N. 519 ORDINANZA 20 novembre - 4 dicembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  civile  -  Cancellazione della causa dal ruolo - Estinzione
  del  processo,  decorso  il periodo di un anno dal provvedimento di
  cancellazione  -  Prospettata  violazione  del  principio di durata
  ragionevole  del  processo  -  Difetto  di  rilevanza  -  Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- Cod. proc. civ., art. 307.
- Costituzione, art. 111, secondo comma.
Processo  civile  -  Mancata  comparizione  delle  parti costituite -
  Cancellazione  della  causa dal ruolo - Estinzione del processo, in
  caso  di  mancata riassunzione nel termine di un anno - Prospettata
  violazione  del  principio  di  durata  ragionevole  del processo -
  Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., artt. 181 e 309.
- Costituzione, art. 111, secondo comma.
(GU n.49 del 11-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Cesare RUPERTO;
  Giudici:  Riccardo  CHIEPPA,  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio ONIDA,
Carlo  MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI,  Annibale  MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,
Francesco   AMIRANTE,   Ugo   DE  SIERVO,  Romano  VACCARELLA,  Paolo
MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 181, 307 e 309
del  codice  di  procedura  civile,  promossi con ordinanze emesse il
5 febbraio  2002  (n. 6  ordinanze)  ed  il  12 febbraio  2002  (n. 4
ordinanze)  dal  Tribunale  di  Sant'Angelo  dei  Lombardi,  iscritte
rispettivamente ai nn. 179, da 184 a 187 e 252 ed ai nn. da 180 a 183
del  registro  ordinanze  2002  e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica del 2 maggio 2002 edizione straordinaria e n. 22, 1a
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 6 novembre 2002 il giudice
relatore Fernanda Contri.
    Ritenuto  che il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi, con dieci
ordinanze   di   identico   contenuto,   ha  sollevato  questione  di
legittimita'  costituzionale degli artt. 181, 307 e 309 del codice di
procedura  civile, per violazione dell'art. 111, secondo comma, della
Costituzione;
        che  il  giudice  a  quo  premette  di essere investito della
trattazione  di  cause  civili  nelle  quali "vi e' stata diserzione"
all'udienza  fissata di tutte le parti costituite, con la conseguente
necessita', in applicazione degli artt. 309 e 181 cod. proc. civ., di
fissare  un'udienza  successiva, della quale il cancelliere deve dare
comunicazione alle parti;
        che,  come  osserva il rimettente, solo se alla nuova udienza
le  parti  restano  nuovamente  assenti  il  giudice deve ordinare la
cancellazione  della causa dal ruolo, ed il processo resta quiescente
per  un  anno,  estinguendosi, a norma dell'art. 307 cod. proc. civ.,
qualora non venga riassunto entro detto termine;
        che,  secondo  il  giudice  a  quo, tale disciplina determina
notevoli  inconvenienti,  e precisamente l'onere di fissare una nuova
udienza,  la comunicazione da parte del cancelliere, la conservazione
della  documentazione  dell'avvenuta comunicazione, e, nella migliore
delle  ipotesi,  la  cancellazione  della  causa  dal ruolo solo dopo
alcuni  mesi  e  l'estinzione  del  giudizio  solo dopo un anno dalla
avvenuta cancellazione;
        che  tale  procedura  comporta,  secondo  il  rimettente, una
prolungata,  ingiustificata  e  non  fisiologica durata del processo,
aggravando la pendenza dei giudizi, in particolare di quelli iscritti
anteriormente  al  30 aprile  1995, per un piu' sollecito esaurimento
dei  quali  il  legislatore ha anche introdotto la figura del giudice
onorario aggregato;
        che  in  tal  modo,  ad  avviso del giudice a quo, si crea un
disservizio   che  si  ripercuote  sull'organizzazione  degli  uffici
giudiziari,   rimanendo   "ad  occupare  scaffali"  molte  cause  che
potrebbero   essere  eliminate  se  non  si  dovessero  applicare  le
disposizioni impugnate;
        che  il  rimettente, dopo aver ricordato che la Corte, con le
sentenze  n. 190  del  1985,  n. 62  del  1998  e n. 388 del 1999, ha
affermato  che  la  durata del processo non puo' andare a danno della
parte  che  ha  ragione e che un sistema processuale non puo' rendere
