N. 556 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 novembre 2002
Ordinanza emessa il 4 novembre 2002 dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da S.r.l. Radio Norditirol 1 contro Ministero delle comunicazioni ed altri Radiotelevisione - Concessioni per la radiodiffusione sonora privata - Divieto di rilascio in favore di societa' controllate da persone fisiche o giuridiche di nazionalita' straniera - Operativita' del divieto solo per le societa' costituite in Italia e non anche per quelle costituite in Stati esteri della C.E.E. in cui vige un regime di reciprocita' - Ingiustificato deteriore trattamento delle societa' italiane rispetto a quelle estere appartenenti alla C.E.E. - Violazione del principio di liberta' di manifestazione del pensiero mediante radiodiffusione - Incidenza sui principi di liberta' di iniziativa economica privata e di imparzialita' e buon andamento della pubblica amministrazione. - Legge 6 agosto 1990, n. 223, art. 17, comma 1; decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 407, art. 1, comma 3, convertito nella legge 17 dicembre 1992, n. 482. - Costituzione, artt. 3, 21, 41 e 97.(GU n.1 del 8-1-2003 )
IL CONSIGLIO DI STATO In sede giurisdizionale (sezione sesta) ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 10283/1996 proposto dalla S.r.l. Radio Nordtirol 1, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Ludovico Villani e Gernot Rossier, presso il primo elettivamente domiciliato in Roma, Piazzale Clodio n. 12; Contro il Ministero delle comunicazioni (subentrato al Ministero delle poste e delle telecomunicazioni), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale e' legalmente domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi n. 12; e nei confronti del garante per la radiodiffusione e l'editoria ed il direttore del Circolo Costruzioni T.T. di Bolzano - Amministrazione P.T., non costituiti in giudizio; Per l'annullamento della sentenza del tribunale Regionale di giustizia amministrativa di Bolzano 24 settembre 1996, n. 247; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visti gli atti tutti della causa; Alla pubblica udienza del 21 maggio 2002 relatore il consigliere Francesco Caringella; Uditi, l'avv. Villani e l'avv. dello Stato Spina; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Fatto e diritto 1. - Con la sentenza appellata i primi giudici hanno respinto il ricorso proposto dalla Nordtirol S.r.l. avverso: a) il decreto n. 7149/R/19906011 del 15 settembre 1994 con il quale il Ministero delle poste e delle telecomunicazioni ha respinto la domanda presentata dalla societa' al fine di ottenere la concessione per la radiodiffusione sonora privata, stante il disposto dell'art. 1 del decreto-legge n. 407/1992 e l'art. 17, comma 1, della legge n. 223/1990, che fanno divieto del rilascio della concessione in favore di societa' controllate da persone fisiche o giuridiche di nazionalita' straniera; b) la successiva ordinanza prot. 15142, notificata in data 23 novembre 1994, con la quale il direttore delle Circolo Costruzioni T.T. di Bolzano ha ordinato, su delega del Ministro, la disattivazione, mediante sigillo, degli impianti di radiodiffusione dell'emittente Radio M l. La societa' contesta con l'atto di appello gli argomenti posti a fondamento del decisum. Resiste il Ministero delle comunicazioni, che affida al deposito di memoria l'illustrazione delle proprie tesi. All'udienza del 21 maggio 2002 la causa e' stata trattenuta per la decisione. 2. - Il collegio deve in via preliminare esaminare il motivo di appello con il quale si sostiene che l'art. 1 della legge n. 422/1993, di conversione del decreto-legge n. 323/1993, avrebbe espunto dal testo dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 407, convertito dalla legge 17 dicembre 1992, n. 482, il richiamo all'art. 17, commi 1 e 2, della legge n. 223/1990, con cio' sancendo l'abrogazione del divieto del possesso di maggioranze di azioni da parte di soggetti di nazionalita' straniera ai fini della prosecuzione nell'esercizio di impianti di radiodiffusione sonora. La censura non e' fondata. L'appellante trascura di considerare che, anche a seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge 27 agosto 1993, n. 323, conv. dalla legge n. 323/1993, l'art. 1 del citato decreto-legge n. 407/1992, nel testo vigente ratione temporis, richiede, ai fini del rilascio della concessione, il possesso dei requisiti di cui all'art. 16, comma 10, della legge n. 223/1990, norma che a sua volta rinvia proprio all'art. 17, che dispone il suddetto divieto del rilascio del titolo in favore di societa' nelle quali la maggioranza del pacchetto azionario sia di pertinenza di soggetti di nazionalita' straniera. 3. - Il collegio reputa peraltro che i dubbi di legittimita' costituzionale della disciplina di cui al citato art. 17 sollevati dall'appellante siano, oltre che rilevanti (il provvedimento di diniego e' infatti motivato con riguardo al possesso della maggioranza delle quote da parte di cittadino straniero, nella specie austriaco), anche non manifestamente infondati. Giova in via preliminare rimarcare che l'art. 17, comma 1, della legge n. 223/1990 detta le seguenti prescrizioni: a) la maggioranza delle azioni e delle quote e comunque un numero di azioni e quote idonee a consentire il controllo delle societa' concessionarie private - ovvero di societa' che esercitino in via diretta o indiretta il controllo su di esse, - non puo' appartenere od in qualunque modo essere intestata a persone, fisiche o giuridiche, di cittadinanza o nazionalita' estera (comma 1, primo e secondo periodo); b) il divieto non opera per le societa' estere costituite in Stati appartenenti alla comunita' economica europea o in Stati che pratichino nei confronti dell'Italia un trattamento di reciprocita' (terzo periodo). La formulazione letterale della norma non sembra autorizzare alcuna