N. 11 ORDINANZA 13 - 15 gennaio 2003

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Arbitrato  - Ricostruzione di territori colpiti da calamita' naturali
  -  Controversie  relative  all'esecuzione  di  opere pubbliche gia'
  oggetto di compromesso arbitrale - Divieto di devoluzione a collegi
  arbitrali    -    Prospettato   contrasto   con   i   principi   di
  irretroattivita'  della legge, di certezza del diritto, del giudice
  naturale  e  di  parita'  di  trattamento,  nonche'  con  la tutela
  dell'autonomia privata - Manifesta infondatezza della questione.
- D.L.  11  giugno 1998, n. 180 (convertito, con modificazioni, nella
  legge  3 agosto 1998, n. 267), art. 3, comma 2; d.lgs. 20 settembre
  1999, n. 354, art. 8, comma 1, lettera d).
- Costituzione, artt. 2, 3, 24, 25, 41 e 97.
(GU n.3 del 22-1-2003 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Riccardo CHIEPPA;
  Giudici:  Gustavo  ZAGREBELSKY,  Valerio  ONIDA,  Carlo MEZZANOTTE,
Fernanda   CONTRI,  Guido  NEPPI  MODONA,  Piero  Alberto  CAPOTOSTI,
Annibale   MARINI,  Franco  BILE,  Giovanni  Maria  FLICK,  Francesco
AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA, Paolo MADDALENA;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2, del
decreto-legge   11 giugno   1998,   n. 180  (Misure  urgenti  per  la
prevenzione  del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite
da   disastri   franosi  nella  regione  Campania),  convertito,  con
modificazioni,  in  legge 3 agosto 1998, n. 267, e dell'art. 8, comma
1,  lettera  d),  del  decreto  legislativo 20 settembre 1999, n. 354
(Disposizioni   per   la   definitiva   chiusura   del  programma  di
ricostruzione  di  cui  al  titolo  VIII  della legge 14 maggio 1981,
n. 219,  e  successive modificazioni, a norma dell'articolo 42, comma
6,  della  legge  17 maggio 1999, n. 144), promossi con ordinanze del
18 febbraio e del 5 marzo 2002 dal Collegio arbitrale di Napoli negli
arbitrati in corso tra il Consorzio CPR2 ed il comune di Napoli e tra
Costruire  S.p.a.  ed  il  Presidente  della  Giunta  regionale della
Campania,  iscritte  ai  nn. 150  e 178 del registro ordinanze 2002 e
pubblicate  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 15, 1a serie
speciale,  dell'anno  2002  e  nell'edizione  straordinaria, 1a serie
speciale, del 2 maggio 2002.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 4 dicembre 2002 il giudice
relatore Annibale Marini.
    Ritenuto  che  con  ordinanza  del  18 febbraio  2002 il Collegio
arbitrale di Napoli, nell'arbitrato in corso tra il Consorzio CPR2 ed
il  comune  di Napoli, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24,
25,   41   e   97   della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 3,  comma  2,  del  decreto-legge 11 giugno
1998,   n. 180   (Misure  urgenti  per  la  prevenzione  del  rischio
idrogeologico  ed  a  favore  delle  zone colpite da disastri franosi
nella  regione  Campania),  convertito,  con  modificazioni, in legge
3 agosto 1998, n. 267, e dell'art. 8, comma 1, lettera d) del decreto
legislativo 20 settembre 1999, n. 354 (Disposizioni per la definitiva
chiusura  del  programma di ricostruzione di cui al titolo VIII della
legge  14 maggio  1981,  n. 219,  e successive modificazioni, a norma
dell'articolo 42, comma 6, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella
parte  in  cui  precludono  la  devoluzione a collegi arbitrali delle
controversie,   gia'   oggetto  di  compromesso  arbitrale,  relative
all'esecuzione   di   opere   pubbliche   comprese  in  programmi  di
ricostruzione di territori colpiti da calamita' naturali;
        che,  ad avviso del rimettente, le norme impugnate, incidendo
con   effetto   retroattivo  su  un  atto  di  autonomia  privata  ed
introducendo  in  modo  irragionevole  una  diversita'  di regime nei
confronti  di clausole compromissorie stipulate nel medesimo tempo ed
in  base  ad una stessa disposizione di legge, non solo si porrebbero
in  contrasto  con il principio di irretroattivita' della legge e con
quello  di  certezza  del  diritto,  ma  sarebbero altresi' lesive di
precisi canoni costituzionali quali il principio del giudice naturale
precostituito  per  legge, il principio di parita' di trattamento, la
tutela dell'autonomia privata;
        che  per quanto riguarda, in particolare, il parametro di cui
all'art. 25  della  Costituzione,  ritiene  il Collegio arbitrale che
dalla  sentenza  n. 376  del 2001 di questa Corte, nella parte in cui
riconosce  agli  arbitri  la  legittimazione a sollevare questioni di