estremamente   difficile   la   tutela   giurisdizionale,   ritenendo
illegittime  le  norme  che  prevedono  termini  dilatori  senza  una
giustificazione  costituzionalmente  rilevante,  osserva che la Corte
europea  dei  diritti  dell'uomo  ha piu' volte ribadito che il delai
raisonnable  di  un  processo, ai sensi dell'art. 6 della Convenzione
europea  per  la  salvaguardia  dei diritti dell'uomo (ora richiamato
dall'art. 6  del  Trattato dell'Unione europea), deve essere valutato
tenuto  conto:  a) della complessita' del caso; b) della condotta del
ricorrente; c) del comportamento dell'autorita' giudiziaria; principi
ora  affermati  dalla  legge  costituzionale n. 2 del 1999, a seguito
della  quale il principio della ragionevole durata "deve ormai essere
preso  in  considerazione per scrutinare la legittimita' di qualsiasi
norma in grado di influire sulla durata del processo";
        che,  rileva ancora il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi,
la  legge  24 marzo  2001,  n. 89,  al  fine  di porre un argine alle
condanne   subite   dall'Italia  in  sede  europea,  ha  dettato  una
disciplina interna per il caso di violazione della ragionevole durata
del   processo,   prevedendo  un  equo  indennizzo  quale  "soluzione
fisiologica"  del problema, ma senza incidere sull'obbligo di rendere
una prestazione giudiziaria effettiva, inondando in tal modo le corti
di appello di una gran quantita' di ricorsi;
        che,  dopo  aver  definito  "una grida di manzoniana memoria"
l'art. 5  della  legge n. 89 del 2001, che prescrive la comunicazione
al Procuratore generale della Corte dei conti dei decreti di condanna
dell'erario,  ed  aver  dubitato,  in  linea generale, dell'efficacia
delle  disposizioni introdotte dal legislatore, il ricorrente ritiene
che  "non  sara'  facile  applicare  il  citato  art. 5 fino a quando
rimarranno  in vita gli artt. 309, 181, primo comma, e 307 cod. proc.
civ.",  richiamando al proposito le considerazioni dell'ordinanza del
Tribunale  di  Napoli  del  2 febbraio  2000, con la quale un'analoga
questione di legittimita' costituzionale e' stata rimessa alla Corte;
        che  ad  avviso  del  rimettente,  per  dare piena attuazione
all'art. 111  Cost.,  non  basta  che sia dichiarata l'illegittimita'
dell'art. 181  e  dell'art. 309  cod.  proc. civ., ma occorre che sia
dichiarato  illegittimo  anche  l'art. 307 dello stesso codice, nella
parte  in  cui  prevede che, in caso di cancellazione della causa dal
ruolo, il processo debba restare inutilmente "ibernato" per un anno e
piu';
        che,  una  volta  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale
delle  disposizioni  impugnate,  il giudice potra' fissare alla prima
udienza  la  precisazione  delle conclusioni e trattenere la causa in
decisione,  assegnando  alle  parti  i  termini  per il deposito e lo
scambio  delle  memorie  difensive,  in modo da non violare i diritti
costituzionalmente   garantiti   e  da  attuare  il  principio  della
ragionevole durata del processo;
        che  in nove dei dieci giudizi di legittimita' costituzionale
e'   intervenuto   il   Presidente   del   Consiglio   dei  ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo alla Corte di dichiarare la questione infondata;
        che  l'Avvocatura,  dopo  aver  ricordato che la disposizione
impugnata ha la finalita' di evitare che assenze casuali alle udienze
implichino  l'adozione di provvedimenti (la cancellazione della causa
dal  ruolo)  forieri  di  gravosi  oneri per le parti, osserva che la
disciplina  in  essere non confligge, di per se', col principio della
ragionevole  durata,  anche  perche'  la  nuova  udienza dovrebbe, di
regola,  importare un prolungamento della durata del processo di soli
quindici giorni, secondo l'art. 81 disp. att. cod. proc. civ;
        che rileva ancora l'Avvocatura come il rimettente abbia posto
a  base  delle  ordinanze di rimessione considerazioni attinenti alla
gestione delle risorse umane e materiali della giustizia, profili che
la  difesa  erariale ritiene essere di ordine organizzativo e percio'
rimessi  alla  discrezionalita'  del  legislatore e comunque estranei
alla garanzia di cui all'art. 111 Cost.
