N. 530 SENTENZA 6 - 18 dicembre 2002

Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.

Edilizia residenziale - Mutui agevolati - Procedura di rinegoziazione
  -  Tasso  effettivo globale medio di riferimento - Riferibilita' ai
  mutui all'edilizia in corso di ammortamento - Ritenuto innalzamento
  del  tasso  di  riferimento e del nuovo tasso rinegoziato - Ricorso
  della   Regione  Veneto  -  Prospettata  violazione  dell'autonomia
  finanziaria regionale nonche' del principio di leale collaborazione
  -   Incidenza  della  norma  censurata  sui  rapporti  interprivati
  Inammissibilita' della questione.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 145, comma 62.
- Costituzione, artt. 3, 5, 81, 97, 117, 118 e 119.
(GU n.1001 del 27-12-2002 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 145, comma 62,
della  legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato), promosso con ricorso
della  Regione  Veneto  notificato  il 26 gennaio 2001, depositato in
cancelleria  il  2 febbraio  successivo  ed  iscritto  al  n. 13  del
registro ricorsi 2001.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19 novembre  2002  il giudice
relatore Annibale Marini;
    Uditi  gli  avvocati  Romano Morra ed Andrea Manzi per la Regione
Veneto e l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del
Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1.  -  Con  ricorso  notificato il 26 gennaio 2001, depositato in
cancelleria  il 2 febbraio successivo, la Regione Veneto ha impugnato
l'art. 145,   comma   62,   della   legge  23 dicembre  2000,  n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato), in quanto ritenuto contrastante con gli artt. 3, 5, 81,
97,  117,  118  e  119 della Costituzione nonche' con il principio di
leale collaborazione tra Stato e Regioni.
    La   norma  impugnata  dispone  che  "ai  fini  dell'applicazione
dell'art. 29  della  legge 13 maggio 1999, n. 133, il tasso effettivo
globale medio per le medesime operazioni di cui al comma 1 del citato
articolo  29  e'  da intendersi come il tasso effettivo globale medio
dei mutui all'edilizia in corso di ammortamento".
    Ad   avviso   della   Regione   ricorrente,   detta  norma,  solo
apparentemente  interpretativa,  avrebbe  in realta' surrettiziamente
innalzato  il  tasso  di  riferimento, costituente il limite oltre il
quale  -  ai  sensi  del  citato  art. 29 della legge 13 maggio 1999,
n. 133  (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e
federalismo  fiscale)  - e' attivabile la procedura di rinegoziazione
dei mutui agevolati.
    Le   Regioni  ne  risulterebbero  danneggiate  sotto  un  duplice
profilo:  perche'  verrebbe  in  tal modo ridotto il numero dei mutui
suscettibili   di   rinegoziazione  e  perche',  comunque,  il  tasso
rinegoziato  sarebbe, in base alla norma impugnata, considerevolmente
piu'  alto di quello derivante dall'applicazione del testo originario
del  citato  art. 29.  Norma,  quest'ultima, che - ricorda la Regione
ricorrente  -  sarebbe  stata  introdotta nell'ordinamento al fine di
ricondurre ad equita', a seguito della repentina discesa dei tassi di
interesse,   i   contratti   di   mutuo   agevolato  stipulati  prima
dell'entrata  in vigore della legge n. 108 del 1996 in tema di usura,
in  considerazione del fatto che, per il pagamento degli interessi su
tali  mutui,  vengono  impiegate  ingenti  risorse  pubbliche, oggi a
carico delle Regioni.
    Ne   risulterebbe,   in   definitiva,   lesa  l'autonomia,  anche
finanziaria,   delle   Regioni,  costituzionalmente  garantita  dagli
artt. 3, 5, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione.
    Sotto  un  diverso  aspetto  la  stessa  norma si porrebbe poi in
contrasto  anche  con  il  principio  di ragionevolezza, incidendo su
situazioni  giuridiche  gia' cristallizzate per effetto delle domande
di rinegoziazione presentate prima della sua entrata in vigore.
