anche in assenza di una
prescrizione  esplicita,  nella disposizione impugnata, concernente i
requisiti  della necessita' e dell'urgenza, "non pare dubbio che tali
requisiti  debbono  sussistere".  La  giurisprudenza  costituzionale,
infatti,  avrebbe  evidenziato,  da  un  lato,  come sia riservato al
legislatore  individuare  i casi di necessita' ed urgenza in presenza
dei quali - ai sensi dell'art. 13 della Costituzione - possono essere
adottati   provvedimenti   provvisori   restrittivi   della  liberta'
personale  al  di  fuori  della riserva di giurisdizione nel medesimo
articolo   prevista;   dall'altro,   avrebbe   messo   in  luce  come
all'autorita'  di  pubblica sicurezza sia demandata la verifica della
sussistenza,  in  concreto, dei presupposti di necessita' ed urgenza.
L'autorita'  di  pubblica  sicurezza,  peraltro  -  sempre secondo la
giurisprudenza  costituzionale  citata dalla Avvocatura dello Stato -
avrebbe  l'obbligo  di adottare le proprie decisioni nella materia in
questione  sulla  base di una ponderata valutazione delle circostanze
oggettive  e  soggettive  che  giustificano  l'adozione  delle misure
preventive.  Tale  quadro sarebbe completato dalla configurazione del
giudizio  di  convalida  del  provvedimento  del  questore  da  parte
dell'autorita'  giurisdizionale - operata dall'Avvocatura anche sulla
scorta   della   considerazione   di  alcune  decisioni  della  Corte
costituzionale   -   non   come  un  "mero  controllo  estrinseco  di
legalita'",  ma  come  "una  rilevante ed incisiva forma di controllo
sulla legittimita' del provvedimento".
    Sulla  base  di  tali  argomentazioni, nell'atto di intervento si
afferma  che  -  contrariamente  a quanto sostenuto nell'ordinanza di
rimessione  -  "il  legislatore  ordinario  non ha necessita' di fare
espresso riferimento ai presupposti della necessita' e dell'urgenza":
viceversa, e' sufficiente "che si limiti a individuare le fattispecie
nelle  quali  si  concretizzano  i predetti presupposti", essendo poi
demandato  all'autorita'  di  pubblica  sicurezza - ed alla autorita'
giurisdizionale  in sede di controllo - verificarne la sussistenza in
concreto.
    Quanto alla questione concernente la possibilita' che i requisiti
della  necessita' e dell'urgenza sussistano anche a distanza di tempo
rispetto  ai  fatti  che  hanno  dato luogo alla misura del questore,
l'Avvocatura  dello  Stato  ritiene  che  i predetti requisiti vadano
rapportati non al momento della commissione del fatto, ma "al momento
in  cui  viene  adottata,  anche  successivamente, la prescrizione in
argomento,  ossia al momento in cui si manifestano oggettivi elementi
che  rendano necessario (e urgente, ai fini di prevenzione) ricorrere
all'obbligo della comparizione personale".

                       Considerato in diritto

    1. - La  Corte  di  cassazione,  nel  corso  di un giudizio sulla
legittimita'  di  una  ordinanza di convalida resa dal giudice per le
indagini    preliminari   di   Udine,   dubita   della   legittimita'
costituzionale  dell'articolo  6,  comma  2,  della legge 13 dicembre
1989,  n. 401  (Interventi  nel  settore del giuoco e delle scommesse
clandestini   e   tutela   della  correttezza  nello  svolgimento  di
manifestazioni  sportive),  nella  parte  in  cui,  disciplinando una
misura   restrittiva   della  liberta'  personale  applicabile  dalla
autorita'  di  pubblica  sicurezza,  oltre a prevederne la successiva
convalida  da  parte  dell'autorita'  giudiziaria,  non  ne subordina
l'adozione   alla   verifica  della  sussistenza  della  "eccezionale
necessita'  ed  urgenza"  di  cui  all'art.  13,  terzo  comma, della
Costituzione.
    2. - L'oggetto  evocato  dall'ordinanza  di  rimessione  consiste
nella  disciplina  legislativa  del  provvedimento  con  il  quale il
questore  puo'  prescrivere  al  soggetto, cui sia stata applicata la
misura  del  divieto di accesso a competizioni sportive, di comparire
nell'ufficio  o  comando  di  polizia  competente  per  il  luogo  di
residenza  od  in  quello specificamente indicato, in orario compreso
nel  periodo di tempo in cui si svolgono le competizioni per le quali
opera il divieto di accesso di cui sopra.