    Considerato  che  il Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi dubita
della  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 181,  307 e 309 del
codice  di  procedura  civile  - nella parte in cui prevedono che, se
nessuna delle parti compare all'udienza, il giudice fissa una udienza
successiva  di  cui  il  cancelliere  da'  comunicazione  alle  parti
costituite, che se nessuna delle parti compare alla nuova udienza, il
giudice  dispone  la  cancellazione  della  causa  dal  ruolo,  e che
l'estinzione  della causa avviene trascorso un anno dal provvedimento
che  dispone la cancellazione - per violazione dell'art. 111, secondo
comma,  della  Costituzione, poiche' tali disposizioni danno luogo ad
adempimenti  che  non  assicurano  la  ragionevole durata del singolo
processo e dei processi civili in genere;
        che le questioni sollevate dalle ordinanze di rimessione sono
identiche  e  che  i relativi giudizi vanno quindi riuniti per essere
decisi con unico provvedimento;
        che  le questioni concernenti l'art. 307 cod. proc. civ. sono
manifestamente  inammissibili  per difetto di rilevanza nei giudizi a
quibus,  poiche' dalle stesse ordinanze di rimessione risulta che nei
processi  davanti al giudice rimettente non vengono in rilievo ne' il
termine  di  riassunzione  della  causa dopo la sua cancellazione dal
ruolo,  ne' l'estinzione del processo per inattivita' delle parti, ma
esclusivamente  la  necessita' di fissare una nuova udienza a seguito
della mancata comparizione delle stesse davanti al giudice;
        che,  riguardo  alle  questioni  sollevate  in relazione agli
artt. 181 e 309 cod. proc. civ., questa Corte, con le ordinanze n. 32
del  2001  e  n. 137  del 2002, ha gia' affermato che il legislatore,
anche   dopo   l'introduzione   in   Costituzione   del  nuovo  testo
dell'art. 111,  continua  a  disporre di un'ampia discrezionalita' in
materia  processuale,  e  che  "l'esigenza  di  garantire  la maggior
celerita'  possibile  dei  processi  deve tendere ad una durata degli
stessi  che sia, appunto, "ragionevole" in considerazione anche delle
altre  tutele  costituzionali  in materia, primo fra tutti il diritto
delle  parti di agire e difendersi in giudizio garantito dall'art. 24
Cost." (cfr. anche le ordinanze n. 204 del 2001 e n. 309 del 2001);
        che  questa  Corte  ha  altresi'  ripetutamente affermato che
doglianze,  quali  quelle  prospettate  dal  giudice  a  quo  con  le
ordinanze  in esame, che si appuntano su inconvenienti che concernono
aspetti   organizzativi  della  giustizia,  non  toccano  profili  di
legittimita' costituzionale (ordinanze n. 7 del 1997, n. 32 del 2001,
n. 408 del 2001);
        che le questioni sollevate riguardo agli artt. 181 e 309 cod.
proc. civ. sono quindi manifestamente infondate sotto ogni profilo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  delle  questioni  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 307  del  codice di procedura
civile  sollevate,  in riferimento all'art. 111, secondo comma, della
Costituzione,  dal  Tribunale  di  Sant'Angelo  dei  Lombardi  con le
ordinanze in epigrafe;
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   delle   questioni   di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 181  e  309  del codice di
procedura  civile,  sollevate,  in  riferimento all'art. 111, secondo
comma,  della Costituzione, dal Tribunale di Sant'Angelo dei Lombardi
con le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
                       Il Presidente: Ruperto
                        Il redattore: Contri
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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