N. 9 ORDINANZA 13 - 15 gennaio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Processo  penale  -  Incompatibilita'  del giudice - Incompatibilita'
  alla  funzione  di  giudizio  del giudice che nella fase degli atti
  introduttivi  del  dibattimento  abbia  respinto  la  richiesta  di
  applicazione  della  pena  concordata  (ai sensi dell'art. 444 cod.
  proc.  pen.) - Prospettata irragionevole disparita' di trattamento,
  con  violazione dei principi di buon andamento e di precostituzione
  del    giudice   -   Questione   gia'   dichiarata   manifestamente
  inammissibile - Manifesta inammissibilita'.
- Cod. proc. pen., art. 34, comma 2.
- Costituzione, artt. 3, 25 e 97.
(GU n.3 del 22-1-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2,
del   codice   di  procedura  penale,  promosso,  nell'ambito  di  un
procedimento  penale,  dal Tribunale di Verona, sezione distaccata di
Soave,  con  ordinanza  del  19 ottobre  2001, iscritta al n. 253 del
registro  ordinanze  2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 22, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto che il Tribunale di Verona, sezione distaccata di Soave,
ha   sollevato,   in   riferimento   agli  artt. 3,  25  e  97  della
Costituzione,  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34,
comma  2,  del  codice di procedura penale, come risultante a seguito
della   sentenza   n. 186  del  1992,  nella  parte  in  cui  prevede
l'incompatibilita'  alla  funzione  di giudizio del giudice che nella
fase  degli  atti  introduttivi  del  dibattimento  abbia respinto la
richiesta  di  applicazione  della  pena  concordata ex art. 444 cod.
proc. pen;
        che  il rimettente premette di aver rigettato la richiesta di
applicazione  della  pena formulata dall'imputato con il consenso del
pubblico   ministero   prima   delle   formalita'   di  apertura  del
dibattimento  e  che  -  rinviato  il  processo ad altra udienza - la
difesa ha formulato istanza di giudizio abbreviato;
        che  il  giudice a quo rileva che, per effetto della sentenza
n. 186  del  1992,  che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 34, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede
l'incompatibilita'  a  partecipare  al giudizio del giudice che prima
dell'apertura   del   dibattimento   ha   respinto  la  richiesta  di
applicazione  della  pena  concordata  tra  le  parti,  egli  sarebbe
incompatibile a giudicare l'imputato nel merito;
        che ad avviso del rimettente tale ipotesi di incompatibilita'
si   pone   in   contrasto   con   la   piu'  recente  giurisprudenza
costituzionale e, in particolare, con l'ordinanza n. 232 del 1999 che
-   nel   dichiarare   manifestamente   infondata  una  questione  di
legittimita'  costituzionale dell'art. 34 cod. proc. pen. nella parte
in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'  ad  emettere  sentenza del
giudice  del  dibattimento che abbia rigettato istanza di oblazione -
ha  ribadito  il  principio  generale secondo cui l'imparzialita' del
giudice non puo' ritenersi "pregiudicata da una valutazione, anche di
merito,  compiuta  nella  medesima fase del procedimento", affermando
che devono ritenersi "superate le conclusioni cui e' pervenuta questa
Corte nella sentenza n. 186 del 1992";
        che il giudice a quo da' atto di aver gia' sollevato identica
questione  di  legittimita' costituzionale, dichiarata manifestamente
inammissibile  da  questa  Corte  con  ordinanza  n. 108 del 2001, in
quanto  diretta a censurare una precedente decisione di accoglimento,
ma   ritiene   di   dover   nuovamente   sollevare  la  questione  di
costituzionalita';
        che,  a  sostegno  della  ammissibilita'  della questione, il
giudice    a    quo    rileva    che,   secondo   la   giurisprudenza
assolutamente maggioritaria della Corte, la reiterazione di eccezioni
gia'  sollevate e risolte e' sempre stata ritenuta possibile, salvo a
dichiararne  l'inammissibilita'  per  ragioni  di merito, legate alla
loro manifesta infondatezza, e che in alcuni casi la Corte ha accolto
l'eccezione  di  incostituzionalita'  di  una  norma  gia' dichiarata
incostituzionale,  "modificando  con  la  seconda  pronunzia l'ambito
della prima";
        che,   come   ripetutamente   affermato  dalla  stessa  Corte
costituzionale, le sentenze interpretative di rigetto "cre(a)no - con
il  loro effetto parzialmente abrogativo della precedente - una nuova
norma, suscettibile come ogni altra di censure di costituzionalita'";
        che  ai  sensi dell'art. 23, comma secondo, della legge n. 87
del  1953,  il  giudice  ha  il  dovere  di  sollevare  questione  di
costituzionalita'  ogniqualvolta la stessa non risulti manifestamente
infondata;
        che,  quanto  al  merito  della  questione,  il giudice a quo
ribadisce  che  la incompatibilita' al giudizio del giudice che abbia
rigettato  nella  fase  degli  atti  introduttivi del dibattimento la
richiesta  di pena patteggiata determina una irragionevole disparita'
di  trattamento rispetto a situazioni analoghe (come quella - oggetto
dell'ordinanza  n. 232  del  1999  - del giudice del dibattimento che
abbia   rigettato   istanza  di  oblazione),  e  nello  stesso  tempo
assoggetta  irragionevolmente  alla  medesima  disciplina  situazioni
processuali   non   comparabili,  "prevedendo  l'incompatibilita'  al
giudizio   sia   del   giudice   che  abbia  legittimamente  espresso
valutazioni  di  merito  nell'ambito della medesima fase processuale,
sia del giudice che le abbia espresse nell'ambito di fase processuale
diversa";
        che la disciplina censurata violerebbe inoltre i principi del
buon  andamento della pubblica amministrazione e del giudice naturale
precostituito   per  legge,  realizzando  per  un  verso  "un'assurda
frammentazione  del  procedimento"  e  per  l'altro  consentendo alle
parti,  mediante  "studiata proposizione" di istanze inaccoglibili di
applicazione  della pena, di ""sbarazzarsi del loro giudice naturale,
costringendolo all'astensione";
        che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia dichiarata inammissibile e
comunque infondata.
    Considerato   che  la  medesima  questione,  sollevata  in  altri
procedimenti  dallo  stesso  rimettente,  e'  gia'  stata  dichiarata
manifestamente   inammissibile  con  le  ordinanze  n. 58  del  2002,
successiva  all'ordinanza di rimessione, e n. 108 del 2001, in quanto
diretta  a  censurare  una  precedente  decisione  di accoglimento di
questa Corte;
        che le considerazioni svolte dal giudice a quo per superare i
profili  di inammissibilita' non sono pertinenti, posto che ad essere
impugnato  e'  proprio  l'enunciato  normativo  frutto della sentenza
n. 186  del  1992,  e che con l'accoglimento della questione verrebbe
ripristinata la norma censurata dalla predetta sentenza;
        che    la   questione   deve   pertanto   essere   dichiarata
manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 34,  comma  2,  del codice di
procedura  penale,  sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 25 e 97
della  Costituzione,  dal  Tribunale di Verona, sezione distaccata di
Soave, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                     Il redattore: Neppi Modona
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 gennaio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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