interpretazione diversa da quella secondo cui mentre per le societa' costituite in Italia e caratterizzate dalla posizione predominante di un socio straniero, viene in rilievo il divieto assoluto di rilasciare il titolo concessorio; per converso detta preclusione non opera con riguardo ad una fetta consistente di societa' straniere, ossia tutte le societa' operanti in altri stati dell'Unione europea e quelle costituite in altri Stati esteri ove vige un regime di reciprocita'. L'opposta soluzione ermeneutica offerta dalla difesa erariale, a tenore della quale il divieto di appartenenza della maggioranza delle azioni da parte di soggetti non italiani ne' comunitari varrebbe anche per le citate societa' estere, pur se capace di restituire razionalita' al tessuto normativo, non e' confortata da un dato positivo, che, al contrario, in modo esplicito (terzo periodo) esclude che per le societa' in esame operino i divieti di cui ai periodi precedenti, ossia per l'appunto il divieto di controllo del pacchetto azionario o delle quote di controllo da parte di soggetti stranieri, con cio' in positivo ammettendo senza limitazione alcuna dette societa' al conseguimento del titolo concessorio. Tale essendo l'esegesi del dato positivo, la disposizione, nella parte in cui vieta in modo assoluto alle societa' costituite in Italia e controllate da soggetti di nazionalita' straniera il conseguimento di un titolo concessorio per converso accessibile a beneficio di societa' straniere versanti nelle medesime condizioni, presta il fianco a dubbi di incostituzionalita' in relazione ai parametri di cui agli artt. 3, 21, 41 e 97 della Costituzione: a) quanto al vulnus ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., si deve osservare che la norma in parola sancisce una non motivata diversita' di trattamento tra societa' italiane ed estere versanti nelle medesime condizioni (controllo del pacchetto azionario o delle quote da parte di cittadini stranieri), inibendo alle prime e consentendo alle seconde il conseguimento della concessione per la radiodiffusione sonora; b) sempre con riferimento al parametri di cui al punto a) si deve rimarcare, per un verso, che la vulnerazione del principio di eguaglianza si appalesa in particolare se si considera la disomogeneita' di trattamento tra societa' italiane e societa' appartenenti ad altri paesi della comunita', che si traduce in una discriminazione alla rovescia ai danni degli operatori nazionali, come tali anch'essi comunitari, nell'ambito di uno spazio economico comune; per altro verso che, sul versante della ragionevolezza, la diversita' di trattamento mal si concilia con la ricorrenza, in entrambe le fattispecie oggetto di differente trattamento legislativo, della medesima ratio di evitare un controllo straniero su attivita' considerate di preminente interesse nazionale; c) l'irragionevolezza della disparita' di trattamento rende per conseguenza evidente l'incisone negativa dei valori costituzionali protetti dagli artt. 21, 41, 97 Cost. nella misura in cui limita in modo discriminatorio l'esercizio del'iniziativa economica nel campo della comunicazione e, quindi, incide negativamente sull'imparzialita' sul buon andamento dell'amministrazione in sede di valutazione della domande e di adozione dei provvedimenti conseguenziali. Si deve soggiungere che il vulnus ai richiamati principi costituzionali va valutato anche alla luce dei principi comunitari in materia di liberta' di circolazione e di concorrenza, che non consentono forme di discriminazione alla rovescia nei confronti degli imprenditori nazionali, costituenti anch'essi operatori comunitari destinatari delle norme di tutela cristallizzate nel Trattato istitutivo della comunita' Europea. Va infine rimarcato, a confutazione delle argomentazioni sul punto svolte dai primi giudici, che la discriminazione oggetto di stigmatizzazione, sia sul versante costituzionale che sul piano comunitario, e' quella che viene in rilievo tra le societa' operanti in Italia nel settore delle comunicazioni - e quindi soggetti comunitari - destinatari di un diverso trattamento legislativo su base di nazionalita', senza che risulti pertanto conferente l'appartenenza o meno dei singoli soci ad uno degli Stati della comunita' al pari della circostanza che la disciplina nazionale sia identica per le societa' costituite in Italia. 4. - Per le ragioni fin qui esposte, relative ad un profilo di censura preliminare ed assorbente rispetto alle ulteriori doglianze, il collegio ritiene di dovere sollevare davanti alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1, della legge 6 agosto 1990, n. 223 e dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 407 (conv. dalla legge n. 482/1996), che alla prima norma fa rinvio ai fini della fissazione dei requisiti per la prosecuzione nell'esercizio degli impianti di radiodiffusione sonora, questione che appare rilevante e non manifestamente infondata in relazione ai rammentati parametri di cui agli articoli 3, 21, 41 e 97 della Carta Fondamentale. Il giudizio e' sospeso a termini di legge mentre la statuizione sulle spese e' rimessa alla definizione del giudizio.
P. Q. M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, visti gli articoli 1 legge Cost. 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 legge Cost. 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, per le ragioni in motivazione esposte, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 17, comma 1, della legge 6 agosto 1990, n. 223 e dell'art. 1, comma 3, del decreto-legge 19 ottobre 1992, n. 407 (conv. dalla legge n. 482/1993); Dispone la sospensione del giudizio sul ricorso in epigrafe indicato; Dispone che a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento nonche' alle parti del giudizio. Spese al definitivo. Cosi' deciso in Roma il 21 maggio 2002 Il Presidente: Giovannini Il consigliere estensore: Caringella 02C1186