    In una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza pubblica la
Regione  Veneto  rileva  che,  successivamente  alla proposizione del
ricorso,  il  Tribunale amministrativo regionale Lazio, con numero 18
sentenze  dell'8 luglio  2002,  ha  respinto  i  ricorsi  proposti da
numerosi  istituti  di credito per l'annullamento del d.m. n. 110 del
2000,  attuativo  dell'art. 29  della  legge n. 133 del 1999. In tali
sentenze  si  afferma  espressamente  che il suddetto art. 29 avrebbe
attribuito  agli  enti  concedenti  i contributi ed ai beneficiari di
tali  contributi  un  diritto  potestativo  in  grado di determinare,
unilateralmente,  la sostituzione del tasso di interesse contrattuale
con quello indicato dalla norma stessa.
    Risulterebbe pertanto confermata la tesi della stessa ricorrente,
secondo   la   quale  la  norma  impugnata  avrebbe  retroattivamente
modificato,  in  senso sfavorevole alle Regioni, i contratti di mutuo
agevolato   gia'  unilateralmente  modificati,  quanto  al  tasso  di
interesse,    per   effetto   delle   richieste   di   rinegoziazione
tempestivamente presentate dalle Regioni stesse.
    L'irragionevolezza  della  norma  emergerebbe del resto con tutta
evidenza  - ad avviso sempre della Regione Veneto - nel confronto con
la  disciplina  introdotta  dal coevo decreto-legge 29 dicembre 2000,
n. 394  (Interpretazione  autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108,
recante  disposizioni  in  materia  di usura), convertito nella legge
28 febbraio  2001,  n. 24, emanato al fine di ricondurre ad equita' i
contratti  di  mutuo  (ordinari)  divenuti eccessivamente onerosi per
effetto  della eccezionale caduta dei tassi di interesse verificatasi
nel   biennio  1998-1999.  Tale  normativa  -  emendata  dalla  Corte
costituzionale in senso piu' favorevole ai mutuatari, con la sentenza
n. 29  del 2002 - ha infatti ridotto il tasso dei mutui in essere per
l'acquisto o la costruzione della prima casa all'8%, escludendo pero'
espressamente   i   mutui   agevolati,   che   risulterebbero  quindi
irrazionalmente  soggetti  ad una disciplina meno favorevole rispetto
ai    mutui   non   agevolati,   in   quanto   il   tasso   derivante
dall'applicazione  della  norma impugnata, in riferimento allo stesso
periodo, si aggirerebbe intorno al 12%.
    2. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo  per  l'inammissibilita'  o  l'infondatezza  del
ricorso.
    Ricorda  innanzitutto  l'Avvocatura  come  la  ratio dell'art. 29
della  legge  n. 133  del  1999  fosse  quella  di  ricondurre  ad un
equilibrio  sostanziale  rapporti  di  mutuo di lunga durata, a tasso
fisso,  ormai  al  di  fuori  dei  parametri  di  mercato  in ragione
dell'eccezionale  caduta dei tassi di interesse avvenuta in Europa ed
in   Italia   nel  biennio  1998-1999.  Il  decreto  ministeriale  di
attuazione  previsto  dalla  stessa  norma,  emanato in data 24 marzo
2000,  trovo'  tuttavia  una  ferma  opposizione da parte del sistema
bancario,  da  cui  ebbe  origine  un  esteso  contenzioso,  di fatto
impeditivo di qualsiasi ridefinizione dei tassi.
    Al  fine  di  superare  le reazioni del sistema bancario e tenere
conto  di  alcune  delle esigenze prospettate, il legislatore avrebbe
dunque  proceduto,  con  la  norma  impugnata,  a  definire  il tasso
effettivo  globale  medio  per le operazioni di cui si tratta in modo
diverso rispetto a quanto inizialmente previsto, assumendo a base non
gia'  i  nuovi  rapporti  di mutuo accesi nel periodo di riferimento,
bensi' tutti quelli in corso di ammortamento.
    Cio'  premesso  l'Avvocatura  osserva  che  la norma impugnata e'
diretta  a  disciplinare  in  via  generale rapporti privatistici, in
deroga ai principi di cui agli artt. 1322 e 1372 del codice civile, e
che solo indirettamente tale normativa si riflette (in senso comunque
positivo  rispetto alla disciplina codicistica) sul debito accessorio
degli  enti  pubblici  erogatori di un contributo sugli interessi dei
mutui agevolati.
