N. 10 ORDINANZA 13 - 15 gennaio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Impiego pubblico - Accordi di comparto - Maturazione delle anzianita'
  di   servizio   ai   fini   delle   maggiorazioni   retributive   -
  Interpretazione   autentica   -  Prospettazione  di  ingiustificata
  disparita'  di  trattamento,  con interferenza nell'esercizio della
  funzione  giurisdizionale  e  sul  diritto  di  azione  e difesa in
  giudizio   -  Questione  gia'  esaminata -  Assenza  di  profili  e
  argomenti nuovi - Manifesta infondatezza.
- Legge 23 dicembre 2000, n. 388, art. 51, comma 3.
- Costituzione, artt. 3, 24, 97, 101, 102, 103, 104, 108 e 113.
(GU n.3 del 22-1-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 51, comma 3,
della  legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione
del  bilancio  annuale e pluriennale dello Stato -- legge finanziaria
2001),  promossi  con  ordinanze  del  3 aprile  2002  dal  Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio  e  del  21 novembre  2001  dal
Tribunale  amministrativo  regionale dell'Umbria sui ricorsi proposti
da  B.  P.  ed  altri  contro  l'INPS  e  da A. A. ed altri contro il
Ministero  della  difesa  ed  altro,  iscritte  ai  nn. 268 e 327 del
registro  ordinanze  2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica nn. 22 e 28, 1a serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti   l'atto   di  costituzione  dell'INPS  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza del 3 aprile 2002, ed il Tribunale amministrativo regionale
dell'Umbria, con ordinanza del 21 novembre 2001 (pervenuta alla Corte
il    18 giugno    2002),   sollevano   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art. 51,  comma 3, della legge 23 dicembre 2000,
n. 388  (Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale  e
pluriennale  dello  Stato  -- legge finanziaria 2001), in riferimento
agli  artt. 3,  24, 101, 102, 103, 104, 108 e 113 della Costituzione,
nonche'   (il   Tribunale   amministrativo   regionale   dell'Umbria)
all'art. 97 della Costituzione;
        che  nei  giudizi  principali alcuni dipendenti dell'Istituto
nazionale  della  previdenza sociale (giudizio promosso dal Tribunale
amministrativo  regionale  del  Lazio)  e  del Ministero della difesa
(giudizio    promosso    dal   Tribunale   amministrativo   regionale
dell'Umbria),   rispettivamente,  hanno  chiesto  l'accertamento  del
diritto   alle maggiorazioni   della   retribuzione   individuale  di
anzianita' (infra, r.i.a.) ai sensi dell'art. 15, comma 4, del d.P.R.
13 gennaio  1990,  n. 43  (Regolamento per il recepimento delle norme
risultanti  dalla  disciplina prevista dall'accordo del 2 agosto 1989
concernente  il  comparto  del  personale  degli  enti  pubblici  non
economici),   e   dell'art. 9   del  d.P.R.  17 gennaio  1990,  n. 44
(Regolamento   per   il  recepimento  delle  norme  risultanti  dalla
disciplina prevista dall'accordo del 26 settembre 1989 concernente il
personale del comparto Ministeri ed altre categorie di cui all'art. 2
del  d.P.R.  5 marzo 1986, n. 68), in virtu' dell'anzianita' maturata
successivamente al 31 dicembre 1990;
        che,  ad  avviso  di  entrambi  i giudici a quibus, il d.P.R.