    Tale provvedimento, nella sua definizione legale, presenta alcune
caratteristiche  la cui sintetica illustrazione appare necessaria per
affrontare la questione sottoposta dalla Corte suprema di cassazione.
    2.  1 - In primo luogo, il provvedimento che dispone l'obbligo di
comparizione  puo' essere adottato dal questore, ai sensi del comma 2
dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989, esclusivamente nei confronti
di  persone  alle  quali sia stata applicata la misura del divieto di
accesso di cui al comma 1 dell'art. 6 della medesima legge, dunque di
persone   che   risultino   denunciate   o   condannate   per   porto
ingiustificato  di  armi  o  di oggetti atti ad offendere, ovvero che
abbiano  preso  parte  attiva ad episodi di violenza in occasione o a
causa  di  manifestazioni  sportive  o  che  nelle  medesime  abbiano
incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
    In   secondo   luogo,   l'obbligo   di   comparizione  non  segue
automaticamente  al divieto di accesso di cui al comma 1 dello stesso
articolo;  esso,  pur  avendo  una  funzione  accessoria  rispetto  a
quest'ultima  misura,  e'  frutto  di  una  autonoma  valutazione del
questore,  il quale deve stabilire se esistano specifiche circostanze
in base alle quali affiancare al divieto di accesso alle competizioni
anche l'obbligo di comparizione presso gli uffici della polizia.
    In   terzo   luogo,   il  provvedimento  de  quo  deve  contenere
l'indicazione  specifica  delle  competizioni  sportive  per le quali
opera  l'obbligo  di  comparizione,  nonche'  la durata del medesimo,
durata  che  - come si evince dal comma 5 dell'articolo 6 della legge
n. 401  del  1989  -  deve  essere  ragionevolmente  commisurata alle
condizioni  che lo giustificano e, comunque, non superiore ad un anno
(termine  elevato, solo successivamente alla vicenda che ha originato
il  presente  giudizio,  a tre anni dal decreto legge 20 agosto 2001,
n. 336,  convertito,  con  modificazioni,  in  legge 19 ottobre 2001,
n. 377).
    Infine,   il   provvedimento   del  questore  cosi'  configurato,
dev'essere  comunicato al procuratore della Repubblica, il quale, ove
ritenga   sussistenti  i  presupposti  previsti  dalla  legge,  entro
quarantotto  ore  dalla  notifica  del  provvedimento,  ne  chiede la
convalida   al   giudice  per  le  indagini  preliminari,  che  nelle
quarantotto  ore  successive  deve  provvedere; in caso contrario, la
prescrizione della autorita' di pubblica sicurezza perde efficacia.
    Contro  l'ordinanza  di  convalida  e'  proponibile  ricorso  per
cassazione.
    3. - Piu'  volte questa Corte e' stata chiamata a pronunciarsi su
tale   assetto   normativo;   le  indicazioni  che  provengono  dalla
giurisprudenza  costituzionale  permettono di precisare ulteriormente
il quadro appena descritto in ordine alla questione sottoposta.
    3.  1 - Una linea giurisprudenziale pacificamente acquisita anche
dalla  giurisprudenza  ordinaria e richiamata tanto nell'ordinanza di
rimessione  quanto  nell'intervento  dell'Avvocatura generale, e' nel
senso  che  il  provvedimento di cui si sta discutendo - a differenza
del  divieto  di  accesso  alle competizioni sportive - configura "un
atto  idoneo ad incidere sulla liberta' personale del soggetto tenuto
a   comparire,  imponendone  la  presenza  negli  uffici  addetti  al
controllo dell'osservanza della misura" (sentenza n. 193 del 1996).
    Dunque,  ancorche'  prefiguri  una  compressione  di  "portata  e
conseguenze   molto   piu'  limitate  sulla  liberta'  personale  del
destinatario" rispetto a misure quali l'arresto o il fermo di polizia
giudiziaria (sentenza n. 144 del 1997), il provvedimento del questore
rientra  pur  sempre  ed a pieno titolo nelle previsioni dell'art. 13
della   Costituzione   (come   d'altronde   testimoniano   i   lavori
parlamentari riguardanti l'articolo in questione).
    3. 2 - Da tale qualificazione discendono alcuni corollari.
    In  primo  luogo,  la  necessita' di una adeguata motivazione del
provvedimento  da  parte del questore, il quale, come questa Corte ha
ribadito  nella  gia'  richiamata sentenza n. 193 del 1996, e' sempre
tenuto   a  documentare  e  valutare  accuratamente  le  "circostanze
oggettive  e soggettive" che lo inducono a ritenere necessario, oltre
il  divieto  di accesso, anche l'obbligo di presentazione al posto di
polizia.