legittimita'  costituzionale,  possa desumersi la piena equiparazione
del giudice arbitrale agli organi della giurisdizione statuale;
        che  non  sussisterebbe,  conseguentemente,  alcun ostacolo a
considerare  il collegio arbitrale quale giudice naturale delle parti
che ad esso risultino vincolate da una clausola compromissoria valida
in base alla legge vigente al momento della stipula;
        che   la  garanzia  di  cui  all'art. 25  della  Costituzione
risulterebbe,   pertanto,   lesa   sotto  il  duplice  profilo  della
individuazione  del  giudice a posteriori ed in via di eccezione alle
regole generali;
        che l'art. 3 della Costituzione sarebbe poi violato tanto con
riferimento  al  canone  di  ragionevolezza  quanto  con  riguardo al
principio di eguaglianza;
        che,  sotto  il  primo  profilo, le norme impugnate sarebbero
palesemente  incongrue  rispetto  alla  finalita' propria del decreto
legislativo  n. 354 del 1999, di definitiva chiusura del programma di
ricostruzione  di  cui  al  titolo  VIII della legge n. 219 del 1981,
considerato  che  uno  dei maggiori  pregi riconosciuti all'arbitrato
sarebbe  proprio  la maggiore  celerita'  rispetto alla giurisdizione
statuale;
        che,   sotto   il  profilo  rappresentato  dal  principio  di
eguaglianza,   le   medesime   norme   introdurrebbero   invece   una
ingiustificata  discriminazione  tra soggetti privati in base al solo
elemento rappresentato dall'avere attivato la clausola compromissoria
prima o dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 180 del 1998;
        che  analoga  questione  di legittimita' costituzionale delle
stesse  norme e' stata sollevata, in riferimento agli artt. 2, 25, 41
e  97  della  Costituzione,  dal  Collegio  arbitrale  di Napoli, con
ordinanza  del 5 marzo 2002, nell'arbitrato in corso tra la Costruire
S.p.a.  e  il  Presidente della Giunta regionale della Campania quale
commissario  liquidatore  della  gestione  fuori bilancio ex art. 11,
comma diciottesimo, della legge n. 887 del 1984;
        che,  ad  avviso  del  rimettente, la normativa impugnata - e
segnatamente l'art. 3 del decreto-legge n. 180 del 1998 - si porrebbe
innanzitutto   in   contrasto   con  il  principio  dell'affidamento,
riconducibile  al principio di solidarieta' sancito dall'art. 2 della
Costituzione,  trattandosi di una tipica legge-provvedimento volta ad
incidere,  con  effetti retroattivi, "su rapporti in essere [...] dei
quali lo Stato e' parte";
        che  le  medesime  norme  violerebbero  poi  l'art. 97  della
Costituzione in quanto determinerebbero "comportamenti amministrativi
nei  quali  non  e'  riconoscibile  un  interesse generale, bensi' il
perseguimento  di  un  interesse  di parte dell'amministrazione quale
contraente, e come tale soggetta alle norme del diritto comune";
        che  la  ratio  del  divieto  di devoluzione ad arbitri delle
controversie  di  cui  si  tratta  sarebbe  -  ad  avviso  sempre del
rimettente  -  di  difficile  ricostruzione e certo non riconducibile
all'ingente  entita'  dell'esborso  economico  subito  dallo Stato in
conseguenza  dei giudizi arbitrali, non potendo certo ipotizzarsi che
un  provvedimento legislativo muova dal presupposto del pregiudiziale
favore del giudice arbitrale verso il ricorrente privato;
        che  d'altro  canto siffatto divieto non sarebbe coerente con
il  generale  favore  espresso  negli ultimi anni dal legislatore nei
confronti dell'arbitrato;
        che le norme impugnate si porrebbero infine in contrasto - in
base alle medesime argomentazioni svolte nella precedente ordinanza -
con  il principio del giudice naturale e con la tutela dell'autonomia
privata;
        che  in  entrambi  i giudizi e' intervenuto il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale   dello   Stato,   concludendo   per   la   declaratoria  di
inammissibilita' e infondatezza della questione;
        che  in due distinte memorie, depositate nell'imminenza della
camera di consiglio, l'Avvocatura sottolinea come l'autonomia privata
trovi  un  limite  nell'interesse  pubblico, che nella specie sarebbe
particolarmente  pregnante  e  tale da risultare incompatibile con il
minor  livello  di garanzia connaturato al procedimento arbitrale, in
particolare   sotto   il  profilo  dei  limiti  all'impugnazione  per
nullita';
        che  non  potrebbe, nella specie, prospettarsi lesione alcuna
del principio del giudice naturale, costituendo il giudizio arbitrale
una  deroga  ai generali criteri di individuazione del giudice togato
predeterminato per legge.