n. 43  del  1990  ed  il  d.P.R.  n. 44 del 1990, nel disciplinare la
r.i.a.,  stabilivano l'attribuzione di aumenti stipendiali rapportati
all'anzianita'  di  servizio  (di  5,  10  e  20  anni)  maturata dai
dipendenti  "nell'arco  della  vigenza contrattuale" e gli accordi di
comparto,  scaduti il 31 dicembre 1990, erano stati prorogati sino al
31 dicembre 1993 dall'art. 7, comma 1, del decreto-legge 19 settembre
1992,  n. 384,  convertito  nella  legge  14 novembre  1992,  n. 438,
cosicche'  i  ricorrenti  avrebbero  avuto diritto alla maggiorazione
della r.i.a. anche per l'anzianita' maturata successivamente al 1990;
        che,  secondo le ordinanze di rimessione, la norma impugnata,
nella parte in cui dispone che l'articolo 7, comma 1, del d.l. n. 384
del 1992, "si interpreta nel senso che la proroga al 31 dicembre 1993
della  disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui
alla  legge  29 marzo  1983,  n. 93,  relativi  al triennio 1 gennaio
1988-31 dicembre  1990,  non  modifica  la data del 31 dicembre 1990,
gia'  stabilita  per  la  maturazione  delle  anzianita'  di servizio
prescritte ai fini delle maggiorazioni della retribuzione individuale
di   anzianita'",   stabilendo,   altresi',   che   "e'  fatta  salva
l'esecuzione  dei  giudicati  alla  data  di  entrata in vigore della
presente   legge",   imporrebbe,   invece,  una  interpretazione  che
determina il rigetto dei ricorsi, incidendo negativamente sul diritto
all'incremento stipendiale a titolo di r.i.a;
        che,  ad  avviso  di  entrambi i rimettenti, i quali svolgono
argomentazioni in larga misura coincidenti, l'art. 51, comma 3, della
legge  n. 388  del  2000,  non  sarebbe  una norma di interpretazione
autentica, poiche' concerne una disposizione che non aveva dato luogo
ad interpretazioni divergenti;
        che,   secondo   i  giudici  a  quibus,  la  norma  censurata
violerebbe  i principi di ragionevolezza ed eguaglianza (art. 3 della
Costituzione),  in quanto realizzerebbe una ingiustificata disparita'
di  trattamento  in  danno  dei  ricorrenti rispetto a coloro i quali
hanno  gia'  agito  in giudizio, ottenendo una sentenza favorevole in
virtu'  dell'orientamento giurisprudenziale consolidatosi sulla norma
interpretata;
        che,   a   loro  avviso,  la  norma  impugnata,  benche'  sia
qualificata   come   di   interpretazione   autentica,  sovvertirebbe
l'interpretazione  data dalla giurisprudenza all'art. 7, comma 1, del
d.l.  n. 384  del  1992,  realizzando  una  illegittima  interferenza
nell'esercizio  della funzione giurisdizionale e sul diritto di agire
e  di difendersi in giudizio (artt. 24, 101, 102, 103, 104, 108 e 113
della  Costituzione)  e,  quindi, secondo il Tribunale amministrativo
regionale dell'Umbria, si porrebbe in contrasto con "i principi della
ragionevolezza    delle    scelte   legislative,   del   divieto   di
ingiustificate    disparita'    di    trattamento,    della    tutela
dell'affidamento  e  della  certezza  del  diritto" (artt. 3, 24 e 97
della Costituzione);
        che   nel  giudizio  promosso  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   chiedendo   che   la  questione  sia  dichiarata  infondata,
osservando,  nella  memoria depositata in prossimita' della camera di
consiglio,   che   l'identica  questione  e'  stata  gia'  dichiarata
manifestamente infondata dalla Corte con l'ordinanza n. 263 del 2002;
        che,  nel  giudizio  instaurato  dal Tribunale amministrativo
regionale  del  Lazio,  si e', altresi', costituito l'INPS, parte nel
processo  principale,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata
inammissibile e comunque infondata.
    Considerato  che  i  giudizi  hanno  ad  oggetto la stessa norma,
censurata  in  riferimento a parametri costituzionali in larga misura
coincidenti  e  sotto  profili  sostanzialmente  analoghi, e pertanto
possono essere riuniti per essere decisi con un'unica pronuncia;
        che  questa Corte, con le ordinanze n. 263 e n. 440 del 2002,
si  e'  gia'  pronunciata  sulla questione dichiarandone la manifesta
infondatezza;
        che  le  ordinanze di rimessione in esame, entrambe emesse in
data anteriore alle succitate decisioni, non contengono profili nuovi
o  comunque  argomentazioni  tali  che  possano  condurre  la Corte a
conclusioni differenti;
        che,   pertanto,   la   questione   deve   essere  dichiarata
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 51,  comma  3,  della  legge
23 dicembre 2000, n. 388 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato  --  legge  finanziaria  2001),
sollevata,  in  riferimento agli artt. 3, 24, 97, 101, 102, 103, 104,
108  e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale
del  Lazio  e dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria, con
le ordinanze in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                       Il redattore: Capotosti
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 gennaio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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