    In  secondo  luogo,  la  natura  di atto suscettibile di incidere
sulla   liberta'  personale  impone  che  il  giudizio  di  convalida
effettuato   dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  non  possa
limitarsi   ad   un   mero   controllo   formale,   bensi',  come  la
giurisprudenza  ordinaria  ha  precisato, debba essere svolto in modo
pieno.
    A  questo proposito, la Corte ha specificato ulteriormente alcuni
caratteri  fondamentali  di  tale  giudizio  di  convalida: esso deve
coinvolgere  la  personalita'  del  destinatario  e  le  modalita' di
applicazione  della misura (sentenza n. 143 del 1996), sostanziandosi
in  un  controllo sulla ragionevolezza ed "esigibilita'" della misura
disposta  con  il provvedimento medesimo (sentenza n. 136 del 1998) e
consentendo,  infine,  al  destinatario una piena e previa conoscenza
dei  diritti  di difesa di cui puo' fruire in tale giudizio (sentenza
n. 144 del 1997).
    4. - Tanto  premesso, la questione di legittimita' costituzionale
risulta  basata  su una ricostruzione parziale del quadro normativo e
costituzionale in cui si inserisce il provvedimento la cui disciplina
e' oggetto del presente giudizio e, percio', risulta infondata.
    Il presupposto della eccezionale necessita' ed urgenza, richiesto
dall'art. 13  della  Costituzione,  affinche' l'autorita' di pubblica
sicurezza  possa  temporaneamente  adottare  provvedimenti  incidenti
sulla   liberta'   personale,  al  contrario  di  quanto  ritiene  il
remittente,   e'   pienamente   vigente  nell'ordinamento  giuridico,
rappresentando    attualmente    sia   un   presupposto   dell'azione
amministrativa, sia un criterio per il relativo giudizio di convalida
effettuato  dall'autorita'  giudiziaria.  Come la Corte ha gia' avuto
modo  di  affermare con riferimento ad altre misure restrittive della
liberta'   personale  emanate  da  autorita'  di  pubblica  sicurezza
(sentenza  n. 64  del  1977),  il  fatto stesso che tali misure siano
qualificate  dalla  legge  come facoltative - come accade nel caso di
specie  -  obbliga  il  soggetto titolare del potere a "verificare la
ricorrenza  in concreto della necessita' ed urgenza dell'intervento",
consentendo,   conseguentemente   al   giudice   della  convalida  di
verificarne l'effettiva esistenza. Il fatto che la legge, in ossequio
all'art. 13  della Costituzione, abbia definito tassativamente i casi
in  cui  il  questore puo' imporre l'obbligo di comparizione, implica
infatti  che la stessa autorita' di pubblica sicurezza debba motivare
il   provvedimento   in  relazione  all'esistenza  di  situazioni  di
eccezionale   necessita'   ed   urgenza.  La  non  automaticita'  del
provvedimento   e,   quindi,  la  necessita'  di  una  sua  ponderata
motivazione  e  conformazione,  richiedono  anzitutto che l'autorita'
amministrativa,  in  presenza  di un soggetto al quale ha irrogato il
divieto  di  accesso,  valuti  comunque le ragioni di necessita' e di
urgenza  che richiedono anche l'adozione dell'obbligo di comparizione
(e   cio'   a maggior  ragione  in  seguito  alla  recente  modifica,
introdotta dal d.l. n. 336 del 2001, convertito, con modificazioni in
legge  n. 377  del  2001,  in  base  alla quale il provvedimento puo'
arrivare ad una durata massima di tre anni).
    In  secondo  luogo,  spettera'  alla  autorita'  giudiziaria,  in
ossequio   al   sistema   di  garanzie  previsto  dall'art. 13  della
Costituzione,  valutare,  in  sede di convalida del provvedimento, la
sussistenza  delle condizioni richieste per la sua adozione sul piano
della  necessita' ed urgenza, nonche' l'adeguatezza del suo contenuto
anche sotto il profilo della durata.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara  non fondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 6,   comma   2,   della   legge  13 dicembre  1989,  n. 401
(Interventi  nel  settore  del giuoco e delle scommesse clandestini e
tutela   della   correttezza   nello  svolgimento  di  manifestazioni
sportive),  sollevata, in riferimento all'art. 13, terzo comma, della
Costituzione,  dalla Corte di cassazione, con l'ordinanza indicata in
epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                       Il redattore: De Siervo
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
02C1137