    Essa dunque non interferisce - ad avviso dell'Avvocatura - con la
competenza  regionale  in  materia di edilizia residenziale pubblica,
essendo  pacifico  che, pur nelle materie in cui e' riconosciuta alle
Regioni  competenza legislativa, la disciplina dei diritti soggettivi
per  quanto  riguarda  i  profili  civilistici  dei  rapporti  da cui
derivano appartiene alla competenza istituzionale dello Stato.
    Non  vi  sarebbe dunque alcuna lesione dell'autonomia finanziaria
delle   Regioni   ne'   alcuna  violazione  del  principio  di  leale
collaborazione  tra  Stato  e  Regioni,  non essendo configurabile in
materia  nessun  obbligo  di  concertazione o consultazione. La norma
impugnata   si   porrebbe   in   definitiva  sullo  stesso  piano  di
discrezionalita'  proprio  della  norma  da  essa modificata (e cioe'
l'art. 29 della legge n. 133 del 1999).
    Non   sussisterebbe   nemmeno   violazione   del   principio   di
ragionevolezza  in  quanto  la  disposizione  censurata  mirerebbe  a
rendere   concretamente  applicabile  un  intervento  riequilibratore
tutt'altro  che  consolidato,  "calibrandone  la  misura  in  modo di
superarne  le  concrete  difficolta'  di realizzazione pratica". Essa
sarebbe anzi specificamente ispirata ad un criterio di ragionevolezza
"in  quanto  volta  a  salvaguardare,  sul  piano  dell'effettivita',
rendendolo  concretamente  perseguibile,  l'obiettivo  primario della
riconduzione   ad   equilibrio   dei  rapporti  in  questione,  senza
trascurare   le   esigenze  dell'ordinamento  creditizio  ad  evitare
contraccolpi   negativi   per  il  sistema  bancario  anche  in  sede
comunitaria ed internazionale".
    In    una   memoria   depositata   nell'imminenza   dell'udienza,
l'Avvocatura  sottolinea,  in  via  preliminare, la genericita' delle
doglianze formulate dalla Regione riguardo alla lesione della propria
autonomia finanziaria, ribadendo, sotto tale profilo, la richiesta di
declaratoria di inammissibilita' del ricorso stesso.
    Nel merito, riguardo all'assunto secondo il quale la disposizione
censurata  porrebbe  un nuovo ed indebito onere a carico del bilancio
regionale,  l'Avvocatura  - premesso che sulle regioni gravano i soli
oneri  relativi  ai  programmi  di  edilizia agevolata da esse stesse
attivati - osserva che "le risorse impegnate per la concessione delle
agevolazioni  creditizie  non  gravano  sul  bilancio  regionale,  ma
costituiscono  quota  parte dei contributi ex Gescal ripartiti tra le
regioni  per  finalita'  proprie  dell'edilizia  residenziale  (nello
specifico per l'edilizia agevolata), che hanno una gestione contabile
separata di bilancio". Deduce poi la medesima difesa che, per effetto
dell'art. 29  della legge n. 133 del 1999, come integrato dalla norma
censurata,   i   tassi   di   interesse  dei  mutui  agevolati  -  e,
conseguentemente,  la  quota-parte  a  carico  dell'ente  pubblico  -
vengono comunque a diminuire e dunque non si sarebbe verificato, come
sostiene  la Regione, un aumento di spesa ma solo una minore economia
rispetto  a  quella inizialmente prospettata con la norma originaria,
rimasta inattuata a causa della opposizione del sistema bancario.

                       Considerato in diritto

    1.  -  Il  ricorso  proposto  dalla  Regione Veneto ha ad oggetto
l'art. 145,   comma   62,   della   legge  23 dicembre  2000,  n. 388
(Disposizioni  per  la  formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello  Stato), ritenuto in contrasto con gli artt. 3, 5, 81, 97, 117,
118  e  119  della  Costituzione  nonche'  con  il principio di leale
collaborazione tra Stato e Regioni.
    La  norma  impugnata  dispone  che,  "ai  fini  dell'applicazione
dell'art. 29  della  legge 13 maggio 1999, n. 133, il tasso effettivo
globale medio per le medesime operazioni di cui al comma 1 del citato
articolo  29  e'  da intendersi come il tasso effettivo globale medio
dei mutui all'edilizia in corso di ammortamento".