    Considerato  preliminarmente che i due giudizi, avendo ad oggetto
la  medesima  questione,  vanno  riuniti  per essere decisi con unico
provvedimento;
        che,  nel  merito, le censure di violazione dell'art. 3 della
Costituzione  sono  in  tutto  analoghe  a quelle gia' dichiarate non
fondate con la sentenza n. 376 del 2001;
        che  il  principio  dell'affidamento  - peraltro erroneamente
riferito  dal  rimettente all'art. 2 della Costituzione - non puo' in
alcun  modo  ritenersi  leso  dalle  norme  impugnate in quanto esse,
escludendo dal divieto di devoluzione ad arbitri le sole controversie
per  le  quali sia stata gia' notificata la domanda di arbitrato alla
data  di  entrata  in vigore del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180
(Misure  urgenti  per  la  prevenzione del rischio idrogeologico ed a
favore   delle   zone  colpite  da  disastri  franosi  nella  regione
Campania),  non  attribuiscono  al  suddetto divieto alcuna efficacia
retroattiva  ma  al contrario fanno puntuale applicazione della norma
generale  enunciata  dall'art. 5  del  codice  di  procedura civile a
tenore del quale "la giurisdizione e la competenza si determinano con
riguardo  alla  legge  vigente  e  allo  stato  di fatto esistente al
momento della proposizione della domanda";
        che  la  garanzia  costituzionale dell'autonomia contrattuale
non e', comunque, incompatibile con la prefissione di limiti a tutela
di interessi generali;
        che  nella  specie il divieto di devoluzione ad arbitri delle
controversie  de quibus, giustificato dal particolare rilievo sociale
di  tali  controversie,  non  puo'  in ogni caso ritenersi lesivo del
parametro evocato;
        che  nessuna  violazione  del  diritto di difesa delle parti,
garantito  dall'art. 24  della  Costituzione,  puo',  d'altro  canto,
ravvisarsi in conseguenza del suddetto divieto;
        che  non  sussiste,  poi,  alcuna  lesione  del principio del
giudice  naturale,  in quanto - anche a voler prescindere dal rilievo
per  cui  il  testo dell'art. 25 della Costituzione fa riferimento al
"giudice   naturale  precostituito  per  legge"  -  il  rispetto  del
principio  enunciato  dall'art. 5  del  codice  di  procedura  civile
esclude in radice la prospettata lesione;
        che  e',  infine,  del  tutto  inconferente il riferimento al
parametro  di  cui all'art. 97 della Costituzione, non riguardando le
norme  impugnate  l'organizzazione  dei  pubblici uffici ne' comunque
l'attivita' della pubblica amministrazione;
        che  la  questione va percio' dichiarata, sotto ogni profilo,
manifestamente infondata.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 3, comma 2, del decreto-legge
11 giugno 1998, n. 180 (Misure urgenti per la prevenzione del rischio
idrogeologico  ed  a  favore  delle  zone colpite da disastri franosi
nella  regione  Campania),  convertito,  con  modificazioni, in legge
3 agosto 1998, n. 267, e dell'art. 8, comma 1, lettera d) del decreto
legislativo 20 settembre 1999, n. 354 (Disposizioni per la definitiva
chiusura  del  programma di ricostruzione di cui al titolo VIII della
legge  14 maggio  1981,  n. 219,  e successive modificazioni, a norma
dell'articolo  42,  comma  6,  della  legge  17 maggio 1999, n. 144),
sollevata   dal  Collegio  arbitrale  di  Napoli  con  ordinanza  del
18 febbraio  2002, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 41 e 97 della
Costituzione,  e  con ordinanza del 5 marzo 2002, in riferimento agli
artt. 2, 25, 41 e 97 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2003.
                       Il Presidente: Chieppa
                        Il redattore: Marini
                       Il cancelliere:Di Paola
    Depositata in cancelleria il 15 gennaio 2003.
               Il direttore della cancelleria:Di Paola
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