    Secondo  la Regione ricorrente mediante tale disposizione sarebbe
stato surrettiziamente innalzato il tasso di riferimento, costituente
il  limite  oltre  il  quale, ai sensi del citato art. 29 della legge
13 maggio  1999,  n. 133  (Disposizioni  in  materia di perequazione,
razionalizzazione  e  federalismo  fiscale),  puo' essere attivata la
procedura di rinegoziazione dei mutui a tasso agevolato. Le Regioni -
sul  cui  bilancio  gravano i relativi contributi - ne risulterebbero
economicamente  danneggiate  sia perche' verrebbe in tal modo ridotto
il  numero  dei  mutui  suscettibili  di  rinegoziazione sia perche',
comunque, il tasso rinegoziato sarebbe, in base alla norma impugnata,
considerevolmente piu' alto di quello derivante dall'applicazione del
testo originario del citato art. 29.
    In  cio',  appunto,  la  Regione  Veneto  ravvisa  una violazione
dell'autonomia,  anche finanziaria, delle Regioni, costituzionalmente
garantita,  nonche' del principio di leale collaborazione tra Stato e
Regioni.
    2. - La questione e' inammissibile.
    2.1. - L'art. 29  della  legge 13 maggio 1999, n. 133, allo scopo
di  ricondurre  ad  equita'  i contratti di mutuo agevolato in corso,
divenuti eccessivamente onerosi a seguito della repentina discesa dei
tassi  di  interesse,  prevede  che  "gli  enti concedenti contributi
agevolati  [...] nonche' le persone fisiche e giuridiche destinatarie
di  tali contributi, possono, in via disgiunta, chiedere all'istituto
mutuante  la  rinegoziazione  del  mutuo  nel caso in cui il tasso di
interesse  applicato  ai contratti di finanziamento stipulati risulti
superiore   al   tasso   effettivo  globale  medio  per  le  medesime
operazioni,  determinato ai sensi dell'articolo 2 della legge 7 marzo
1996,  n. 108,  alla  data  della richiesta, al fine di ricondurre il
tasso  di  interesse  ad  un  valore  non  superiore  al citato tasso
effettivo globale medio alla predetta data".
    La  norma  impugnata, successivamente intervenuta, sostituendo al
"tasso   effettivo   globale   medio   per  le  medesime  operazioni,
determinato  ai  sensi  dell'articolo  2  della  legge  7 marzo 1996,
n. 108",  il "tasso effettivo globale medio dei mutui all'edilizia in
corso  di  ammortamento",  ha  indubbiamente modificato la originaria
previsione  normativa  in  senso meno favorevole ai mutuatari ed agli
enti concedenti i contributi, in quanto la media dei tassi di tutti i
mutui  all'edilizia  in  corso  di ammortamento - ivi compresi quelli
stipulati  in  epoca  in  cui  il  costo del denaro era ben piu' alto
dell'attuale  -  risultera'  evidentemente  superiore,  ed  anche  in
maniera  sensibile,  rispetto  alla  media  dei  tassi dei soli mutui
stipulati nel trimestre precedente la rilevazione.
    Premesso   che   l'effetto  finale  del  duplice  intervento  del
legislatore  statale risulta, comunque, vantaggioso per i mutuatari e
per  gli  enti obbligati alla erogazione dei contributi, comportando,
in  ogni  caso,  la  possibilita'  di una riduzione (pur se in misura
minore  rispetto a quella prevista dall'originario art. 29) del tasso
di interesse convenuto, cio' che importa sottolineare e' che la norma
impugnata  opera  sul  piano  dei rapporti interprivati e non incide,
pertanto,   sull'autonomia   finanziaria   dell'ente,  oggetto  della
garanzia costituzionale.
    Diversamente    opinando,   si   perverrebbe   alla   paradossale
conclusione che ogni rapporto nel quale la Regione possa configurarsi
come  debitore  rileverebbe sul piano costituzionale (sentenza n. 208
del 2001).
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    inammissibile    la    questione    di   legittimita'
costituzionale dell'art. 145, comma 62, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale   dello   Stato),  sollevata  dalla  Regione  Veneto,  in
riferimento   agli   artt. 3,  5,  81,  97,  117,  118  e  119  della
Costituzione  ed  al  principio  di  leale collaborazione tra Stato e
Regioni, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2002.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 18 dicembre 2002.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
02C1178